sabato 22 marzo 2014

Il TAU di San Francesco d'Assisi


  Tau San Francesco

"Nutriva grande venerazione e affetto per il segno del Tau. Lo raccomandava spesso nel parlare e lo scriveva di propria mano sotto le lettere che inviava" (FF 1079)
 
Il TAU è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico.
Esso venne adoperato con valore simbolico sin dall'Antico Testamento, per indicare la salvezza e l'amore di Dio per gli uomini.
Se ne parla nel Libro del Profeta Ezechiele, quando Dio manda il suo angelo ad imprimere sulla fronte dei servi di Dio questo seguo di salvezza: "Il Signore disse: passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un TAU sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono".
Il TAU è perciò segno di redenzione. E' segno esteriore di quella novità di vita cristiana, interiormente segnata dal sigillo dello Spirito Santo, dato a noi in dono il giorno del Battesimo.

Il TAU fu adottato prestissimo dai cristiani.
Tale segno lo troviamo già nelle Catacombe di Roma, perché la sua forma ricordava ad essi la Croce, sulla quale Cristo s'immolò per la salvezza del Mondo.
S. Francesco d'Assisi, proprio per la somiglianza che il Tau ha con la Croce, ebbe carissimo questo segno, tanto che esso occupò un posto rilevante nella sua vita e nei suoi gesti.
In lui il vecchio segno profetico si attualizza, si ricolora, riacquista la sua forza di salvezza, perché San Francesco si sente "un salvato dall'amore e dalla misericordia di Dio".
Era una amore che scaturiva da una appassionata venerazione per la croce, per l'umiltà di Cristo e per la missione del Cristo che attraverso la croce ha dato a tutti gli uomini il segno e l'espressione più grande del suo amore. Il TAU era inoltre per il Santo il segno concreto della sua salvezza e la vittoria di Cristo sul male.

Il TAU ha alle sue spalle una solida tradizione biblico cristiana. Fu accolto da San Francesco nel suo valore spirituale e il Santo se ne impossessò in maniera così intensa e totale sino a diventare a lui stesso, attraverso le Stimmate della carne, quel TAU vivente che egli aveva così spesso contemplato, disegnato ma soprattutto amato.
Il TAU, segno concreto di una devozione cristiana, è soprattutto impegno di vita nella sequela di Cristo.
Il Tau perciò deve ricordarci una grande verità cristiana: la nostra vita, salvata e redenta dall'amore di Cristo crocefisso, deve diventare, ogni giorno di più, vita nuova, vita donata per amore. Portando questo segno viviamone la spiritualità, rendiamo ragione della "speranza che é in noi", riconosciamoci seguaci di San Francesco.

Papa Francesco alla diocesi di Terni: il lavoro realizza le persone

Non smettete mai di sperare in un futuro migliore!

Non smettete mai di sperare in un futuro migliore!
In occasione dell’incontro con i lavoratori delle Acciaierie di Terni, Papa Francesco ha ribadito il proprio messaggio di speranza nel futuro ma anche la ferma convizione dell’importanza del lavoro, il quale “è una realtà essenziale per la società, per le famiglie e per i singoli“.
L’importanza del lavoro è palese, poiché “la dignità dell’uomo è collegata al lavoro” il quale “riguarda direttamente la persona, la sua vita, la sua libertà e la sua felicità“. Il lavoro realizza la persona umana “con le sue attitudini e le sue capacità intellettive, creative e manuali” è proprio per questo che ritenere il lavoro limitato alla sua “finalità economica e di profitto” pone questo in una dimensione errata, poiché non si tiene conto di quella ulteriore “finalità che interessa l’uomo e la sua dignità“.
Il Papa ha ricordato come tutto questo venga espresso dagli stessi disoccupati, i quali molte volte trovano comunque come mangiare “tutti i giorni, perché al club o alla parrocchia o alla Croce Rossa ci danno da mangiare“ ma si sentono però in questo modo mancanti di un qualcosa: si tratta del “bisogno di avere la dignità di portare il pane a casa. È questo, il lavoro! E se manca il lavoro questa dignità viene ferita!“.
E questa lesione della dignità pone automaticamente il disoccupato, e il sottoccupato, “ai margini della società” esponendolo al rischio, sempre più presente,”di diventare una vittima dell’esclusione sociale” portando queste persone “nello scoraggiamento cronico o peggio nell’apatia“.
Come già ripetuto in più occasioni, questo “è la conseguenza di un sistema economico che non è più capace di creare lavoro, perché ha messo al centro un idolo, che si chiama denaro“! Serve invece solidarietà per assicurare a tutti la possibilità di lavorare affiancata dalla “creatività di imprenditori e artigiani coraggiosi, che guardano al futuro con fiducia e speranza“.
Cari fratelli e sorelle, non smettete mai di sperare in un futuro migliore. – ha quindi concluso Bergoglio – Lottate! Lottate per quello! Non lasciatevi intrappolare dal vortice del pessimismo.

