sabato 1 marzo 2014

Gesù è amore infinito

La Vergine Santa che la Chiesa chiama "Madre del bell’Amore", ci aiuti a comprendere che Gesù ci ama senza misura e ci chiede soltanto amore.

A – GESÙ CI AMA
Mi piacciono assai le parole di un giovane dei nostri tempi morto piamente a 28 anni: "Vorrei che la mia voce fosse più potente di mille tuoni, più forte dell’impeto del mare in tempesta e più impressionante del fragore dei vulcani in eruzione, solamente per poter gridare: Dio ci ama"; sì, Cristo Signore ci ama da sempre, ci ama di amore infinito, ci vuole amare per tutta l’eternità.
È questa la sintesi di tutta la Bibbia e dell’intera storia dell’umanità e dell’universo: "Dio è amore e chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1).

Alcuni segni dell’amore di Cristo Dio:
1) Amare significa donare: Dio ci ha donato tutto quello che ci circonda e tutto ciò che siamo e che abbiamo: ecco la Creazione, davanti alla quale Dante Alighieri canta: "S’aperse in nuovi amor l’eterno Amore" (2) e davanti alla quale il cuore di S. Francesco prorompe nel "Cantico delle creature". Insieme con Dante e con S. Francesco, tutta la nostra vita sempre deve cantare e lodare "l’Amor che muov’il sol e l’altre stelle!" Sì, perché Dio, dopo aver creato tutto l’universo per noi, ha creato ciascuno di noi unicamente per avere un nuovo essere su cui riversare la pienezza del suo affetto. Perciò tu, di fronte a Dio, non sei un essere qualunque e dimenticato: anche se tu fossi deturpato da orribili peccati, Dio ti ripete quelle bellissime parole della Bibbia: "Tu sei prezioso ai miei occhi perché sei degno di stima e io ti amo" (3).
2) Amare vuol dire parlare, manifestare i propri pensieri: Dio si è degnato di parlarci lungo i secoli, e ha manifestato a noi i suoi pensieri, i suoi segreti, i suoi progetti, i suoi desideri: ecco la Rivelazione: è contenuta nella Bibbia che dobbiamo avere tanto a cuore e che dobbiamo leggere sulle ginocchia della madre Chiesa cui lo Spirito Santo l’ha affidata.
3) Amare è rendersi simile alla persona amata: Dio si è fatto uomo, in tutto simile a noi, fuorché nel peccato: ecco l’"Incarnazione!" Si è tanto umiliato fin quasi ad annullarsi per noi! Potessimo avere l’amore tenerissimo che aveva Francesco d’Assisi verso Gesù Bambino!
4) Amare è soffrire e morire per la felicità della persona che si ama: ed ecco che Gesù, per la nostra felicità eterna, affronta l’ignominia della Croce, le terribili sofferenze della Passione, gli spasimi orrendi della Morte.
S. Giovanni esclama: "Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi". (4)
S.Paolo dice: "Annientò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (5).
S. Francesco di Sales scrive: "Quando muore improvvisamente un uomo grande, si fa l’autopsia per scoprire la causa della morte. A Gesù, morto in croce, fu squarciato il costato e si vide che era morto di un male che veniva dal Cuore, cioè era morto di amore".
5) Amare è dare a chi ama quanto si ha di più prezioso e di più caro: ebbene Gesù, nel momento più tragico e più solenne, quando stava morendo per noi sulla Croce, ha dato a ciascuno di noi, come Mamma spirituale, la sua stessa Madre naturale, e ci ha affidati a Lei.
"Gesù – dice il Vangelo – vedendo la Madre e lì accanto a Lei il discepolo (in cui noi eravamo rappresentati) disse alla Madre: Donna, ecco tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre". (6)
7) Amare è voler star vicino alla persona che si ama: Gesù dovendo terminare questa vita terrena, non ha voluto lasciarci soli: "non vi lascerò orfani", disse, ed è rimasto in mezzo a noi presente nell’Eucaristia.
8) Amare è immedesimarsi con chi si ama: ecco la Comunione che è l’espressione più alta dell’amore: Gesù giunge a farsi mangiare da noi: ci ripete: "Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo".
9) Amare è dividere la propria felicità con la persona amata: ecco il Paradiso che è la partecipazione alla gioia infinita di Dio stesso. Gesù dirà a ogni suo fedele seguace: "Entra nella gioia del tuo Signore" (7).

B – CHI NON AMA GESU’ È "UN NULLA", "RIMANE NELLA MORTE": dopo tanti segni, tante prove dell’amore di Gesù per noi, è incredibile che ci si rifiuti di amarlo. Eppure, tanti non lo amano.
S.Paolo, già terribile persecutore dei cristiani che, convertito da Gesù, diventa l’innamorato di Lui, grida: "Se qualcuno non ama il Signore Gesù, sia anatema" (8), sia scomunicato! E ammonisce: "Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia, e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, ma non avessi la carità (ossia l’amore a Gesù), sono un nulla; niente mi giova (9)".
S. Giovanni, l’apostolo dell’amore, dopo pressanti raccomandazioni a rompere con il peccato che ci rende "figli del diavolo" e a vivere come "figli di Dio", afferma: "Chi non ama (Dio e il prossimo) rimane nella morte" (10). In pratica: chi bestemmia, è nella morte; chi non partecipa per negligenza alla S. Messa domenicale, è nella morte; chi non si istruisce nella verità di fede, è nella morte; chi non prega, è nella morte; chi commette delle impurità, è nella morte e così di seguito.
Invece, soggiunge S. Giovanni, "chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio e Dio dimora in lui" e vive la vita stessa di Dio!

