Tracce della nostra fede
Itinerari della Terra Santa
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“Per giungere vicino al Signore attraverso le pagine del Santo Vangelo,
raccomando sempre di sforzarvi di entrare nella scena in modo da
parteciparvi come un personaggio tra gli altri” (
Amici di Dio,
222). Di recente, Benedetto XVI ha ripreso un’espressione usata per
indicare la Terra Santa: “il quinto Vangelo”. Perché Gesù è nato in un
momento determinato e in un luogo preciso, in una striscia di terra ai
confini dell’impero romano. Lì è vissuto il Signore per donare se stesso
a tutti gli uomini.
Questo è il primo di una serie di Itinerari della Terra Santa,
pubblicati per far conoscere i luoghi dove visse Gesù, e che potranno
risultare utili a chi si appresta a visitare i Luoghi Santi.
Betlemme: culla della stirpe davidica
Gesù nacque in una grotta di Betlemme, dice la Scrittura, “perché non c'era per essi posto nell'albergo” (
Lc 2,7).
Betlemme, fondata dai cananei verso l’anno 3000 a. C., è menzionata in
alcune lettere spedite dal governatore egiziano della Palestina al suo
Faraone, intorno all’anno 1350 a. C., dopo la conquista dei Filistei.
Nella Sacra Scrittura si fa riferimento a Betlemme – che allora era
chiamata Efrata: la fertile – nel libro della Genesi, quando si parla
della morte e sepoltura di Rachele, la seconda moglie del patriarca
Giacobbe: Rachele morì, e fu sepolta sulla via di Efrata; cioè di
Betlemme (
Gen 35, 19).
In seguito, quando si procedette alla ripartizione della terra tra le
tribù del popolo eletto, Betlemme, assegnata alla tribù di Giuda,
divenne la patria di Davide, il pastorello – ultimo figlio di una
numerosa famiglia – scelto da Dio come secondo re di Israele. Da allora,
essa restò unita alla dinastia davidica, e il profeta Michea annunciò
che lì, in quella piccola località, sarebbe nato il Messia:
E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di
Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in
Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti.
Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che
deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli
d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la
maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli
allora sarà grande fino agli estremi confini della terra (Mi 5, 1-3).
In questo testo si trovano numerosi richiami alle profezie messianiche di Isaia (Cfr.
Is 7, 14; 9, 5-6; 11, 1-4) e anche ad altri passi della Scrittura nei quali si annunzia un futuro discendente di Davide (Cfr.
2 Sam 7, 12-16; Sal 89, 4).
La tradizione ebraica vide nelle parole di Michea un vaticinio sulla
venuta del Messia, come si riscontra anche in parecchi passi del Talmud
(Cfr.
Pesajim 51, 1 e
Nedarim 39, 2). Pure san Giovanni
nel suo Vangelo si fa eco dell’opinione dominante dei Giudei
contemporanei di Gesù circa la provenienza del Messia:
“non dice la Scrittura: dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?” (
Gv 7, 42).
Ma è nel Vangelo di san Matteo che viene citata esplicitamente la
profezia di Michea, quando Erode riunisce i sacerdoti e gli scribi per
chiedere loro dove sarebbe dovuto nascere il Messia:
in Betlemme di
Giudea – essi gli risposero –, perché così è scritto per mezzo del
profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo
capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio
popolo, Israele. (
Mt 2, 5-6) .
Gesù nasce a Betlemme
Agli inizi del I secolo, Betlemme era un villaggio di circa mille
abitanti, composto da un piccolo gruppo di case sparse sul pendio di una
collina, protetto da un muro in rovina e in qualche parte franato,
costruito circa mille anni prima. I suoi abitanti vivevano di
agricoltura e di pastorizia; aveva fertili campi coltivati a grano e
orzo nell’ampio pianoro ai piedi della collina: e forse da queste
colture deriva il nome di Bet-Lejem, che in ebraico significa “Casa del
pane”. Ai campi situati al limite del deserto, invece, venivano condotte
al pascolo le greggi di pecore.
Il piccolo villaggio di Betlemme viveva la sua monotona esistenza
agricola e paesana fino a quando non accadde un avvenimento che
l’avrebbe resa famosa nel mondo intero per sempre. Così lo racconta san
Luca:
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il
censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando
era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare,
ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della
famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in
Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare
insieme con Maria sua sposa, che era incinta (Lc 2, 1-5) .