LA CARITA' CRISTIANA


1° Corinzi 12, 31 - 13, 1-7:
«Desiderate ardentemente i doni maggiori. E ora vi mostrerò una via che é la via per eccellenza:
Quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho carità, divento un rame risonante o uno squillante cembalo.
E quando avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e avessi tutta la fede in modo da trasportare i monti, se non ho carità non sono nulla.
E quando distribuissi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri, e quando dessi il mio corpo ad essere arso, se non ho carità, ciò niente mi giova.
La carità é paziente, é benigna; la carità non invidia; la carità non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non si inasprisce, non sospetta il male, non gode della ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa»
Se la carta magna dell'insegnamento di Cristo é rappresentata dal Sermone sul Monte, dove i valori umani vengono completamente ribaltati e sostituiti, l'apice dell'insegnamento di Paolo, che fa eco alle parole di Gesù, lo troviamo senz'altro nel capitolo 13 della 1° lettera ai Corinzi.
Qui l'apostolo ci propone una via per eccellenza senza precedenti e che potrebbe indurci a ritenere il Cristianesimo un'utopia mai realizzata. In realtà la profondità del pensiero paolino, in sintonia con quello di Cristo, rappresenta l'essenza stessa del Cristianesimo; quel modo cioè di pensare e di vivere per cui Cristo stesso é venuto in questa terra ed é morto sulla croce.
Paolo non ci fa intravedere soltanto uno squarcio della Nuova Creazione alla quale noi tutti aneliamo e che rappresenta la meta ultima di tutte le nostre speranze, ma ci fa chiaramente comprendere che possiamo avere un anticipo di questa Nuova Creazione anche in questa nostra vita travagliata e tormentata.
Questa Nuova Creazione non é un evento che si verificherà soltanto in un lontano futuro, ma può aver inizio anche oggi, in questa vita terrena, a condizione però che tutte le nostre scelte non siano condizionate dal nostro egoismo, ma siano motivate da sentimenti di pace, di fratellanza, di amore, di comprensione, di tolleranza, di solidarietà verso coloro che ci sono vicini e verso il mondo intero.
La vita che Cristo ci propone e che Paolo ribadisce al capitolo 13 della 1° Corinzi, non é una filosofia esistenziale che potrebbe aiutarci a risolvere i nostri problemi quotidiani, né un atteggiamento reverenziale verso la divinità per placarne i suoi furori, ma piuttosto un cambiamento radicale di valori, in aperto conflitto con i valori di questo mondo in cui prevale anzitutto l'egoismo e la sopraffazione del più forte sul più debole.
Ai Corinzi che ricercavano nei doni spirituali lo scopo ed il fine ultimo della loro religiosità, Paolo propone una via diversa che é la via per eccellenza. A noi che spesso identifichiamo il Cristianesimo con un insieme di dottrine, di riti e di precetti vari, Paolo indica un atteggiamento, una disponibilità, un modo di essere in cui il fattore determinante non é altro che l'amore verso il prossimo: «Non abbiate altro debito con alcuno se non quello di amarvi gli uni gli altri» (Rm 13, 8).
