mercoledì 19 marzo 2014

Papa Francesco: Il segno che siamo vicini al Signore è il prendersi cura del prossimo

Il segno che siamo vicini al Signore è il prendersi cura del prossimo
Come possiamo capire se siamo vicini al Signore o meno? Papa Francesco nel corso della riflessione matutina in Casa Sana Marta ha illustrato quali sono i segni che indicano al cristiano se ha effettivamente incontrato il Signore, se sta camminando nel solco tracciato da Gesù oppure se sta seguendo la propria strada ma non quella del Signore.
La pietra di paragone” spiega Papa Francesco “il segno che noi ci siamo avvicinati al Signore” è la capacità di “avere cura del prossimo: del malato, del povero, di quello che ha bisogno, dell’ignorante“. Le Scritture dicono infatti “soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova” ma per vedere chi è il nostro prossimo, per riuscire a vedere chi sono i bisognosi dobbiamo svestirci dell’ipocrisia.
“Gli ipocriti non sanno fare questo, non possono, perché sono tanto pieni di se stessi che sono ciechi per guardare gli altri. – ha aggiunto il Pontefice – Quando uno cammina un po’ e si avvicina al Signore, la luce del Signore gli fa vedere queste cose e va ad aiutare i fratelli.
Il periodi di Quaresima è proprio un invito “per aggiustare la vita, sistemare la vita, cambiare la vita, per avvicinarsi al Signore“. Il cristiano può dunque valutare la propria vicinanza al Signore sulla base della propria “ipocrisia. L’ipocrita non ha bisogno del Signore, si salva da se stesso, così pensa, e si traveste da santo. – ha quindi concluso Bergoglio - Il segno che noi ci siamo avvicinati al Signore con la penitenza, chiedendo perdono, è che noi abbiamo cura dei fratelli bisognosi“.
Per fare dobbiamo pregare affinché il Signore ci dia i due strumenti che sono necessari per comprendere se stiamo vivendo come ipocriti o meno: la luce e il coraggio. La “luce per conoscere cosa succede dentro di noi e coraggio per convertirci, per avvicinarci al Signore“.

Gesù dice: "Dov'è il tuo tesoro, lì è il tuo cuore".

