sabato 21 dicembre 2013

La «nuova evangelizzazione»


 I cardinali con il Papa (ANSA)


Il Papa ai partecipanti alla plenaria del Pontificio consiglio: «Usare il linguaggio della misericordia. Ogni cristiano dialoghi con chi la pensa diversamente, con chi ha un’altra fede, o non ha fede»

«La nuova evangelizzazione non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole». E bisogna «andare verso gli altri», dialogando con tutti. Lo ha detto Papa Francesco questa mattina ricevendo nella sala Clementina i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione guidato dall'arcivescovo Rino Fisichella. Bergoglio ha ringraziato per il servizio svolto e ha parlato del «primato della testimonianza», dell'«urgenza di andare incontro» e della necessità di un progetto pastorale «centrato sull'essenziale».


«Nel nostro tempo si verifica spesso un atteggiamento di indifferenza verso la fede», ha detto Francesco e i cristiani, con la loro testimonianza di vita, sono chiamati a suscitare delle domande in chi li incontra: «Perché vivono così? Che cosa li spinge?». «Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la bellezza di Dio».


Tante persone, osserva Francesco si sono allontanate dalla Chiesa: «È sbagliato scaricare le colpe da una parte o dall’altra, anzi, non è il caso di parlare di colpe. Ci sono responsabilità nella storia della Chiesa e dei suoi uomini, ce ne sono in certe ideologie e anche nelle singole persone. Come figli della Chiesa - aggiunge il Papa - dobbiamo continuare il cammino del Concilio Vaticano II, spogliarci di cose inutili e dannose, di false sicurezze mondane che appesantiscono la Chiesa e danneggiano il suo vero volto».


«C’è bisogno di cristiani - ha detto Francesco - che rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura. Sappiamo tutti che la crisi dell’umanità contemporanea non è superficiale ma profonda. Per questo la nuova evangelizzazione, mentre chiama ad avere il coraggio di andare controcorrente, di convertirsi dagli idoli all’unico vero Dio, non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole». Ogni battezzato è «un “cristoforo”, portatore di Cristo, come dicevano gli antichi santi Padri. Chi ha incontrato Cristo, come la Samaritana al pozzo, non può tenere per sé questa esperienza... C’è da chiedersi tutti se chi ci incontra percepisce nella nostra vita il calore della fede, vede nel nostro volto la gioia di avere incontrato Cristo!»


Il Papa ha quindi sottolineato che la nuova evangelizzazione è «un movimento rinnovato verso chi ha smarrito la fede e il senso profondo della vita». E come «il Figlio di Dio è “uscito” dalla sua condizione divina ed è venuto incontro a noi», anche «ogni cristiano è chiamato ad andare incontro agli altri, a dialogare con quelli che non la pensano come noi, con quelli che hanno un’altra fede, o che non hanno fede. Incontrare tutti, perché tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro a tutti, senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza».


«Nessuno - ha detto ancora Francesco - è escluso dalla speranza della vita, dall’amore di Dio. La Chiesa è inviata a risvegliare dappertutto questa speranza, specialmente dove è soffocata da condizioni esistenziali difficili, a volte disumane, dove la speranza non respira, soffoca. C’è bisogno dell’ossigeno del Vangelo, del soffio dello Spirito di Cristo risorto, che la riaccenda nei cuori. La Chiesa è la casa in cui le porte sono sempre aperte non solo perché ognuno possa trovarvi accoglienza e respirare amore e speranza, ma anche perché noi possiamo uscire a portare questo amore e questa speranza».


Infine, il Papa ha spiegato che «non serve disperdersi in tante cose secondarie o superflue», ma che bisogna «concentrarsi sulla realtà fondamentale, che è l’incontro con Cristo, con la sua misericordia, con il suo amore e l’amare i fratelli». Bisogna «percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci!». Il Papa ha sottolineato quindi «l’importanza della catechesi, come momento dell’evangelizzazione», per superare «la frattura tra Vangelo e cultura e l’analfabetismo dei nostri giorni in materia di fede». «Ho ricordato più volte - ha aggiunto - un fatto che mi ha impressionato nel mio ministero: incontrare bambini che non sapevano neppure farsi il segno della croce!». I catechisti svolgono «un servizio prezioso per la nuova evangelizzazione, ed è importante che i genitori siano i primi catechisti, i primi educatori alla fede nella propria famiglia con la testimonianza e con la parola».

 

Povertà





Il denaro non è tutto. E’ scritto nella Bibbia, in Proverbi 13:7,8 (TILC): “C’è chi fa il ricco e non ha nulla, c’è chi fa il povero e possiede ricchezza. La ricchezza può salvarti la vita, ma il povero non teme minacce.”
Sebbene il mondo onori i ricchi, non siate sorpresi del fatto che Dio onora i poveri. E’ scritto nella Bibbia, in Giacomo 2:5 (NR): “Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto quelli che sono poveri secondo il mondo perché siano ricchi in fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano?”
Dobbiamo essere ansiosi di aiutare i poveri. E’ scritto nella Bibbia, in Alati 2:10 (NR): “Soltanto ci raccomandarono di ricordarci dei poveri, come ho sempre cercato di fare.”
Ignorare i bisognosi è un peccato. E’ scritto nella Bibbia, in Amos 5:12 (TILC): “Io so quanto sono numerosi i vostri misfatti , quanto orribili i vostri peccati. Voi tormentate l’uomo giusto, accettate ricompense illecite e impedite ai poveri di ottenere giustizia in tribunale.”
Aiutare i poveri ci fa ricevere le benedizioni del Signore. E’ scritto nella Bibbia, nel Salmo 41:1 (NR): “Beato chi ha cura del povero! Nel giorno della sventura il Signore lo libererà.”
Quando ci preoccupiamo dei poveri onoriamo Dio. E’ scritto nella Bibbia, in Proverbi 14:31 (NR): “Chi opprime il povero offende colui che l’ha fatto, ma chi ha pietà del bisognoso, lo onora.”
La chiesa deve aiutare a sostenere i poveri che non hanno famiglia. E’ scritto nella Bibbia, in 1 Timoteo 5:5,6 (NR): “La vedova che è veramente tale e sola al mondo, ha posto la sua speranza in Dio, e persevera in suppliche e preghiere notte e giorno; ma quella che si abbandona ai piaceri, benché viva, è morta.”
Dio promette grandi ricompense a coloro che aiutano i poveri. E’ scritto nella Bibbia, in Isaia 58:7-11 (NR): “Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne? Allora la tua luce spunterà come l’aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del Signore sarà la tua retroguardia…..Supplisci ai bisogni dell’affamato, e sazi l’afflitto, la tua luce spunterà nelle tenebre, e la tua notte oscura sarà come il mezzogiorno; il Signore ti guiderà sempre, ti sazierà nei luoghi aridi, darà vigore alle tue ossa…..”
Dobbiamo agire nell’interesse dei poveri. E’ scritto nella Bibbia, in Amos 5:24 (NR): “Scorra piuttosto il diritto come acqua e la giustizia come un torrente perenne!”

LA TUA FEDE TI HA SALVATO!




 
Luca 17,11-19: "Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: "Gesù maestro, abbi pietà di noi!". Appena li vide, Gesù disse: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". E mentre essi andavano, f - See more at: http://vivetenellagioia.altervista.org/articoli/guarigione.html#sthash.pi2DGKxp.dpuf