Ciò che ha spinto Dio a mandare il suo Figliuolo per la salvezza del mondo é stato un gesto d'amore: «Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna» (Gv 3, 16). Ciò che ha spinto Cristo a donarsi completamente per noi é stato pure un gesto d'amore: «Come anche Cristo ha amato la sua Chiesa ed ha dato sé stesso per lei» (Ef 6, 25). Anche noi quindi se, vogliamo camminare sulle orme del Padre e del Figliuolo, dobbiamo essere guidati da questo stesso amore. Se riuscissimo a mettere in pratica anche soltanto una minima parte di questo amore, la maggior parte dei nostri problemi sarebbero risolti automaticamente e potremmo vivere più felici perché avremmo ritrovato la nostra vera natura di figli di Dio, conseguendo con noi stessi e con gli altri la vera pace ed il vero equilibrio interiore. Diversamente il nostro sforzo di essere cristiani diventa inutile, la nostra stessa predicazione, il nostro prodigarsi per gli altri può risultare vano e senza prospettive.
La Parola AMORE, però, essendo un termine astratto, può prestarsi a parecchi equivoci. Non vi é nulla di più deleterio, infatti, di professare questo amore soltanto a parole, o per un innato senso di esibizionismo, per soddisfare semplicemente il proprio io. L'amore vero invece é puro, sincero, disinteressato, umile, non chiede nulla, ma si offre completamente e senza riserve. Perciò Giovanni, nella sua 1° epistola al cap. 3 v. 8, ci ammonisce: «Non amiamo a parole e con la lingua, ma a fatti ed in verità!».
L'amore quindi a cui ci invitano Gesù e gli apostoli, non é una meta che si può raggiungere in una giornata e neppure in un anno. Esso rappresenta il risultato di una lenta e faticosa conquista che si realizza passo dopo passo, in una continua crescita interiore, in cui il nostro vecchio uomo, con tutto il suo bagaglio di difetti e di egoismi, lascia un pò alla volta il posto alla nuova creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio.
Molte prediche e molte esortazioni sono state fatte sull'amore, ma poi alla resa dei conti, quando ci caliamo nella realtà di tutti i giorni, ci accorgiamo quanto lungo e quanto difficile sia questo cammino e quanto lontano sia ancora il traguardo ideale che ci siamo prefissati di raggiungere. Questo ci capita sopratutto perché la nostra naturale ambizione ci porta a guardare oltre gli orizzonti delle nostre reali possibilità. Mirando a grandi conquiste, spesso trascuriamo le piccole cose di tutti i giorni.
Vogliamo magari prodigarci per sfamare il mondo, per risolvere i problemi dei drogati, degli emarginati del terzo mondo e guardiamo con ammirazione e quasi con invidia coloro che lavorano in questi campi; ma poi nel nostro piccolo magari ci comportiamo in maniera sgarbata verso il vicino di casa o peggio ancora verso un fratello od un parente prossimo.
Tutti i nostri sforzi, tutta la nostra predicazione, la nostra religiosità risulterà vana se non ci renderemo conto che l'amore si realizza anzitutto nelle piccole cose, nei rapporti quotidiani di ogni giorno. Soltanto cominciando dalle piccole cose, potremo imparare ad estendere il nostro amore verso orizzonti più lontani. Se non sapremo realizzare il nostro amore attorno a noi nelle piccole cose, tanto meno saremo in grado di realizzarlo nelle grandi cose.
Per fare questo non si richiedono grandi talenti, ma soltanto un pò di buona volontà. Dobbiamo permettere che il Signore un pò alla volta educhi le nostre menti ed i nostri cuori per mezzo della Sua Parola. Del resto l'importanza della carità viene efficacemente sottolineata da Paolo già nei primi versetti del capitolo 13. Nella gerarchia dei doni dello Spirito Santo, dei quali l'apostolo aveva così diffusamente parlato nel capitolo 12, la comunità deve aspirare al dono più elevato; ma al di là di tutti questi doni, vi é qualcosa di ancora più grande, assolutamente incomparabile, un dono perfetto, una via per eccellenza, di fronte alla quale ogni altro dono dello Spirito é assolutamente privo di valore.
