mercoledì 26 marzo 2014

Grazie Gesù


Grazie Gesù perché non ti ho mai visto  

Grazie Signore Gesù,
perché non ti ho mai visto.
Grazie, perché se ti avessi visto,
sarebbe stato facile, troppo facile credere in te.
Se ti avessi incontrato come i tuoi discepoli,
sarei stato come "obbligato" a seguirti, a venirti dietro.
Il tuo fascino, la tua forza mi avrebbero colpito al cuore.
Io invece non ti ho mai visto.
Eppure sono qui. Adesso.
Davanti a te.
E mi vergogno a pensare
che ti conosco ancora troppo poco.
La mia pigrizia mi impedisce di fare di più.
Se qualcuno mi chiede di te
non so neanche cosa rispondere...
Il tuo vangelo a casa, non lo leggo quasi mai.
Non ho tempo.
La mia fede si limita allo stretto indispensabile.
Eppure adesso sono qui.
Davanti a te.
E ti dico grazie perché ci sei.
Grazie, perché anche se non ti ho mai visto,
tu mi hai cambiato la vita,
per sempre.
Fa', Signore Gesù,
che non mi stanchi mai di conoscerti sempre di più,
per poterti amare sempre di più
nella vita e negli altri.
Amen.

Papa Francesco: il sacerdote serva la sua comunità con amore, altrimenti non serve