La gioia della guarigione
La gioia della guarigione
LA TUA FEDE TI HA SALVATO!
La gioia della guarigione 
di Pamela Salvatori 
Luca 17,11-19: "Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: "Gesù maestro, abbi pietà di noi!". Appena li vide, Gesù disse: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". E mentre essi andavano, furono sanati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: "Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?". E gli disse: "Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!". Questo brano del Vangelo aiuta molto a riflettere sull'importanza della gratitudine! Gesù, con la sua parola e il suo agire, ci fa comprendere che, benché Lui abbia a cuore la nostra salute fisica e provveda anche a quella, molto più importante è la salvezza eterna. La guarigione, anche se miracolosa, non sempre è sinonimo di salvezza e la malattia è permessa da Dio con lo scopo di condurci alla conversione: sperimentando la debolezza e l'impotenza umana, nella malattia siamo costretti a riconoscerci niente senza Dio. Non è un caso se moltissime conversioni scaturiscono da situazioni di sofferenza simili a quelle descritte nel Vangelo. Ora i lebbrosi hanno chiesto pietà a Gesù: "Gesù, abbi pietà di noi!", hanno pregato Gesù con la preghiera del cuore e infatti sono stati esauditi. Non subito però, prima hanno dovuto obbedire alla parola di Gesù che ha loro comandato: "andate a presentarvi ai sacerdoti". Tutti i 10 lebbrosi non hanno esitato a fare quanto Gesù aveva loro detto, forse la speranza di essere guariti in loro era così forte da non farli dubitare, dunque, pur vedendosi ancora piagati, hanno perseverato con un atto di fede nella sua parola. Così, hanno continuato il cammino e sono stati esauditi. Tuttavia solo uno di essi nella grande gioia della guarigione si è poi ricordato di Gesù. Eppure tutti avevano chiesto pietà, avevano pregato e obbedito, avevano creduto che Gesù poteva fare qualcosa per loro. Come mai allora solo "uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo"? Eppure non sembrava la cosa più logica e scontata da fare? Viene spontaneo per noi giudicar male quegli altri nove, eppure molto spesso tra loro ci siamo anche noi. Il fatto stesso che solo 1 su 10 abbia ringraziato dimostra che la maggior parte di noi non ringrazia affatto Dio per i benefici ricevuti, oppure se ne ricorda tardi, mettendo il ringraziamento all'ultimo posto! Invece la riconoscenza, il ringraziamento e la lode sono fonte di grazie ancora più grandi! E infatti, in quel brano del Vangelo, notiamo quanto siano gradite a Gesù che subito accoglie quell'uomo con amore e in cambio, dopo averlo guarito, gli dona persino la salvezza!!! Dunque la salvezza è giunta a quell'uomo passando per la guarigione per la sua perseveranza nella fede, ma soprattutto per la sua umiltà e gratitudine verso Dio. Chi ringrazia riconosce che il bene viene solo da Dio e restituisce a Dio la sua Potenza e la Sua Gloria, ricevendo gioia in abbondanza dal Signore. Gesù nota come gli altri non abbiano ringraziato, si siano dimenticati di lui e se ne rattrista. Chi non vuole riconoscere le grazie che il Signore gli concede ogni giorno, rattrista il Cuore di Cristo, dimostra nei fatti di non amare Dio sopra ogni cosa, di ricorrere a Lui solo nel bisogno e di non essere giunto ancora alla vera conversione del cuore, dunque non può sperare di avere la pienezza della gioia. E’ fondamentale invocare lo Spirito Santo che illumini ciascuno di noi per saper riconoscere le grazie che il Signore in ogni istante ci dona, perché la verità è che tutto è dono! Quante volte anche noi come i lebbrosi del Vangelo, nel bisogno ci mettiamo in ginocchio, domandiamo con il cuore, sperando che Dio intervenga, ma poi una volta ottenuta la grazia ci dimentichiamo di Dio? Oppure lo trascuriamo? Quanti di noi vanno a ringraziarlo come prima cosa? Quanti di noi tornano a lodarlo e si prostrano in adorazione davanti a Lui una volta ottenuto quanto chiesto? E se ringraziamo, quanto e come ringraziamo? Lo facciamo ad alta voce? E cioè rendiamo testimonianza pubblicamente dei miracoli che il Signore compie per noi o ce ne vergogniamo? Proclamiamo a tutti i suoi prodigi perchè anche gli altri credano? Non dovrebbe essere il nostro ringraziamento senza fine, senza sosta, senza timori? Non dovrebbe la nostra lode trasformare tutta la nostra vita in un inno alla gloria a Dio? Non dovremmo cambiare vita, cambiare logica, spendere tutta la vita per la causa di Cristo come ringraziamento? O pensiamo che basti guarire dai mali del corpo per salvarci? Molto spesso non si ottengono guarigioni proprio perché il cuore non si converte e finché l’anima è malata anche il corpo resta infermo. Dio è grande nella sua misericordia, ma non può costringerci ad amarlo e il ringraziamento è il più bel gesto d'amore e di umiltà! Comprendiamo allora perché se spesso chiediamo e il Signore sembra non esaudirci subito è un grande atto di misericordia, Dio sa cosa ne faremmo di quella grazia e quante grazie sprechiamo continuamente! Così preferisce farci attendere, farsi pregare un pò più a lungo, per darci il tempo di crescere nella fede e maturare, per poter essere pronti poi a ricevere il Suo dono con riconoscenza e affinché ogni beneficio porti abbondante frutto nella vita nostra e degli altri. Ottenere la grazia richiesta non significa automaticamente aver conquistato la salvezza eterna. La salvezza dipende dall'uso che si fa dei doni ricevuti! Allora preghiamo con il cuore anche noi e con gioia! Ma prima di pregare e di domandare qualsiasi cosa ricordiamoci di ringraziare il Signore per quello che già ci ha dato, riconosciamo che solo Lui è l’Onnipotente che tutto può: pensiamo a quante volte il Signore ci ha liberato da situazioni difficili; quante volte ci ha tenuto lontano da situazioni che avrebbero potuto nuocere alla nostra salute fisica e spirituale; in quante occasioni è intervenuto silenziosamente facendoci trovare soluzioni ai problemi; e pensiamo che molte solo le grazie che costantemente ci vengono offerte e che non abbiamo la delicatezza di comprendere. E ogni giorno, quante volte ci consola, si fa sentire vicino, ci manda i Suoi angeli a consigliarci nelle scelte? Quante volte ha inviato a noi persone inaspettate al momento giusto? Oppure ci è capitato di sentire o leggere una parola che ha illuminato la nostra giornata improvvisamente? E ogni mattina quando apriamo gli occhi non è sempre per grazia di Dio che la nostra vita ricomincia? Il Signore parla a noi in tantissimi modi e continuamente. Se facciamo attenzione possiamo riconoscere la Sua mano sempre su di noi. La Sua protezione è costante! Non dubitiamo! Il Signore non dimentica nessuno, siamo preziosi ai suoi occhi!Di qui la nostra gioia! Abbondiamo nel rendimento di grazie anche nel dolore, perché è nostro dovere e nostra gioia lodare il Signore che ci ha creato per conoscerlo, amarlo servirlo, per trasformarci nel Sangue di Gesù in una perenne lode della Sua Gloria! E allora otterremo non solo quello che chiediamo ma molto molto di più!

«AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO»





Gesù disse ai suoi discepoli: « Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri » (Gv 13,34).
2196 Rispondendo alla domanda rivoltagli sul primo dei comandamenti, Gesù disse: « Il primo è: "Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". E il secondo è questo: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Non c'è altro comandamento più importante di questo » (Mc 12,29-31).
L'Apostolo san Paolo lo richiama: « Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti, il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore » (Rm 13,8-10).

Se l’amore di Dio è un dono, è necessario meditare sul dovere di amare, e in particolare sul dovere di amare il prossimo. Il legame tra i due amori è espresso dalla parola di Dio: “Se Dio ci ha amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1 Gv 4,11).

“Amerai il prossimo tuo come te stesso” era un comandamento antico, scritto nella legge di Mosè e Gesù stesso lo cita come tale (Lc 10, 27).
Come mai dunque Gesù lo chiama il “suo” comandamento e il comandamento “nuovo”?
La risposta è che con lui sono cambiati l’oggetto, il soggetto e il motivo dell’amore del prossimo.
È cambiato anzitutto l’oggetto, cioè chi è il prossimo da amare. Esso non è più solo il connazionale, o al massimo l’ospite che abita con il popolo, ma ogni uomo, anche lo straniero, anche il nemico. “Io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto?” (Mt 5, 44-47).È cambiato anche il soggetto dell’amore del prossimo, cioè il significato della parola prossimo.
Esso non è l’altro; sono io; non è colui che sta vicino, ma colui che si fa vicino. Con la parabola del buon samaritano Gesù dimostra che non bisogna attendere passivamente che il prossimo spunti sulla mia strada, con tanto di segnalazione luminosa, a sirene spiegate. Il prossimo sei tu, cioè colui che tu puoi diventare. Il prossimo non esiste in partenza, si avrà un prossimo solo se si diventa prossimo di qualcuno. È cambiato soprattutto il criterio o la misura dell’amore del prossimo.
Fino a Gesù il modello era l’amore di se stessi: “come te stesso”. È stato detto che Dio non poteva assicurare l’amore del prossimo a un “piolo” meglio confitto di questo; non avrebbe ottenuto lo stesso scopo neppure se avesse detto: “Amerai il prossimo tuo come il tuo Dio!”, perché sull’amore di Dio – cioè, su cos’è amare Dio – l’uomo può ancora barare, ma sull’amore di sé, no. L’uomo sa benissimo cosa significa, in ogni circostanza, amare se stesso; è uno specchio che ha sempre davanti a sé, non lascia scappatoie.
E invece una scappatoia la lascia ed è per questo che Gesù sostituisce ad esso un altro modello e un’altra misura: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Gv 15,12). L’uomo può amare se stesso in modo sbagliato, cioè desiderare il male, non il bene, amare il vizio, non la virtù. Se un simile uomo ama gli altri “come se stesso” e vuole per gli altri le cose che vuole per se stesso, poveretta la persona che è amata così! Sappiamo invece dove ci porta l’amore di Gesù: alla verità, al bene, al Padre.
Chi segue lui “non cammina nelle tenebre”. Egli ci ha amato dando la vita per noi, quando eravamo peccatori, cioè nemici (Rom 5, 6 ss).
Si capisce in questo modo cosa vuol dire l’evangelista Giovanni con la sua affermazione apparentemente contraddittoria: “Carissimi, non vi scrivo un comandamento nuovo, ma un comandamento vecchio che avevate fin da principio: il comandamento vecchio è la parola che avete udita.
E tuttavia è un comandamento nuovo che io vi scrivo” (1 Gv 2, 7-8). Il comandamento dell’amore del prossimo è “antico” nella lettera, ma “nuovo” della novità stessa del vangelo.
Nuovo perché non è più solo “legge”, ma anche, e prima ancora, “grazia”. Si fonda sulla comunione con Cristo, resa possibile dal dono dello Spirito. Santa Caterina da Siena ha dato la spiegazione più semplice e convincente. Ella fa dire a Dio:
Io vi chiedo di amarmi con lo stesso amore con cui io amo voi.
Questo non lo potete fare a me, perché io vi amai senza essere amato. Tutto l'amore che avete per me è un amore di debito, non di grazia, in quanto siete tenuti a farlo, mentre io vi amo con amore di grazia, non di debito.
Voi non potete dunque rendere a me l'amore che io richiedo. Per questo vi ho messo accanto il vostro prossimo: affinché facciate ad esso quello che non potete fare a me, cioè di amarlo senza considerazione di merito e senza aspettarvi alcuna utilità.
E io reputo che facciate a me quello che fate ad esso”.


