sabato 4 gennaio 2014

Gesù sorgente di acqua viva

L'evangelista Giovanni, particolarmente attento al simbolismo dei segni usati da Gesù, aveva già presentato con l'episodio della samaritana il tema dell'acqua viva, zampillante per la vita eterna...
Chi ha sete venga a me e beva (Gv 7,37).
L'evangelista Giovanni, particolarmente attento al simbolismo dei segni usati da Gesù, aveva già presentato con l'episodio della samaritana il tema dell'acqua viva, zampillante per la vita eterna, mettendo efficacemente in risalto sia la sete della donna - sete spirituale soprattutto, sete che è di ogni anima - sia il dono che il Signore offre gratuitamente con la sua presenza.
Quando il Maestro, con la sua parola e le opere inizia a scuotere i cuori fino a provocare, accanto all'ammirazione, la più tesa polemica, ritorna a questo tema e un giorno, quasi volendo portarci al di sopra del grigiore che appesantisce e stagna ogni vero palpito di vita, "levatosi in piedi, esclama a gran voce: Chi ha sete venga a me".
E’ una dichiarazione inattesa, pregna d'autorità e soprattutto riferita alla sua persona: Gesù, il profeta di Nazaret, il figlio del falegname, si autodefinisce sorgente capace di ristorare la vera sete degli uomini, anzi sorgente feconda, zampillante fino alla vita eterna.
Per comprendere e apprezzare questa nuova immagine, scelta dal Signore come segno espressivo della sua identità e della sua missione, siamo aiutati da vari passi dell'Antico testamento, ove l'acqua è presentata quale simbolo della vita che solo Dio da, anzi come dono proprio dei tempi messianici.
Possiamo anzitutto rilevare la frequenza con cui il testo sacro presenta la sete insita nelle anime e paragona il loro cammino spirituale alla ricerca sitibonda di Dio, per ripetere col salmista: "O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua (Sal 62,2), ed ancora: "L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente; quando verrò e vedrò il suo volto?" (Sal 41,3).
Non meno frequenti però sono le parole accorate con cui l'Altissimo denuncia le negligenze e le infedeltà del suo popolo. Basta ricordare un passo del profeta Geremia: "Hanno abbandonato me, sorgente d'acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate, che non tengono l'acqua" (Ger 2,13).
Prevale tuttavia lungo tutta la storia del popolo eletto l'insistente appello del Signore affinché ognuno corrisponda alle esigenze del suo amore, scoprendo in esse la via della vita, la fonte della gioia; leggiamo nel libro del profeta Isaia: "O voi tutti assetati, venite all'acqua..." (Is 55,1) e: "Attingerete con gioia acqua alle sorgenti della salvezza" (Is 12,3).
C'è veramente di che gioire sapendo che per la nostra sete di bene, di bontà, di pace e di felicità c'e una sorgente inesauribile che può soddisfarla, ora e per la vita eterna. Basta che ci avviciniamo ad essa: "Avvicinatevi voi che siete senza istruzione, prendete dimora nella mia scuola. Fino a quando volete rimanerne privi, mentre la vostra anima ne e tanto assetata?" (Sir 51,23).
Giungiamo così alla pienezza dei tempi, quando il dono di Dio si fa visibile in Gesù che, prima col suo insegnamento, poi con la sua immolazione fino al "sitio" della croce, si offre a noi quale fonte perenne di grazia redentrice. Leggiamo in una pagina di S. Ambrogio: "Acqua viva è la grazia spirituale, perché purifica l'intimo della mente, lava ogni peccato dell'anima e monda ogni errore dei pensieri nascosti... Come potrò conservare il mio vaso perche il peccato non produca una fessura che ne faccia stillare fuori l'umore della vita eterna? Insegnaci, Signore Gesù, insegnaci come insegnasti ai tuoi apostoli". E il santo vescovo mette sulla bocca del Maestro la risposta per la nostra sete: "Non aprire la tua cisterna, non scavarla con i vizi e con le colpe... Egli ti chiede da bere, ma è pronto a darti da bere. E non beve l'acqua di un ruscello che scorre via, ma la tua salvezza. Beve il tuo buon sentimento, beve il calice, cioè la passione redentrice delle tue colpe, perche tu, abbeverato dal suo sangue, possa spegnere la sete di questo mondo".
La sete di Dio ci fa scoprire l'arsura che affligge i nostri fratelli e ci stimola a divenire canali dell'acqua viva, pura e rigeneratrice per prolungare nel tempo la grazia della salvezza. Come non ricordare S. Ignazio d'Antiochia, che, mentre intravede il martirio, esclama al colmo della felicita: "Non c'e più in me nessuna aspirazione per le realtà materiali, ma un'acqua viva mormora dentro di me e mi dice: Vieni al Padre". Preghiamo allora con S. Gregorio di Nissa: "Fa' che accorra alla fonte fresca e vi attinga la divina bevanda, quella bevanda che tu offri a chi ha sete. Fa' che attinga come dalla sorgente del tuo costato aperto dalla lancia. Per chi la beve quest'acqua diventa una sorgente che zampilla per la vita eterna".

Signore, che cosa vuoi che io faccia?

Come posso io conoscere quello che Dio vuole da me? San Paolo disse: "Signore, che cosa vuoi che io faccia?". Se noi dicessimo questo di cuore, Dio non rifiuterebbe la sua risposta. Alcuni non lo chiedono mai, altri non lo domandano con perfetta sincerità.. Non sono decisi a fare tutto quello che Egli domanderebbe. Non dovremmo mai temere. Se veramente vogliamo piacere a Dio, ci riusciremo. Interrogato sul modo più diretto e semplice di amare Dio, San Tommaso rispose: "Volerlo amare". Se noi vogliamo superare l'orgoglio, l'ostinazione, la pigrizia, ci riusciremo. Per il passato siamo stati vani ed egoisti, non importa. Vogliamo vincere questi difetti per l'avvenire? Ci riusciremo!

P. Daniele Considine S. J.

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