papa francesco 31
All’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, il Papa ha svolto la catechesi sul Sacramento dell’Ordine. “Abbiamo avuto modo di rimarcare che i tre Sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Eucaristia – ha detto - costituiscono insieme il mistero della «iniziazione cristiana», un unico grande evento di grazia che ci rigenera in Cristo. È questa la vocazione fondamentale che accomuna tutti nella Chiesa, come discepoli del Signore Gesù. Ci sono poi due Sacramenti che corrispondono a due vocazioni specifiche: si tratta dell’Ordine e del Matrimonio. Essi costituiscono due grandi vie attraverso le quali il cristiano può fare della propria vita un dono d’amore, sull’esempio e nel nome di Cristo, e così cooperare all’edificazione della Chiesa".
"L’Ordine, scandito nei tre gradi di episcopato, presbiterato e diaconato - ha spiegato - è il Sacramento che abilita all’esercizio del ministero, affidato dal Signore Gesù agli Apostoli, di pascere il suo gregge, nella potenza del suo Spirito e secondo il suo cuore. Pascere il gregge di Gesù con la potenza, non della forza umana, la propria potenza, ma quella dello Spirito e secondo il suo cuore - il cuore di Gesù - che è un cuore di amore. Il sacerdote, il vescovo, il diacono devono pascere il gregge del Signore con amore. Se non lo fa con amore, non serve. E in tal senso, i ministri che vengono scelti e consacrati per questo servizio prolungano nel tempo la presenza di Gesù. Lo fanno con il potere dello Spirito Santo in nome di Dio e con amore”.
Il Papa ha affrontato un primo aspetto: “Coloro che vengono ordinati sono posti a capo della comunità. Sono “A capo”, sì, però, per Gesù significa porre la propria autorità al servizio, come Lui stesso ha mostrato e ha insegnato ai discepoli con queste parole: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,25-28 // Mc 10,42-45). Un vescovo che non è al servizio della comunità non fa bene. Un sacerdote, un prete, che non è al servizio della sua comunità non fa bene. È sbagliato”.
“Un’altra caratteristica che deriva sempre da questa unione sacramentale con Cristo – ha detto Papa Francesco - è l’amore appassionato per la Chiesa. Pensiamo a quel passo della Lettera agli Efesini in cui San Paolo dice che Cristo «ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile. In forza dell’Ordine il ministro dedica tutto se stesso alla propria comunità e la ama con tutto il cuore: è la sua famiglia. Il vescovo, il sacerdote, amano la Chiesa nella loro comunità e la amano fortemente. Come? Come Cristo ama la Chiesa. Lo stesso dirà San Paolo del matrimonio: lo sposo ama sua moglie come Cristo ama la Chiesa. E’ un mistero grande di amore, questo del ministero e quello del matrimonio, i due sacramenti che sono la strada per la quale le persone abitualmente vanno, come sacramento, al Signore”.
C’è poi un ultimo aspetto affrontato dal Papa. “L’apostolo Paolo – ha osservato - raccomanda al suo discepolo Timoteo di non trascurare, anzi, di ravvivare sempre il dono che è in lui; il dono che gli è stato dato con l’imposizione delle mani (cfr 1 Tm 4,14; 2 Tm 1,6). Quando non si alimenta il ministero, il ministero del vescovo, il ministero del sacerdote con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio, e con la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia e anche con una frequentazione del Sacramento della Penitenza, si finisce inevitabilmente per perdere di vista il senso autentico del proprio servizio e la gioia che deriva da una profonda comunione con Gesù. Il vescovo che non prega, il vescovo che non sente e ascolta la Parola di Dio, che non celebra tutti i giorni, che non va a confessarsi regolarmente, e lo stesso sacerdote che non fa queste cose, alla lunga perdono l’unione con Gesù e loro diventano di una mediocrità che non fa bene alla Chiesa. Per questo, dobbiamo aiutare i vescovi, i sacerdoti a pregare, ad ascoltare la Parola di Dio che è il pasto quotidiano, a celebrare ogni giorno l’Eucaristia e ad andare a confessarsi abitualmente. E questo è tanto importante perché va alla santificazione proprio dei vescovi e dei sacerdoti”.
Il Papa ha poi concluso a braccio: “Come si deve fare per diventare sacerdote?". Non si vendono i biglietti d'entrata - ha detto - è un'iniziativa che prende il Signore: "Il Signore chiama: chiama ognuno che vuole che diventi sacerdote, e forse ci sono alcuni giovani, qui, che hanno sentito nel loro cuore questa chiamata. La voglia di diventare sacerdoti, la voglia di servire gli altri nelle cose che vengono da Dio. La voglia di essere tutta la vita al servizio per catechizzare, battezzare, perdonare, celebrare l’Eucaristia, curare gli ammalati … ma, tutta la vita così! Se qualcuno di voi ha sentito questo nel cuore, è Gesù che lo ha messo lì! Curate questo invito e pregate perché questo cresca e dia il frutto in tutta la Chiesa. Grazie”.Il Papa ha poi rivolto il suo saluto ai fedeli delle varie lingue. Ai fedeli italiani ha detto che sono coraggiosi perché non si sono fatti intimidere dalla pioggia che vuole cacciare i pellegrini. Quindi ha aggiunto: “Sono lieto di accogliere i gruppi parrocchiali e le associazioni, in particolare quelle di volontariato e la Federazione Internazionale Piemontesi nel mondo, accompagnata dal Vescovo di Pinerolo, Mons. Pier Giorgio Debernardi. Saluto gli ufficiali e militari dell’Esercito e della Guardia Costiera di Salerno, specialmente quanti si preparano a partire per la missione di pace in Libano nel prossimo ottobre. Saluto le numerose scolaresche, in particolare l’Istituto Superiore “Mattei” di Vasto che ricorda i cinquant’anni di fondazione; gli Alpini di Lecco e i Bersaglieri della Toscana. A tutti auguro che questo incontro susciti un rinnovato impegno in favore della pace e della solidarietà verso i più bisognosi. Un pensiero speciale rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Ieri abbiamo celebrato la Solennità dell’Annunciazione del Signore alla Vergine Maria. Cari giovani, particolarmente gli scouts presenti, sappiate mettervi in ascolto della volontà di Dio come Maria; cari malati, non scoraggiatevi nei momenti più difficili sapendo che il Signore non dà una croce superiore alle proprie forze; e voi, cari sposi novelli, edificate la vostra vita matrimoniale sulla salda roccia della Parola di Dio. Grazie”.

Pope's General Audience 2014-03-26

CAINO DOV'E' TUO FRATELLO?




