venerdì 17 gennaio 2014

Natuzza Evolo

Vita straordinaria di una santa, mistica e madre: Natuzza Evolo.

Era il torrido pomeriggio del 23 Agosto 1924: Filomena Maria Angela, una semplice e poverissima donna di Paravati, in Calabria, stava mettendo al mondo quella bambina che verrà poi chiamata Fortunata Evolo (detta Natuzza).
Tra lo stupore generale la piccola creatura venne alla luce con le braccia incrociate e stranamente silenziosa, destando non poche preoccupazioni tra i familiari presenti all’evento: “Morirà presto, questa bimba è del Signore, dobbiamo battezzarla in fretta!” , ripeteva la zia Caterina.
Quel presagio di morte tuttavia era semplice apparenza, la piccola Fortunata era in realtà sana e pronta alla vita.
Il padre, Fortunato Evolo, non era presente alla nascita poichè era da mesi partito in cerca di fortuna in America, lasciando la moglie incinta a Paravati. Di lui da allora non si seppe più nulla.
Nonostante ciò Natuzza ricevette ben presto altri cinque fratelli, alimentando le malelingue che da tempo s’accanivano contro la madre (incarcerata per poliandria) e la famiglia.
L’infanzia di questi pargoli fu estremamente dura e colma di povertà, in paese venivano spesso chiamati “i bastardi”. Natuzza come sorella maggiore s’era dedicata completamente alla cura ed al sostentamento dei fratelli minori, in quanto la madre era costretta a lavorare molte ore al giorno racimolando pochi soldi, neanche il necessario per sfamar se stessa.
I primi “incontri” con la Madonna e Gesù risalgono proprio a questo periodo: Natuzza, avendo all’epoca solo otto anni, non riusciva a capire bene chi fosse quella bellissima donna che le si presentava e la accarezzava, come a consolarla del pesantissimo fardello che giornalmente doveva sopportare.
Nelle sporadiche volte in cui poteva concedersi il lusso di giocare con gli altri ragazzini della zona riceveva inoltre la visita di un -altrettanto bellissimo- bambino riccioluto e sorridente che passava il pomeriggio con loro per poi scomparire nel nulla. Molti anni dopo Gesù le rivelò che si trattava proprio di Lui.

Con la prima comunione la piccola Evolo ricevette un altro segno dal Cielo: dopo aver ricevuto l’ostia la bocca le si riempì di sangue scatenando in lei una paura incontrollata, ancora non ben conscia del grande miracolo di cui era stata testimone e portatrice.
Nel frattempo la situazione familiare non migliorava, anzi: dopo il secondo arresto della madre per il presunto furto di una gallina, la proprietaria della casa in cui erano in affitto Natuzza ed i suoi fratelli decise di cacciarli, costringendoli a dormire per strada. Fu proprio in quella sera che una voce si rivolse a lei dicendole “Coraggio, vi trovo casa”.
Di lì a poco un ragazzo della zona, impietositosi dalla situazione in cui versavano i piccoli, decise di farli rifugiare nelle case popolari di recente costruzione ed ancora non abitate: nell’appartamento preso come rifugio temporaneo Natuzza incontrò San Francesco di Paola (1416 -1507), scambiandolo per un semplice frate venuto in visita, il quale poi le rivelò la sua vera identità ed il motivo dell’apparizione.

All’età di 13 anni l’avvocato Silvio Colloca, tramite un contadino di buon cuore, la assunse come collaboratrice domestica, aiutandola così a sfamare la famiglia e cercando di fornirle un’istruzione minima, cosa che non aveva ricevuto sino ad allora a causa della condizione in cui versava.
Nei mesi successivi la famiglia Colloca fu testimone dei prodigi di Natuzza: bilocazioni, eventi straordinari e, soprattutto, messaggi dalle anime defunte. Difatti la piccola Natuzza Evolo inizia in questo periodo a ricevere le prime visite e visioni dei defunti del Purgatorio e del Paradiso, i quali spesso la incaricano di consegnare messaggi ai parenti.

