San Francesco d'Assisi Patrono d'Italia
|
Assisi, 1181/2 - Assisi, la sera del 3 ottobre 1226
Francesco nacque ad Assisi nel 1182,
nel pieno del fermento dell'età comunale. Figlio di mercante, da
giovane aspirava a entrare nella cerchia della piccola nobiltà
cittadina. Di qui la partecipazione alla guerra contro Perugia e il
tentativo di avviarsi verso la Puglia per partecipare alla crociata. Il
suo viaggio, tuttavia, fu interrotto da una voce divina che lo invitò a
ricostruire la Chiesa. E Francesco obbedì: abbandonati la famiglia e gli
amici, condusse per alcuni anni una vita di penitenza e solitudine in
totale povertà. Nel 1209, in seguito a nuova ispirazione, iniziò a
predicare il Vangelo nelle città mentre si univano a lui i primi
discepoli insieme ai quali si recò a Roma per avere dal Papa
l'approvazione della sua scelta di vita. Dal 1210 al 1224 peregrinò per
le strade e le piazze d'Italia e dovunque accorrevano a lui folle
numerose e schiere di discepoli che egli chiamava frati, fratelli.
Accolse poi la giovane Chiara che diede inizio al secondo ordine
francescano, e fondò un terzo ordine per quanti desideravano vivere da
penitenti, con regole adatte per i laici. Morì nella notte tra il 3 e il
4 ottobre del 1228. Francesco è una delle grandi figure dell'umanità
che parla a ogni generazione. Il suo fascino deriva dal grande amore per
Gesù di cui, per primo, ricevette le stimmate, segno dell'amore di
Cristo per gli uomini e per l'intera creazione di Dio.
Patronato: Italia, Ecologisti, Animali, Uccelli, Commercianti, Lupetti/Coccin. AGESCI
Etimologia: Francesco = libero, dall'antico tedesco
Emblema: Lupo, Uccelli
Martirologio Romano: Memoria
di san Francesco, che, dopo una spensierata gioventù, ad Assisi in
Umbria si convertì ad una vita evangelica, per servire Gesù Cristo che
aveva incontrato in particolare nei poveri e nei diseredati, facendosi
egli stesso povero. Unì a sé in comunità i Frati Minori. A tutti,
itinerando, predicò l’amore di Dio, fino anche in Terra Santa, cercando
nelle sue parole come nelle azioni la perfetta sequela di Cristo, e
volle morire sulla nuda terra.
Ascolta da RadioVaticana:
|
Ascolta da RadioRai:
|
|
Nel suo 'Testamento' scritto poco prima di
morire, Francesco annotò: “Nessuno mi insegnava quel che io dovevo fare;
ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo il Santo
Vangelo”.
Per questo è considerato il più grande santo della fine del Medioevo;
egli fu una figura sbocciata completamente dalla grazia e dalla sua
interiorità, non spiegabile per niente con l'ambiente spirituale da cui
proveniva.
Ma proprio a lui toccò in un modo provvidenziale, di dare la risposta agli interrogativi più profondi del suo tempo.
Avendo messo in chiara luce con la sua vita i principi universali del
Vangelo, con una semplicità e amabilità stupefacenti, senza imporre mai
nulla a nessuno, ebbe un influsso straordinario, che dura tuttora, non
solo nel mondo cristiano ma anche al di fuori di esso.
Origini e gioventù
Francesco, l'apostolo della povertà, in effetti era figlio di ricchi,
nacque ad Assisi nei primi del 1182 da Pietro di Bernardone, agiato
mercante di panni e dalla nobile Giovanna detta “la Pica”, di origine
provenzale. Secondo le Fonti Francescane la nascita potrebbe però
datarsi all'estate o all'autunno 1181.
In omaggio alla nascita di Gesù, la religiosissima madonna Pica, volle
partorire il bambino in una stalla improvvisata al pianterreno della
casa paterna, in seguito detta “la stalletta” o “Oratorio di s.
Francesco piccolino”, ubicata presso la piazza principale della città
umbra.