Nella Parola di Dio troviamo spesso delle domande significative che ci fanno riflettere, in quanto vanno al di là del loro significato più immediato. Dio interpella continuamente l’uomo, lo interrogia e lo mette di fronte alle proprie responsabilità.
Una di queste domande la troviamo in Ge 4, 9: «Allora l’Eterno disse a Caino: "Dov’è tuo fratello Abele?" Egli rispose: "Non lo so; sono io forse il custode di mio fratello?" ».
La vicenda di Caino e Abele è ben nota e non sarà certamente l’oggetto di questa riflessione. Quello su cui vogliamo riflettere qui è il significato profondo che si nasconde tra le righe della domanda di Dio a Caino: « Caino, dov’è tuo fratello?». Una domanda simile, sulla quale abbiamo già avuto occasione di riflettere, Dio l’aveva rivolta anche ad Adamo dopo il peccato: « Adamo dove sei?». In quell’occasione era in gioco la relazione dell’uomo con se stesso, in quanto il peccato gli aveva fatto smarrire la sua dimensione interiore.
Nel caso di Caino invece entra in gioco la dimensione altruistica della relazione dell’uomo con il suo simile: «Caino, dov’è tuo fratello? ». La domanda è troppo impegnativa. Con il peccato l’uomo aveva perso la sua relazione con Dio e la rottura di questa relazione con Dio aveva inevitabilmente comportato anche la rottura di ogni altra relazione: anzitutto quella con sé stesso, ma anche e soprattutto quella con il proprio simile. Caino non sa cosa rispondere e la sua risposta è pertanto evasiva: Non lo so, sono forse io il custode di mio fratello? Come dire: Che m’importa di mio fratello? Che relazione vi è fra me e lui?
Con questa domanda fondamentale, Dio pone l’uomo di fronte alla grande questione della sua religiosità. Caino era un uomo religioso in quanto ci viene detto al versetto 3 che aveva fatto a Dio un’offerta dei frutti della terra, ma ci si deve chiedere se con tale offerta Caino avesse adempiuto veramente ad ogni suo obbligo nei confronti di Dio e se tale offerta fosse sufficiente a dar gloria a Dio.
Evidentemente no! Il comportamento di Caino nei confronti di Abele e la sua indifferenza alla domanda di Dio, ci dimostrano chiaramente che la religiosità di Caino era una religiosità superficiale, esteriore, formale, si potrebbe quasi dire interessata, perché preoccupata soltanto di assicurarsi il favore della divinità e non veramente di onorare Dio in tutte le sfere della sua esistenza. Pertanto un servizio reso a Dio che non sia anche un servizio reso al prossimo è un servizio del tutto inutile, privo di qualsiasi fondamento.
Il caso di Caino e di Abele è un caso paradigmatico, esemplare in quanto precorre nel tempo quella che sarà poi nel corso della storia la comprensione da parte dell’uomo del vero ed autentico rapporto con Dio. L’uomo ha sempre pensato di poter ridurre ogni suo rapporto con Dio ad un semplice atto di culto e all’osservanza di alcuni precetti religiosi, senza tener conto che il vero ed autentico rapporto con Dio tocca l’uomo in ogni ambito della sua esistenza, nessuno escluso. Un vero ed autentico rapporto con Dio non può quindi lasciare fuori dalla porta una nostra attenzione particolare verso il nostro fratello, verso il nostro prossimo, chiunque esso sia.
Il profeta Isaia stigmatizza questo tipo di religiosità che si rivolge a Dio ed ignora il prossimo con queste parole che troviamo nel cap. 1 dal v. 11 al v. 17: « Che m’importa la moltitudine dei vostri sacrifici, dice l’Eterno, sono stanco degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate, il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri non lo gradisco. Quando venite  a presentarvi davanti a me, chi ha richiesto questo da voi, che calpestate i miei cortili? Smettete di portare oblazioni inutili; l’incenso è per me un abominio; non posso sopportare i noviluni e i sabati, il convocare assemblee e l’iniquità assieme alle riunioni sacre. Io odio i vostri noviluni e le vostre feste solenni; sono un peso per me, sono stanco di sopportarle.
Quando stendete le vostre mani, io nascondo i miei occhi; anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto; le vostre mani sono piene di sangue.
Lavatevi purificatevi, togliete dalla mia presenza la malvagità delle vostre azioni, cessate di fare il male.
Imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova».
A queste parole di Isaia fa eco Giacomo il quale afferma: « Se qualcuno fra voi pensa di essere religioso, ma non tiene a freno la sua lingua, certamente egli inganna il suo cuore, la religione di quel tale è vana. La religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri dal mondo » (Gc 1, 26-27).
Il rapporto dell’uomo con Dio è essenzialmente un rapporto verticale verso l’alto, ma tale rapporto verticale presuppone anche un rapporto orizzontale che non può essere ignorato o sottovalutato senza rendere vana ogni nostra manifestazione di religiosità. Tale fatto viene messo in evidenza da 1 Gv 4, 20-21: «Se uno dice: "Io amo Dio" e odia il proprio fratello è bugiardo; chi non ama infatti il proprio fratello che vede, come può amare Dio che non vede? E questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: chi ama Dio, ami anche il proprio fratello »
Se il cristianesimo oggi ha perso la sua forza di messaggio liberatorio, ciò è dovuto in gran parte al comportamento della cristianità che nel corso del tempo ha dato la precedenza ad un rapporto con Dio di tipo intimistico e personalistico ignorando completamente la dimensione sociale del messaggio cristiano. In nome di questo tipo di religiosità sono state commesse e si commettono ancora le azioni più atroci, perché si dimentica che possiamo essere riconciliati con Dio solo se siamo riconciliati con il nostro prossimo.
Il nostro comportamento verso il prossimo si riflette inevitabilmente nel nostro rapporto con Dio. Ciò che noi facciamo o non facciamo al nostro prossimo è come se venisse fatto o non fatto a Dio stesso, per il semplice motivo che ogni essere umano riflette l’immagine di Dio.
La Parola di Dio ha una grande quantità di riferimenti che non possiamo ignorare, i quali  ci riconducono tutti ad una verità molto semplice che non possiamo in alcun modo eludere: la nostra religiosità è veramente tale solo se si manifesta in un comportamento coerente verso il prossimo. Dal libro del Levitico fino ai Vangeli siamo inviati ad amare il prossimo come noi stessi. In questo comandamento ed in quello di amare Dio è racchiuso tutta il messaggio cristiano. Paolo stesso dice in Rm 13, 9 che tutti i comandamenti verso il prossimo si riassumono in uno solo: « Ama il tuo prossomo come te stesso ». Pertanto chi ama il suo simile ha adempiuto la legge.
Giovanni va anche oltre e ad un amore soltanto a parole contrappone un amore che si manifesta con atti concreti: 1 Gv 3, 11-18.
Infine per concludere non possiamo dimenticare che il giudizio finale sarà condizionato da ciò che noi avremo fatto o non fatto a colui che si trova nel bisogno e nel quale dobbiamo riconoscere la persona di Gesù stesso: Mt 25, 31-46.