Una delle ultime foto ritraenti Natuzza Evolo.
Una delle ultime foto di Natuzza
Lo scetticismo e l’attenzione della comunità locale crebbero a tal punto che alcuni sacerdoti della zona decisero di tentare un esorcismo su di lei, convinti fosse tutta opera di Satana.
Durante il rito, tra le lacrime Natuzza disse:“Voi pregate perchè Dio mi liberi dal Demonio, ma qui ci sono tanti angeli!”.
Quella sera, tornando verso casa, le si presentò per strada un frate domenicano dall’aspetto austero, con la sommità del capo rasata, il quale si rivelò essere San Tommaso d’Aquino, che le disse: “Ti benedico, da oggi in poi vedrai sempre più spesso i defunti”.
Nell’Ottobre del 1938 iniziano le cosiddette sudorazioni ematiche: mentre camminava in un bosco un piede iniziò a sanguinare copiosamente, anche se non lo aveva ferito in alcun modo e non sentiva dolore. Si recò quindi presso l’anziana donna che la affiancava nei lavori domestici per curarsi, tuttavia in quel momento la fuoriuscita di sangue si arrestò, senza lasciare segni.


Le sudorazioni di sangue si sono poi protratte per tutta la sua vita, lasciando fortissime testimonianze e messaggi: i fazzoletti usati per asciugare queste fuoriuscite miracolosamente riportavano frasi in latino, greco antico ed immagini sacre. Tra le più ricorrenti troviamo:
Deus noster in terra visus est, hoc est corpum meum, qui inter lilia pascit

Venite ad me omnes (Matteo 11:28)

Questo fenomeno destò talmente tanto scalpore che le voci arrivarno sino al Vaticano.
Padre Agostino Gemelli, lo stesso che aveva condannato Padre Pio etichettandolo come un falsario, fu dunque affidato l’incarico d’esaminare Natuzza. Il responso, come prevedibile, fu duro e per molti versi sbrigativo, definendo la Evolo come “isterica”, consigliando il ricovero in manicomio.
Fu un suo zio materno ad accompagnarla quindi in un istituto di ricovero a Reggio Calabria. Seppure ad una prima analisi sembrasse un normale caso d’isteria i medici si resero ben presto conto dell’assoluta naturalezza e sanità della ragazza, tanto da rimandarla a casa poco dopo consigliandole il matrimonio.

ETÀ ADULTA

Nel 1944 dunque si sposa con Pasquale Nicolace, un giovane del luogo.
Dal giorno del matrimonio in poi le apparizioni si faranno sempre più frequenti, i dolori sempre più forti e i fenomeni soprannaturali sempre più decisi, sino ad arrivare a trasformare Natuzza in un ἐγγαστρίμυθος (ovvero i defunti parlavano al mondo attraverso di lei, vedremo più avanti alcuni esempi).
Sempre più forte sarà anche la presenza del suo angelo custode, che lei stessa nel 1997 dichiarerà addirittura essere l’Arcangelo Michele. Natuzza aveva sicuramente una particolare relazione con gli angeli: oltre ad avere la facoltà di vederli riusciva a dialogarci frequentemente, come Padre Pio.
La Evolo descriveva così l’angelo custode:“ha un corpo umano, fulgido e bellissimo, provvisto di ali e capelli biondi lunghi ed inanellati, poichè Dio gli concede d’assumere questo aspetto per essere riconoscibile agli umani. L’angelo ha un vestito aureo o azzuro e bianco. Ha il compito di seguirci per tutta la vita ed aiutarci a vincere le tentazioni per accompagnarci in Paradiso o lasciarci ed essere affidato ad altri in caso di dannazione. L’angelo custode di ciascun sacerdote lo vedo a sinistra e sta a sinistra perchè, essendo i sacerdoti ministri di Dio, vengono considerati superiori agli angeli come ministri, pur essendo come uomini, imperfetti o perfetti, inferiori.”

Tristemente a queste visioni angeliche s’aggiungevano anche alcune decisamente sgradevoli.
Il Demonio, come è ben risaputo, non sopporta molto facilmente i santi, difatti la disturbava in molteplici maniere: calci, pugni, false visioni del futuro che implicavano la morte del marito e dei figli e così via.
Eppure, nonostante i grandissimi miracoli e fenomeni naturali di cui era giornalmente testimone, Natuzza continuava la sua vita in assoluta semplicità e nascondimento.
Riceveva migliaia di visitatori, curiosi, sacerdoti a qualsiasi ora, non voleva mai scontentare nessuno. Il tutto senza mai perder di vista la propria famiglia: i figli racconteranno in seguito che la madre non faceva mai mancare loro nulla nonostante la grande povertà della famiglia ed i tantissimi impegni.
L’attenzione dei visitatori era soprattutto attirata dalla possibilità di Natuzza di dialogare con i defunti, i più si recavano da lei con la speranza d’avere notizie dei propri cari passati a miglior vita.