La madre in assenza del marito Pietro, impegnato in un viaggio di affari
in Provenza, lo battezzò con il nome di Giovanni, in onore del
Battista; ma ritornato il padre, questi volle aggiungergli il nome di
Francesco che prevarrà poi sul primo.
Questo nome era l'equivalente medioevale di 'francese' e fu posto in
omaggio alla Francia, meta dei suoi frequenti viaggi e occasioni di
mercato; disse s. Bonaventura suo biografo: “per destinarlo a continuare
il suo commercio di panni franceschi”; ma forse anche in omaggio alla
moglie francese, ciò spiega la familiarità con questa lingua da parte di
Francesco, che l'aveva imparata dalla madre.
Crebbe tra gli agi della sua famiglia, che come tutti i ricchi assisiani
godeva dei tanti privilegi imperiali, concessi loro dal governatore
della città, il duca di Spoleto Corrado di Lützen.
Come istruzione aveva appreso le nozioni essenziali presso la scuola
parrocchiale di San Giorgio e le sue cognizioni letterarie erano
limitate; ad ogni modo conosceva il provenzale ed era abile nel
mercanteggiare le stoffe dietro gli insegnamenti del padre, che vedeva
in lui un valido collaboratore e l'erede dell'attività di famiglia.
Non alto di statura, magrolino, i capelli e la barbetta scura, Francesco
era estroso ed elegante, primeggiava fra i giovani, amava le allegre
brigate, spendendo con una certa prodigalità il denaro paterno, tanto da
essere acclamato “rex iuvenum” (re dei conviti) che lo poneva alla
direzione delle feste.
Combattente e sua conversione
Con la morte dell'imperatore di Germania Enrico IV (1165-1197) e
l'elezione a papa del card. Lotario di Segni, che prese il nome di
Innocenzo III (1198-1216), gli scenari politici cambiarono; il nuovo
papa sostenitore del potere universale della Chiesa, prese sotto la sua
sovranità il ducato di Spoleto compresa Assisi, togliendolo al duca
Corrado di Lützen.
Ciò portò ad una rivolta del popolo contro i nobili della città,
asserviti all'imperatore e sfruttatori dei loro concittadini, essi
furono cacciati dalla rocca di Assisi e si rifugiarono a Perugia; poi
con l'aiuto dei perugini mossero guerra ad Assisi (1202-1203).
Francesco, con lo spirito dell'avventura che l'aveva sempre infiammato,
si buttò nella lotta fra le due città così vicine e così nemiche.
Dopo la disfatta subita dagli assisiani a Ponte San Giovanni, egli fu
fatto prigioniero dai perugini a fine 1203 e restò in carcere per un
lungo terribile anno; dopo che i suoi familiari ebbero pagato un
consistente riscatto, Francesco ritornò in famiglia con la salute ormai
compromessa.
La madre lo curò amorevolmente durante la lunga malattia; ma una volta
guarito egli non era più quello di prima, la sofferenza aveva scavato
nel suo animo un'indelebile solco, non sentiva più nessuna attrattiva
per la vita spensierata e i suoi antichi amici non potevano più
stimolarlo.
Come ogni animo nobile del suo tempo, pensò di arruolarsi nella
cavalleria del conte Gualtiero di Brenne, che in Puglia combatteva per
il papa; ma giunto a Spoleto cadde in preda ad uno strano malessere e la
notte ebbe un sogno rivelatore con una voce misteriosa che lo invitava a
“servire il padrone invece che il servo” e quindi di ritornare ad
Assisi.
Colpito dalla rivelazione, tornò alla sua città, accolto con
preoccupazione dal padre e con una certa disapprovazione di buona parte
dei concittadini.
Lasciò definitivamente le allegre brigate per dedicarsi ad una vita
d'intensa meditazione e pietà, avvertendo nel suo cuore il desiderio di
servire il gran Re, ma non sapendo come; andò anche in pellegrinaggio a
San Pietro in Roma con la speranza di trovare chiarezza.
Ritornato deluso ad Assisi, continuò nelle opere di carità verso i
poveri ed i lebbrosi, ma fu solo nell'autunno 1205 che Dio gli parlò;
era assorto in preghiera nella chiesetta campestre di San Damiano e
mentre fissava un crocifisso bizantino, udì per tre volte questo invito:
“Francesco va' e ripara la mia chiesa, che come vedi, cade tutta in
rovina”.