C – CHI AMA GESU’ STA NELLA GRAZIA, NELLA GRANDEZZA, NELLA LIBERTÀ, NELLA SANTITÀ: Gesù che è amore, a noi chiede solo amore; e dall’amore vengono a noi tutti i benefici divini.
Gesù con dolce insistenza ci ripete: "Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore" (11). E riassume tutti i comandamenti nell’unico precetto dell’amore verso Dio e verso i fratelli: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore... Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la legge" (12).
S. Paolo estasiato al pensiero dell’amore senza limiti di Gesù, esclama: "Il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i Santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo" (13). E afferma con grande forza che nulla, neppure la morte di spada, ci deve allontanare dall’amore a Gesù: "Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Io sono persuaso che né morte, né vita, né presente, né avvenire, né potenze, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (14).
Saremo tanto più grandi davanti a Dio quanto maggiore sarà il nostro amore a Gesù. S. Agostino dice: "Il mio amore è la mia misura" (la misura della mia grandezza).
Tanto maggiore sarà la nostra libertà, quanto maggiore sarà il nostro amore a Gesù. Perciò S. Agostino afferma: "Ama e fai tutto quello che vuoi": infatti non farai altro se non ciò che maggiormente piace a Gesù.
Chi sta nell’amore a Gesù, è già nella santità ordinaria, e per raggiungere la santità eroica (a cui tutti i battezzati sono chiamati) è sufficiente amare molto Gesù, e compiere tutti i nostri doveri con questo grande amore. Per arrivare più facilmente a questo altissimo amore, amiamo tanto la Madonna, così, in certo modo, ameremo Gesù col cuore stesso di sua madre: è questa la strada più corta e più dilettevole e più gioiosa verso le più alte cime della santità.
La Vergine Santa ci aiuti a realizzare il testamento spirituale di S. Veronica Giuliani, Clarissa Cappuccina, la quale, dopo una intera vita piena di terribili penitenze e di atroci dolori, chiesti e sopportati con tanta gioia, nella sua lunga dolorosissima agonia andava ripetendo: "Ditelo a tutti che ho trovato l’AMORE; sta qui il segreto delle mie gioie e delle mie sofferenze: ho trovato l’AMORE! ditelo a tutti: ho trovato l’AMORE!"

ESEMPIO. Il Ven. Tommaso Acerbis da Bergamo (1563–1631), contadino, pastore, poi Frate Cappuccino, è stato uno dei più ferventi apostoli dell’amore a Gesù e al Sacro Cuore (ancor prima delle rivelazioni a S. Margherita Maria). Quasi illetterato, ma ricolmo di Spirito Santo, svolse per molti anni una meravigliosa catechesi di casa in casa nell’Italia settentrionale, nel Tirolo, in Austria e in Germania, e scrisse dei bellissimi libri di spiritualità, di ascetica e mistica e un trattato per confutare gli errori dei Protestanti e per confermare nella fede i Cattolici.
Papa Giovanni XXIII era entusiasta dei suoi scritti sull’"Amore di Dio", e durante la sua santa agonia chiese a chi l’assisteva che gliene leggesse lunghi brani.
Il Venerabile confidò di essere stato "sin dei mesi interi senza poter dormire per gli incendi di amore verso Dio". Nelle notti insonni fu udito pregare: "O dolcissimo, amabilissimo, desideratissimo e unico mio gaudio, allontanati da me perché altrimenti muoio a causa dell’amore a te". Nei giorni di agonia, assicurano i testimoni, "stava aggrappato al Crocifisso, stretto fra le mani e quasi lo mangiò per tanti baci e abbracciamenti che gli diede". E andava implorando: "O Dio! O Dio! Non posso più soffrire questi amorosi influssi! O Gesù... o mio Cuore! Cessate un poco perché il vostro amore mi ammazza avanti tempo, la dolcezza è troppo grande, il mio cuore non ne può più". Tutte le persone presenti confermarono che la sua fu una "morte di amore".
Che grande cosa viver d’amore e morir d’amore! Ricordiamo sempre le belle parole del Ven. Tommaso: "Il tutto è fumo e vanità, altro ben non si trova che l’amore di Dio".
PROPOSITO. Chiediamo spesso allo Spirito Santo che per intercessione della Madonna ci elargisca quello che è il suo più grande dono: l’amore a Gesù. Chiediamo questo dono a Gesù medesimo con le stupende parole di Francesco d’Assisi: "Rapisca, ti prego, Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore, la mente mia, perché io muoia per amore dell’amore tuo, come Tu ti sei degnato morire per amore dell’amore mio" (15).
(1) I Gv. 4, 16 (9) Cfr. I Cor. 13, 1 ss.
(2) Par. 29, 19 (10) Cfr. I Gv. 3, 14.
(3) Is. 43, 4 (11) Gv. 15, 9 s.
(4) 1 Gv. 3, 16 (12) Mt. 22, 37
(5) Filip. 2, 8 (13) Ef. 3, 17 ss.
(6) Gv. 19, 26 s. (14) Rom. 8, 35.38 s.
(7) Mt. 25, 21 ss. (15) FF. 277
(8) I Cor. 16, 22

Come il Padre sposò il Popolo di Israele, così Cristo sposò il suo popolo

Come il Padre sposò il Popolo di Israele, Cristo sposo il suo popolo
Il matrimonio, non solo quello tra due coniugi ma soprattutto quello tra Cristo e la Chiesa, è stato al centro della riflessione mattutina di Papa Francesco, nella Messa celebrata a Casa Santa Marta oggi 28 febbraio 2014.
Troppe volte, ha detto Papa Francesco, nel pensare al matrimonio, nel parlare del matrimonio cadiamo nella casistica. Questa però, confessa il Pontefice, è una vera e propria “trappola” poiché “dietro la casistica, dietro il pensiero casistico, sempre c’è una trappola“.
E anche nelle Letture vediamo questa trappola, quando chiedono a Gesù “‘Ma è lecito fare questo? Ripudiare la propria moglie?’” Proprio dalla risposta di Gesù, però, dobbiamo imparare come porci: Gesù “dalla casistica va al centro del problema e qui va proprio ai giorni della Creazione”.
Papa Francesco, sull’esempio di Gesù, invita ad allargare l’orizzonte, ad elevarsi al di sopra del caso concreto o della singola problematica scoprendo così il matrimonio non è solo l’unione in una sola carne di un uomo e una donna ma anche icona dell’unione tra Cristo e la Chiesa.
Cristo è sposato, Cristo era sposato, aveva sposato la Chiesa, il suo popolo” spiega il Vescovo di Roma “Come il Padre aveva sposato il Popolo di Israele, Cristo sposò il suo popolo“. E questa storia di amore tra Dio e il Popolo di Dio inizia proprio con la creazione.
Per questo la casistica crea tanto dolore nel matrimonio, perché si finisce con il condannare quegli episodi “quando questo lasciare il padre e la madre e unirsi a una donna, farsi una sola carne e andare avanti e questo amore fallisce“.
In questi casi dobbiamo essere vicini a queste persone, ha concluso Papa Francesco, camminare insieme a loro con il loro dolore e non condannarli. L’imperativo deve essere quello di “camminare con loro! E non fare casistica con la loro situazione“.
Anzi questi fallimenti devono essere di monito per la Chiesa a vigilare affinché non fallisca l’Amore sponsale per eccellenza: quello di Cristo con la Chiesa, con tutti noi; “non si può capire Cristo senza la Chiesa – ha ribadito Papa Francesco – e non si può capire la Chiesa senza Cristo. Questo è il grande mistero del capolavoro della Creazione‘.