Padre pio

Cenni Biografici
                
Erede spirituale di San Francesco d'Assisi, Padre Pio da Pietrelcina è stato il primo sacerdote a portare impressi sul suo corpo i segni della crocifissione.
Già noto al mondo come il "Frate stigmatizzato", Padre Pio, al quale il Signore aveva donato particolari carismi, si adoperò con tutte le sue forze per la salvezza delle anime. Le moltissime testimonianze dirette della "santità" del Frate, arrivano sino ai nostri giorni, accompagnate da sentimenti di gratitudine.
Le sue intercessioni provvidenziali presso Dio furono per molti uomini causa di guarigione nel corpo e motivo di rinascita nello Spirito.

Padre Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina, un piccolo paese del beneventano, il 25 maggio 1887. Venne al mondo in casa di gente povera dove il papà Grazio Forgione e la mamma Maria  padrepio2.jpg (5839 byte)Giuseppa Di Nunzio avevano accolto già altri figli. Fin dalla tenera età Francesco sperimentava in se il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio e questo desiderio lo distingueva dai suoi coetanei. Tale "diversità" fu oggetto di osservazione da parte dei suoi parenti e dei suoi amici. Raccontava mamma Peppa - "non commetteva nessuna mancanza, non faceva capricci, ubbidiva sempre a me e a suo padre, ogni mattina ed ogni sera si recava in chiesa a visitare Gesù e la Madonna. Durante il giorno non usciva mai con i compagni. Qualche volta gli dicevo: "Francì esci un pò a giocare. Egli si rifiutava dicendo: "non ci voglio andare perché essi bestemmiano".
Dal diario di Padre Agostino da San Marco in Lamis, che fu uno dei direttori spirituali di Padre Pio, si venne a sapere che Padre Pio, fin dal 1892, quando aveva solo cinque anni, viveva già le sue prime esperienze carismatiche. Estasi ed apparizioni erano così frequenti che il bambino le riteneva assolutamente normali.
Con il passare del tempo poté realizzarsi quello che per Francesco era il più grande sogno: consacrare totalmente la vita al Signore. Il 6 gennaio 1903, a sedici anni, entrò come chierico nell'Ordine dei Cappuccini e fu ordinato sacerdote nel Duomo di Benevento, il 10 agosto 1910.
Ebbe così inizio la sua vita sacerdotale che a causa della sue precarie condizioni di salute, si svolgerà dapprima in diversi conventi del beneventano, dove fra Pio fu inviato dai suoi superiori per favorirne la guarigione, poi, a partire dal 4 settembre 1916, nel convento di San Giovanni Rotondo, sul Gargano, dove, salvo poche e brevi interruzioni, rimase fino al 23 settembre 1968, giorno della sua nascita al cielo.
In questo lungo periodo, quando eventi di particolare importanza non modificavano la quiete conventuale, Padre Pio dava inizio alla sua giornata svegliandosi prestissimo, molto prima dell'alba, cominciando con la preghiera di preparazione alla Santa Messa. Successivamente scendeva in chiesa per la celebrazione dell'Eucarestia al quale seguivano il lungo ringraziamento e la preghiera sul matroneo davanti a Gesù Sacramentato, infine le lunghissime confessioni.
Uno degli eventi che segnarono profondamente la vita del Padre fu quello verificatosi la mattina del 20 settembre 1918, quando, pregando davanti al Crocifisso del coro della vecchia chiesina, ricevette il dono delle stimmate, visibili; che rimasero aperte, fresche e sanguinanti, per mezzo secolo.
Questo fenomeno straordinario catalizzò, su Padre Pio l'attenzione dei medici, degli studiosi, dei giornalisti ma soprattutto della gente comune che, nel corso di tanti decenni si recò a San Giovanni Rotondo per incontrare il "Santo" frate.
In una lettera a Padre Benedetto, datata 22 ottobre 1918, lo stesso Padre Pio racconta della sua "crocifissione":
"...cosa dirvi di ciò che mi dimandate del come si è avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che Tu hai operato in questa tua meschina creatura! Era la mattina del 20 dello scorso mese (settembre) in coro, dopo la celebrazione della Santa Messa, allorché venni sorpreso dal riposo, simile ad un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell'anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed abbandono alla completa privazione del tutto e una posa nella stessa rovina, tutto questo avvenne in un baleno. E mentre tutto questo si andava operando; mi vidi dinanzi un misterioso personaggio; simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondava sangue. La sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell'istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto. La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che sperimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i giorni. La ferita del cuore gitta assiduamente del sangue, specie dal giovedì a sera sino al sabato.
Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e per la confusione susseguente che io provo nell'intimo dell'anima. Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore e col ritirare da me questa operazione...
."
Per anni, quindi, da ogni parte del mondo, i fedeli si recarono da questo sacerdote stigmatizzato, per ottenere la sua potente intercessione presso Dio.
Cinquant'anni vissuti nella preghiera, nell'umiltà, nella sofferenza e nel sacrificio, dove per attuare il suo amore, Padre Pio realizzò due iniziative in due direzioni: una verticale verso Dio, con la costituzione dei "Gruppi di preghiera", l'altra orizzontale verso i fratelli, con la costruzione di un moderno ospedale: "Casa Sollievo della Sofferenza".
Nel settembre del 1968 migliaia di devoti e figli spirituali del Padre si radunarono in convegno a San Giovanni Rotondo per commemorare insieme il 50° anniversario delle stigmate e celebrare il quarto convegno internazionale dei Gruppi di Preghiera.
Nessuno avrebbe immaginato invece che alle 2.30 del 23 settembre 1968 avrebbe avuto termine la vita terrena di Padre Pio da Pietrelcina.
 

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San Charbel Makhlouf

Monaco eremita 

Non è semplice scrivere di San Charbel Makhlouf un monaco appartenente all'Ordine Libanese Maronita vissuto nel secolo scorso ed elevato alla Gloria degli altari da Paolo VI il 9 ottobre 1977, non tanto per i suoi miracoli o per i fatti prodigiosi o eclatanti avvenuti durante la sua vita e dopo la sua morte quanto per le sue virtù eroiche che permettono a noi occidentali di conoscere meglio l'intensa spiritualità della Chiesa Orientale.
Riteniamo quindi che la vita di questo Santo, meriti di essere maggiormente conosciuta anche in occidente, specialmente fra le nuove generazioni che sono alla ricerca di una nuova e intensa spiritualità, come dimostrano l'aumento delle vocazioni negli Ordini monastici contemplativi e se riusciremo a comprendere il messaggio che San Charbel ci ha lasciato siamo certi che questi potrà essere un valido aiuto per tutti i credenti.
Abbiamo liberamente tradotto dal francese una lettera del Cardinale Paolo Pietro Méouchi, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente indirizzata a Mons. Salvatore Garofano Rettore Magnifico della Pontificia Università Urbaniana "De Propaganda Fide" e autore della biografia del Santo redatta in lingua italiana ("Il profumo del Libano" Roma 1977) che riteniamo sintetizzi mirabilmente la spiritualità e le virtù del Santo.
""" Nel dramma dove, attraverso la storia, il mondo si dibatte. i Santi conservano i riflessi di Colui che è nominato "La luce del mondo", Gesù Cristo.
Nell' ultima decade del 19° secolo dove il vento del razionalismo soffia spesso sul Libano un vigile, il monaco Charbel Makhlouf monta la guardia sulla Santa montagna, per affermare nella semplicità del credente e con la presenza di Dio di un anima innamorata che il dramma che scuote l'umanità, nel suo pellegrinaggio terrestre, non trova la sua soluzione che nel ritorno verso le regioni profonde dell'anima dove abita la SS. Trinità.
Sempre nella storia della spiritualità orientale si sono opposte la gnosi dei sapienti e la fede dei semplici. Gli gnostici che cercano di mettere Dio nei limiti della ragione trovano davanti a loro delle anime che preferiscono ritrovare il Creatore sulla via del cuore e dell'esperienza, la via, senza esclusione della dotta ignoranza che si nutre alle grandi fonti della Sacra Scrittura, dei Padri del deserto e della teologia morale. Così faceva San Charbel Makhlouf.
In una spogliazione totale del mondo e soprattutto della propria mente, questo monaco semplice e generoso, ha preferito la pienezza di Dio all'illusione delle ricchezze del mondo. Egli ha messo in pratica che l'avere non è niente e che l'essere è tutto. Dio, la semplicità stessa, non ha niente ma è assoluta. Così bene nella fuga dal mondo - questa è, d'altronde una delle caratteristiche della spiritualità orientale - Charbel ha voluto stabilire con i suoi prediletti il dialogo della fiducia, della presenza e dell'amore. Egli si sentiva costantemente chiamato dal Cristo Salvatore a ritirarsi nella profondità, e i suoi occhi che si chiudono al mondo, si aprono a delle ricchezze insondabili e divine, che nessun occhio ha visto e nessun orecchio ha sentito. (I Cor. 2,9).
Bisogna credere allora che il nostro monaco abbia vissuto la sua gioia crocefisso da un anima tesa costantemente a convertirsi e a fare penitenza in unione con la croce vittoriosa, nell'egoismo di colui che fissato sull' Assoluto, non ha più cura dei miserabili che vivono sulla terra le loro strane avventure? Ma no! Charbel ritrova la Chiesa nel suo pellegrinaggio spirituale. Che cosa ha valso, in effetti, ai suoi occhi la santità che non era ecclesiale che non era per la Redenzione di Cristo s'intende ad un numero sempre più grande di uomini, salvati per il Sangue divino? Che cosa hanno valso delle mortificazioni eroiche - incomprensibili a volte, talmente esse erano eccessive - se esse non erano per riparare se non dei peccati personali come dicevano i Padri della Chiesa, di meno i peccati degli altri, di cui si è solidali per l'edificazione delle stesso ed unico Corpo Mistico di Gesù Cristo.
Questo bene, queste strade della profondità che ha praticato Charbel Makhlouf nella sua esistenza, dimentico del mondo, ma che Dio doveva glorificare con dei prodigi inauditi e senza nome, giacche i valori di questa terra si sono lacerati e che la fede ha lasciato il posto alla visione."""