Pieno di stupore, Francesco interpretò il comando come riferendosi alla
cadente chiesetta di San Damiano, pertanto si mise a ripararla con il
lavoro delle sue mani, utilizzando anche il denaro paterno.
A questo punto il padre, considerandolo ormai irrecuperabile, anzi
pericoloso per sé e per gli altri, lo denunziò al tribunale del vescovo
come dilapidatore dei beni di famiglia; notissima è la scena in cui
Francesco denudatosi dai vestiti, li restituì al padre mentre il vescovo
di Assisi Guido II, lo copriva con il mantello, a significare la sua
protezione.
Il giovane fu affidato ai benedettini con la speranza che potesse
trovare nel monastero la soddisfazione alle sue esigenze spirituali; i
rapporti con i monaci furono buoni, ma non era quella la sua strada e
ben presto riprese la sua vita di “araldo di Gesù re”, indossò i panni
del penitente e prese a girare per le strade di Assisi e dei paesi
vicini, pregando, servendo i più poveri, consolando i lebbrosi e
ricostruendo oltre San Damiano, le chiesette diroccate di San Pietro
alla Spira e della Porziuncola.
La vocazione alla povertà e l'inizio della sua missione
Nell'aprile del 1208, durante la celebrazione della Messa alla
Porziuncola, ascoltando dal celebrante la lettura del Vangelo sulla
missione degli Apostoli, Francesco comprese che le parole di Gesù
riportate da Matteo (10, 9-10) si riferivano a lui: “Non procuratevi
oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da
viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l'operaio ha
diritto al suo nutrimento. E in qualunque città o villaggio entriate,
fatevi indicare se ci sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla
vostra partenza”.
Era la risposta alle sue preghiere e domande che da tempo attendeva;
comprese allora che le parole del Crocifisso a San Damiano non si
riferivano alla ricostruzione del piccolo tempio, ma al rinnovamento
della Chiesa nei suoi membri; depose allora i panni del penitente e
prese la veste “minoritica”, cingendosi i fianchi con una rude corda e
coprendosi il capo con il cappuccio in uso presso i contadini del tempo e
camminando a piedi scalzi.
Iniziò così la vita e missione apostolica, sposando “madonna Povertà”
tanto da essere poi definito “il Poverello di Assisi”, predicando con
l'esempio e la parola il Vangelo come i primi apostoli.
Francesco apparve in un momento particolarmente difficile per la vita
della Chiesa, travagliata da continue crisi provocate dal sorgere di
movimenti di riforma ereticali e lotte di natura politica, in cui il
papato era allora uno dei massimi protagonisti.
In un ambiente corrotto da ecclesiastici indegni e dalle violenze della
società feudale, egli non prese alcuna posizione critica, né aspirò al
ruolo di riformatore dei costumi morali della Chiesa, ma ad essa si
rivolse sempre con animo di figlio devoto e obbediente.
Rendendosi interprete di sentimenti diffusi nel suo tempo, prese a
predicare la pace, l'uguaglianza fra gli uomini, il distacco dalle
ricchezze e la dignità della povertà, l'amore per tutte le creature di
Dio e al disopra di ogni cosa, la venuta del regno di Dio.
Inizio dell'Ordine dei Frati Minori
Ben presto attirati dalla sua predicazione, si affiancarono a Francesco,
quelli che sarebbero diventati suoi inseparabili compagni nella nuova
vita: Bernardo di Quintavalle un ricco mercante, Pietro Cattani dottore
in legge, Egidio contadino e poco dopo anche Leone, Rufino, Elia,
Ginepro ed altri fino al numero di dodici, proprio come gli Apostoli,
formanti una specie di 'fraternità' di chierici e laici, che vivevano
alla luce di un semplice proposito di ispirazione evangelica.