Questa frase di Gesù impone a ciascuno profonde, sincere, personali riflessioni:
Chi è il mio tesoro? Cos'è che vale per me? Cosa cerco nella mia vita? Dove vanno i miei pensieri?
Dietro miei pensieri infatti corre il mio cuore, perché si ama quello che si stima.
Il mio cuore è un forte padrone, capace di compiere atti generosi e di sostenere grandi pesi, ma è cieco e deve quindi affidarsi a una guida. La sua compagna legittima è la ragione, la quale, per sicurezza, si serve di una grande fiaccola nel suo cammino, la Fede.
Non vi sarebbero dunque preoccupazioni: il mio cuore sarebbe guidato sicuramente al possesso dell'unico vero tesoro che può renderlo felice.
Senonché la ragione ha troppe rivali in casa: servette capricciose e audaci che tentano di spodestarla e di sposare il padrone. Così il mio cuore si fa prendere la mano ora dalla fantasia, ora dalla sensibilità, ora dall'abitudine, ora dalla passione.
Dove ti condurranno, mio povero cuore? Forse faranno di te un povero cieco? Diventerai il servo delle sue serve. Così è: quel che si stima si ama. Se non stimi altro che il denaro, il tuo amore sarà il denaro; se non pensi che al piacere, non amerai che il piacere; se non pensi che agli onori, non amerai altro che onori; se non pensi che al potere, non amerai che il potere ... dimmi, mio povero cuore, quello che ami e ti dirò chi è il tuo padrone. Non esiste di fatto che un solo padrone per ogni uomo ed è ciò che egli ama.
Cos'è un avaro? Lo schiavo dell'oro.
Cos'è un ambizioso? Lo schiavo della sua passione.
Cos'è un lussurioso? Lo schiavo dei sensi.
Cos'è un goloso? Uno schiavo.
Cos'è un pigro? Uno schiavo.
Cos'è un superbo? Uno schiavo.
Così ogni amante è servo del suo amore.
Saranno dolci o amare, lievi o pesanti catene, ma sono sempre catene. Amare è dunque servire. Hai voglia a dire di no: la realtà è questa.
Mio povero cuore, ora devi riconoscere che ogni servizio è sempre un po' umiliante, e ogni servizio è sempre una limitazione della tua libertà. Ogni servizio, tranne uno, il servizio di Dio. Perché servire a Dio significa servire alla Verità, alla Giustizia al Bene.
Il che non è umiliante, ma è l'unica nobiltà vera a cui tutti aspirano e di cui tutti vogliono gloriarsi. Non è diminuzione di libertà, perché servire alla Verità, alla Giustizia, al Bene, è soddisfare, senza alcun limite, i più profondi ed essenziali desideri di ogni uomo.
Ma c'è di più. L'amore o trova uguali o rende uguali. Nell'amore c'è un solo volere e un solo potere, il volere e il potere di chi si ama. Non è vero?
L'amore unifica e assimila le volontà, i gusti, le abitudini, le opinioni, perfino i gesti e gli atteggiamenti, quasi tutta la vita. Rende l'uno simile all'altro.
Mio povero cuore: Tu non sei tanto quello che dici di essere, o quello che la gente pensa, o quello che sembri in pubblico; non sei tanto quello che si crede di te, quanto sei invece quello che ami. Tu non vali per i tuoi titoli, per la discendenza, per la tua divisa, per i tuoi anni, per la tua linea, per il tuo nome, e tanto meno per le tue forze o per il tuo peso; tu vali soprattutto per quello che ami.
È in base a questo che si può formulare il più esatto, il più giusto giudizio di un uomo. Potrai possedere quel che credi, potrai sapere quanto vuoi, potrai compiere i più bei gesti o le più grandi opere, ma se in quelle tu cerchi la vanità o ami il vizio, tu non sei che un povero miserabile cuore. Tu diventi quello che ami.
Per questo Gesù ha detto:
"Dov'è il tuo tesoro lì è il tuo cuore".
Caro mio povero cuore: Se il tuo amore è fango, ne sarai infangato; se il tuo amore è la donna, sarai effeminato; se il tuo amore è vile merce, diventerai un mercenario. Se amerai un delinquente, imparerai il delitto, e se amerai un pazzo, impazzirai; se amerai il malvagio, diventerai cattivo, e se amerai il giusto, ti sentirai più buono; se amerai la terra, sarai terra, e se amerai Dio, diventerai un sincero figlio di Dio; allora è giunto per te il tempo del ravvedimento, NON DOMANI MA ... OGGI!

IL SOFFIO DELLA VITA

Un po’ di tempo fa, qualcuno mi regalò un’azalea. E fin qui nulla di speciale, ma mettendola sotto il lucernario della soffitta, accadde che, poco dopo, vidi uscire della terra uno stelo, piccolo, rigido e tosto che sembrava così risoluto a vivere che non l’estrassi dal terriccio.
Questo intruso crebbe e mi ritrovai qualche settimana dopo davanti ad una pianticella dritta come un palo, senza foglie né rami che alzava la sua sommità con testardaggine, mentre la mia azalea sembrava già agonizzante.
M’incuriosì, ma non volli mai scoprirne la radice. Ogni giorno mi sembrava di ricevere da lui una lezione di vita. In un certo qual modo mi misi ad ascoltarlo. E un giorno mi parlò.
Capii vedendolo che lui era già qualcuno di preciso, aveva un nome ed era programmato per un destino tutto suo, che si precisò solo più tardi, quando con mille cure lo trasportai nell’orto. E lo vidi diventare grande e mettere infine la prima foglia... Era una quercia!

Lui mi insegnò, in questo modo così indelebile, che il soffio della vita è già presente in ognuno nel momento stesso della fecondazione.
Portava in sé il suo nome e il suo destino. Come l’ovulo nel grembo della madre è già qualcuno non appena viene fecondato. È già un essere umano e non potrà dare niente altro, se non che un essere umano, con la sua vita, la sua storia e la sua morte.
Così, ascoltando questo stelo minuto ma robusto, capii molte cose importanti in un mondo in cui si discute se l’embrione è già una persona o se è solo un grumo di cellule.
Non si vuole ascoltare nulla della realtà della natura, ma solo si vuole proiettare il nostro interesse sulle cose che sono esterne a noi. Per ascoltare, l’uomo deve imparare a tacere e ad entrare in compagnia di se stesso, dove trova il “soffio di vita”, la sua coscienza...