Il messaggio di Maria

Il messaggio di Maria a La Salette la_salette.JPG (44004 bytes)

L’apparizione di La Salette avviene il 19 settembre 1846. In giorno di SABATO alle tre del pomeriggio: una "Signora" appare a Melania e Massimino di 15 e 11 anni che assistono le mucche al Planeau sulla montagna a 1800 metri d’altezza.
I pastorelli scorgono come un globo di luce in mezzo ad un avvallamento essi dicono: "come se fosse il sole caduto in quel luogo!". Nella luce abbagliante scorgono una donna seduta, con i gomiti sulle ginocchia ed il viso nascosto tra le mani.
La "Signora" li guarda e, dirigendosi un po’ verso loro comincia a parlare nella loro lingua, il francese: i due veggenti scendono nel pendio e raggiungono la visione a tal punto da quasi "confondersi" con essa…
La Signora piange a dirotto…e, con lacrime copiose prende a parlare loro con quelle parole che sono giunte a noi come "MESSAGGIO"!
Il colloquio avviene prima in francese poi in dialetto, ed infine ancora in francese.

"AVVICINATEVI FIGLI MIEI, NON ABBIATE PAURA: SONO QUI PER ANNUNCIARVI UN GRANDE MESSAGGIO."
"SE IL MIO POPOLO NON VUOLE SOTTOMETTERSI, SONO COSTRETTA A LASCIAR LIBERO IL BRACCIO DI MIO FIGLIO. ESSO E’ COSI’ FORTE E COSI’ PESANTE CHE NON POSSO PIU’ SOSTENERLO."
"DA QUANTO TEMPO SOFFRO PER VOI! POICHE’ HO RICEVUTO LA MISSIONE DI PREGARE CONTINUAMENTE MIO FIGLIO, VOGLIO CHE NON VI ABBANDONI, MA VOI NON CI FATE CASO. PER QUANTO PREGHERETE E FARETE, MAI POTRETE COMPENSARE LA PENA CHE MI SONO PRESA PER VOI".
"VI HO DATO SEI GIORNI PER LAVORARE, MI SONO RISERVATO IL SETTIMO, E NON ME LO VOLETE CONCEDERE. E’ QUESTO CHE APPESANTISCE TANTO IL BRACCIO DI MIO FIGLIO "!
"ANCHE I CARRETTIERI NON SANNO CHE BESTEMMIARE IL NOME DI MIO FIGLIO…"
"QUESTE SONO LE DUE COSE CHE APPESANTISCONO TANTO IL BRACCIO DI MIO FIGLIO".
"SE IL RACCOLTO SI GUASTA LA COLPA E’ VOSTRA. VE L’ HO FATTO VEDERE L’ANNO PASSATO CON LE PATATE: VOI NON CI AVETE FATTO CASO. ANZI QUANDO NE TROVAVATE DI GUASTE BESTEMMIAVATE IL NOME DI MIO FIGLIO. ESSE CONTINUERANNO A MARCIRE E QUEST’ANNO, A NATALE NON VE NE SARANNO PIU’. VOI NON CAPITE FIGLI MIEI? VE LO DIRO’ DIVERSAMENTE".
"SE AVETE DEL GRANO, NON SEMINATELO. QUELLO SEMINATO SARA’ MANGIATO DAGLI INSETTI E QUELLO CHE MATURERA’ CADRA’ IN POLVERE AL MOMENTO DELLA BATTITURA. SOPRAGGIUNGERA’ UNA GRANDE CARESTIA. PRIMA DI ESSA I BAMBINI AL DI SOTTO DEI SETTE ANNI SARANNO COLPITI DA CONVULSIONI E MORIRANNO TRA LE BRACCIA DI COLORO CHE LI TERRANNO. GLI ALTRI FARANNO PENITENZA CON LA CARESTIA. LE NOCI SI GUASTERANNO E L’UVA MARCIRA’".

La conversazione tra la Signora e i veggenti continua con l’affidamento di una segreto….
Segreto cui fa seguito :

"SE SI CONVERTONO, LE PIETRE E LE ROCCE SI MUTERANNO IN MUCCHI DI GRANO E LE PATATE NASCERANNO DA SOLE NEI CAMPI."

Quindi confidenzialmente e maternamente la Vergine dice ai suoi amici:

"DITE LA VOSTRA PREGHIERA , FIGLI MIEI?"

- non molto Signora - rispondono

"AH, FIGLI MIEI, BISOGNA DIRLA E BENE, SERA E MATTINO. QUANDO NON AVETE TEMPO, DITE ALMENO UN PADRE NOSTRO O UN’AVE. QUANDO POTRETE FAR MEGLIO, DITENE DI PIU' ".
"A MESSA, D’ESTATE, VANNO SOLO ALCUNE DONNE PIU’ ANZIANE . GLI ALTRI LAVORANO DI DOMENICA, TUTTA L’ESTATE. D’INVERNO QUANDO NON SANNO CHE FARE, VANNO A MESSA MA PER BURLARSI DELLA RELIGIONE"
"IN QUARESIMA VANNO ALLA MACELLERIA COME CANI".
"AVETE MAI VISTO DEL GRANO GUASTO , FIGLI MIEI’"
- No , Signora! - rispondono.
Ora la Signora si rivolge a Massimino:

"MA TU, FIGLIO MIO, DEVI AVERLO VISTO UNA VOLTA CON TUO PADRE NEL CAMPO DEL COIN. IL PADRONE DEL CAMPO DISSE A TUO PADRE DI ANDARE A VEDERE IL SUO GRANO GUASTO. VI ANDASTE TUTTI E DUE, PRENDESTE IN MANO DUE O TRE SPIGHE, LE STROPICCIASTE E TUTTO CADDE IN POLVERE. AL RITORNO, QUANDO ERAVATE A MEZZ’ORA DA CORPS, TUO PADRE TI DIEDE UN PEZZO DI PANE DICENDOTI: "PRENDI , FIGLIO MIO, MANGIA ANCORA DEL PANE QUEST’ANNO PERCHE’ NON SO CHI NE MANGERA’ L’ANNO PROSSIMO, SE IL GRANO CONTINUA IN QUESTO MODO."