    Vita di un eremita
Il nostro Santo nacque in Beqakafra, paese distante a 140 Km. della capitale del Libano, Beirut, un giorno 8 di maggio dell'anno di 1828; quinto figlio di Antun Makhlouf e Brigitte Chidiac, pia famiglia di contadini. Otto giorno dopo la sua nascita, ricevette il battesimo, nella chiesa di Nostra Signora del suo paese,dove i suoi genitori gli hanno imposto il nome di Yusef.(Giuseppe) I primi anni trascorsero in pace e tranquillità, circondato della sua famiglia e sopratutto dell'insigne devozione di sua madre, che per tutta la sua vita fece praticò con la parola e le opere la sua fede religiosa, dando esempio ai suoi figli che crebbero, così nel santo timore di Dio. A tre anni, il padre di Yusef fu arruolato dall'Esercito turco, che combatteva in quel momento de contro le truppe egizie. Suo padre muore ritornando a casa e sua madre passato po' di tempo si risposa con un uomo devoto e perbene, che successivamente riceverà il diaconato. Yusef aiutò sempre il suo patrigno in tutte le cerimonie religiose, rivelando fin dal principio un raro ascetismo ed inclinazione alla vita di preghiera.
INFANZIA
Yusef imparò le prime nozioni nella scuola parrocchiale del suo paese, piccola stanza adiacente alla chiesa. All'età di 14 anni si dedica a curare un gregge di pecore vicino alla casa paterna; e in questo periodo iniziano le sue prime e autentiche esperienze riguardanti la preghiera, si ritirava costantemente in una caverna che aveva scoperto vicino ai pascoli, e lì passava molte ore in meditazione, ricevendo spesso le burle degli altri ragazzi come Lui pastori della zona. A parte il suo patrigno (diacono), Yusef ebbe due zii da parte di madre che erano eremiti e appartenenti all'Ordine Libanese Maronita, e da essi accorreva con frequenza, trascorrendo molte ore in conversazioni, riguardanti la vocazione religiosa e il monacato, che ogni volta si fa più significativo per Lui.
LA VOCAZIONE
All'età di 20 anni, Yusef è un uomo fatto, sostegno della casa, Lui sa che presto dovrà contrarre matrimonio, tuttavia, resiste all'idea e prende un periodo di attesa di tre anni, nei quali ascoltò la voce di Dio "Lascia tutto, vieni e seguimi" si decide, e quindi, senza salutare nessuno, nemmeno sua madre, una mattina dell'anno di 1851 si dirige al convento della Madonna di Mayfouq, dove sarà ricevuto prima come postulante e poi come novizio, facendo una vita esemplare sin dal primo momento, sopratutto riguardo all'obbedienza. Quì Yusef prese l'abito di novizio e rinunziò al suo nome originale per scegliere quello di CHARBEL, un martire di Edessa vissuto nel secondo secolo.
STUDI PER SACERDOTE
Passato qualche tempo lo trasferirono al convento di Annaya, dove professò i voti perpetui come monaco nel 1853. Subito dopo, l'obbedienza lo portò al monastero di San Cipriano di Kfifen (nome del paese), dove realizzò i suoi studi di filosofia e teologia, facendo una vita esemplare soprattutto nell'osservanza della Regola del suo Ordine. Fu ordinato sacerdote il 23 luglio 1859 da parte di Mons. Jose al Marid, sotto il patriarcato di Paulo Massad, nella residenza patriarcale di Bkerke. Da poco tempo ordinato, il P. Charbel ritornò al monastero di Annaya per ordine dei suoi superiori. Lì passò lunghi anni, sempre come esempio per tutti i suoi confratelli nelle diverse attività, che lo coinvolgevano: l'apostolato, la cura dei malati, cura di anime ed il lavoro manuale (più è umile meglio è).
L'EREMITA
Così trascorse la sua vita in comunità. Tuttavia, egli anelava ardentemente di essere eremita, e per questo chiese autorizzazione al superiore, il quale vedendo che Dio era con Lui redasse l'autorizzazione il 13 di febbraio del 1875. E vi rimase fino al giorno della sua morte avvenuta la vigilia di Natale dell'anno di 1898. Nell'eremo dei santi Pietro e Paolo, il P. Charbel si dedicò al colloquio intimo con Dio, perfezionandosi nelle virtù, nella ascesi, nella santità eroica, nel lavoro manuale, nella coltivazione della terra, nella preghiera (Liturgia delle ore 7 volte al giorno), e nella mortificazione della carne, mangiando una volta al giorno e portando il cilicio. Il P. Charbel raggiunse la fama dopo il suo morte, iniziando con il prodigio del suo corpo incorrotto, che sudava sangue, quello della luce osservati e constatati non solo dai membri del suo Ordine, ma dal popolo che cominciò a venerarlo come Santo, anche quando la gerarchia ed i superiori ne avevano proibito il culto, in attesa che la Chiesa pronunciasse il suo verdetto.
BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE
Col passare del tempo, ed in vista dei miracoli che faceva e del culto di cui era oggetto, il P. Superiore generale Ignacio Dagher andò a Roma nel 1925 per sollecitare di S.S. Papa Pio XI l'apertura del processo di beatificazione dell'eremita P. Charbel. Durante la chiusura del concilio Vaticano II, il 5 di dicembre di 1965, il papa Paolo VI, lo beatificò, con le seguenti parole: "un eremita della montagna libanese è iscritto nel numero dei Venerabili... un nuovo membro di santità monastica arricchisce con il suo esempio e con la sua intercessione tutto il popolo cristiano. Egli può farci capire in un mondo affascinato per il comfort e la ricchezza, il grande valore della povertà, della penitenza e dell'ascetismo, per liberare l'anima nella sua ascensione a Dio". Il 9 di ottobre di 1977 durante il sinodo mondiale di vescovi, lo stesso Papa canonizzò al Beato Charbel, elevando lo agli altari con il seguente formula: " In onore della Santa ed Unica Trinità per esaltazione della fede cattolica e promozione della vita cristiana, con l'autorità del nostro Signore Gesù Cristo, e dei venerabili apostoli Pietro e Paolo, e nostra, dopo matura riflessione e implorando l'intenso aiuto divino... decretiamo e definiamo che il Beato Charbel Majluf è SANTO, e lo iscriviamo nel libro dei Santi, stabilendo che sia venerato come Santo con pietosa devozione in tutta la Chiesa. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo." 
Innamorato dell'Eucaristia e del Santa Vergine Maria, San Charbel modello ed esempio di vita consacrata, è considerato l'ultimo dei Grandi Eremiti. I suoi miracoli sono molteplici e chi si affida alla sua intercessione, non resta deluso, ricevendo sempre il beneficio della Grazia e la guarigione del corpo e dell'anima.
"Il giusto fiorirà, come una palma, si alzerà come un cedro del Libano, piantato nella casa del Signore." Sal.91(92)13-14 