Questa via é la carità, l'amore. Non però un amore inteso come sentimento o come virtù umana in quanto non ha nulla a che vedere con la simpatia e la benevolenza. Paolo non intende qui contrapporre alla comunità di Corinto, che ricercava nei doni spirituali il fine ultimo della sua religiosità, una semplice pratica morale, ma vuole far capire che l'amore di cui sta parlando è il più grande dono di Dio che esista e si può trovare soltanto là dove agisce lo Spirito Santo. Ai Romani al cap. 5, v. 5 Paolo infatti scrive: «che l'amore di Dio é stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci é stato dato»
Per questo motivo Paolo afferma che se uno riuscisse a parlare tutte le lingue degli uomini e persino quella degli angeli, senza questo amore sarebbe paragonabile ad un suono vuoto ed insignificante, identico al linguaggio ed al suono di quegli strumenti musicali che usavano i pagani nei loro culti per favorire l'esaltazione mistica. Persino i doni superiori dello Spirito come la profezia, la sapienza, la conoscenza non sono nulla senza l'amore.
Addirittura la fede stessa é resa vana, se manca la carità. Noi tutti sappiamo che la fede é essenziale per la salvezza. Nella lettera agli Ebrei troviamo scritto che senza la fede é impossibile piacere a Dio. Parlando dell'importanza e dell'efficacia della fede, Gesù stesso aveva detto che se questa fede fosse grande quanto un granello di senape, potremmo spostare addirittura le montagne. Gesù conosceva bene la natura umana e sapeva che sarebbe stato molto difficile trovare negli uomini tanta fede. Eppure Paolo ci dice che se si trovasse qualcuno con tanta fede da spostare le montagne, se costui non ha la carità, questa fede non gli servirebbe a nulla.
La carità per Paolo é talmente grande che senza di essa non avrebbero alcun senso neppure i più alti e nobili sacrifici morali come quello ad esempio di donare ai poveri tutto ciò che si possiede. L'apostolo Paolo arriva addirittura al culmine affermando che senza carità anche il martirio stesso per testimoniare la propria fede in Cristo, sarebbe un gesto vuoto e senza significato. Egli dunque colloca l'amore al di sopra sia dei poteri taumaturgici, sia di quella che, a giudizio umano, é la più elevata azione morale. Ogni cosa deve essere necessariamente completata con l'amore e senza questo amore ogni possibile perfezione religiosa perde ogni valore perché l'uomo mira soltanto all'affermazione di sé stesso. Ogni potere o dono religioso ed ogni azione morale, anche la più esaltante agli occhi degli uomini, finiscono prima o poi per degenerare ed arrivare al massimo della corruzione, se non sono ispirate dall'amore. Per questo motivo l'apostolo Paolo nella lettera ai Colossesi al cap. 3, dopo aver esortato i lettori a spogliarsi dell'uomo vecchio con tutte le sue passioni terrene per rivestirsi di Cristo con tutte le implicazioni etiche e morali che questa nuova vita richiede, conclude con queste parole: «E sopra tutte queste cose, vestitivi della carità che é il vincolo della perfezione».
