giovedì 10 aprile 2014

Papa Francesco: Cerchiamo il nostro peccato nella Croce, nelle piaghe del Signore

 Cerchiamo il nostro peccato nella Croce, nelle piaghe del Signore
Papa Francesco nella riflessione, ci mette in guardia da una erronea interpretazione del Cristianesimo, che non è una dottrina filosofica ma una persona innalzata sulla Croce.
Questo, specifica il Pontefice, va compreso bene altrimenti richiamo di finire come quei “dottori della legge, queste persone che insegnavano la legge ma non avevano una idea chiara su questo“. “Il cristianesimo non è una dottrina filosofica – ha ribadito Bergoglio, come già aveva detto in passato – non è un programma di vita per sopravvivere, per essere educati, per fare la pace“. Certo il cristianesimo professa i valori di pace, di educazione recuproca, di mutuo rispetto, ma tutte “queste sono conseguenze: il cristianesimo è una persona, una persona innalzata sulla Croce, una persona che annientò se stessa per salvarci; si è fatta peccato“.
Proprio le letture di oggi, chiarisce il Vescovo di Roma, ovvero la prima lettura tratta dal Libro dei Numeri (Nm 21, 4-9) e il Vangelo di Giovanni (Gv 8, 21-30) sono in stretta connessione fra loro. Nella prima Lettura, a fronte di un popolo dubbioso verso il Signore, vediamo Dio ordinare di fare una cosa, se vogliamo, strana: creare un idolo che rappresenta un serpente – quindi il peccato secondo l’iconografia biblica – e innalzarlo. Chiunque guardasse e toccasse quel peccato sarebbe stato guarito. Cosí, nel Vangelo di oggi, Gesù dice ai Giudei, “quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, adesso conoscerete che io sono” perché Gesù sulla croce è proprio il peccato, un peccato che però guarisce e dà salvezza.
Gesù sulla croce ha fatto propri tutti i nostri peccati e noi, quando cerchiamo la guarigione dal nostro peccato non dobbiamo cercarla in noi stessi ma in Gesù, perchè il nostro peccato è lì, tra le piaghe del Signore.
Da soli non c’è possibilità di uscire dal nostro peccato“, dunque, poiché “le piaghe che lascia il peccato in noi” – ha detto il Papa Francesco – “si guariscono soltanto con le piaghe del Signore, con le piaghe di Dio fatto uomo, umiliato, annientato. Questo è il mistero della Croce“.
La Croce “non è un ornamento, che noi dobbiamo mettere sempre nelle chiese, sull’altare, lì. Non è un simbolo che ci distingue dagli altri. – ha concluso il Santo Padre – La Croce è il mistero, il mistero dell’amore di Dio, che umilia se stesso, si fa ‘niente’, si fa peccato. Per questo un cristiano che non sa gloriarsi in Cristo crocifisso non ha capito cosa significa essere cristiano“.

LE OMELIE DI PAPA FRANCESCO, GIORNO PER GIORNO




Sintesi delle riflessioni di Papa Francesco nelle omelie della Messa che ogni mattina celebra nella Domus Santa Marta

 

 

      Meditazione del giorno 10/04/2014

      Giovedì della V settimana di Quaresima
      Meditazione del giorno
      Origene (circa 185-253), sacerdote e teologo
      Omelie sul libro della Genesi, n° 8; SC 7
       
      “Abramo vide il mio giorno”
       
          « Dio mise alla prova Abramo e gli disse: "Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò" (Gen 22,2). Il figlio su cui erano poste grandi e meravigliose promesse…, ecco che Abramo riceve l’ordine di offrirlo in olocausto al Signore su una montagna!

          Cosa provi a quest’ordine, Abramo?... L’apostolo Paolo, a cui lo Spirito aveva rivelato – credo – i pensieri e i sentimenti di Abramo, ha dichiarato: “Per fede Abramo, non esitò quando offrì il suo unico figlio, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti” (Rom 4,20; Eb 11,17.19).… Ecco la prima volta in cui si è manifestata la fede nella risurrezione. Sì, Abramo sperava che Isacco risorgesse, credeva alla realizzazione di quanto non era ancora mai accaduto… Abramo sapeva che in lui prendeva forma la prefigurazione della realtà futura ; sapeva che Cristo sarebbe nato dalla sua discendenza, la vera vittima offerta per il mondo intero, colui che avrebbe trionfato sulla morte con la sua risurrezione.