  I miracoli

In vita San Charbel non ha compiuto numerosi miracoli, anche se era un uomo di grande fede e spiritualità e molte persone si recavano nel suo eremo per chiedere preghiere e grazie.
     Charbel era un monaco orientale e un eremita,seguiva la tradizione dei Padri del deserto e come tale rifiutava il contatto con la gente per stare nella solitudine e quindi si potrebbe dire che non aveva in pratica l'occasione di compiere miracoli.
Vogliamo, ricordare un episodio prodigioso del quale sono stati testimoni i suoi confratelli e avvenuto prima di ritirarsi nel suo eremo.
Una sera Charbel tardò a rientrare in convento e non aveva fatto in tempo a farsi consegnare l'olio per la sua lampada e il frate dispensiere per punirlo di questa mancanza, si rifiutò di fare la consegna dopo l'orario prescritto.
Il Padre Charbel rientrò nella sua cella e casualmente il dispensiere notò che nonostante l'ora tarda la finestra era illuminata. Chiamò quindi il Superiore e con questi si recò dal Santo che con la lanterna accesa stava leggendo il breviario. Il Superiore rimproverò Scharbel per l'infrazione alla Regola dicendogli, perchè tenete la lanterna accesa a quest'ora? Non avete fatto il voto di povertà? P.Charbel si prostrò in ginocchio e chiese perdono al Superiore rispose che durante la giornata non avuto tempo di leggere l'Uffizio e che quindi lo faceva ora.
A questo punto il dispensiere disse che lui non gli aveva dato l'olio e il Superiore interrogò Charbel in proposito per sapere dove si fosse procurato il combustibile e questi dopo molte insistenze disse che vi aveva messo un po' d'acqua.
Il Superiore che credeva soltanto ai propri occhi prese in mano la lanterna che immediatamente si spense e l'aprì e versò il contenuto sul pavimento, e alla luce di una candela constatò che era acqua!!  Il Superiore rimase interdetto e uscendo dalla cella fra lo sgomento gli disse: "Pregate per me" .
Contrariamente a quanto accade di solito, la fama di santità di Charbel si manifesta pienamente dopo la sua morte. La sua salma fu sepolta nel cimitero di Anaya, dove riposa tuttora e qui è stato anche edificato un santuario in suo onore, quando alcune persone dalle case vicine, cominciarono e vedere una luce che usciva dal luogo di sepoltura di San Charbel. La notizia iniziò a diffondersi e con essa le prime affermazioni della santità, finchè il Superiore si recò di persona nelle case vicine dove constatò l'esistenza di questa luce misteriosa.
A questo punto i frati decisero di aprire la tomba e trovarono il corpo di Charbel leggermente coperto di muffa e sostanzialmente integro nonostante fossero trascorsi circa quattro mesi dalla morte e dallo stesso usciva una sostanza biancastra mista a sangue che nessun medico anche in epoche successive è riuscito a spiegare e a catalogare. Tale fenomeno è presente anche ai nostri giorni. poichè la fama di santità di Charbel si era notevolmente diffusa e anche per timore che il corpo potesse essere trafugato, cosa frequente a quell'epoca i monaci decisero di trasferire la salma in un luogo più sicuro e segreto anche per evitare che fosse oggetto di devozione da parte dei fedeli.
     E' noto che per la Chiesa simili manifestazioni di per sè sono insufficienti a stabilire la santità, perchè essa si basa sulle opere che il Santo ha fatto in vita e se queste possono essere un valido esempio per le generazioni future. Vista comunque la crescente fama di Santità di P. Charbel e i numerosi miracoli che gli venivano attribuito nel 1926 il Patriarca Maronita presentò a Roma la documentazione necessaria per iniziare una causa di beatificazione.
I miracoli validi per la beatificazione riguardano la guarigione prodigiosa di Suor Marie-Abel Kamari della congregazione del Sacro Cuore affetta da una gravissima forma di ulcera che guarì istantaneamente il 12 luglio 1950 mentre stava pregando sulla tomba del Santo e l'altro riguarda un certo Iskandar Nalm Obeid, de Baabdate che nel 1937 aveva perso l'uso di un occhio,e ora stava perdendo anche l'altro, riacquistò la vista mentre stava pregando a Anaya sulla tomba di S.Charbel.
Per la santificazione fu presentata la prodigiosa guarigione di Myriam Aouad, de Mammana affetta da un incurabile cancro alla gola fu guarita nel 1967. Numerosi sono i miracoli, le grazie i fatti prodigiosi attribuiti all' intercessione di P. Charbel, nell'apposito registro conservato nel convento di Annaya sono raccolti centinaia di racconti. Oltre alle migliaia di lettere provenienti da tutto il mondo che testimoniano le grazie ricevute dai fedeli e non solo cristiani ma anche mussulmani.
Di tutti questi ne vogliamo ricordare soltanto uno che ci sembra particolarmente significato perchè "autenticato" dalla setta mussulmana dei Drusi. Un ragazza, certa Hosn Mohair era nata con una gamba di 5 o 6 centimetri più corta dell'altra, e questa imperfezione la faceva zoppicare vistosamente. Un giorno si recò ad Anaya e ritornò portando a casa dell'acqua benedetta e della terra che aveva raccolto presso la tomba del Santo e con questo impasto cominciò a massaggiare la gamba difettosa. I familiari, non vedendo per diversi giorni alcun esito da questa cura cercavano di dissuaderla, ma la ragazza spinta da una fede incrollabile continuò, finché la gamba difettosa raggiunse la stessa lunghezza dell'altra cosa che gli permise di camminare normalmente, I notabili del villaggio, drusi, che la conoscevano personalmente rilasciarono nel 1950 delle dichiarazioni giurate attestante il fatto prodigioso.

 Le virtù 
In occidente l'apostolato viene fatto principalmente attraverso l'azione e i Santi si distinguono oltre che per la loro intensa spiritualità anche per mezzo delle opere di misericordia, come curare gli infermi, educare la gioventù, alleviare i bisogni della povera gente.
Diversa è la tradizione orientale dove si raggiunge la perfezione non con le opere, ma per mezzo di un continua e costante ricerca interiore di Dio seguendo il concetto che salvando la propria anima salva il mondo.
Il monaco in oriente non ha doveri pastorali ma è con il suo esempio amplificando il concetto generale, egli con la vocazione, la vita dell'asceta, le preghiere, le penitenze e con la pratica eroica della virtù. Il monaco quindi deve restare accanto al popolo cristiano, non materialmente, ma bensì spiritualmente   per insegnare loro il cammino verso la perfezione per mezzo della quale si può raggiungere il Padre Celeste.
Non è quindi l'asceta che va verso il mondo, ma sono gli uomini che vanno verso di lui per riceverne consigli, esempi, migliorarsi, edificarsi, per ottenere benefici materiali e spirituali e grazie ai doni divini che possiede soltanto chi è veramente consacrato a Dio. L' eremita vive completamente distaccato dal mondo perchè le passioni, i peccati e le imperfezioni degli uomini possono intralciare l'asceta nella sua assoluta ricerca di perfezione. Quindi la solitudine diventa il mezzo attraverso il quale l'asceta in fuga dal mondo trova la pace interiore e la perfetta unione con Dio.
Ma nella sua vita san Charbel non si è limitato a fare tutto questo, egli ha vissuto in modo eroico i voti che aveva pronunciato fin dal primo momento della sua ordinazione.
Certamente anche lui avrà sentito il richiamo dei sensi e avrà combattuto per conservare la sua purezza. I Padri del deserto dicevano a proposito dei pensieri impuri "se non hai pensieri di tal natura sei un uomo senza speranza; infatti se non hai pensieri di tal natura è segno che tu compi delle azioni".
Non possiamo certamente sapere se Charbel abbia subito delle violente tentazioni, ma sappiamo che egli faceva di tutto per evitarle. Si rifiutava di parlare con le donne e fra queste erano escluse anche i membri della sua famiglia e non solo evitava perfino di incontrarle sul cammino. Le donne che vivevano intorno al convento Annaya sapevano che il Santo non gradiva la loro presenza e anche loro collaboravano cercando di non incontrarlo oppure nascondendosi al suo apparire.
Anche nella povertà di Scharbel era molto rigido, egli non possedeva assolutamente nulla e niente chiedeva, non voleva nemmeno toccare il denaro e quando qualcuno gli lasciava un elemosina, chiamava un suo confratello affinché prendesse i soldi e li consegnasse al Superiore. Si racconta che un giorno il Superiore vedendolo con il saio logoro e malandato gli disse di andare dal fratello sarto per farsene cucire uno nuovo, ma Charbel rispose che quell'abito per lui andava bene mentre era praticamente inservibile, e per far indossare a Charbel un nuovo vestito il Superiore fu costretto a ordinarglielo.
L'obbedienza fu certo la virtù eroica più eclatante del Santo, egli obbediva senza discutere a qualsiasi ordine ricevuto e non solo dai suoi superiori, ma anche dai confratelli e dagli stessi operai del monastero. Tutti, potevano comandare Padre Charbel. Egli anche quando era un Monaco anziano, e poteva non svolgere determinate mansioni, non solo non chiedeva di essere dispensato, ma sceglieva i lavori più umili e fastidiosi. Quindi Padre Charbel, lavava i piatti, puliva i pavimenti, aiutava gli inservienti del monastero nei lavori meno gratificanti.
Tutto questo dimostra anche l'umiltà del Santo, che nonostante fosse Una persona dotta e intelligente in molte occasioni aveva rifiutato importanti incarichi che il suo Ordine gli voleva conferire, dicendo sempre che esistevano persone migliori di Lui per svolgere tali mansioni.
Tutto quanto abbiamo scritto fino a questo momento potrebbe apparire, esagerato, ma non dobbiamo dimenticare quanto abbiamo detto sulla tradizione orientale e che l'asceta deve raggiungere la perfezione se vuole incontrare Dio. E allora soltanto i Santi, attraverso la loro fede conoscono qual è l'esatta misura ed Essi guardano anche le più piccole inezie perchè sanno che solo così potranno acquistare la salvezza eterna.