Come avevamo accennato, i trapassati non si limitavano a lasciare messaggi a lei: in molte occasioni la mistica cadeva in uno stato di trance lasciando i defunti parlare al posto suo, poichè così era il volere di Dio.
I figli, il marito ed alcuni medici ne furono più volte testimoni, assistendo al deciso cambio di voce, di pronuncia e di lessico a seconda dell’anima che parlava tramite lei (filosofi, contadini, sacerdoti, politici e via discorrendo).
C’è da ricordare che Natuzza era completamente analfabeta e non conosceva molti termini che invece in quei momenti venivano usati magari da personaggi illustri del passato.
Uno tra i tanti esempi riguarda proprio il Sommo Poeta, Dante: dichiarò d’aver dovuto scontare ben 300 anni in Purgatorio per aver giudicato le persone nella Divina Commedia solo in base alle simpatie personali.
Benedetto Croce (1866 – 1952), filosofo italiano, anima in pena per la grave mancanza di fede che aveva in vita.
Ancora, qualche mese dopo la morte di Indro Montanelli furono in molti a chiederle la sorte del geniale giornalista: la risposta della Evolo fu “si è salvato, ma servono tante preghiere”, lasciando intendere che era in Purgatorio.
In effetti si venne a sapere successivamente che Montanelli, in punto di morte, decise di ricredersi e trovò la tanto agognata fede, morendo di una morte cristiana.


Ovviamente la crescente popolarità della mistica fu oggetto di strumentalizzazioni, tra le quali troviamo sicuramente quella diBasilio Roncaccia, fondatore di un movimento anticlericale che chiedeva “il ritrono al cristianesimo delle origini”. La risposta di Natuzza fu ferma e decisa, invitando l’uomo a convertirsi poichè un suo discepolo nel Purgatorio, condannato a tenere la bocca tra le fiamme sino al Giorno del Giudizio (contrappasso per analogia), lo aveva avvertito tramite lei.

Dal 1960 in poi i contatti con i defunti si faranno più sporadici, lasciando spazio al fenomeno delle bilocazioni, delle sudorazioni ematiche e le Stimmate.
È nota inoltre l’amicizia instaurata negli anni tra Natuzza Evolo e Padre Pio, spesso assieme per lunghe discussioni. Di fronte alle insistenti richieste della mistica per una benedizione da parte di quest’ultimo, egli era solito rispondere irritato “Ma per carità, a te non serve, te hai la benedizione diretta da Gesù”.
Non di rado Gesù le assegnava dei messaggi d’ammonimento e di rimporvero per sacerdoti e suore. Questo la metteva grandemente in imbarazzo data la sua natura quieta e pacifica, si sentiva molto triste nel dover richiamare religiosi ad un corretto stile di vita.
Da amorevole madre qual’era, Natuzza spese gran parte del suo tempo impegnandosi per i giovani, e proprio per questo era immensamente devota a Giovanni Paolo II.
Sino al giorno della sua morte, avvenuta il 1º Novembre 2009, decise di vivere nel nascondimento, cercando di regalare parole di conforto ai visitatori, incoraggiando i più giovani a cambiare vita e cercare Dio, ad assistere gli ammalati ed i bisognosi.
Ancora oggi tantissimi devoti e fedeli si recano in pellegrinaggio a Paravati per chiedere grazie, benedizioni e messaggi dal Cielo. Il cosiddetto “Fenomeno Natuzza”, nonostante le polemiche, ha evidentemente scosso molte anime, anche quelle di noti personaggi dello spettacolo che negli anni la visitarono, e tra questi troviamo Elisabetta GregoracciClaudia KollWalter NudoGigi D’AlessioLuisa CornaSergio Zavoli e molti altri ancora.
Tristemente Satana, non evidentemente contento d’averla disturbata per tutta la vita, anche dopo la morte ha deciso di perseguitarla: di recente diversi gruppi di hacker satanisti hanno preso di mira ripetutamente i siti pro-Natuzza.
Tuttavia i vari tentativi di screditare o cancellare la devozione per quella che per tutti è ormai “Mamma Natuzza” sono sicuramente vani, tanto che si registrano crescenti numeri di pellegrini a Paravati.
Per ricordarla nel pieno della sua forte spiritualità in conclusione vogliamo citare alcuni frammenti del suo testamento spirituale che si conclude con il Magnificat:

Ho sempre avuto fiducia nel Signore e nella Madonna. Da loro ho ricevuto la forza di dare un sorriso ed una parola di conforto a chi soffre, a chi è venuto a trovarmi per posare il proprio fardello che ho presentato sempre alla Madonna, che dispensa grazie a tutti quelli che ne hanno bisogno.
Ho imparato che è necessario pregare con semplicità, umiltà e carità, presentando a Dio le necessità di tutti, vivi e morti. (…) Ho sempre avuto un’attenzione particolare per i giovani, che sono buoni ma sbandati, che hanno bisogno di una guida spirituale. Datevi con amore, gioia, carità ed affetto per amore degli altri.
Operate con opere di misericordia. Quando una persona fa del bene ad un altra deve ringraziare il Signore per la possibilità di fare il bene.
Se volete accettate queste mie povere parole perchè sono utili per la salvezza della nostra anima. Se non vi sentite, non abbiate timore perchè Gesù e la Madonna vi amano lo stesso. Rinnovo il mio amore per tutti. Vi assicuro che non abbandono nessuno, voglio a tutti bene. Ed anche quando sarò dall’altra parte pregherò per voi. Vi auguro che siate felici come io lo sono con Gesù e la Madonna.”

La Pietà di Michelangelo

Un capolavoro scultoreo

Il meraviglioso capolavoro conosciuto in tutto il mondo col nome della Pietà di Michelangelo (vedi immagine sotto), è una scultura realizzata col marmo bianco di Carrara da colui che è considerato giustamente dagli esperti, come il più grande artista scultore di tutti i tempi, e cioè Michelangelo Buonarroti.
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Quest’opera è conservata presso la Basilica di San Pietro, nella città del Vaticano a Roma, il piccolo Stato ove risiede il nostro Santo Padre. La Pietà è stata realizzata all’incirca negli anni 1497-1499, quando Michelangelo aveva circa 22 anni, ed era ancora agli inizi della sua straordinaria carriera artistica. La scultura è di dimensioni medie, alta circa 174 centimetri, larga 195 ed ha una profondità di circa 69 centimetri. Viene considerata uno dei maggiori capolavori scultorei che l’arte occidentale ci abbia dato. Possiamo anche dire che sia uno dei primi capolavori assoluti di Michelangelo, se si pensa che quando la realizzò, aveva soltanto appena 22 anni circa, quindi molto giovane, ma già pieno di talento e genio. La Pietà, è stata anche firmata da Michelangelo, infatti, sulla fascia a tracolla che regge il manto della Vergine affranta, possiamo trovare il nome dell’artista. Sembra che la Pietà, sia la sola opera firmata dal grande artista, e c’è anche un piccolo episodio che ci fa capire il motivo della sua firma, in quanto non usava mai mettere il suo nome nelle opere che realizzava. Sembra che un giorno lo stesso Michelangelo, senti parlare due signori tra di loro, mentre rimanevano affascinati e meravigliati davanti questa stupenda scultura. Uno diceva all’altro che l’artefice di tale bellezza era uno scultore lombardo, tale Cristoforo Solari. Per questo Michelangelo, volle evitare qualunque confusione di paternità, e firmò la Pietà. La Pietà, raffigura il momento forse più drammatico dell’episodio della Crocifissione di Gesù. Nell’opera, riconosciamo subito infatti, la Vergine Maria (la Madonna), che tiene tra le braccia il proprio figlio Gesù Cristo, morto per tutta l’umanità sulla croce. Il Cristo, è stato appena deposto dalla croce, e i suoi aguzzini romani, lo consegnano nudo e pieno di piaghe, con un semplice straccio nelle mani della Madre, affranta dal dolore per la grave perdita.
Ammirando la Pietà di Michelangelo, una delle prime cose che possiamo notare, è la grande naturalezza dei corpi. A differenza di altre Pietà dell’arte antica, dove la tradizione voleva che i due corpi, fossero “composti” con uno schema ben preciso, posizionati cioè, la Madonna ritta in verticale e rigida, mentre il corpo del Cristo in orizzontale, dando una sensazione irreale, di rigidezza. Nell’opera di Michelangelo grande innovatore in scultura, invece troviamo la realtà, la naturalezza e la fisicità nei corpi. Quello di Gesù per esempio è perfettamente e naturalmente appoggiato, ci restituisce le giuste pieghe fisiche delle pelle e dei muscoli, che notiamo come se fossero molli, appunto “veri”. Viene quasi di andare a toccare con le nostre mani le vene perfette delle mani o le caviglie del Cristo, o magari le carni attorno al costato flagellate dalle fruste degli aguzzini, come se lo avessimo davanti a noi. L’artista, con questa sua opera, è riuscito a cogliere l’istante più intimo e più toccante che possa esserci tra una Madre ed il suo Figliolo morto. Mi chiedo, cosa possa esserci di più straziante e drammatico al mondo, di una immagine dove una madre, sia sopravvissuta al figlio, e quest’ultimo giace morto tra le braccia di Lei. Nessuna Madre vorrebbe vivere più di un figlio…
Nel viso della Madonna dopo tanto dolore, urla, lacrime sparse ed ore di strazianti immagini del povero Figlio ucciso dagli aguzzini, sembra che si intraveda, quasi rassegnata, la consapevolezza del grande progetto Divino, di resurrezione e salvezza dell’ umanità, per opera del figlio Gesù. Sembra che con il movimento della sua mano sinistra, la Madonna voglia invitarci a riflettere su quello che abbiamo davanti e sull’importanza del gesto divino. A mio parere la Pietà di Michelangelo è davvero una delle poche sculture che riescono a trasmetterci un importante messaggio. È un opera che riesce davvero a sensibilizzare le persone, a trasmettere un grande amore… straordinario capolavoro della nostra arte italiana. Nel 1972 l’opera venne sfregiata dalle martellate inferte da un folle, procurando diversi danni al volto e al braccio della Vergine, ma per fortuna fu prontamente restaurata e la stessa ritorno come prima. Grazie anche di questo Michelangelo Buonarroti.