"oH ,si, Signora, ora ricordo. Prima non me lo ricordavo più".
Il colloquio con la Vergine ha termine con un accorato appello:

"EBBENE, FIGLI MIEI, LO FARETE CONOSCERE A TUTTO IL POPOLO"
"ANDIAMO, FIGLI MIEI, FATELO CONOSCERE A TUTTO IL POPOLO"

Detto ciò si eleva da terra e, lentamente si solleva verso il Collet: qui è raggiunta dagli sguardi attoniti di Massimino e Melania che vedono la Sua figura dileguarsi e confondersi con la luce di cui è avvolta, quindi scompare anche la luce…

Madonna de La Salette

Continua - Il messaggio di Maria

NOSTRA SIGNORA DI LA SALETTE 19 settembre 1846

Questo santuario, arroccato sulle Alpi a ben 1800 metri di quota, ebbe origine dall'apparizione, avvenuta nel 1846, della Vergine a Massimino (undici anni) e Melania (quattordici anni): due ragazzi poveri e sprovveduti che stavano pascolando le mucche dei loro padroni.  In quell'ambiente povero e religiosamente degradato la Vergine si rivolse ai bambini con un linguaggio estremamente semplice: pianse e parlò  del Figlio terribilmente adirato con il popolo francese e pronto a castigarlo severamente se non si convertiva, tornando alle più elementari pratiche cristiane. Quest'apparizione, presto riconosciuta dall'autorità episcopale, turbò profondamente la popolazione e segnò l'inizio di un suo insperato ritorno alla fede e alla pratica religiosa.  Nonostante il posto disagevole, sul luogo dell'apparizione sorsero una grande chiesa di stile neo-romanico e ampi locali per i custodi e l'accoglienza dei pellegrini.



La madonna è apparsa a La Salette per il mondo intero


Un giorno d'autunno


Verso la metà del mese di settembre 1846, un contadino degli Ablandins, Pietro Selme, ha il suo pastorello malato. Scende a Corps, presso un suo amico, il carradore Giraud. "Imprestami il tuo Massimino per alcuni giorni..." "Massimino pastore? ... E' troppo distratto per farlo!" Si discute, si patteggia e il 14 settembre ecco il piccolo Massimino agli Ablandins. Il 17 intravede Melania al villaggio. Il 18 vanno a pascolare i loro armenti sui prati comunali, sul monte Sous-les-Baisses (il Planeau). Nel pomeriggio Massimino tenta di chiacchierare, Melania non ne ha tanta voglia. Nondimeno scoprono un punto in comune: sono entrambi di Corps: allora si discorre, si decide di venire a pascolare insieme l'indomani alto stesso posto.

Sugli alpeggi
Dunque, il sabato 19 settembre 1846, di buon mattino, i due fanciulli salgono i versanti del monte Planeau, con quattro mucche; e con Massimino, anche la capretta e il suo cane Lulù. Verso mezzogiorno, suona l'Angelus sul campanile del villaggio sottostante. Allora i pastorelli dirigono le loro mucche verso la fontana delle bestie, una semplice pozzanghera formata dal ruscello che scende attraverso il valloncello della Sezia. Poi le sospingono verso una prato pianeggiante del monte Gargas. Fa caldo, le bestie cominciano a ruminare. Massimino e Melania risalgono la conca fino alla fontana degli uomini, presso la quale consumano il loro pasto frugale: pane e formaggio e acqua fresca a volontà. Altri pastorelli che pascolano più in basso li raggiungono e conversano un po'. Alla loro partenza, Massimino e Melania attraversano il ruscello, scendono alcuni passi verso dei banchi di pietre ammucchiate presso l'alveo di una sorgente asciutta: è la piccola fontana. Melania vi depone il suo tascapane e Massimino il suo blusotto con il pranzo.

L'altro fulgore

Contro ogni abitudine, i due fanciulli si stendono sull'erba e... si assopiscono. Si sta bene al sole di quella fine d'estate, nessuna nuvola in cielo. Il mormorio del ruscello accresce la calma e il silenzio della montagna. Il tempo scorre. Bruscamente Melania si sveglia a scuote Massimino: "Massimino, vieni presto, andiamo a vedere le nostre mucche... Non so dove siano!" In tutta fretta, salgono il versante opposto al Gargas. Rigirandosi scoprono l'alpeggio: le loro mucche stanno tranquillamente ruminando. I due pastorelli sono rinfrancati. Melania comincia a ridiscendere. A mezza costa, si arresta e stupefatta lascia cadere il suo bastone: "Massimino, vieni a vedere laggiù una luce". Presso la piccola sorgente, su un mucchio di pietre... un globo di fuoco. "Come se il sole fosse caduto lì". Eppure il sole continua a splendere in un cielo senza nubi. Massimino accorre, gridando: "Dov'è? dov'è?" Melania addita il fondo del valloncello dove avevano dormito. Massimino si ferma vicino a lei, raggelato dalla paura e le dice: "Riprendi il tuo bastone, sù! Io tengo il mio e gli do' un buon colpo se ci fa qualche cosa". Lo splendore si muove, ruota su se stesso. Le parole difettano ai due fanciulli per descrivere l'impressione di vita che si irradia da quel globo di fuoco. una donna vi appare, seduta, la testa tra le mani, i gomiti sulle ginocchia, nell'atteggiamento di profonda mestizia.