 L'Ordine Libanese Maronita 
Nonostante i numerosi conventi e le comunità religiose i monaci maroniti, non pronunciavano alcun voto, non avevano alcuna regola scritta ma quella tramandata dalla tradizione e attribuita a Sant'Antonio Abate. Anche i contatti avuti nei secoli XV e XVI con i missionari Francescani e Gesuiti, non servirono creare una organizzazione centralizzata dei vari conventi ed una regola formale, uniforme e precisa e come avveniva da secoli in occidente.
Tre giovani maroniti, Gabriele Hawa, Abdallah Q arali e Giuseppe al-Batn di nobili e  ricche famiglie di originari di Aleppo in Siria, dopo aver lungamente discusso la questione con i loro genitori decisero di dedicarsi alla vita monastica.
I tre si presentarono dal Patriarca Stefano Duhai (m.1704), che aveva soggiornato a lungo a Roma e aveva avuto modo di constatare personalmente e apprezzare i vantaggi delle organizzazioni monastiche centralizzate, e a lui si rivolsero per ottenere il permesso di fondare una nuova comunità religiosa.  Anche i tre ad Aleppo avevano frequentato i Francescani, i Gesuiti e i Carmelitani e anche essi conoscevano l'organizzazione di tipo occidentale e sottoposero al Patriarca il loro progetto di dotarsi di una regola, che comprendesse oltre quella tradizionale di Santo Antonio Abate anche alcune norme tipiche delle altre costituzioni monastiche, non ultima la pronuncia dei voti.
Il Patriarca cercò in un primo momento di dissuaderli, facendo presente ai tre i sacrifici che richiede la vita comunitaria, e gli chiese di pazientare, ma vista la loro determinazione accettò. Il 10 novembre 1695 i tre ricevettero l'abito monacale e gli fu concesso un luogo per vivere nel vecchio convento di San Moura ad Ehden dove iniziò l'esperimento. In un primo momento non fecero alcun voto, ma nello stesso anno tutti e tre pronunciarono quello di povertà.
Dopo tre lunghi anni di lavoro e di studio un primo abbozzo della regola è pronto e i Fondatori decisero di indire il primo capitolo Generale al monastero di Mar-Licha a Becharè il 10 novembre 1698 nel terzo anniversario della loro ordinazione e qui P. Hawa fu eletto Superiore generale e il nuovo ordine era nato.
Nel frattempo ai tre monaci, si erano uniti numerosi discepoli e anche altri conventi avevano aderito alla nuova regola e inizialmente in omaggio ai suoi fondatori furono chiamati Aleppini e nel 1706 quella di Monaci Libanesi di Sant' Antonio.
Il nuovo Ordine, doveva ben presto la prima prova, in seguito a una disputa interna fra il Padre Hawa e il Padre Quarali. Il primo sosteneva che l'incarico del Padre Generale dovesse essere a vita e che l'ordine doveva avere una carattere prevalentemente missionario, mentre il secondo sosteneva che l'incarico doveva essere limitato nel tempo e rivolto quasi esclusivamente alla preghiera e alla vita in comune. Per dirimere la questione fu indetto un Capitolo generale anticipato, nel quale fu deposto il Padre Hawa e in sua vece nominato generale dell'Ordine Padre Quarali fu anche stabilito che il mandato doveva essere limitato nel tempo e il generale poteva prendere le decisioni solo insieme e in accordo con i suoi assistenti.
Il Padre Hawa a questo punto decise di abbandonare l'Ordine e dopo aver tentato di costituirne un altro, si ritirò definitivamente a Roma.
La regola comprendente i voti di castità, povertà e obbedienza fu approvata dal Patriarca maronita il 18 giugno 1700 e dopo di che furono tradotte dall' arabo in latino, rivedute, accresciute e furono approvate da Papa Clemente XII il 31 marzo 1732.
Insieme al notevole sviluppo dell'Ordine sia come numero di monaci che di conventi, il germe della discordia si era insinuato fra loro. I motivi di questi contrasti sono diversi e anche in opposizione fra loro e gli storici non li hanno mai definitivamente accertati, però questi portarono a una scissione dell' ordine stesso in due fazioni una comprendente i monaci Aleppini e quelli della Montagna. Nonostante due interventi di Roma ai quali i monaci si erano rivolti per dirimere le vertenze questi non ebbero successo e finche nel 1770 la Santa Sede intervenne e constatata l'insanabilità della divisione la ufficializzò e la divise in due rami: L'Ordine Antoniano (di Sant' Antonio Abate) Libanese dei Maroniti e l'altro Ordine Antoniano Aleppino dei Maroniti.
Attualmente i monaci sono conosciuti in tutto il mondo con la denominazione di Ordine Libanese Maronita. In seguito all'evoluzione dei tempi fin dal 1955 è stato definito Ordine non monastico e come tale amministra le parrocchie e si dedica all'insegnamento. Attualmente l' Ordine ha 80 case (di cui 17 all'estero), conta circa 300 preti, e numerosi fratelli e postulanti distribuiti in tutto il mondo.

   I maroniti
Sono cristiani di origine siriana, e prendono il loro nome da Marone, Santo eremita vissuto nel quinto secolo. Non abbiamo molte notizie sulla vita di questo grande Santo sappiamo con certezza che era un anacoreta ed è vissuto in Siria probabilmente nella regione di Apamea (oggi At al-Madiq). Egli fuggiva il mondo e quindi decise di vivere sulla montagna all'addiaccio nelle rovine di una antico tempio pagano. Il Signore oltre alla grazia, gli aveva accordato il dono delle guarigioni ed egli si prodigò sempre durante la sua vita a curare con le sue preghiere non solo il corpo ma anche l'anima dei fedeli che si recavano nel suo eremo.
Alla morte avvenuta forse nel 410 si accese una disputa fra gli abitanti del luogo per il possesso del suo corpo e questa fu vinta da quelli del villaggio più grande ed essi per onorare la preziosa reliquia costruirono una chiesa molto bella e sontuosa. Probabilmente intorno a quella chiesa, fu eretto successivamente un monastero dedicato a San Marone che diventò il più importante della Siria. Fu distrutto dalle scorrerie degli arabi intorno al X sec. e di esso ne è rimasta nessuna traccia. La testa di San Marone è conservata in Italia nella cattedrale di Foligno.
I discepoli di San Marone fedelissimi alla ortodossia della Chiesa cattolica erano molto stimati dai fedeli che da ogni parte accorrevano presso i loro monasteri per porsi sotto la loro protezione e dividerne la onorifica denominazione di "Maroniti". Attorno ad essi nacque il primo nucleo della Chiesa e del popolo maronita.
I Maroniti erano diffusi in Siria, quando in seguito alla dominazione araba (626-750) furono costretti ad abbandonare quel Paese per trovare rifugio nelle montagne del Libano allora praticamente disabitate. In questo periodo i monaci, e i vescovi decisero di eleggersi un Patriarca che oltre ad averne la direzione spirituale possedeva anche dei poteri temporali gli erano stati assegnati dagli Arabi, dai Crociati, dai Mamelucchi e dagli Ottomani. Anche per questo la storia, del Libano si intreccia con quella dei Maroniti che nel Patriarca hanno sempre visto oltre che il difensore della Fede anche quello della giustizia e della libertà del suo popolo.
Con l'arrivo dei Crociati nel 1098, per i Maroniti cominciò una nuova epoca. Essi li aiutarono a consolidare la conquista e furono ripresi i contatti con la Chiesa latina interrotti in seguito alla dominazione Araba e fu rinsaldata la loro fedeltà alla Chiesa di Roma. Tutto questo durò fino al 1244 con la caduta di Gerusalemme.
Dal 1291 al 1516 la Siria e il Libano passarono sotto la dominazione dei Mamelucchi e in seguito sotto la dominazione Ottomana, e cessò ogni contatto con l'occidente, ma nonostante questo i Maroniti godettero di un periodo di relativa tranquillità, prosperità e pace.
La pace durò fra alterne vicende, praticamente fino al 1860, quando i drusi sobillati dai Turchi preoccupati della relativa autonomia dei maroniti, li massacrarono. Si parla di più di ventimila morti e di fronte a tali atrocità su richiesta di Papa Pio IX sollecitato da Patriarca Maronita, intervennero le potenze europee e cioè, la Francia, l'Inghilterra, la Russia e l'Austria che organizzarono una spedizione militare e nel 1861 fu dato ai Maroniti un nuovo statuto che resse fino alla prima guerra mondiale (1914-1918). Il Libano sarebbe stato governato da un Presidente cristiano, nominato dai turchi e con l'assenso delle potenze europee.
Dopo la prima guerra mondiale il Patriarca Maronita Elias Hoyek sostenne al Congresso di Versailles l'indipendenza del Libano e il 31 agosto 1920 la Francia e l'Inghilterra ne dichiararono il riconoscimento come stato indipendente denominato "Grande Libano" ubicato all'interno delle sue frontiere storiche e geografiche. Da questo momento la sovranità delle grandi potenze diventa soltanto teorica. Il 26 maggio 1926 "Il Grande Libano" si trasforma in Repubblica Libanese, viene promulgata la costituzione adottando un regime parlamentare.
     Nel 1944 cessa il mandato franco-britannico sul Libano e questi ottiene la piena indipendenza.
     Attualmente il Libano la cui capitale è Beriut conta circa 3.200.000 abitanti e di questi circa la metà è di religione cristiana e l'altra metà di religione mussulmana.

La novena


NOVENA A SAN CHARBEL
Nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo. Amen.

PADRE NOSTRO

Padre nostro, che sei nei cieli santificato è il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostro debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Perché tuo è il regno, tua è la salvezza e gloria nei secoli. Amen.

AVE MARIA

Ave María, piena di grazie; il Signore è con te, Tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo ventre Gesù.
Santa María, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora di nostra morte. Amen.
Padre, Ave e gloria (3 volte)

ATTO DI DOLORE.