 

I 50 anni del Santuario ... preparati da Dio con una lunga storia


Volendo rileggere la nostra storia recente è quasi obbligatorio ripartire
    1. almeno dall’Ordine della Visitazione, le Visitandine, che con santa Margherita Maria Alacoque († 1690) e con altre consorelle (fino al 1942 e al 1977) ha avuto un ruolo molto importante.
    2. da Santa Teresa del Bambino Gesù e del Volto Santo († 1897, a 24 anni)
    3. da Padre Juan González Arintero († 1928, a 68 anni)
    4. da Santa Maria Faustina Kowalska († 1938, a 33 anni)
    5. per arrivare a Madre Speranza († 1983, a 90 anni)
(seguito)
SANTA MARIA FAUSTINA KOWALSKA 1905-1938 († 33 ANNI)
vergine, delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia
Suor Maria Faustina nacque il 25 agosto 1905; il 1° agosto del 1925 entrò nel convento delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia.
Col nome di Suor Maria Faustina trascorse in convento tredici anni nelle diverse case della Congregazione, lavorando come cuoca, giardiniera e portinaia.
La domenica 30 aprile 2000, il Santo Padre Giovanni Paolo II° così delinea la figura di Suor Faustina nella omelia per la cappella papale in occasione della sua canonizzazione.
Suor Maria Faustina, l'apostola della Divina Misericordia, appartiene oggi al gruppo dei santi della Chiesa più conosciuti. Attraverso esempio di perfezione cristiana basata sulla fiducia in Dio e sull'atteggiamento misericordioso verso il prossimo.
Suor Maria Faustina nacque il 25 agosto 1905, terza di dieci figli, da Marianna e Stanislao Kowalski, contadini del villaggio di Głogowiec. Al battesimo nella chiesa parrocchiale di ´Swinice Warckie le fu dato il nome di Elena. Fin dall'infanzia si distinse per l'amore alla preghiera, per la laboriosità, per l'obbedienza e per una grande sensibilità alla povertà umana. All'età di nove anni ricevette la Prima Comunione; fu per lei un'esperienza profonda perché ebbe subito la consapevolezza della presenza dell'Ospite Divino nella sua anima. Frequentò la scuola per appena tre anni scarsi. Ancora adolescente abbandonò la casa dei genitori e andò a servizio presso alcune famiglie benestanti di Aleksandrów, Łód´z e Ostrówek, per mantenersi e per aiutare i genitori.
Fin dal settimo anno di vita sentiva nella sua anima la vocazione religiosa, ma non avendo il consenso dei genitori per entrare in convento, cercava di sopprimerla. Sollecitata poi da una visione di Cristo sofferente, partì per Varsavia dove il 1 agosto del 1925 entrò nel convento delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. Col nome di Suor Maria Faustina trascorse in convento tredici anni nelle diverse case della Congregazione, soprattutto a Cracovia, Vilno e Płock, lavorando come cuoca, giardiniera e portinaia.
All'esterno nessun segno faceva sospettare la sua vita mistica straordinariamente ricca. Svolgeva con diligenza tutti i lavori, osservava fedelmente le regole religiose, era concentrata, silenziosa e nello stesso tempo piena di amore benevolo e disinteressato. La sua vita apparentemente ordinaria, monotona e grigia nascondeva in sé una profonda e straordinaria unione con Dio.
Alla base della sua spiritualità si trova il mistero della Misericordia Divina che essa meditava nella parola di Dio e contemplava nella quotidianità della sua vita. La conoscenza e la contemplazione del mistero della Misericordia di Dio sviluppavano in lei un atteggiamento di fiducia filiale in Dio e di misericordia verso il prossimo. Scriveva: O mio Gesù, ognuno dei Tuoi santi rispecchia in sé una delle Tue virtù; io desidero rispecchiare il Tuo Cuore compassionevole e pieno di misericordia, voglio glorificarlo. La Tua misericordia, o Gesù, sia impressa sul mio cuore e sulla mia anima come un sigillo e ciò sarà il mio segno distintivo in questa e nell'altra vita. (Q. IV, 7).
Suor Maria Faustina fu una figlia fedele della Chiesa, che essa amava come Madre e come Corpo Mistico di Cristo. Consapevole del suo ruolo nella Chiesa, collaborava con la Misericordia Divina nell'opera della salvezza delle anime perdute. Rispondendo al desiderio e all'esempio di Gesù offriva la sua vita in sacrificio. La sua vita spirituale si caratterizzava inoltre per l'amore all'Eucarestia e per una profonda devozione alla Madre di Dio della Misericordia.