La Bella Signora
La Bella Signora si alza. Essi non si sono mossi. Dice loro in francese:
Avvicinatevi, figli miei, non abbiate paura; sono qui per narrarvi una grande notizia.
Allora discendono verso di lei. La fissano. Non cessa di piangere: "Si sarebbe detta una mamma percossa dai figli e fuggita sulla montagna per piangere". La Bella Signora è alta e tutta luminosa. Veste come le donne della regione: lunga tunica, un grande grembiule alla vita, uno scialle incrociato e annodato dietro, una cuffia da contadina. Delle rose incoronano la testa, orlano il suo scialle e i suoi calzari: sulla fronte splende un fulgore simile a un diadema. Sulle spalle pesa una lunga catena. Una catenina trattiene sul petto un crocifisso sfavillante, con ai lati un martello e delle tenaglie. 

Quello che dice sulla montagna

La Bella Signora parla ai due pastorelli: "Ha pianto tutto il tempo che ci ha parlato". Insieme o separatamente, i due fanciulli dicono le stesse parole, con leggere varianti che non alterano il significato. E questo non importa quali siano gli interlocutori: pellegrini o semplici curiosi, alte personalità o ecclesiastici, inquirenti o giornalisti. Siano favorevoli, senza pregiudizi o malevoli: ecco quello che è loro trasmesso:

Avvicinatevi, figli miei, non abbiate paura: sono qui per comunicarvi una grande notizia!

 "Noi ascoltavamo, non pensavamo a niente". Come Massimino e Melania, lasciamo risuonare dentro di noi ciò ch'ella ha detto sulla montagna.
Con loro, ascoltiamola fissando sul suo petto il crocifisso raggiante di gloria.






Il giudizio
Il 19 settembre 1851,  Mons.Filiberto de Bruillard, vescovo di Grenoble, pubblica finalmente il suo Decreto Dottrinate:
"Noi giudichiamo che l'Apparizione della Madonna ai due pastorelli, il 19 settembre 1846, su una montagna della catena delle Alpi, situata nella parrocchia de La Salette, vicaria foranea di Crops, reca in se stessa tutti i caratteri della verità e i fedeli hanno fondate ragioni per crederla indubitabile e certa."
La risonanza di questo decreto è considerevole. Numerosi vescovi lo fanno leggere nelle parrocchie delle loro diocesi. La stampa se ne appropria pro o contro. Tradotto in alcune lingue, è pubblicato in modo particolare sull' "Osservatore Romano" del 4 giugno 1852. Lettere di felicitazioni affluiscono al vescovado di Grenoble.
L'esperienza e il senso pastorale di Mons.Filiberto de Brullard non si fermano qui. Il primo maggio 1852, pubblica una Lettera Ufficiale in cui annuncia la costruzione di un santuario sulla montagna de La Salette e la creazione di un corpo di missionari diocesani che si chiameranno: i Missionari di Nostra Signora de La Salette. Ma aggiunge: "La madonna è apparsa a La Salette per il mondo intero: chi ne può dubitare?".

L'avvenire avrebbe confermato e superato quelle attese: il ricambio essendo assicurato, si può ben dire che Massimino e Melania hanno adempiuto la loro missione. Il 19 settembre 1855, Mons. Ginoulhiac, nuovo vescovo di Grenoble, compendiava così la situazione: "La missione dei fanciulli è terminata, comincia quella della Chiesa". Innumerevoli sono oggi gli uomini e le donne di ogni lingua che hanno trovato nel messaggio de La Salette, la strada della conversione, l'approfondimento della loro fede, il dinamismo per la vita quotidiana, le ragioni del loro impegno con e nel Cristo al servizio degli uomini.

Il Santuario de La Salette


È situato in piena montagna, a 1.800 metri di altezza, sulle Alpi francesi. L'edificio religioso e il complesso ricettivo sono affidati dalla diocesi di Grenoble alle premurose cure dell'Associazione dei Pellegrini de La Salette. I Missionari e le Suore di Nostra Signora de La Salette ne assicurano l'animazione e il funzionamento in collaborazione con i cappellani, diocesani e religiosi, le religiose e i laici. Numerose sono le possibilità offerte ai pellegrini: lettura della Parola di Dio, condivisione su un determinato tema, riunioni ed incontri con i cappellani, mostre missionarie e vocazionali, collaborazione data ai vari gruppi, accoglienza dei bambini, ecc... La giornata é ritmata dalla celebrazione eucaristica, dall'ufficio divino, dalle veglie di preghiera, dalle processioni, dalla preghiera del Rosario e dalla Via Crucis... senza dimenticare la preghiera silenziosa sempre possibile sui pendii della montagna o nelle cappelle adibite allo scopo.