In viaggio verso l’ascolto
Questo mistero è il regalo più bello che ci ha fatto Dio. In modo mirabile la Genesi (2,6) narra: “Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente”.
Il libro del Qoelet, nel suo pessimismo, nobilita la creazione ponendola allo stesso livello dell’uomo, anche se non intravede ancora una possibilità di vita oltre la morte: “Tutto è vanità, infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste, muoiono quelli; c’è un solo soffio vitale per tutti. Tutti sono diretti verso la stessa dimora: tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna alla polvere. Chi sa se il soffio vitale dell’uomo salga in alto e se quello delle bestie scenda in basso nella terra?”.
Bisognerà attendere il libro di Giobbe per leggere: “Lo spirito di Dio mi ha creato e il soffio dell’Onnipotente mi dà vita!” (33,4).
E San Paolo, pieno della rivelazione di Cristo figlio di Dio, dichiara: Se c’è un corpo animale vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale ma quello animale e poi lo spirituale” (1 Cor 15,44-46).
Noi che siamo di Cristo abbiamo in noi lo Spirito di Dio, non soltanto un soffio di vita ma come ha rivelato Gesù, lo Spirito stesso, il datore della vita.

La sapienza arriva quando ci fermiamo e decidiamo nel nostro cuore il santo viaggio.
Il viaggio verso l’ascolto di questo Spirito di vita che è la presenza di Dio in noi.
Pregare è entrare in rapporto con questo Spirito di vita, tutti i grandi della vita spirituale lo confermano.
Madre Teresa mi ha sedotta da quando ho saputo della sua vita interiore certe cose tenute nascoste. Certo, la sua vita è tutta piena di gesti eroici per il servizio dei fratelli ma ciò che mi colpisce di più e che obbediva a Gesù sempre, e che pregava in continuazione. Che tutto ciò che ha fatto lo ha fatto perché Gesù le ha chiesto di farlo e che così obbediva a Lui e al suo confessore.

Molti sono capaci di fare grandi cose per gli altri, anche senza essere battezzati! Ma uscire dal convento per obbedienza e ritrovarsi sulla strada con la paura nelle viscere per obbedienza, servire i più piccoli fino alla fine e rispondere con tenerezza ad un Cardinale che le chiedeva un consiglio sul vivere da cristiano a cui rispondeva: «Quante ore al giorno prega?», beh, questa è santità, cioè presenza di Gesù in una persona.
Non si può ascoltare se non si sa ascoltare, meglio ancora, non si può ascoltare se non si è mai saputo che c’è qualcosa da ascoltare.
Oggi, ma probabilmente da sempre, sono rare le persone che accettano di frequentare il silenzio, non soltanto il silenzio esteriore che nella nostra civiltà del rumore già sembra un orrore, ma il silenzio interiore in cui possono germinare angoscia, domande sulla vita e sulla morte, paure e noie.

La via che porta all’ascolto nasce da un granellino non più grande di quello di senapa. Ma questo granellino è indispensabile. Sarà stato gettato là da un divino seminatore? Farà parte del destino dell’uomo? L’amico che ha scritto il libro del Qoelet dice: “Hai messo nell’uomo il senso dell’eternità che non gli dà pace...”.
Questo senso dell’eternità sarà la traccia ineffabile del soffio vitale che Dio insuffla in noi nel momento della creazione?
Beato l’uomo che sa ascoltare tutto ciò che “non gli dà pace!”.
Beato chi non si accontenta di sopravvivere, mangiare, bere, dormire, come fa con innocenza una bestia.
Beato l’uomo che ha capito un giorno che è un uomo, cioè
un figlio di Dio!

Istruirsi nelle vie divine che sono alla sua portata seguendo le orme del Salvatore!
Beato chi decide di ascoltare.

                                                                                                   
Maddalena di Spello

Pope's General Audience 2014-03-19

VERSO DEL 19.03.2014


«“Chi sei tu?” - Gesù rispose loro: “Sono per l'appunto quel che vi dico”»

Giovanni 8:25

Lettura biblica: Giovanni 8:25-36
"Chi sei tu?"