Nazaret distava da Betlemme circa centocinquanta chilometri, e un simile
viaggio era difficoltoso da affrontare per chiunque e specialmente per
Maria, dato lo stato in cui si trovava.
Le abitazioni di Betlemme erano umili e, come in altri luoghi della
Palestina, i paesani erano soliti utilizzare le grotte naturali o
scavate nella roccia come magazzini e stalle. In una di queste grotte
nacque Gesù:
Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni
del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in
fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro
nell'albergo (Lc 2, 6-7) .
Il Bambino Dio
La divina Provvidenza aveva disposto che Gesù – il Verbo incarnato, il
Re del mondo e il Signore della storia – nascesse circondato dalla più
grande povertà. E non poté contare nemmeno sulle poche cose che un’umile
famiglia avrebbe preparato per la nascita del figlio primogenito: ebbe
solo delle fasce e una mangiatoia.
“Non raggiungeremo mai la vera serenità se non imitiamo davvero Gesù
Cristo, se non lo seguiamo nell'umiltà. Lasciatemelo dire di nuovo:
avete visto dove si nasconde la grandezza di Dio? In una mangiatoia, con
le fasce di un neonato, dentro una grotta. La forza redentrice della
nostra vita sarà efficace pertanto solo se c'è umiltà, solo quando
smetteremo di pensare a noi stessi e sentiremo la responsabilità di
aiutare gli altri” (
È Gesù che passa, 18).
”Allo stesso modo in cui si condiscono con il sale gli alimenti, perchè
non siano insipidi, nella nostra vita dobbiamo metterci sempre l’umiltà.
Figlie e figli miei – non è mia questa similitudine: è stata utilizzata
da autori spirituali da più di quattro secoli – non fate come le
galline che, dopo aver deposto appena un uovo solo, assordano
chiocciando per tutta la casa. Dovete lavorare, dovete svolgere il
lavoro intellettuale o manuale, e sempre apostolico, con grandi
intenzioni e grandi desideri – che il Signore trasforma in realtà – di
servire Dio e passare inavvertiti” (San Josemaría,
Appunti presi da una meditazione, 25-XII-1972).
Betlemme e i primi cristiani
Anche i discepoli di Gesù e i primi cristiani, fin dagli inizi, ebbero
ben presente l’importanza di Betlemme. Alla metà del secolo II, san
Giustino, nativo della Palestina, scrive che gli abitanti del villaggio
trasmettevano di padre in figlio i ricordi sulla grotta, adibita a
stalla, nella quale era nato Gesù (Cfr. San Giustino,
Dialogo con Trifone, 78, 5).
Nei primi decenni del secolo successivo, Origene attesta che il luogo
dove era nato il Signore era ben conosciuto nella zona, anche da chi non
era cristiano: ”In intesa con quello scritto nei Vangeli, a Betlemme si
mostra la grotta in cui nacque Gesù e dentro la grotta la mangiatoia
dove fu deposto, avvolto in fasce. E questo luogo è ben conosciuto anche
dalle persone lontane dalla fede; in questa grotta, si dice, è nato
quel Gesù amato e adorato dai cristiani” (Origene,
Contra Celsum, 1, 51).
Sotto l’imperatore Adriano, si edificarono templi pagani su varie
località – come il Santo Sepolcro e il Calvario – venerate dai primi
cristiani, con il proposito di cancellare le vestigia del passaggio di
Cristo sulla terra: “Dai tempi di Adriano fino all’impero di Costantino,
per un periodo di 180 anni, là dove avvenne la resurrezione si dava
culto a una statua di Giove, e sul monte della croce, per i gentili
veniva installata una statua marmorea di Venere. Indubbiamente i
persecutori immaginavano che contaminando i sacri luoghi con gli idoli,
sarebbe svanita la fede nella passione e resurrezione” (San Girolamo,
Lettere, 58, 3).
Qualcosa di simile accadde a Betlemme, poiché il luogo della nascita di
Gesù fu trasformato in un bosco sacro in onore di Adone. San Cirillo di
Alessandria vide i luoghi dov’era la grotta coperti da alberi (San
Cirillo di Gerusalemme,
Catechesi, 12, 20: «Fino a pochi anni fa
era un luogo pieno di boschi»), e anche san Girolamo fa riferimento al
tentativo fallito di paganizzare questo luogo cristiano con parole non
prive di ironia: ”La nostra Betlemme, il luogo più venerato del mondo,
che fece dire al salmista: Verità germoglierà dalla terra (
Sal 84,12),
era coperta dall’ombra di un bosco dedicato a Thamuz, cioè Adone, e
nella grotta dove si udirono i primi vagiti di Cristo, si pregava
l’amante di Venere” (San Girolamo,
ibid).