Gli anni della sua vita religiosa abbondarono di grazie straordinarie: le rivelazioni, le visioni, le stigmate nascoste, la partecipazione alla passione del Signore, il dono dell'ubiquità, il dono di leggere nelle anime umane, il dono della profezia e il raro dono del fidanzamento e dello sposalizio mistico. Il contatto vivo con Dio, con la Madonna, con gli angeli, con i santi, con le anime del purgatorio, con tutto il mondo soprannaturale fu per lei non meno reale e concreto di quello che sperimentava con i sensi. Malgrado il dono di tante grazie straordinarie era consapevole che non sono esse a costituire l'essenza della santità. Scriveva nel «Diario»: Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargito la rendono perfetta, ma l'unione intima della mia anima con Dio. I doni sono soltanto un ornamento dell'anima, ma non ne costituiscono la sostanza né la perfezione. La mia santità e perfezione consiste in una stretta unione della mia volontà con la volontà di Dio (Q. III, 28).
Il Signore scelse Suor Maria Faustina come segretaria e apostola della sua misericordia per trasmettere, mediante lei, un grande messaggio al mondo. Nell'Antico Testamento mandai al Mio popolo i profeti con i fulmini. Oggi mando te a tutta l'umanità con la Mia misericordia. Non voglio punire l'umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso (Q.V,155).
La missione di Suor Maria Faustina consisteva in tre compiti:
  • Avvicinare e proclamare al mondo la verità rivelata nella Sacra Scrittura sulla Misericordia di Dio per ogni uomo.
  • Implorare la Misericordia Divina per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori, in parti-colar modo con le nuove forme di culto della Divina Misericordia indicate da Gesù: l'immagine di Cristo con la scritta: Gesù confido in Te, la festa della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua, la coroncina della Divina Misericordia e la preghiera nell'ora della Divina Misericordia (ore 15). A queste forme di culto e anche alla diffusione dell'adorazione della Misericordia il Signore allegava grandi promesse a condizione dell'affidamento a Dio e della prassi dell'amore attivo per il prossimo.
  • Ispirare un movimento apostolico della Divina Misericordia con il compito di proclamare e implorare la Misericordia Divina per il mondo e di aspirare alla perfezione cristiana sulla via indicata da Suor Maria Faustina. Si tratta della via che prescrive un atteggiamento di fiducia filiale, l'adempimento della volontà di Dio e un atteggiamento di misericordia verso il prossimo.
Oggi questo movimento riunisce nella Chiesa milioni di persone di tutto il mondo: le congregazioni religiose, gli istituti secolari, i sacerdoti, le confraternite, le associazioni, le diverse comunità degli apostoli della Divina Misericordia e le persone singole che intraprendono i compiti che il Signore ha trasmesso a Suor Maria Faustina.
La missione di Suor Maria Faustina è stata descritta nel «Diario» che lei redigeva seguendo il desiderio di Gesù e i suggerimenti dei padri confessori, annotando fedelmente tutte le parole di Gesù e rivelando il contatto della sua anima con lui. Il Signore diceva a Faustina: Segretaria del Mio mistero più profondo, ... il tuo compito più profondo è di scrivere tutto ciò che ti faccio conoscere sulla Mia misericordia, per il bene delle anime che leggendo questi scritti proveranno un conforto interiore e saranno incoraggiate ad avvicinarsi a Me (Q. VI, 67). Quest'opera infatti avvicina in modo straordinario il mistero della Misericordia Divina; «Il Diario» affascina non soltanto la gente comune ma anche i ricercatori che scoprono in esso una fonte supplementare per le loro ricerche teologiche. «Il Diario» è stato tradotto in varie lingue, tra cui inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, ceco, slovacco e arabo.