Nel capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi nei versetti da 4 a 7 si sono contati ben 15 verbi. Il che significa che dell'amore si può contare solo in termini di azioni. Amore significa sopratutto fare. Il soggetto però di queste azioni stranamente non é il cristiano e neppure la comunità, ma é l'amore stesso. L'amore infatti stabilisce nei cristiani determinati abiti come la pazienza, la bontà, l'altruismo, l'amore per la giustizia, vittoria sull'invidia, sull'ira, ecc. che poi ovviamente si traducono in atti concreti.
Alcuni direbbero con un'espressione colorita: "Son cose dell'altro mondo". In effetti come si é già detto, qui abbiamo uno squarcio della nuova creazione, un anticipo che può sembrare utopia in questo mondo, ma che può effettivamente realizzarsi per l'opera e l'azione dello Spirito Santo. In altre parole tutti questi atteggiamenti dettati dalla carità non sono opera umana, ma, come ribadisce Paolo in Galati 5, 22, sono i frutti dello Spirito. Secondo Paolo la contrapposizione fondamentale nella quale si trova l'amore é quella contro una volontà egoistica e contro l'alterigia e la superbia provenienti dal possesso della conoscenza. Pazienza e bontà tengono l'amore lontano dalla logica dell'utile proprio, a danno degli altri.
L'amore di cui ci parla Paolo non é quello naturale perché non conosce la gelosia e la passione che gli sono così strettamente legati. L'amore accetta il costume comune e non pretende di aver diritto a delle eccezioni, come alcuni fanno non curandosi della coscienza dei più deboli. Poiché l'amore é allontanamento dal male e dalla caparbietà, esso é in grado di non conservare memoria del male subito per poi rinfacciarlo alla prima occasione a colui che l'ha compiuto e non si lascia trascinare dalla mania di litigare con gli altri. Tuttavia l'amore non é debolezza, né sentimentalismo, non sorvola sull'ingiustizia, ma é attirato dalla verità. La verità divina va compiuta, la si deve ubbidire. La verità, nel senso del Nuovo Testamento, non é infatti qualcosa che deve essere riconosciuta, ma, essendo volontà di Dio, va anzitutto attuata, messa in pratica. Questo amore é difficile da realizzare perché é un amore che viene da Dio e non fa parte della natura umana.
Tuttavia noi siamo invitati a spogliarci un po' alla volta di questa natura umana per rivestire l'uomo nuovo, l'uomo spirituale nato da Dio. Quello che é importante, dice Paolo ai Galati, non é tanto osservare questo o quel precetto della legge, quanto piuttosto «essere una nuova creatura» perché il resto viene da sé. Dobbiamo perciò lasciare che lo Spirito, donatoci da Dio con il battesimo, compia in noi questa trasformazione basilare al punto tale che i frutti dello Spirito siano una naturale conseguenza del nostro rinnovamento interiore. Sottoponiamoci perciò gli uni agli altri con umiltà e facciamo in modo che ogni nostro pensiero, ogni nostra parola ed ogni nostra azione siano sempre guidate dalla PAROLA RIGENERATRICE DI DIO (1° Pt 1, 23).
Potremo così constatare in noi stessi un cambiamento. I nostri rapporti con gli altri miglioreranno sempre di più e saremo via via più comprensivi, più tolleranti e più disponibili. Potremo superare i nostri egoismi non cercando mai l'affermazione e l'esaltazione di noi stessi. Non cercheremo di prevaricare sugli altri imponendo a tutti i costi i nostri punti di vista e le nostre opinioni, ma sapremo tenere a freno la nostra lingua quando ci accorgeremo che le nostre parole potrebbero essere motivo di irritazione per il nostro interlocutore. Come esorta l'apostolo Paolo in Romani 12, 18: «Se è possibile e per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini».