I Giudei chiesero a Gesù: «Chi sei tu?» Ed Egli rispose: «Sono per l'appunto quel che vi dico», il principio, il Cristo, l'Unto, il Figlio di Dio, sono la Parola, la Vita, sono Dio.

Nel primo capitolo dello stesso Vangelo leggiamo infatti: «Nel principio era la Parola... e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei».

Questo testo presenta l'eterna e immutabile esistenza di Dio.

Dunque Gesù Cristo è il Verbo fatto carne, la piena "espressione" del Padre. Questa parola si è incarnata ed ha abitato in mezzo agli uomini.

Dio stesso è venuto per farsi conoscere, per parlare a tu per tu con l'uomo, morto nei falli e nei peccati.

Gli chiedevano: «Chi sei tu?», ed Egli cercava di spiegarlo dicendo: «Io sono la Via, la Verità e la Vita, nessuno va al Padre se non per mezzo di Me».

Che meravigliosa realtà! Ma qual è la fine dell'uomo? la risposta è una sola: la morte.

Essa entrò nel mondo con il primo uomo e poteva essere sconfitta solo mediante un altro uomo, giusto, santo, capace di soddisfare la giustizia divina. Ed ecco che Dio stesso, nel Suo figliuolo Gesù venne per distruggere il peccato.

«Chi sei tu?» Volevano saperlo e Gesù rispose: «Io sono venuto per salvare ciò che era perito; e quando avrete innalzato il Figliol dell'uomo conoscerete che Io sono il Cristo e che non fo nulla da Me, ma dico queste cose secondo che il Padre mi ha insegnato».

Che delusione! Il popolo a cui fu promesso il Messia, non seppe riconoscerLo, benché avesse operato tra loro tanti potenti miracoli.

Il mondo continua a soffrire e non troverà mai una soluzione fintanto che non lascerà operare Gesù, che ha donato all'uomo sia la vita fisica che quella spirituale.

Cristo ha riacquistato sulla croce la vita che l'uomo aveva irrimediabilmente perduto.

Gesù non poteva essere sconfitto, infatti resuscitò e siede ora alla destra del Padre per intercedere in favore di coloro che credono in Lui ed accettano il dono gratuito del Suo amore.

Forse anche tu stai ancora chiedendo a Gesù: «Chi sei tu?» Egli ti risponde: “Io sono il tuo Salvatore, sono la Vita, accettami e vivrai!

Meditazione del giorno 19/03/2014

San Giuseppe sposo della B.V. Maria, Patrono della Chiesa universale, Solennità
Meditazione del giorno
San Francesco di Sales (1567-1622), vescovo di Ginevra, dottore della Chiesa
Colloqui, n° 19
“Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore”
 
    Quanto è stato fedele all’umiltà questo gran santo [che oggi festeggiamo]! Non si può dire secondo la sua perfezione, dato che, nonostante chi fosse, in quale povertà e abiezione visse tutta la sua vita! Povertà e abiezione che nascondevano la sua grande virtù e dignità… Veramente, non dubito assolutamente che gli angeli siano venuti a gruppi, colmi d’ammirazione, per constatare e ammirare la sua umiltà, quando teneva il caro bambino nella povera bottega, dove lavorava per nutrire madre e figlio che gli erano stati affidati.

    Non c’è alcun dubbio che Giuseppe sia stato più valente di David ed abbia avuto più saggezza di Salomone [suoi antenati]; eppure, vedendolo ridotto al lavoro di falegname, chi avrebbe potuto comprenderlo, se non con una luce del cielo, tanto egli teneva nascosti tutti i notevoli doni di cui Dio lo aveva gratificato? Ma quale sapienza doveva possedere, se Dio gli affidava il suo Figlio glorioso…, Principe universale del cielo e della terra?... Eppure, vedete quanto si era abbassato e umiliato più di quanto si possa dire o immaginare…: parte verso il suo paese nella città di Betlemme e nessuno come lui è rifiutato da ogni alloggio… Guardate come l’angelo lo comanda ogni momento. Gli dice che deve andare in Egitto, egli va; gli ordina di tornare, e lui ritorna. Dio lo vuole sempre povero…, e lui si sottomette con amore, e non per un po’ di tempo, poiché è stato povero tutta la vita.