Suor Maria Faustina, distrutta dalla malattia e dalle varie sofferenze che sopportava volentieri come sacrificio per i peccatori, nella pienezza della maturità spirituale e misticamente unita a Dio, morì a Cracovia il 5 ottobre 1938 all'età di appena 33 anni. La fama della santità della sua vita crebbe insieme alla diffusione del culto alla Divina Misericordia sulla scia delle grazie ottenute tramite la sua intercessione. Negli anni 1965-67 si svolse a Cracovia il processo informativo relativo alla sua vita e alle sue virtù e nel 1968 iniziò a Roma il processo di beatificazione che si concluse nel dicembre del 1992. Fu beatificata da Giovanni Paolo II in piazza San Pietro a Roma, il 18 aprile 1993. Le reliquie di Suor Faustina si trovano nel santuario della Divina Misericordia a Cracovia-Łagiewniki.
PER ARRIVARE A MADRE SPERANZA 1893-1983 († 90 ANNI)
Da quanto ci risulta sembra che né la religiosa Visitandina Suor Maria Teresa Desandais né il Padre Arintero avessero conosciuto Suor Maria Faustina Kowalska (1905-1938), religiosa in Polonia tra le Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia, morta a soli 33 anni, dopo soli 13 anni di vita religiosa e canonizzata nel 2000. Una religiosa di alta esperienza mistica e che ha avuto un ruolo notevolmente importante e decisivo per la devozione e il culto della Divina Misericordia.
Ci risulta invece che Madre Speranza, almeno nel 1959, avesse una buona conoscenza della santa vita di questa suora Polacca, pur non avendola incontrata in vita, per il fatto che "agli ultimi del 1959 Mons. Pedroni venne a Collevalenza insieme a Mons. Desckur il quale conferì con la Madre sulla devozione diffusa da Suor Faustina, per la quale era fermo da tempo il processo di canonizzazione; la Madre aveva una buona conoscenza della cosa al punto da poter dare a Mons. Desckur qualche suggerimento (risultato poi utile) su gli scritti originali della suora. (Doc C105 158 del 27/02/1960). Così pure ci risulta che per la festa di Cristo Re nel 1964 venne a Collevalenza anche l’allora vescovo Karol Wojtyla il quale ebbe un colloquio con madre Speranza di più di mezz’ora proprio sulle vicende e la santità di vita di Suor Faustina.
Invece sappiamo qualche cosa, anche se poco, circa la relazione tra il P. Arintero e M. Speranza1. Comunque i documenti sui quali fino ad ora possiamo contare sono più che sufficienti per provare la tesi dello stretto legame tra i due, o meglio, tra l'Opera dell'Amore Misericordioso (O.A.M) e il progredire di questa attraverso la persona di M. Speranza e le sue Istituzioni.
Nel suo Diario Madre Speranza ci rivela per gradi il progetto di Dio su di lei e l'accoglienza e la risposta che ella ha dato a tale divino progetto.
Il diario incomincia così: "Nell'anno 1927, quando ero religiosa della Congregazione di Maria Immacolata, il 30 ottobre, il buon Gesù mi chiede che mi dedichi totalmente e con intensità a lavorare insieme al P. Arintero religioso domenicano, di far conoscere la devozione all'Amore Misericordioso; io già da qualche tempo lavoravo con detto Padre, però con l'ordine da parte del mio Direttore che nessuno sapesse che io ero unita a quel Padre in quel lavoro, neppure i miei Superiori; e lo stesso P. Antonio Naval espose al P. Arintero il suo desiderio che nessuno venisse a sapere che io collaboravo con lui in quel lavoro"2. Molto importante e decisiva deve essere stata l'influenza del P. Arintero nella vita di Madre Speranza, dato che proprio nelle prime pagine del suo diario comincia a parlare di lui e dell'Opera dell'Amore Misericordioso.
Siamo agli inizi dell’anno 1928; Madre Speranza dice di sentire un pressante invito del Signore, che però ancora non comprende: "Ho trascorso questa notte distratta e il buon Gesù mi ha detto che desidera valersi di me per grandi cose. Io gli ho risposto che, con la sua grazia, sono disposta a tutto quanto Egli decida, ma che io mi sento molto inutile e incapace di fare qualcosa di buono. Egli mi ha risposto che é così, ma che si vuole servire della mia incapacità affinché si possa vedere meglio che é Lui che fa cose tanto grandi per la sua Chiesa e le anime. Che vorrà il Signore da me?"3.