I Primi Testimoni


Massimino Giraud
Massimino Giraud è nato a Corps, il 26 agosto 1835. Sua madre, Anna Maria Templier, è anch'essa di Corps. Il padre di Massimino, Germano Giraud, è venuto da un distretto vicino. Massimino ha solo 17 mesi quando muore la sua mamma, che lascia anche una bambina di 8 anni, Angelica. poco dopo, il babbo si risposa. Massimino crescerà all'avventura: il carradore è all'officina o all'osteria: sua moglie non sente attrattiva per quel monello troppo vivace, spensierato che non rimane in casa, preferendo gironzolare per le stradine di Corps, attorno alle diligenze e alle vetture, o a correre col suo cane e la sua capretta. Il fanciullo è volentieri bricconcello, l'occhio vivo sotto il nero ciuffo scarmigliato e la lingua sempre sciolta. Durante l'Apparizione, mentre la Bella Signora si rivolge a Melania, fa girare il cappello sulla punta del suo bastone o sospinge sassolini fin sotto i piedi della Bella Signora. "Non uno però l'ha toccata" risponderà senza imbarazzo agli inquirenti.
Cordiale appena si sente amato, malizioso quando lo si vuol riprendere. La sua adolescenza fu difficile. Nei tre anni che seguono l'Apparizione perde il fratellastro Giovanni Francesco, la matrigna Maria Court e il papà Germano Giraud. E' posto sotto la tutela del fratello di sua madre, lo zio Templier, uomo rude e interessato. A scuola i suoi progressi sono modesti. La Superiora, suor Tecla, che veglia su di lui, lo chiama "moto perpetuo!" Aggiungendo a questo le pressioni fanatiche dei partigiani d'un sedicente figlio di Luigi XVI che vogliono sfruttarlo a fini politici. Massimino li beffa con frottole. Contro l'espresso parere del parroco di Corps e non tenendo conto della proibizione del vescovo di Grenoble, questi messeri conducono l'adolescente ad Ars. Massimino non ama la loro compagnia, ma apprezza l'occasione che gli si presenta per vedere un po' di mondo. Sono accolti dall'imprevedibile Don Raymond, viceparroco del santo Curato, il quale, di colpo, tratta La Salette d'imbroglio colossale e Massimino di fosco bugiardo.
Durante la mattinata del 25 settembre 1850, incontra due volte il santo in confessorio. Che cosa ha potuto raccontare l'adolescente esasperato? Il risultato è che per alcuni anni il santo curato non cesserà di dubitare e di soffrire. Dopo il decreto del 19 settembre 1851, rimanderà i suoi interlocutori al giudizio del vescovo responsabile: ci vorranno anni di prova e alcuni miracoli per convincerlo a dare il suo assenso all'Apparizione, ritrovando la pace. In quanto a Massimino, pur affermando con vigore di non essersi mai smentito, si troverà molto impacciato nel giustificare il suo comportamento. Basta elencare i luoghi dov'è passato per farsi un'idea di quanto il giovane abbia viaggiato. Dal Seminario minore di Grenoble (Rondeau) alta Grande Certosa, della parrocchia di Seyssins a Roma; da Dax e Aire-sur-Adour al Vésinet, poi al collegio Tonnerre, a Petit Jouy vicino a Versailles e a Parigi. Seminarista, poi impegnato in un ospizio, studente di medicina, bocciato al baccellerato, lavora in una farmacia; si arruola come zuavo pontificio, annulla il suo ingaggio dopo sei mesi e ritorna a Parigi. Avendo il giornale La Vie Parisienne attaccato La Salette, Massimino lo querela e ottiene una rettifica. Nel 1866 pubblica un opuscolo La mia professione di fede sull'Apparizione della Madonna della Salette. Durante quel periodo, i coniugi Jourdain, una coppia tutta dedita al suo servizio, gli assicura un'apparente stabilità, paga i suoi debiti fino al rischio di rovinarsi.
Massimino accetta allora di fare il socio d'un mercante di liquori che sfrutta la notorietà del pastorello per accrescere le sue vendite. L'imprevidente Massimino non riesce a far quadrare i suoi conti. Nella guerra del 1870 è mobilitato al Forte Barrau a Grenoble. Finalmente ritorna a Corps, dove lo raggiungono i coniugi Jourdain. Tutti e tre vivono poveramente, aiutati dai Missionari, d'intesa col vescovado. Nel novembre del 1874 risale a La Salette: dinanzi a un uditorio particolarmente attento e commosso, rifà il racconto dell'Apparizione come il primo giorno. Sarà per l'ultima volta. Il 2 febbraio 1875 si reca nella chiesa parrocchiale per l'ultima volta. La sera del 1 marzo, Massimino si confessa, riceve il viatico sorbendo un po' d'acqua della Salette per inghiottire l'ostia. Cinque minuti dopo rende la sua anima a Dio. Non aveva ancora quarant'anni. La sua salma riposa nel cimitero di Corps ma il suo cuore è nella basilica de La Salette, vicino alla consolle dell'organo. Era la sua ultima volontà: "Credo fermamente, anche a prezzo del mio sangue, alla celebre Apparizione della SS. Vergine sulla Santa Montagna de La Salette, il 19 settembre 1846: Apparizione che ho difeso con parole, scritti e sofferenze... con questi sentimenti offro il mio cuore a N. S. de La Salette". Col suo testamento, questo poveretto non aveva più nulla da lasciare che la sua fedeltà alla fede della Chiesa.
Il monello accattivante e volubile com'è sempre rimasto, ha finalmente trovato, presso la Bella Signora, l'affetto e la pace di Dio.

Melania Calvat

Melania è nata a Corps, il 7 novembre 1831, in una famiglia numerosa. Il padre Pietro Calvat, conosciuto come boscaiolo, si adatta a tutti mestieri che gli vengono offerti. La madre, Giulia Barnaud, avrà da lui dieci figli. Melania è la quarta. Si è poveri al punto da mandare alle volte i piccoli a mendicare per le strade. Molto presto Melania è collocata a servizio come pastorella presso i contadini dei dintorni. Dalla primavera del 1846 sino alla fine dell'autunno, la troviamo presso Battista Pra agli Ablandins, una delle frazioni de La Salette. Il vicino si chiama Pietro Selme; è lui che ha assunto, per una sola settimana, l'indisciplinato Massimino, in sostituzione del suo pastorello ammalato. Di fronte a quel piccolo ciarliero, Melania, timida e taciturna, sta sulle sue.

Eppure quei due bambini hanno punti in comune, se cosi si può dire. Nati entrambi a Corps dove risiedono le loro famiglie, non si conoscono affatto, anche per le lunghe assenze della pastorella. Entrambi parlano il dialetto locale e conoscono qualche parola di francese. Né scuola, né catechismo; non sanno né leggere né scrivere. Il padre di Melania è sempre alla ricerca d'un lavoro; sua madre è sovraccarica di occupazioni con tutti i suoi marmocchi, non c'è posto per l'affetto, oppure ce n'è poco. All'epoca dell'Apparizione quello che qualifica Melania come Massimino è la povertà: poveri di beni, poveri di cultura, poveri di affetto.

Il fatto è anche che sono totalmente dipendenti. Sono delle "cere vergini" che l'Avvenimento segnerà con marchi definitivi, pur rispettando la loro indole. Melania infatti è molto differente dal suo compagno appena incontrato: vive presso estranei e conosce la sua famiglia solo nei difficili mesi invernali, dove si soffre la fame e il freddo. Non c'è da stupirci che sia timida e chiusa. "Rispondeva solo con dei si e dei no", testimonia il suo padrone, Giovanni Battista Pra. In seguito però risponderà chiaramente e semplicemente alle domande concernenti il Fatto de La Salette. Rimane quattro anni presso le Suore della Provvidenza a Corps; ha poca memoria e meno attitudine anche di Massimino per lo studio.