La Basílica della Natività: storia
Partendo da questa tradizione unanime e vissuta nel tempo, l’imperatore
Costantino ordinò che sulla grotta fosse costruita una grande Basilica,
consacrata il 31 maggio 339 d.C. alla presenza di sant’Elena, che aveva
appoggiato vivamente questa impresa.
Della primitiva basilica, saccheggiata e distrutta durante una sommossa
dei samaritani nel 529, è rimasto ben poco. Ristabilita la pace,
Betlemme venne fortificata e l’imperatore Giustiniano vi fece costruire,
proprio sullo stesso luogo della prima, una nuova basilica di
dimensioni maggiori, che è arrivata ai nostri giorni indenne dalle varie
invasioni durante le quali fu distrutta la maggior parte degli edifici
sacri di epoca costantiniana o bizantina.
Si racconta che i persiani, nell’anno 614, rasero al suolo quasi tutte
le chiese e i monasteri della Palestina, ma rispettarono la basilica di
Betlemme, perché nel suo interno trovarono un mosaico dove i re magi
erano stati rappresentati vestiti secondo i loro costumi. Ugualmente la
chiesa uscì incolume dalla violenta incursione in Terra Santa del
califfo egizio El Hakim nell’anno 1009, così come dai violenti
combattimenti che seguirono l’arrivo dei Crociati nel 1099.
Dopo varie vicissitudini storiche di cui risulterebbe troppo lungo
parlare in questa sede, ai francescani fu concessa, dal 1347 e fino ad
ora, la custodia della Grotta e della basilica, anche se devono
dividerne i diritti con i greci-ortodossi, i siri e gli armeni.
L’esterno della Basilica
Dalla piazza davanti alla basilica, il visitatore ha l’impressione di
trovarsi di fronte a una fortezza medioevale: grossi muri e
contrafforti, con poche e piccole finestre. Si entra da una porta
piccola e bassa che obbliga a passare uno alla volta e, anche così, con
difficoltà, perché ci si deve chinare. Nella sua omelia della notte di
Natale del 2011, Benedetto XVI si riferì a questa porta di accesso alla
basilica, dicendo:
“Chi oggi vuole entrare nella chiesa della Natività di Gesù a Betlemme
scopre che il portale, che un tempo era alto cinque metri e mezzo e
attraverso il quale gli imperatori e i califfi entravano nell’edificio, è
stato in gran parte murato. È rimasta soltanto una bassa apertura di un
metro e mezzo. L’intenzione era probabilmente di proteggere meglio la
chiesa contro eventuali assalti, ma soprattutto di evitare che si
entrasse a cavallo nella casa di Dio. Chi desidera entrare nel luogo
della nascita di Gesù, deve chinarsi. Mi sembra che in ciò si manifesti
una verità più profonda, dalla quale vogliamo lasciarci toccare in
questa Notte santa: se vogliamo trovare il Dio apparso quale bambino,
allora dobbiamo scendere dal cavallo della nostra ragione “illuminata”.
Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia
intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio.”
(Benedetto XVI,
Omelia, 24-XII-2011).
L’interno: la grotta della Natività
La basilica – a croce latina con cinque navate – è lunga 54 metri. Le
quattro file di colonne, di color rosato, conferiscono all’interno un
aspetto armonioso. In alcuni punti si possono ammirare i mosaici che
ricoprivano il pavimento della prima chiesa costantiniana; anche alle
pareti si sono conservati frammenti di altri mosaici dei tempi delle
crociate.
Ma il centro di questa grande chiesa è costituito dalla Grotta della
Natività, situata sotto il presbiterio: ha la forma di una cappella di
ridotte dimensioni con una piccola abside sul lato orientale. Il fumo
delle candele, che la pietà popolare ha acceso per generazioni e
generazioni, ne ha annerito le pareti e il tetto. Vi si trova un altare
sotto il quale una stella d’argento indica il punto dove Gesù nacque
dalla Vergine Maria, con un’iscrizione che dice:
Hic de Virgine Maria Iesus Christus natus est.
La mangiatoia, dove Maria pose il Bambino dopo averlo avvolto in fasce, è
una piccola cappella annessa. In realtà è una cavità nella roccia, ora
ricoperta di marmo e precedentemente d’argento; e di fronte c’è
l’altare, chiamato dei Re Magi, con un mosaico raffigurante l’Epifania.