Il loro era un vivere alla lettera il Vangelo, senza preoccupazioni
teologiche e senza ambizioni riformatrici o contestazioni morali,
indicando così una nuova vita a chi voleva vivere in carità e povertà
all'interno della Chiesa; per la loro obbedienza alla gerarchia
ecclesiastica, il vescovo di Assisi Guido prese a proteggerli,
seguendoli con interesse e permettendo loro di predicare.
Ai primi del 1209 il gruppo si riuniva in una capanna nella località di
Rivotorto, nella pianura sottostante la città di Assisi, presso la
Porziuncola, iniziando così la “prima scuola” di formazione, dove
durante un intero anno Francesco trasmise ai compagni il suo carisma,
alternando alla preghiera, l'assistenza ai lebbrosi, la questua per
sostenersi e per riparare le chiese danneggiate.
Giacché ormai essi sconfinavano fuori dalla competenza della diocesi, e
ciò poteva procurare problemi, il vescovo Guido consigliò Francesco e il
suo gruppo di recarsi a Roma dal papa Innocenzo III per farsi approvare
la prima breve Proto-Regola del nuovo Ordine dei Frati Minori.
Regola che fu approvata oralmente dal papa, dopo un suggestivo incontro
con il gruppetto, vestito dalla rozza tunica e scalzo, colpito fra
l'altro da “quel giovane piccolo dagli occhi ardenti”; nacque così
ufficialmente l'Ordine dei Frati Minori, che riceveva la tonsura
entrando a far parte del clero; sembra che in quest'occasione Francesco
abbia ricevuto il diaconato.
Chiara e le clarisse
Tutta Assisi parlava delle 'bizzarie' del giovane Francesco, che viveva
in povertà con i compagni laggiù nella pianura e che spesso saliva in
città a predicare il Vangelo con il permesso del vescovo, augurando a
tutti “pace e bene”; nella primavera del 1209 aveva predicato perfino
nella cattedrale di S. Rufino, dove nell'attigua piazza abitava la
nobile famiglia degli Affreduccio e sicuramente in quell'occasione, fra i
fedeli che ascoltavano, c'era la giovanissima figlia Chiara.
Colpita dalle sue parole, prese ad innamorarsi dei suoi ideali di
povertà evangelica e cominciò a contattarlo, accompagnata dall'amica
Bona di Guelfuccio e inviandogli spesso un poco di denaro.
Nella notte seguente la Domenica delle Palme del 1211, abbandonò di
nascosto il suo palazzo e correndo al buio attraverso i campi, giunse
fino alla Porziuncola dove chiese a Francesco di dargli Dio, quel Dio
che lui aveva trovato e col quale conviveva.
Francesco, davanti all'altare della Vergine, le tagliò la bionda e lunga
capigliatura (ancora oggi conservata) consacrandola al Signore.
Poi l'accompagnò al monastero delle benedettine a Bastia, per sottrarla
all'ira dei parenti, i quali dopo un colloquio con Chiara che mostrò
loro il capo senza capelli, si convinsero a lasciarla andare.
Successivamente Chiara e le compagne che l'avevano raggiunta, si spostò
dopo alterne vicende, nel piccolo convento annesso alla chiesetta di San
Damiano, dove nel 1215 a 22 anni Chiara fu nominata badessa; Francesco
dettò alle “Povere donne recluse di S. Damiano” (il nome 'Clarisse' fu
preso dopo la morte di s. Chiara) una prima Regola di vita, sostituita
più tardi da quella della stessa santa.
Chiara con le compagne, sarà l'incarnazione al femminile dell'ideale
francescano, a cui si assoceranno tante successive Congregazioni di
religiose.
L'ideale missionario
Francesco non desiderò solo per sé e i suoi frati, l'evangelizzazione
del mondo cristiano deviato dagli originari principi evangelici, ma
anche raggiungere i non credenti, specie i saraceni, come venivano
chiamati allora i musulmani.
Se in quell'epoca i rapporti fra il mondo cristiano e quello musulmano
erano tipicamente di lotta, Francesco volle capovolgere questa
mentalità, vedendo per primo in loro dei fratelli a cui annunciare il
Vangelo, non con le armi ma offrendolo con amore e se necessario subire
anche il martirio.