Signore mio Gesù Cristo, Dio ed uomo vero, mi pento di tutto cuore di avere peccato, perché ho meritato l'inferno e perduto il cielo, e soprattutto, perché ho offeso Te,infinitamente buono, e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo con la tua grazia di fuggire le occasioni di peccato, confessarmi e fare penitenza. Confido che mi perdonerai per la tua infinita misericordia. Amen.
Gloria al padre, al Figlio, ed allo Spirito Santo, come era in un principio, è ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen

Preghiera del perdono
Introito

Adorazione, gloria e ringraziamenti al nostro amato Salvatore Gesù Cristo, che concesse al suo eletto San Charbel, di celebrare l'eucaristia durante i trentanove anni di vita sacerdotale, facendo di questa il centro il suo vita, consacrandosi a Te al suo Paese, al suo Ordine, alla Chiesa universale, ed a tutta l'umanità.
Al buon Dio a cui si deve tutta la gloria ed onore in questo giorno ed in tutti i giorni di nostra vita, per i secoli dei secoli. Amen

Sedro: (Corpo della preghiera)

Oh! Cristo, Dio nostro, che chiamasti San Charbel a vivere il mistero della tua Passione e Morte sulla croce, e lo hai elevato a te nella notte del ricordo della tua nascita sulla terra e con la sua nascita con te nel Cielo, volendo con questo, Signore, concedergli un'immensa somiglianza tra la tua vita e la sua, in modo che:
  • Come Te, Signore, San Charbel nacque umile e povero in Beqaa-Kafra, borgo libanese simile a Betlemme;
  • Come Te, visse del lavoro delle sue mani nella sua casa ed nei conventi dell'Ordine Libanese Maronita;
  • Come Te, si ritirò nella solitudine dell'eremo,come Tu ti ritirasti al deserto per pregare, digiunare, soffrire le tentazioni e trionfare;
  • Come Te, caricò la croce della vita ascetica di penitenza, di mortificazione, e del dolore del cilicio, offrendo la sua vita nell'eucaristia, olocausto gradito al Padre celestiale;
  • Come Te, discese dal calvario della vita eremitica e sepolto avvolto nel suo abito religioso, nel cimitero del convento di Annaya;
  • Come Te, che dal tuo costato trapassato dalla lancia, uscí sangue ed acqua, così egli, trasudò dal suo corpo sangue ed acqua, per 65 anni.
  • Come risplende il Tuo sepolcro con la luce della tua gloriosa risurrezione, così nella sua tomba risplende una luce miracolosa.
  • Per la Tua intercessione, cura molti malati che accorrono alla sua tomba, venuti da tutte le parti del mondo.
E come San Pietro proclamò la Tua resurrezione, così il tuo vicario il Papa Paolo VI lo dichiarò Santo della Chiesa universale, alla presenza di una grande folla di fedeli venuti da tutto il mondo.
Per questo, con la fragranza di questo incenso che ti presentiamo, concedici, Signore, di pregare con la stessa preghiera che San Charbel ripeteva tutti i giorni celebrando l'eucaristia, come testimonianza della sua profonda unione con te: "Signore, hai unito la tua divinità con la nostra umanità, e la nostra umanità con la tua divinità, la tua vita con la nostra vita mortale, e la nostra vita mortale con la tua vita divina. Prendesti il nostro corpo e ci hai dato il tuo, per la vita e la salvezza di tutti ". Gloria a te nei secoli dei secoli. Amen.

Prima forma:
Preghiera giornaliera in onore di San Charbel.

Oh! Dio di bontà, di misericordia e di tenerezza, mi mi prostro davanti a Te e Ti mando dal fondo del mio cuore una preghiera di ringraziamento per tutto quello che mi concedesti per intercessione del benamato San Charbel.
Ti sono molto grato, Oh miracoloso San Charbel. Non posso trovare le parole adeguate per esprimere la mia gratitudine per tutti i Tuoi benefici. Aiutami sempre ad essere degno delle grazie di Dio, e meritare così la tua protezione. Amen

Seconda forma:
Preghiera giornaliera in onore di San Charbel

Oh! Dio infinitamente Santo e Glorificato dai tuoi Santi, Tu che ispirasti il Santo monaco eremita Charbel, a vivere ed a morire in perfetta somiglianza con Gesù, concedendogli la forza di separarsi del mondo al fine di far trionfare, nel suo eremo l'eroismo delle virtù monastiche: la povertà, l'obbedienza e la castità, ti imploriamo di concederci la grazia di amarti e di servirti seguendo il suo esempio.
Oh! Signore Onnipotente, che manifesti il potere dell'intercessione di San Charbel con numerosi miracoli e favori, concedici la grazia........ che noi ti imploriamo per la sua intercessione. Amen.
Queste orazioni si ripetono durante la novena.

PRIMO GIORNO

Oh! Miracoloso San Charbel, il cui corpo puro emana il profumo del cielo, vieni in mio aiuto e chiedi a Dio, il favore e la grazia di cui ho bisogno....... Così sia per gloria di Dio e la salute della mia anima. Amen.
Oh! San Charbel, prega per me.
Oh! Signore, Tu che hai dato a San Charbel la grazia della fede, Ti prego concedimi per sua intercessione, questa grazia divina, per vivere secondo i tuoi comandamenti e il Tuo Vangelo. Gloria a te per sempre. Amen
Padre, Ave e Gloria
Meditazione: La vita di San Charbel era tanto virtuosa ed il fervore del suo spirito tanto grande, che tutti vedevano in lui uno strumento della grazia di Dio.

SECONDO GIORNO

Oh! San Charbel, Oh! Martire della vita religiosa. Tu che hai sperimentato la sofferenza, il Signore ha fatto di te un faro luminoso. Ricorro a te, e chiedo a Dio per la Tua intercessione la grazia (chiedere). Confido in te........ Amen
Oh! San Charbel, Oh! Vaso profumato, intercedi per me.
Oh! Dio di grande bontà, che hai onorato San Charbel concedendogli il dono..... di fare miracoli, abbi pietà di me e concedimi quello che chiedo per la sua intercessione.
Gloria a te per sempre.
Padre, Ave e Gloria
Meditazione: Tutta santità di san Charbel consiste nell'amore per Gesù Cristo, il nostro redentore.

TERZO GIORNO

Oh ! Amatissimo Padre Charbel, tu che brilli come un astro risplendente nel cielo della Chiesa, illumina il mio cammino, e fortifica la mia speranza. Ti chiedo la grazia di....... Intercedi per me davanti al Signore crocifisso, che tu hai sempre adorato. Amen
Oh! San Charbel, esempio di pazienza e di silenzio, intercedi per me.
Oh! Signore Dio, Tu che hai santificato San Charbel e lo hai aiutato a portare la sua croce, concedimi il coraggio di sopportare le difficoltà della vita, con pazienza ed abbandono alla Tua santa volontà, per intercessione di San Charbel, a Te sia grazie per sempre. Amen.
Padre, Ave e Gloria
Meditazione: San Charbel, il cui spirito fu ammirevolmente illuminato dallo splendore dell'eucaristia, illuminò a sua volta, con la sua fede, tutta la Chiesa.

QUARTO GIORNO

Oh! Affettuoso Padre San Charbel, ricorro a te, con tutta la fiducia del mio cuore. Affinché con la tua potente intercessione davanti a Dio, mi conceda la grazia che ti chiedo....... mostrami il tuo affetto una volta più.
Oh! San Charbel, giardino di virtù, intercedi per me.
Oh! Dio, tu che hai concesso a San Charbel la grazia di assomigliare a Te, concedimi con il suo aiuto, di crescere nelle virtù cristiane. Abbi pietà di me, affinché possa lodarti per sempre. Amen.
Padre, Ave e Gloria
Meditazione: Dio chiamò San Charbel ad appartarsi dal mondo per Suo amore ed a consacrarsi solo a Lui, nell'austerità e nella penitenza, ed a godere delle delizie divine.

QUINTO GIORNO

Oh! San Charbel, benamato da Dio, illuminami, aiutami, insegnami cosa fare per piacere a Dio, affrettati a venire in mio aiuto, oh! Padre affettuoso; ti prego, chiedi a Dio la grazia.......
Oh! San Charbel, amico del Crocifisso, intercedi per me.
Oh! Dio, ascolta la mia petizione per intercessione di San Charbel. Salva il mio povero cuore, e dammi la pace. Allevia le tribolazioni della mia anima: a Te, la lode per sempre. Amen
Padre, Ave e Gloria
Meditazione: San Charbel, povero ed umile nella terra, entra colmo di ricchezze nel cielo, e nel suo onore si elevino preghiere ed inni celestiali.

SESTO GIORNO

Oh! San Charbel, potente intercessore, ti chiedo concedimi la grazia, della quale ho bisogno....... una tua sola parola a Gesù, è sufficiente affinché Lui mi perdoni, abbi pietà di me, e rispondi alla mia preghiera. Amen
Oh! San Charbel, gloria del cielo e della terra, intercedi per me.
Oh! Dio che scegliesti a San Charbel per implorare nostra causa davanti al tuo divino potere, concedimi per la sua intercessione, questa grazia (chiedere), per glorificartene con lui, per sempre. Amen
Padre, Ave e Gloria
Meditazione: San Charbel cercò la perfezione dell'amore nel voto di povertà che era la ricchezza della sua vita.

SETTIMO GIORNO

Oh! San Charbel, benamato da tutti, ed aiuto dei bisognosi, ho la sicura speranza che per tua intercessione davanti a Dio, mi concedi la grazia della quale ho tanto bisogno....... Amen
Oh! San Charbel, astro che guidi gli smarriti, intercedi per me.
Oh! Dio, i miei molteplici peccati, impediscono che la tua grazia giunga a me. Concedimi la grazia della penitenza. Rispondimi per l'intercessione di San Charbel. Porta la gioia al mio triste cuore, prestando attenzione alla mia richiesta. Tu oceano di tutte le grazie. A te la gloria e lode per sempre. Amen
Padre, Ave e Gloria
Meditazione: Dio chiamò san Charbel a vivere con Lui nella solitudine, nella preghiera, nella contemplazione e nel silenzio.