VERSO DEL 26.03.2014

«Il Signore apparve ad Abraamo alle querce di Mamre»

Genesi 18:1

Lettura biblica: Genesi 18:1-15

ALZARE GLI OCCHI

Spesse volte si sente dire, da credenti che non vogliono assumere nessuna responsabilità, né per se stessi e né per gli altri, una frase molto ricorrente: "Il Signore conosce ogni cosa"!

E questo è vero, pertanto dobbiamo ricordarci che il Signore conosce anche ciò che noi sappiamo, ma non vogliamo fare.

La prima parte di questo capitolo rivela appunto quanto sia importante rendersi strumenti di Dio, facendo anche la nostra parte.

Possiamo considerare almeno tre cose che fece Abramo prima che Dio gli rinnovasse la Sua promessa:


1) Alzò gli occhi.

Quando anche noi alziamo gli occhi non possiamo non fare la stessa esperienza di Abramo: vide Dio.
 
Questo è l'appello che il Signore fece ad Abramo (cfr. Genesi 13:14), è l'espressione di fede del Salmista (Salmo 121) e deve essere la nostra esperienza quotidiana con Dio.


2) Si prostrò fino a terra.

Alla presenza del Signore non ci rimane altro che umiliarci, offrire a Lui un cuore aperto e contrito invitandoLo a fermarsi presso di noi.

La nostra preghiera deve essere l'eco della richiesta accorata dei discepoli: «rimani con noi...» (Luca 24:29).


3) Offrì loro qualcosa.

Dopo una ossequiosa accoglienza, offrendo loro acqua per il lavaggio dei piedi, Abramo si preoccupò di offrire loro qualcosa da mangiare, prima delle schiacciate di farina e quindi disse ad uno dei suoi servi di preparare un vitello tenero e buono.

Quanto è importante fare nostri questi sentimenti, impossessarci delle stesse attitudini!

É la parte che tocca a noi compiere: alziamo i nostri occhi dalle situazioni contingenti; mettiamo da parte il nostro orgoglio umano che spesso frena il nostro cammino cristiano ed offriamo a Dio il meglio che possiamo darGli.

Meditazione del giorno 26/03/2014

Mercoledì della III settimana di Quaresima
Meditazione del giorno
San Cipriano (ca 200-258), vescovo di Cartagine e martire
Trattato : la gelosia e l’invidia, 12-15; CSEL 3, 427-430
Il compimento della Legge : l’amore in atto.
 
    Portare il nome di Cristo e non camminare sulle orme di Cristo non è forse un tradire il nome di Dio e abbandonare la via della salvezza ? Lui stesso infatti insegna e afferma che giungerà alla vita chi avrà osservato i comandamenti (Mt 19,17), e che è sapiente chi avrà ascoltato e obbedito alle sue parole (Mt 7,24); e ancora che sarà chiamato grande nel Regno dei cieli chi avrà insegnato e operato in modo coerente. Egli afferma che  l’aver predicato bene e con profitto tornerà a vantaggio di chi predica solo quando ciò che si annuncia con la bocca è confermato dalle azioni.
    Che cosa mai il Signore ha inculcato tanto spesso nell’animo dei suoi discepoli, se non che ci amiamo a vicenda con lo stesso amore con cui egli ha amato i discepoli? (Gv 13,34; 15,12) Tra i consigli che portano alla salvezza e fra i suoi precetti divini, si troverà forse un comandamento più importante da custodire e osservare? Ma come può mantenere la pace e la carità del Signore chi a causa della gelosia non può essere operatore di pace e d’amore?
     