Mandò per questo i suoi frati prima dai Mori in Spagna, dove vennero
condannati a morte e poi graziati dal Sultano e dopo in Marocco, dove il
gruppo di frati composti da Berardo, Pietro, Accursio, Adiuto, Ottone,
mentre predicavano, furono arrestati, imprigionati, flagellati e infine
decapitati il 16 gennaio 1220.
Il ritorno in Portogallo dei corpi dei protomartiri, suscitò la
vocazione francescana nell'allora canonico regolare di S. Agostino, il
dotto portoghese e futuro santo, Antonio da Padova.
Francesco non si scoraggiò, nel 1219-1220 volle tentare personalmente
l'impresa missionaria diretto in Marocco, ma una tempesta spinse la nave
sulla costa dalmata, il secondo tentativo lo fece arrivare in Spagna,
occupata dai musulmani, ma si ammalò e dovette tornare indietro, infine
un terzo tentativo lo fece approdare in Palestina, dove si presentò al
sultano egiziano Al-Malik al Kamil nei pressi del fiume Nilo, che lo
ricevette con onore, ascoltandolo con interesse; il sultano non si
convertì, ma Francesco poté dimostrare che il dialogo dell'amore poteva
essere possibile fra le due grandi religioni monoteiste, dalle comuni
origini in Abramo.
La seconda Regola
Verso la metà del 1220, Francesco dovette ritornare in Italia per
rimettere ordine fra i suoi frati, cresciuti ormai in numero
considerevole, per cui l'originaria breve Regola era diventata
insufficiente con la sua rigidità.
Il Poverello non aveva inteso fondare conventi ma solo delle
'fraternità', piccoli gruppi di fratelli che vivessero in mezzo al
mondo, mostrando che la felicità non era nel possedere le cose ma nel
vivere in perfetta armonia secondo i comandamenti di Dio.
Ma la folla di frati ormai sparsi per tutta l'Italia, poneva dei
problemi di organizzazione, di formazione, di studio, di adattamento
alle necessità dell'apostolato in un mondo sempre in evoluzione; quindi
il vivere in povertà non poteva condizionare gli altri aspetti del
vivere nel mondo.
Nell'affollato “capitolo delle stuoia”, tenutosi ad Assisi nel 1221,
Francesco autorizzò il dotto Antonio venuto da Lisbona, d'insegnare ai
frati la sacra teologia a Bologna, specie a quelli addetti alla
predicazione e alle confessioni.
La nuova Regola fu dettata da Francesco a frate Leone, accolta con
soddisfazione dal cardinale protettore dell'Ordine, Ugolino de' Conti,
futuro papa Gregorio IX e da tutti i frati; venne approvata il 29
novembre 1223 da papa Onorio III.
In essa si ribadiva la povertà, il lavoro manuale, la predicazione, la
missione tra gl'infedeli e l'equilibrio tra azione e contemplazione; si
permetteva ai frati di avere delle Case di formazione per i novizi, si
stemperò un poco il concetto di divieto della proprietà.
Il presepe vivente di Greccio
La notte del 24 dicembre 1223, Francesco si sentì invadere il cuore di
tenerezza e di slancio volle rivivere nella selva di Greccio, vicino
Rieti, l'umile nascita di Gesù Bambino con figure viventi.
Nacque così la bella e suggestiva tradizione del Presepio nel mondo
cristiano, che sarà ripresa dall'arte e dalla devozione popolare lungo i
secoli successivi, con l'apporto dell'opera di grandi artisti, tale da
costituire un filone dell'arte a sé stante, comprendenti orafi,
scenografi, pittori, scultori, costumisti, architetti; il cui apice per
magnificenza, realismo, suggestività, si ammira nel Presepe
settecentesco napoletano.
Il suo Calvario personale
Ormai minato nel fisico per le malattie, per le fatiche, i continui
spostamenti e digiuni, Francesco fu costretto a distaccarsi dal mondo e
dal governo dell'Ordine, che aveva creato pur non avendone l'intenzione.