VERSO DEL 22.03.2014

«Quando Abramo ebbe novant’anni, il Signore gli apparve e gli disse: “Io sono il Dio onnipotente, cammina alla Mia Presenza e sii integro e; e Io stabilirò il Mio patto fra Me e te e ti moltiplicherò grandemente»

Genesi 17:1-2

Lettura biblica: Genesi 17:1-14

CAMMINA CON INTEGRITÀ

A questo punto la Bibbia, fa un salto in avanti portando il lettore al tempo in cui Abramo aveva 99 anni, ed il patriarca stava attraversando un periodo assai critico della sua vita.

Iddio gli aveva promesso un figlio, ma più di 13 anni prima, Abramo stesso aveva cercato di "accorciare i tempi" arrangiandosi da solo. Prese Agar, la schiava personale di Sara, come sua concubina e qualche tempo dopo gli nacque Ismaele.

Dio aveva però in mente qualcosa di meglio per lui e promise che Sara stessa gli avrebbe dato un figlio.

Passarono gli anni ed un giorno l'Eterno apparve ad Abramo ricordandogli che Egli è l'Iddio onnipotente e lui avrebbe dovuto camminare alla Sua presenza con integrità.

Consideriamo questo richiamo: pochi uomini oggi camminano con Dio, preferendogli la religione, il formalismo o apertamente il peccato; sembra quasi che qualunque cosa possa andar bene al di fuori di un cammino di santità.

Ma una cosa è certa: Dio, nell'intera Scrittura, ci esorta chiaramente a vivere e dimorare nella Sua presenza.

Come gli occhi hanno bisogno della luce, come il grano ha bisogno del sole, così noi abbiamo bisogno di camminare con Dio, e abbiamo necessità di sentire la Sua presenza.

Non potremo camminare con il Signore se in noi c'è superficialità o impurità. Dio è santo e ci pone di fronte una via "scomoda" disertata dai più, una via piuttosto stretta, per passare dalla quale dovremo prendere bene le misure, lasciando "a valle" l'orgoglio, la presunzione, le invidie, i risentimenti e tutte le pericolose zavorre che alle volte ci portiamo appresso.

Dio disse ad Abramo: "Tu non devi più fare di testa tua, devi camminare alla mia presenza ascoltando quello che ti dico, solo così il nostro patto avrà una durata eterna".

Per tutta risposta Abramo si prostrò con la faccia a terra.

Vogliamo che il nostro spirito nel cospetto del Signore assuma la medesima posizione.

Prostriamoci e adoriamo l'Iddio Onnipotente ed Egli manderà ad effetto i piani d'amore e di pace che ha per ognuno di noi.

Meditazione del giorno 22/03/2014

Sabato della II settimana di Quaresima
Meditazione del giorno
San Romano il Melode (?-ca 560), compositore d'inni greco
Inno 55 ; SC 283

“Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo”
 
Molti sono coloro che, per la penitenza, hanno meritato l’amore che tu hai per l’uomo. Hai giustificati il pubblicano che si batteva il petto e la peccatrice che piangeva (Lc 18,14; 7,50), poiché, per un disegno prestabilito, tu prevedi e concedi il perdono. Con loro, converti anche me, poiché sei ricco di molteplici misericordie, tu che vuoi che tutti gli uomini siano salvati.

La mia anima si è sporcata rivestendo l’abito delle colpe (Gen 3,21). Ma tu, concedimi di far scorrere fontane dai miei occhi, affinché la purifichi con la contrizione. Rivestimi dell’abito splendente, degno delle tue nozze (Mt 22,12), tu che vuoi che tutti gli uomini siano salvati…

Abbi compassione del mio grido come hai fatto per il figliol prodigo, Padre celeste, poiché anch’io mi getto ai tuoi piedi e grido come lui : « Padre, ho peccato ! » Mio Salvatore, non respingermi, me che sono tuo indegno figlio, ma fa’ che i tuoi angeli si rallegrino anche per me, Dio buono che vuoi che tutti gli uomini siano salvati.

Poiché hai fatto di me tuo figlio e tuo erede per la grazia (Rom 8,17). Per averti offeso, eccomi prigioniero, schiavo venduto al peccato, ed infelice! Abbi pietà della tua immagine (Gen 1,26) e richiamala dall’esilio, Salvatore, tu che vuoi che tutti gli uomini siano salvati…

E’ ora il tempo di pentirsi… La parola di Paolo mi spinge a perseverare nella preghiera (Col 4,2) e ad aspettarti. E’ con fiducia che ti prego, poiché so bene la tua misericordia, so che vieni a me per primo e ti chiedo aiuto. Se tardi, è per darmi il compenso della perseveranza, tu che vuoi che tutti gli uomini siano salvati.