          “Abramo si alzò di buon mattino… e il terzo giorno arrivò al luogo che il Signore gli aveva indicato”. Il terzo giorno è sempre legato col mistero…; la risurrezione del Signore soprattutto è avvenuta il terzo giorno… “Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora disse ai suoi servi: "Fermatevi qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi"”… Dimmi, Abramo, dici la verità ai tuoi servi quando affermi di andare ad adorare e poi di ritornare col ragazzo, oppure li vuoi ingannare?... “Dico la verità – risponde Abramo - ; offro il ragazzo in olocausto, e per questo porto con me la legna. Poi torno a voi col ragazzo. Credo infatti con tutta la  mia anima che ‘Dio è capace di far risorgere anche dai morti’”.

      La parola del giorno 10/04/2014



       Giovedì della V settimana di Quaresima

      Libro della Genesi 17,3-9.
      In quei giorni, Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui:
      "Eccomi: la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli.
      Non ti chiamerai più Abram ma ti chiamerai Abraham perché padre di una moltitudine di popoli ti renderò.
      E ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te nasceranno dei re.
      Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te.
      Darò a te e alla tua discendenza dopo di te il paese dove sei straniero, tutto il paese di Cànaan in possesso perenne; sarò il vostro Dio".
      Disse Dio ad Abramo: "Da parte tua devi osservare la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione.


      Salmi 105(104),4-5.6-7.8-9.
      Cercate il Signore e la sua potenza,
      cercate sempre il suo volto.
      Ricordate le meraviglie che ha compiute,
      i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca.

      Voi stirpe di Abramo, suo servo,
      figli di Giacobbe, suo eletto.
      È lui il Signore, nostro Dio,
      su tutta la terra i suoi giudizi.

      Ricorda sempre la sua alleanza:
      parola data per mille generazioni,
      l'alleanza stretta con Abramo
      e il suo giuramento ad Isacco.

      Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 8,51-59.
      In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte».
      Gli dissero i Giudei: «Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: "Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte".
      Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?».
      Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: "E' nostro Dio!",
      e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola.
      Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò».
      Gli dissero allora i Giudei: «Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?».
      Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
      Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

      VERSO DEL 09.04.2014

      «Se qualcuno vuol essere il primo sarà l’ultimo di tutti e il servitore di tutti»

      Marco 9:35

      Testo biblico: Marco 9:30-37

      Gesù stava parlando della Sua morte e resurrezione imminente eppure i discepoli, pur non comprendendo la portata di quell'annuncio, si guardavano bene dall'approfondire l'argomento.

      Erano intenti a dibattere fra loro per stabilire chi avrebbe dovuto assumere la conduzione della nascente comunità. Tale discussione pare abbia assunto peraltro toni alquanto vivaci, riscaldando gli animi dei discepoli.

      I discepoli non avevano compreso il significato della morte e resurrezione di Gesù, e soprattutto non avevano ancora inteso chiaramente che il Salvatore risorto, vivente e glorioso, sarebbe stato l'Unica Guida, perenne ed autorevole della Sua Chiesa.

      Egli non ha abdicato dalla posizione di primato e signoria che Gli compete. Egli è il solo autentico Capo ed il perfetto esempio di fede che chiama ogni discepolo ad essere un autentico collaboratore nell'edificazione del Suo Regno.

      Gesù regna dopo aver rinunciato "scandalosamente" alla Sua regalità, facendosi ubbidiente sino alla morte della croce.

      Attraverso la Sua esperienza ed il Suo esempio, Egli ha mostrato quale debba essere il giusto atteggiamento interiore di quanti vogliono collaborare alla Sua opera.

      Nessuno può assumere responsabilità nell'opera del Signore se prima non acquista la semplicità di carattere di un fanciullo, spogliandosi di ogni arroganza ed ambizione; se non acquista la disposizione naturale all'apprendimento e la stessa mancanza di malizia e artificialità di un bambino.

      Nessuno può essere un vero collaboratore di Cristo Gesù se non è disposto a servire piuttosto che ad essere servito, adoperandosi con abnegazione e senza risparmio come un modesto lavoratore che fa solo il proprio dovere e spesso in maniera limitata e difettosa.