Nell'estate del 1224 si ritirò sul Monte della Verna (Alverna) nel
Casentino, insieme ad alcuni dei suoi primi compagni, per celebrare con
il digiuno e intensa partecipazione alla Passione di Cristo, la
“Quaresima di San Michele Arcangelo”.
La mattina del 14 settembre, festa della Esaltazione della Santa Croce,
mentre pregava su un fianco del monte, vide scendere dal cielo un
serafino con sei ali di fiamma e di luce, che gli si avvicinò in volo
rimanendo sospeso nell'aria.
Fra le ali del serafino, Francesco vide lampeggiare la figura di un uomo
con mani e piedi distesi e inchiodati ad una croce; quando la visione
scomparve lasciò nel cuore di Francesco un ammirabile ardore e nella
carne i segni della crocifissione; per la prima volta nella storia della
santità cattolica, si era verificato il miracolo delle stimmate.
Disceso dalla Verna, visibilmente dolorante e trasformato, volle
ritornare ad Assisi; era anche prostrato da varie malattie, allo
stomaco, alla milza e al fegato, con frequenti emottisi, inoltre la
vista lo stava lasciando, a causa di un tracoma contratto durante il suo
viaggio in Oriente.
Il lungo declino fisico, il “Cantico delle creature”, la morte
Dopo le ultime prediche all'inizio del 1225, Francesco si rifugiò a San
Damiano, nel piccolo convento annesso alla chiesetta da lui restaurata
tanti anni prima e dove viveva Chiara e le sue suore.
E in questo suggestivo e spirituale luogo di preghiera, egli compose il
famoso “Cantico di frate Sole” o “Cantico delle Creature”, sublime
poesia, ove si comprende quanto Francesco fosse penetrato nella più
intima realtà della natura, contemplando sotto ogni creatura l'adorabile
presenza di Dio.
Se la fede gli aveva fatto riscoprire la fratellanza universale degli
uomini, tutti figli dello stesso Padre, nel 'Cantico' egli coglieva il
legame d'amore che lega tutte le creature, animate ed inanimate, tra
loro e con l'uomo, in un abbraccio planetario di fratelli e sorelle che
hanno un solo scopo, dare gloria a Dio.
In questo periodo, ospite per un certo tempo nel palazzo vescovile,
dettò anche il suo famoso 'Testamento', l'ultimo messaggio d'amore del
Poverello ai suoi figli, affinché rimanessero fedeli a madonna Povertà.
Poi per l'interessamento del cardinale Ugolino e di frate Elia,
Francesco accettò di sottoporsi alle cure dei medici della corte papale a
Rieti; poi ancora a Fabriano, Siena e Cortona, ma nell'estate del 1226
non solo non era migliorato, ma si fece sempre più evidente il sorgere
di un'altra grave malattia, l'idropisia.
Dopo un'altra sosta a Bagnara sulle montagne vicino a Nocera Umbra,
perché potesse avere un po' di refrigerio, i frati visto l'aggravarsi
delle sue condizioni, decisero di trasportarlo ad Assisi e su sua
richiesta all'amata Porziuncola, dove a tarda sera del 3 ottobre 1226,
Francesco morì recitando il salmo 141, adagiato sulla nuda terra, aveva
circa 45 anni.
Le allodole, amanti della luce e timorose del buio, nonostante che fosse
già sera, vennero a roteare sul tetto dell'infermeria, a salutare con
gioia il santo, che un giorno (fra Camara e Bevagna), aveva invitato gli
uccelli a cantare lodando il Signore; e in altra occasione in un campo
verso Montefalco aveva tenuto loro una predica, che gli uccelli immobili
ascoltarono, esplodendo poi in cinguetii e voli di gioia.
La mattina del 4 ottobre, il suo corpo fu traslato con una solenne
processione dalla Porziuncola alla chiesa parrocchiale di S. Giorgio ad
Assisi, dove era stato battezzato e dove aveva cominciato nel 1208 la
predicazione.
Lungo il percorso il corteo si fermò a San Damiano, dove la cassa fu
aperta, affinché santa Chiara e le sue “povere donne” potessero
baciargli le stimmate.