Dammi sempre di celebrati e di renderti gloria conducendo una vita pura. Fa’ che le mie azioni siano in accordo con le mie parole, Onnipotente, affinché ti canti… con preghiera pura, unico Cristo, che vuoi che tutti gli uomini siano salvati.

La parola del giorno 22/03/2014


Sabato della II settimana di Quaresima

Libro di Michea 7,14-15.18-20.
Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta in mezzo ai giardini; pascolino in Basàn e in Gàlaad come nei tempi antichi.
Come quando sei uscito dall'Egitto, mostraci cose prodigiose.
Qual dio è come te, che toglie l'iniquità e perdona il peccato al resto della sua eredità; che non serba per sempre l'ira, ma si compiace d'usar misericordia?
Egli tornerà ad aver pietà di noi, calpesterà le nostre colpe. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati.
Conserverai a Giacobbe la tua fedeltà, ad Abramo la tua benevolenza, come hai giurato ai nostri padri fino dai tempi antichi.


Salmi 103(102),1-2.3-4.9-10.11-12.
Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue malattie;
salva dalla fossa la tua vita,
ti corona di grazia e di misericordia.

Egli non continua a contestare
e non conserva per sempre il suo sdegno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati,
non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Come il cielo è alto sulla terra,
così è grande la sua misericordia su quanti lo temono;
Come dista l'oriente dall'occidente,
così allontana da noi le nostre colpe.



Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 15,1-3.11-32.
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.
I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro».
Allora egli disse loro questa parabola:
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli.
Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.
Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.
Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.
Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;
non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.
Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.
Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.
Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,
perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;
chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
Il servo gli rispose: E' tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.
Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.
Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.
Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.
Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;
ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

Vangelo secondo Luca


 

Capitolo 10

Missione dei settantadue discepoli

[1]Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. [2]Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. [3]Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; [4]non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. [5]In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. [6]Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. [7]Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. [8]Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, [9]curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. [10]Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: [11]Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. [12]Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.
[13]Guai a te, Corazin, guai a te, Betsàida! Perché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, gia da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere. [14]Perciò nel giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi.
[15]E tu, Cafarnao,
sarai innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi sarai precipitata!
[16]Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato».

Ciò di cui devono gioire gli apostoli

[17]I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». [18]Egli disse: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. [19]Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. [20]Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Il vangelo rivelato ai semplici. Il Padre e il Figlio

[21]In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto. [22]Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».

Il privilegio dei discepoli

[23]E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. [24]Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono».

Il grande comandamento

[25]Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». [26]Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». [27]Costui rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». [28]E Gesù: «Hai risposto bene; fà questo e vivrai».

Parabola del buon Samaritano

[29]Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». [30]Gesù riprese:
«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. [31]Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. [32]Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. [33]Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. [34]Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. [35]Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. [36]Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». [37]Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Và e anche tu fà lo stesso».

Marta e Maria

[38]Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. [39]Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; [40]Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». [41]Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, [42]ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».

SALMO 54


1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Maskil. Di Davide. 
2 Dopo che gli abitanti di Zif andarono da Saul a dirgli: «Ecco, Davide se ne sta nascosto presso di noi».
3 Dio, per il tuo nome salvami,
per la tua potenza rendimi giustizia.
4 Dio, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca,
5 poiché stranieri contro di me sono insorti
e prepotenti insidiano la mia vita;
non pongono Dio davanti ai loro occhi.
6 Ecco, Dio è il mio aiuto,
il Signore sostiene la mia vita.
7 Ricada il male sui miei nemici,
nella tua fedeltà annientali.
8 Ti offrirò un sacrificio spontaneo,
loderò il tuo nome, Signore, perché è buono;
9 da ogni angoscia egli mi ha liberato
e il mio occhio ha guardato dall’alto i miei nemici.

La frase del giorno 22 Marzo

L'unica cosa di cui hai 
bisogno per essere in grado
di cambiare il mondo è
l'amore, perchè l'amore 
cambia tutto quel che tocca.