      Nessuno potrà essere realmente utile al Signore se non è disposto a considerarsi 'l'ultimo di tutti", e non certo il migliore o il più meritevole.

      Bisogna saper riconoscere che altri credenti vengono giustamente onorati più di noi, poiché sono stati maggiormente dotati di talenti e doni spirituali.

      Ricordiamo che solo Gesù è il Primo e l'Ultimo, l'Alfa e l'Omega e noi siamo tutti fratelli: sono beati dunque coloro che non fanno nulla per vanagloria o per spirito di parte ma che, umilmente, stimano gli altri più di se stessi.

      Papa Francesco: sapienza è vedere tutto con gli occhi di Dio

      Papa Francesco: La Sapienza dono dello Spirito Santo: saggi secondo il Cuore di Cristo

      La Sapienza dono dello Spirito Santo: saggi secondo il Cuore di Cristo
      Papa Francesco nell’Udienza Generale di oggi, mercoledì 9 aprile 2014, dopo aver terminato nella settimana scorsa la catechesi sui sacramenti, ha iniziato un nuovo ciclo di catechesi, questa volta centrato sui doni dello Spirito Santo. Il primo di questi è la sapienza, il cui significato e la cui portata il Pontefice ha spiegato oggi.
      Il primo dono dello Spirito Santo è quello della saggezza, ha chiarito Bergoglio. Questo non è il risultato della conoscenza e dell’esperienza umana, ma consiste in una luce interiore che può dare solo lo Spirito Santo e ci rende in grado di riconoscere l’impronta di Dio nella nostra vita e nella storia.
      Questa saggezza nasce dall’intimità con Dio e rende il crisiano un contemplativo: tutto ci parla di Dio e vediamo tutto come un segno del Suo amore e un motivo per rendere grazie a Lui. Ciò non significa che il cristiano abbia la risposta per tutto, ma questo gli da “il gusto e il sapore di Dio”, in modo che nel nostro cuore e nella nostra vita tutto ci parla di Dio.
      Dobbiamo dunque chiederci se la nostra vita ha il sapore del Vangelo; se gli altri vedono che siamo uomini e donne di Dio; se è lo Spirito Santo a muovere la nostra vita o sono, invece, le nostre idee o obiettivi. È importante che nelle nostre comunità ci siano cristiani che, docili allo Spirito Santo, siano in contatto con le cose di Dio e comunichino agli altri la Sua dolcezza e il Suo amore.
      Per questo, dobbiamo chiedere al Signore che ci dia lo Spirito Santo - ha quindi concluso Bergoglio - e ci dia il dono della saggezza, di quella saggezza di Dio che ci insegna a guardare con gli occhi di Dio, a sentire con il cuore di Dio, a parlare con le parole di Dio” affinché non rimaniamo dei “cristiani insipidi, ma la nostra vita abbia sempre di più il profumo di Cristo e il sapore del Vangelo”.

      Queridos hermanos y hermanas:
      Comenzamos hoy una nueva serie de catequesis dedicadas a los siete dones del Espíritu Santo. El primer don es el de la sabiduría. Ésta no es fruto del conocimiento y la experiencia humana, sino que consiste en una luz interior que sólo puede dar el Espíritu Santo y que nos hace capaces de reconocer la huella de Dios en nuestra vida y en la historia.
      Esta sabiduría nace de la intimidad con Dios y hace del cristiano un contemplativo: todo le habla de Dios y todo lo ve como un signo de su amor y un motivo para dar gracias. Esto no significa que el cristiano tenga una respuesta para cada cosa, sino que tiene como el “gusto” como el “sabor” de Dios, de tal manera que en su corazón y en su vida todo habla de Dios.
      También nosotros tenemos que preguntarnos si nuestra vida tiene el sabor del Evangelio; si los demás perciben que somos hombres y mujeres de Dios; si es el Espíritu Santo el que mueve nuestra vida o son en cambio nuestras ideas o propósitos. Qué importante es que en nuestras comunidades haya cristianos que, dóciles al Espíritu Santo, tengan experiencia de las cosas de Dios y comuniquen a los demás su dulzura y amor.