Già dal novembre 1847 la sua superiora temeva che Melania "traesse un po' di vanità dalla posizione che l'Avvenimento le ha procurato". Diventata postulante e novizia nella medesima Congregazione, oggetto di attenzioni e premure da parte di numerosi visitatori, ella si vincola troppo al suo modo di vedere. Per questa ragione, il nuovo vescovo di Grenoble, pur riconoscendo la sua pietà e la sua dedizione, si rifiuta di ammetterla al voti "per formarla... alla pratica dell'umiltà e alla semplicità cristiane". Sventuratamente, Melania presta l'orecchio e persone "inquiete e malate" imbevute di profezie popolari e di teorie pseudo mistiche e pseudo apocalittiche. Ne resterà segnata per tutta la vita. Per dare credito alle sue affermazioni, le collega al segreto ricevuto dalla Bella Signora. Un esame anche solo affrettato di quello che dice e scrive, rivela le differenze irriducibili con i segni e le parole di Maria a La Salette. Melania, i suoi problemi e i suoi fantasmi, sono diventati il centro del suo discorso; attraverso le sue profezie, regola i suoi conti con quanti oppongono una qualche resistenza ai suoi progetti.

Esprime il suo rifiuto della società e dell'ambiente in cui ha qualche problema. Si ricostruisce un passato immaginario dove sono esorcizzate le frustrazioni di cui è stata vittima nella sua infanzia. Fin dal 1854, Mons. Ginoulhiac scrisse: "Le predizioni che si attribuiscono a Melania... non hanno fondamento, sono senza importanza nei riguardi del Fatto de La Salette... sono posteriori a quel Fatto e senza alcuna connessione con esso". E il vescovo sottolinea: "E' stata lasciata ai fanciulli la più grande libertà di ritrattarsi ed essi non hanno mai mutato il loro linguaggio sulla verità del Fatto de La Salette". In quest'ottica, Mons. Ginoulhiac proclamerà, il 19 settembre 1855 sulla Santa Montagna: "La missione dei pastorelli è conclusa, comincia quella della Chiesa!" Sfortunatamente, Melania proseguirà le sue divagazioni profetiche, orchestrate più tardi dal talento sfolgorante di un Léon Bloy, creando una corrente melanista che si richiama a La Salette, ma che non ha altra base che nelle affermazioni incontrollabili di Melania.

Siamo mille miglia lontani dalle fondamenta storiche dell'Apparizione. In quanto poi al contenuto, nonostante la sua patina religiosa, nulla ha a che vedere praticamente con le verità di fede della Chiesa, richiamate da Maria a La Salette. Si abbandona il dominio della fede per quello, infido, contestabile e sterile delle fantasie. Questo genere di letteratura allontana dalla fede invece di favorirla. Nel 1851 un sacerdote inglese conduce Melania in Inghilterra. L'anno dopo entra al Carmelo di Darlington, vi fa la professione temporanea nel 1856, ma ne riparte nel 1860. Altro tentativo presso le Suore della Compassione di Marsiglia. Dopo un soggiorno nella loro residenza di Cefalonia (Grecia) e un passaggio al Carmelo di Marsiglia, rientra alla Compassione per breve tempo. Dopo alcuni giorni trascorsi a Corps e a la Salette, si stabilisce in Italia a Castellammare di Sabbia, presso Napoli. Vi rimane 17 anni, scrivendo i sui "segreti" e una regola per un'eventuale fondazione. Il Vaticano prega l'ordinario del luogo d'interdire quel genere di pubblicazioni, ma ella cerca ostinatamente altri appoggi e un imprimatur fino al Maestro del Sacri Palazzi, p. Lepiti O.P. Ciò non rappresenta un'approvazione, neppure velata, in quanto l'autorità alla quale Melania si appella non è competente in merito. Dopo un soggiorno a Canner, ritroviamo Melania a Chalon-sur-Saône, dove, sempre alla ricerca di fondazione, sostenuta dal canonico de Brandt, di Amiens, incappa in un processo con Mons. Perraud, vescovo di Autun. La Santa Sede, interessata nell'affare, dà ragione al vescovo. Nel 1892 ritorna in Italia a Lecce, poi a Messina in Sicilia su invito del canonico Annibale di Francia.

Dopo qualche mese trascorso in Piemonte, si stabilisce presso don Combe, paroco di Diou, nell'Allier: un prete col pallino delle profezie politico-religiose. Finisce per redigere un'autobiografia piuttosto romanzata, dove s'inventa un'infanzia straordinaria, intrecciata di considerazioni pseudo-mistiche che riflettono i suoi personali fantasmi e le chimere dei suoi corrispondenti. I Messaggi che Melania propaga, allora, e che vuole ricollegare a La Salette, non hanno proprio nulla a che vedere con la sua primitiva testimonianza sull'Apparizione. D'altronde quando è invitata a parlare del Fatto del 19 settembre 1846, ritrova la semplicità e la lucidità del suo primo racconto, conforme a quello di Massimino. E questo, in una maniera constante, come avvenne nel suo pellegrinaggio a La Salette, il 18 e il 19 settembre 1902.

Ritorna nell'Italia meridionale, ad Altamura (Bari) ove muore il 14 dicembre 1940. Riposa sotto una stele di marmo dove un bassorilievo presenta la Madonna che accoglie in cielo la pastorella de La Salette. Una cosa resta assodata: al termine di tutti i suoi vagabondaggi, c'è un punto sul quale Melania non ha mal variato: la testimonianza che con Massimino ella ha dato, la sera del 19 settembre, nella cucina di Giovanni Battista Pra agli Ablandins. E durante tutta l'inchiesta condotta da Mons. Filiberto de Bruillard, ripresa e confermata da quella di Mons. Ginoulhiac. In una vita difficile, Melania, è rimasta povera e devota, fedele alla sua prima testimonianza. 