La parola del giorno 19/03/2014


San Giuseppe sposo della B.V. Maria, Patrono della Chiesa universale, Solennità

Secondo libro di Samuele 7,4-5a.12-14a.16.
In quei giorni, la parola del Signore fu rivolta a Natan:
"Và e riferisci al mio servo Davide: Dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti?
Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu giacerai con i tuoi padri, io assicurerò dopo di te la discendenza uscita dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno.
Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno.
Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. Se farà il male, lo castigherò con verga d'uomo e con i colpi che danno i figli d'uomo,
La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre".


Salmi 89(88),2-3.4-5.27.29.
Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.

"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".

Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.



Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 4,13.16-18.22.
Fratelli, non in virtù della legge fu data ad Abramo o alla sua discendenza la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede;
Eredi quindi si diventa per la fede, perché ciò sia per grazia e così la promessa sia sicura per tutta la discendenza, non soltanto per quella che deriva dalla legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi.
Infatti sta scritto: Ti ho costituito padre di molti popoli; (è nostro padre) davanti al Dio nel quale credette, che dà vita ai morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono.
Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza.
Ecco perché gli fu accreditato come giustizia.


Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 1,16.18-21.24a.
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore.

Vangelo secondo Luca


Capitolo 7

Guarigione del servo di un centurione

[1]Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafarnao. [2]Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro. [3]Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. [4]Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: «Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano, [5]perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga». [6]Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; [7]per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito. [8]Anch'io infatti sono uomo sottoposto a un'autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all'uno: Và ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fà questo, ed egli lo fa». [9]All'udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». [10]E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Risurrezione del figlio della vedova di Nain

[11]In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla. [12]Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. [13]Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: «Non piangere!». [14]E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Giovinetto, dico a te, alzati!». [15]Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre. [16]Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo». [17]La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

Domanda di Giovanni Battista e testimonianza che gli rende Gesù

[18]Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi [19]e li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?». [20]Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?». [21]In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. [22]Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. [23]E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!».
[24]Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù cominciò a dire alla folla riguardo a Giovanni: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? [25]E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re. [26]Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta. [27]Egli è colui del quale sta scritto:
Ecco io mando davanti a te il mio messaggero,
egli preparerà la via davanti a te.
[28]Io vi dico, tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. [29]Tutto il popolo che lo ha ascoltato, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia di Dio ricevendo il battesimo di Giovanni. [30]Ma i farisei e i dottori della legge non facendosi battezzare da lui hanno reso vano per loro il disegno di Dio.

Giudizio di Gesù sulla sua generazione

[31]A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili? [32]Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato;
vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!
[33]E' venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. [34]E' venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. [35]Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli».

La peccatrice perdonata

[36]Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. [37]Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; [38]e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
[39]A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice». [40]Gesù allora gli disse: «Simone, ho una cosa da dirti». Ed egli: «Maestro, dì pure». [41]«Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. [42]Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?». [43]Simone rispose: «Suppongo quello a cui ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». [44]E volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. [45]Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. [46]Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. [47]Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco». [48]Poi disse a lei: «Ti sono perdonati i tuoi peccati». [49]Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?». [50]Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; và in pace!».

SALMO 51


1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.  
2 Quando il profeta Natan andò da lui, che era andato con Betsabea.
3 Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
4 Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.
5 Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
6 Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto:
così sei giusto nella tua sentenza,
sei retto nel tuo giudizio.
7 Ecco, nella colpa io sono nato,
nel peccato mi ha concepito mia madre.
8 Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo,
nel segreto del cuore mi insegni la sapienza.
9 Aspergimi con rami d’issòpo e sarò puro;
lavami e sarò più bianco della neve.
10 Fammi sentire gioia e letizia:
esulteranno le ossa che hai spezzato.
11 Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.
12 Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
13 Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
14 Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
15 Insegnerò ai ribelli le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.
16 Liberami dal sangue, o Dio, Dio mia salvezza:
la mia lingua esalterà la tua giustizia.
17 Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
18 Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocausti, tu non li accetti.
19 Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.
20 Nella tua bontà fa’ grazia a Sion,
ricostruisci le mura di Gerusalemme.
21 Allora gradirai i sacrifici legittimi,
l’olocausto e l’intera oblazione;
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.

La frase del giorno 19 Marzo

Più difficile è il problema, più ragioni
si hanno per chiedere consiglio ad un 
Dio che ha tutta la conoscenza, tutta la
saggezza e tutto l'amore.