Nella chiesa di San Giorgio rimase tumulato fino al 1230, quando venne
portato nella Basilica inferiore, costruita da frate Elia, diventato
Ministro Generale dell'Ordine.
Intanto il 16 luglio 1228, papa Gregorio IX a meno di due anni dalla
morte, proclamò santo il Poverello d'Assisi, alla presenza della madre
madonna Pica, del fratello Angelo e altri parenti, del vescovo Guido di
Assisi, di numerosi cardinali e vescovi e di una folla di popolo mai
vista, fissandone la festa al 4 ottobre.
Il culto, Patronati
Gli episodi della sua vita e dei suoi primi seguaci, furono raccolti e
narrati nei “Fioretti di San Francesco”, opera di anonimo trecentesco,
che contribuì nel tempo alla larga diffusione del suo culto, unitamente
alla prima e seconda 'Vita', scritte dal suo discepolo Tommaso da Celano
(1190-1260), su richiesta di papa Gregorio IX.
Alcuni episodi sono entrati nell'iconografia del santo e riprodotti
dall'arte, come la predica agli uccelli, il roseto in cui si rotolò per
sfuggire alla tentazione, il lupo che ammansì a Gubbio, il ricevimento
delle Stimmate, ecc.
È patrono dell'Umbria e di molte città, fra le quali San Francisco negli
USA che da lui prese il nome; innumerevoli sono le chiese, le
parrocchie, i conventi, i luoghi pubblici che portano il suo nome; come
pure tanti altri santi e beati, venuti dopo di lui, che ebbero al
battesimo o adottarono nella vita religiosa il suo nome.
Il grande santo di Assisi, che lo storico e scrittore, don Enrico Pepe
definisce “Patrimonio dell'umanità”, fu riconosciuto da papa Pio XII,
come il “più italiano dei santi e più santo degli italiani” e il 18
giugno 1939, lo proclamò Patrono principale d'Italia.
Il cammino dei suoi 'Frati Minori'
La Regola composta da s. Francesco su istanza del cardinale Ugolino de'
Conti, futuro papa Gregorio IX e approvata solennemente da Onorio III
nel 1223, era formata da 12 capitoli, essa prescriveva una rigida e
assoluta povertà, il lavoro per procurasi il cibo e l'elemosina come
mezzo sussidiario di sostentamento.
Capo dell'Ordine, che si propagò rapidamente al punto che, vivente
ancora il fondatore, annoverava già 13 Province, fu un Ministro
Generale. Le costituzioni furono redatte da San Bonaventura da
Bagnoregio.
Mentre ancora l'organizzazione del nuovo Movimento religioso si stava
consolidando, scoppiarono i primi contrasti. I membri dell'Ordine si
divisero in due fazioni: la prima intendeva adottare forme meno severe
di vita comunitaria e prescindere dall'obbligo assoluto della povertà,
al fine di rendere meno difficile lo sviluppo dell'Ordine stesso; la
seconda al contrario, si proponeva di uniformarsi alla lettera e allo
spirito delle norme lasciate dal fondatore.
I numerosi tentativi per placare i dissensi non ebbero effetto, anzi
questi si acuirono di più quando Gregorio IX con la bolla “Quo elongati”
(1230), concesse ai frati, che presero in seguito il nome di
'Conventuali', la possibilità di ricevere beni e di amministrarli per le
loro esigenze.
Nel campo opposto, correnti definite ereticali, come quelle degli
spirituali e dei fraticelli, rappresentarono l'ala estrema del
francescanesimo e agitarono un programma di rinnovamento religioso misto
ad un'auspicabile rinascita politico-sociale, che sarebbe dovuto
sfociare nell'avvento del regno dello Spirito, ma si attirarono
scomuniche e persecuzioni dalle autorità ecclesiastiche e feudali.
La divisione in due Movimenti, Osservanti e Conventuali, fu sanzionata
nel 1517 da papa Leone X; nel 1525 papa Clemente VII approvò il nuovo
ramo dei frati Cappuccini, guidato dal frate Minore Osservante Matteo da
Bascio della Marca d'Ancona, dediti ad una più austera disciplina,
povertà assoluta e vita eremitica; altre famiglie francescane riformate
sorsero nei secoli (Alcantarini, Riformati, Amadeiti) in seno o a fianco
degli Osservanti, ma tutti obbedivano al Ministro Generale
dell'Osservanza.