OTTAVO GIORNO

Oh! San Charbel, quando ti vedo in ginocchio su un letto di canne, o digiunando, o mortificandoti, o in estasi davanti al Signore, aumenta la mia speranza e la mia fede. Ti prego aiutami, affinché il Signore mi conceda la grazia che gli sollecito.......
Oh! San Charbel, colmo di Dio, intercedi per me.
Oh! Dolce Gesù, che hai elevato il tuo diletto Charbel alla perfezione evangelica, ti supplico concedimi la grazia di terminare la mia vita secondo la tua volontà. Ti amo, Oh! Dio, mio salvatore. Amen
Padre, Ave e Gloria
Meditazione: San Charbel brillò per il suo esempio: una vita lodevole e retta. Come luce del mondo illuminò tutti con lo splendore della sua condotta e con il fulgore della sua santità.

NONO GIORNO

Oh! Padre San Charbel, sono alla fine di questa novena. Il mio cuore si rallegra mentre ti parlo. Ho piena fiducia che otterrò da Gesù....... ciò che ho chiesto per la tua intercessione. Mi pento dei miei peccati e prometto di non cadere più. Ti chiedo di ottenere la realizzazione di quello che ho chiesto con la mia orazione.
Oh! San Charbel, corona di gloria, intercedi per me.
Signore, tu che ascolti l'orazione di San Charbel, e che gli hai concesso la grazia di unirsi a Te, abbi pietà del mio abbandono, salvami da tutte le disgrazie che non si possono sopportare. A te, la gloria, la lode, e l'azione di grazia per sempre. Amen
Padre, Ave e Gloria
Meditazione: Per tutta la vita San Charbel riflesse sulle eccelse virtù della Santa Vergine María. Abbiate devozione alla Vergine, perché lei garantisce la nostra salvezza.

Litania per invocare San Charbel

  • Signore, pietà
  • Cristo, pietà
  • Signore, pietà
  • Cristo, ascoltaci
  • Cristo, esaudiscici
  • Dio Padre Celeste, abbi pietà di noi
  • Figlio di Dio, Redentore del mondo abbi pietà di noi
  • Dio, Spirito Santo abbi pietà di noi
  • Santa Trinità, un solo Dio, abbi pietà di noi
  • San Charbel. Prega per noi
  • Fedele amico di Dio. Prega per noi
  • Meraviglia viva della grazia trinitaria, Prega per noi
  • Eroe di pietà, lavoro ed amore. Prega per noi
  • Fontana pura che mitighi tutta la sete. Prega per noi
  • Medicina del corpo e dell' anima. Prega per noi
  • Fonte abbondante della misericordia divina. Prega per noi
  • Eremita, famoso per i tuoi miracoli. Prega per noi
  • Tu, che hai saputo rinunciare a tutte le ricchezze di questo mondo. Prega per noi
  • Docile, agnello con il cuore pieno d'amore. Prega per noi
  • Profumo prezioso che aromatizza il mondo. Prega per noi
  • Servo del Santissimo Sacramento e della benedetta Madre di Dio. Prega per noi
  • Donatore generoso, che riempi la creazione con benedizioni. Prega per noi
  • Fragrante incenso dei cedri del Libano. Prega per noi
  • Faro che illumina la Chiesa di Dio. Prega per noi
  • Luce gloriosa, risplendente dal tuo sepolcro. Prega per noi
  • Tu che intercedi per tutti, fedeli ed infedeli. Prega per noi
  • Castità ed Obbedienza degna di ogni lode. Prega per noi
  • Amico dei bambini, anziani, poveri e ricchi, giusti e peccatori, sani e malati. Prega per noi
  • Esempio di povertà, accettando ed amando tutte le privazioni. Prega per noi
  • Voce che grida per svegliare le coscienze Prega per noi
  • Corona preziosa degli Istituti religiosi. Prega per noi
  • San Charbel, nostro modello e tesoro per sempre. Prega per noi
  • Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, perdonaci Signore.
  • Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, ascoltaci Signore.
  • Agnello di Dio, che togli li peccati del mondo, abbi pietà di noi.
Meditazione: Nel bosco dell'eremo di Annaya, dopo 23 anni di vita eremitica, San Charbel ottenne, nella purificazione ed nella spiritualizzazione, l'armonia interiore del suo essere.

INTENZIONI A SAN CHARBEL

  1. Per tutti quelli che lo Spirito Santo ha illuminato, affinché siano fonte di grazia tra Dio e gli uomini. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
  2. Per i poveri, affinché Dio gli conceda benessere spirituale e materiale. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
  3. Per i malati, affinché vedano nel dolore una partecipazione alla passione di nostro Signore e presto acquisiscano la salute del corpo ed dell'anima. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
  4. Per gli agonizzanti Signore, affinché possano vedere la Tua salvezza e li sollevi da tutte le angosce. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
  5. Per le vittime della guerra, affinché in Gesù trovino la speranza e la pace tanto anelata per la loro patria. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
  6. Per tutti i Sacerdoti e Religiosi, affinché Dio gli conceda una fede intensa, una speranza incrollabile ed una intensa carità. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore
  7. Per tutti i membri (uomini e donne) della Chiesa, affinché siano secondo la volontà di Padre, pietre vive del suo Santo Tempio. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore
  8. Affinché a tutti noi Dio conceda la grazia del pentimento, della penitenza e della conversione. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
  9. Per tutti i governanti, affinché Dio gli conceda il dono del suo Santo Spirito e così agiscano sempre cercando la pace, l'armonia ed il bene dei suoi governati e la pace nei loro paesi. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
  10. Per tutti i professionisti, uomini di affari, artigiani ed operai, affinché i talenti che Dio ha messo nelle loro mani serva al bene di tutti. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
  11. Per i genitori e madri di famiglia, affinché lo Spirito Santo li illumini e possano educare i suoi figli nel Santo Timore di Dio e al servizio al prossimo. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo signore.
  12. Per i bambini affinché Dio conservi la loro innocenza e purezza e possano crescere in sapienza e grazia davanti a Lui. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
  13. Per tutti gli uomini del mondo, affinché lo Spirito Santo illumini le loro menti e i cuori e possano vivere come fratelli, figli di uno stesso padre. Per intercessione di San Charbel. Ti preghiamo Signore.
AFFINCHÉ DIO SIA GLORIFICATO, ADORATO, LODATO E BENEDETTO DA TUTTI, NEL MISTERO DELLA SUA SANTA TRINITÀ: PADRE, FIGLIO E SPIRITO SANTO. AMEN
SIGNORE, ASCOLTACI E CONCEDICI LA LUCE NECESSARIA PER SEGUIRE I TUOI COMANDAMENTI. PER IL NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO. AMEN.

Preghiere in onore di San Charbel per ottenere grazie.

Orazione 1

Oh! Dio infinitamente glorificato nei tuoi Santi, tu che ispirasti San Charbel a seguire la vita eremitica della perfezione, ti supplichiamo la grazia di amarti e servirti seguendo il suo esempio; e Tu, che hai manifestato il potere della sua intercessione con numerosi miracoli e grazie, concedici quello che ti chiediamo con la sua mediazione e secondo la Tua volontà. Amen.

Orazione 2

Oh! Santo venerato, tu che passasti la tua vita nella solitudine, in un eremo umile e nascosto.
Che non pensasti al mondo né al suo piacere. Che adesso stai seduto alla destra di Dio Padre, ti chiediamo di intercedere per noi affinché Egli ci porga la sua benedetta mano e ci soccorra, illumina la nostra mente, aumenta la nostra fede, e fortifica la nostra volontà per continuare le nostre preghiere e suppliche davanti a te e a tutti i Santi.
Oh! San Charbel che fai miracoli e realizzi prodigi soprannaturali, che guarisci i malati e restituisci la ragione agli alienati, che restituisci la vista ai ciechi ed il moto ai paralitici, guardaci con pietà, e concedici la grazia............ che ti imploriamo. Aiutaci per fare il bene ad evitare il male. Chiediamo la tua intercessione in tutti i momenti e soprattutto nell'ora della nostra morte. Amen

Orazione 3

Oh! Signore e Dio nostro, fa che siamo degni di celebrare in questo giorno il ricordo del tuo eletto San Charbel, di meditare sulla sua vita di amore a Te, di imitare le sue virtù divine, e come lui, uniscici profondamente a te per raggiungere il destino dei tuoi Santi che parteciparono nella terra, alla Passione e Morte del tuo Figlio, e, nel cielo, alla sua gloria, nei secoli dei secoli. Amen

Orazione 4

Oh! San Charbel, dalla cima della montagna, dove solo ti ritirasti dal mondo per colmarci di benedizioni celesti, molto ti hanno addolorato nell'anima e nel cuore le sofferenze del tuo popolo e della tua patria, con grande perseveranza, seguisti, pregando, mortificandoti, ed offrendoti a Dio per i vivi e i morti del tuo popolo, approfondendo, così, la tua unione con Dio, sopportando le iniquità umane e proteggendoci da tutto il male dall' alto della montagna di Annaya, per tutti i secoli dei secoli. Amen