Ricordati o Nostra Signora de La Salette


delle lacrime che hai versato per noi sul Calvario. Ricordati anche della continua sollecitudine che hai per noi, tuo popolo, affinché nel nome di Cristo Gesù ci lasciamo riconciliare con Dio.

Dopo aver fatto tanto per noi tuoi figli, Tu non puoi abbandonarci.

Confortati dalla tua tenerezza, o Madre, noi Ti supplichiamo, malgrado le nostre infedeltà e ingratitudini.

Accogli le nostre preghiere, o Vergine Riconciliatrice, e converti i nostri cuori al tuo Figlio. Ottienici la grazia di amare Gesù sopra ogni cosa e di consolare anche Te con una vita dedicata alla gloria de Dio e all'amore dei nostri fratelli.

AMEN.

Meditazione del giorno 01/02/2014

Sabato della VII settimana delle ferie del Tempo Ordinario
Meditazione del giorno
Santa Teresa del Bambin Gesù (1873-1897), carmelitana, dottore della Chiesa
Scritto autobiografico C
« Lasciate che i bambini vengano a me »
 
    Lei lo sa, Madre, ho sempre desiderato essere una santa, ma ahimè, ho sempre accertato, quando mi sono paragonata ai santi, che tra loro e me c'è la stessa differenza che tra una montagna la cui vetta si perde nei cieli e il granello di sabbia oscura calpestata sotto i piedi dei passanti. Invece di scoraggiarmi, mi sono detta: il buon Dio non può ispirare desideri inattuabili, perciò posso, nonostante la mia piccolezza, aspirare alla santità; diventare più grande mi è impossibile, debbo sopportarmi tale quale sono con tutte le mie imperfezioni, nondimeno voglio cercare il mezzo di andare in Cielo per una piccola via ben diritta, molto breve, una piccola via tutta nuova.
    Siamo in un secolo d'invenzioni, non vale più la pena di salire gli scalini, nelle case dei ricchi un ascensore li sostituisce con gran vantaggio. Vorrei anch'io trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione. Allora ho cercato nei Libri santi l'indicazione dell'ascensore, oggetto del mio desiderio, e ho letto queste parole pronunciate dalla Sapienza eterna: «Chi è inesperto accorra qui!» (Pr 9,4).

    Allora sono venuta, pensando di aver trovato quello che cercavo, e per sapere, o mio Dio, quello che faresti al più piccolo che risponde al tuo appello, ho continuato le mie ricerche, ed ecco ciò che ho trovato: «Come una madre carezza il suo bimbo, così vi consolerò, vi porterò sul mio cuore, e vi terrò sulle mie ginocchia!» (Is 66,13). Ah, mai parole più tenere, più armoniose hanno allietato l'anima mia, l'ascensore che deve innalzarmi fino al Cielo sono le tue braccia, Gesù! Per questo non ho bisogno di crescere, al contrario bisogna che resti piccola, che lo divenga sempre più. Dio mio, hai superato ogni mia speranza, perciò voglio “cantare le tue misericordie” (Sal 89,2 Vulg).

La parola del giorno 01/03/2014


Sabato della VII settimana delle ferie del Tempo Ordinario

Lettera di san Giacomo 5,13-20.
Carissimi, chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia salmeggi.
Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore.
E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati.
Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza.
Elia era un uomo della nostra stessa natura: pregò intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi.
Poi pregò di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto.
Fratelli miei, se uno di voi si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce,
costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.


Salmi 141(140),1-2.3.8.
Signore, a te grido, accorri in mio aiuto;
ascolta la mia voce quando t'invoco.
Come incenso salga a te la mia preghiera,
le mie mani alzate come sacrificio della sera.

Poni, Signore, una custodia alla mia bocca,
sorveglia la porta delle mie labbra.
A te, Signore mio Dio, sono rivolti i miei occhi;
in te mi rifugio, proteggi la mia vita.



Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 10,13-16.
In quel tempo, presentavano a Gesù dei bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli li sgridavano.
Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.
In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso».
E prendendoli fra le braccia e ponendo le mani sopra di loro li benediceva.

Salmo 33


 

1 Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
2 Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
3 Cantate al Signore un canto nuovo,
con arte suonate la cetra e acclamate,
4 perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
5 Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.
6 Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
7 Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.
8 Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
9 perché egli parlò e tutto fu creato,
comandò e tutto fu compiuto.
10 Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
11 Ma il disegno del Signore sussiste per sempre,
i progetti del suo cuore per tutte le generazioni.
12 Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
13 Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini;
14 dal trono dove siede
scruta tutti gli abitanti della terra,
15 lui, che di ognuno ha plasmato il cuore
e ne comprende tutte le opere.
16 Il re non si salva per un grande esercito
né un prode scampa per il suo grande vigore.
17 Un’illusione è il cavallo per la vittoria,
e neppure un grande esercito può dare salvezza.
18 Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
19 per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
20 L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
21 È in lui che gioisce il nostro cuore,
nel suo santo nome noi confidiamo.
22 Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo.

Vangelo secondo Marco


Capitolo 5 

L'indemoniato garaseno

[1]Intanto giunsero all'altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni. [2]Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo. [3]Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene, [4]perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo. [5]Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. [6]Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi, [7]e urlando a gran voce disse: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». [8]Gli diceva infatti: «Esci, spirito immondo, da quest'uomo!». [9]E gli domandò: «Come ti chiami?». «Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti». [10]E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quella regione.
[11]Ora c'era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo. [12]E gli spiriti lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». [13]Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare. [14]I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto.
[15]Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. [16]Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci. [17]Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. [18]Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui. [19]Non glielo permise, ma gli disse: «Và nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato». [20]Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati.

Guarigione dell'emorragica e risurrezione della figlia di Giairo

[21]Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. [22]Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi [23]e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva». [24]Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
[25]Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia [26]e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, [27]udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti: [28]«Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». [29]E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
[30]Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?». [31]I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». [32]Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. [33]E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. [34]Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii guarita dal tuo male».
[35]Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». [36]Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!». [37]E non permise a nessuno di seguirlo fuorchè a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. [38]Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. [39]Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». [40]Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.[41]Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». [42]Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. [43]Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.

L a frase del giorno 01Marzo

Più sei entusiasta della vita, più
gusto troverai nel viverla.