    Perciò anche Paolo apostolo, enumerando i meriti della pace e della carità, ha affermato con forza che non gli avrebbero giovato né la fede, né le elemosine, né la stessa sofferenza del confessore e del martire se non avesse mantenuto integre le esigenze della carità (1Cor 13,4).

Parola del giorno 26/03/2014



Mercoledì della III settimana di Quaresima
Libro del Deuteronomio 4,1.5-9.
Mosè parlò al popolo e disse:
« Ascolta, Israele, le leggi e le norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso del paese che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi.
Vedete, io vi ho insegnato leggi e norme come il Signore mio Dio mi ha ordinato, perché le mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso.
Le osserverete dunque e le metterete in pratica perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente.
Infatti qual grande nazione ha la divinità così vicina a sé, come il Signore nostro Dio è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo?
E qual grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi espongo?
Ma guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli. »


Salmi 147,12-13.15-16.19-20.
Glorifica il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion.
Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Manda sulla terra la sua parola,
il suo messaggio corre veloce.
Fa scendere la neve come lana,
come polvere sparge la brina.

Annunzia a Giacobbe la sua parola,
le sue leggi e i suoi decreti a Israele.
Così non ha fatto con nessun altro popolo,
non ha manifestato ad altri i suoi precetti.



Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,17-19.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: « Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento.
In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. »  

Vangelo secondo Luca


Capitolo 14

Guarigione di un idropico in giorno di sabato

[1]Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo. [2]Davanti a lui stava un idropico. [3]Rivolgendosi ai dottori della legge e ai farisei, Gesù disse: «E' lecito o no curare di sabato?». [4]Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. [5]Poi disse: «Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà subito fuori in giorno di sabato?». [6]E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Sulla scelta dei posti

[7]Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: [8]«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te [9]e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. [10]Invece quando sei invitato, và a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. [11]Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Sulla scelta degli invitati

[12]Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. [13]Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; [14]e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Sugli invitati che non accettano

[15]Uno dei commensali, avendo udito ciò, gli disse: «Beato chi mangerà il pane nel regno di Dio!». [16]Gesù rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. [17]All'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, è pronto. [18]Ma tutti, all'unanimità, cominciarono a scusarsi. Il primo disse: Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego, considerami giustificato. [19]Un altro disse: Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego, considerami giustificato. [20]Un altro disse: Ho preso moglie e perciò non posso venire. [21]Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al padrone. Allora il padrone di casa, irritato, disse al servo: Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi. [22]Il servo disse: Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c'è ancora posto. [23]Il padrone allora disse al servo: Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia. [24]Perché vi dico: Nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena».

Rinunciare a quanto si ha di caro

[25]Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: [26]«Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. [27]Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.

Rinunciare soprattutto ai propri beni

[28]Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? [29]Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: [30]Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. [31]Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? [32]Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda un'ambasceria per la pace. [33]Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Non essere insipidi

[34]Il sale è buono, ma se anche il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si salerà? [35]Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via. Chi ha orecchi per intendere, intenda».

Salmo 58


1 Al maestro del coro. Su «Non distruggere». Di Davide. Miktam.
2 Rendete veramente giustizia, o potenti,
giudicate con equità gli uomini?
3 No! Voi commettete iniquità con il cuore,
sulla terra le vostre mani soppesano violenza.
4 Sono traviati i malvagi fin dal seno materno,
sono pervertiti dalla nascita i mentitori.
5 Sono velenosi come un serpente,
come una vipera sorda che si tura le orecchie,
6 che non segue la voce degli incantatori,
del mago abile nei sortilegi.
7 Spezzagli, o Dio, i denti nella bocca,
rompi, o Signore, le zanne dei leoni.
8 Si dissolvano come acqua che scorre,
come erba calpestata inaridiscano.
9 Passino come bava di lumaca che si scioglie,
come aborto di donna non vedano il sole!
10 Prima che producano spine come il rovo,
siano bruciati vivi, la collera li travolga.
11 Il giusto godrà nel vedere la vendetta,
laverà i piedi nel sangue dei malvagi.
12 Gli uomini diranno: «C’è un guadagno per il giusto,
c’è un Dio che fa giustizia sulla terra!».

La frase del giorno 26 Marzo

 
Dai VITA - Verità, Ispirazione, Tempo, e
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