L'Ordine francescano comprende anche il ramo femminile, le Clarisse e il
Terz'Ordine dei laici o Terziari francescani, fondati dallo stesso s.
Francesco nel 1221, per raccogliere i numerosi seguaci già sposati e di
ogni ordine sociale.
L'Ordine, ai cui membri dei diversi rami, Leone XIII nel 1897, ingiunse
di prendere il nome comune di Frati Minori, è tra i più importanti della
Chiesa. Oltre alle pratiche religiose e ascetiche, essi furono e sono
dediti alla predicazione, ad un apostolato di tipo sociale in luoghi di
cura, e soprattutto all'opera missionaria.
Cantico delle Creature
Altissimo, onnipotente, bon Signore
Tue so' le laude, la gloria et l'honore
et onne benedictione.
A te solo, Altissimo, se konfanno
Et nullo homo ene digno te mentovare.
Laudato si', mi' Signore, cum tucte le tue creature,
specialmente messer lo frate sole
lo quale è iorno et allumini noi per lui,
et ellu è bellu e radiante, cum grande splendore:
de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si', mi' Signore, per frate vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale alle tue creature dai sostentamento.
Laudato si', mi' Signore, per sora acqua,
la quale è molto utile et humile
et pretiosa et casta.
Laudato si', mi' Signore, per frate focu
per lo quale enallumini la nocte
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si', mi' Signore, per sora nostra madre terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba.
Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano
per lo tuo amore,
et sostengo' infirmitate et tribolatione.
Beati quelli ke le sosterranno in pace
ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si', mi' Signore,
per sora nostra morte corporale
da la quale nullo homo vivente po' skappare.
Guai a quelli ke morranno ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà
ne le sue sanctissime volutati,
ka la morte secunda nol farrà male.
Laudate et benedicete mi' Signore,
et rengratiate et serviteli
cum grande humilitate.
(S. Francesco d'Assisi)
Autore: Antonio Borrelli
Spunti bibliografici su
San Francesco di Assisi a cura di
LibreriadelSanto.it
- Uribe Fernando,
Leggere Francesco e Chiara D'Assisi,
Biblioteca Francescana Edizioni, 2013 - pagine
- Giovanni Miccoli,
Francesco,
Donzelli, 2013 - XXIV-288 pagine
- Matura Thaddee, Hadjadj Fabrice,
L' utopia di Francesco d'Assisi,
Edizioni Messaggero, 2013 - 64 pagine
- Maria T. Corti,
Francesco d'Assisi,
In Dialogo, 2013 - 64 pagine
- Aa. Vv.,
A come amore,
Porziuncola Edizioni, 2013 - pagine
- Grado G. Merlo,
Frate Francesco,
Il Mulino, 2013 - 181 pagine
- Aa. Vv.,
Il mio nome è Francesco,
Porziuncola Edizioni, 2013 - pagine
- Hermann Hesse,
Francesco d'Assisi,
Mondadori, 2013 - 750 pagine
- Aa. Vv.,
San Francesco e gli angeli,
Porziuncola Edizioni, 2013 - pagine
- Scarsato Fabio,
Francesco d'Assisi e Etty Hillesum,
Edizioni Messaggero, 2013 - 160 pagine
- Liviana Bortolussi,
Le stigmate di san Francesco nei dibattiti...,
Edizioni Dehoniane Bologna, 2013 - 416 pagine
- P. Artemio Vítores González, OFM,
Francesco d'Assisi e la Terra Santa,
Edizioni Messaggero, 2013 - 120 pagine
- Di Sante Carmine,
Francesco e l'altissima povertà,
Edizioni Messaggero, 2013 - 176 pagine
- Accrocca Felice,
Frate Lupo,
Porziuncola Edizioni, 2013 - pagine
- Cuccato Gloria,
Francesco,
Marietti, 2013 - 124 pagine
|
|
|
Nessun commento:
Posta un commento