Che vorrà il Signore da me? In quel tempo la Madre sospettava che il P. Naval "avrebbe posto fine (alla cosa) dicendomi di non comunicare più con quel Padre (Arintero); cosa certamente più gradita alla mia natura. Specialmente da quando la Marchesa de Almaguer mi ha comunicato che forse non si potrà più lavorare per la diffusione della devozione all'A.M., essendo questa una devozione nuova che la Chiesa non approva "4.
Perché mai il P. Naval aveva tanto interesse che nessuno sapesse di quella relazione con il P. Arintero? La stessa Madre confessa che le sembravano ingiusti alcuni ordini dati dal suo direttore spirituale e più di una volta si sentì tentata di non farsi più dirigere da lui. D'altra parte sappiamo che il P. Naval appoggiava questa collaborazione; quindi il perché del silenzio da lui richiesto non deve essere cercato in motivi personali, in una posizione di confronto con il P. Arintero, ma piuttosto nel timore che l'O.A.M. fallisse da un momento all'altro (come aveva comunicato la Marchesa de Almaguer) e, con quella, anche il proprio prestigio come direttore di anime. In sostanza, il P. Naval temeva il proprio insuccesso. La Madre non nasconde la sua meraviglia e gli dice: "mi sorprende e aumenta la mia tristezza il fatto che Lei abbia avuto tanto interesse che i miei Superiori non venissero a conoscenza del mio lavoro con il P. Arintero". Quali supposizioni ho fatto, Padre mio, oggi su questo, chiedendomi: "il Padre temeva il proprio insuccesso per avermi incaricata di lavorare con il P. Arintero e qui sta il motivo della cautela del mio Padre spirituale" 5.
Era ben lontana dal sapere che, poche ore dopo aver scritto questa frase rivelatrice, sarebbe morto santamente il P. Arintero. Durante gli otto anni che seguirono questa morte, la devozione all'Amore Misericordioso e la sua dottrina si diffusero in vari paesi, non soltanto in Europa ma anche in America e in Africa. A motivo di alcune presunte proibizioni (che non é il caso qui di commentare), fu sospesa la propaganda dell'O.A.M., che in apparenza scomparve. Molti credettero perfino che il P. Arintero fosse fallito nella sua ultima e più amata iniziativa apostolica. La realtà era un'altra, ben diversa. Nessuno sospettava che l'Amore Misericordioso per far progredire questa opera avrebbe scelto ora la Madre Speranza di Gesù. Il Signore l'aveva preparata, attraverso una dolorosa via crucis, ad assumere quella preziosa missione nella Chiesa: rivelare al mondo intero che Dio é "Amore Misericordioso" Questo messaggio costituirà il centro vitale del suo carisma.
Di rado il Signore ci fa conoscere in una sola volta ciò che vuole da noi. Spesso la sua volontà ci si manifesta progressivamente, o perché sa che non possiamo ricevere tutto in una volta, o perché gode di questo farci penetrare in Lui. C'é un testo prezioso nel diario di M. Speranza che riflette questa attitudine al rapimento in Dio: "Io non so se sarà una ilusione, però mi sembra che amo il buon Gesù più di prima; ci sono momenti, Padre mio, che mi sembra di sentire nella mia anima un movimento interiore che la trasporta a Lui, staccandola dalle cose che non sono Lui, e infondendo in me una sete ardente di sofrire con Lui, e attendendo con ansia che giunga il momento che Egli mi chieda di fare quel lavoro che vuole che faccia aiutata da Lui. Che lavoro sarà? Mi creda, Padre, io non desidero altro che far piacere al Buon Gesù e sottomettermi in tutto e per tutto alla sua divina volontà"6.
Verso la fine di marzo del 1929, Madre Speranza aveva ormai una chiara conoscenza del suo "lavoro". Ancora religiosa clarettiana incomincia a scrivere le Costituzioni, con le quali, più tardi, si sarebbero governate le sue due Congregazioni. Nella notte di Natale, 24 dicembre 1930, nasce per la Chiesa la Congregazione delle Ancelle dell'Amore Misericordioso. Il 24 febbraio 1951 comprende che il Signore desidera la fondazione dei Figli dell'Amore Misericordioso e, appena sei mesi più tardi, in un luminoso 15 agosto, fonda in Roma questa Congregazione. Il grano non può essere ammucchiato... e, tre giorni dopo, insieme con alcune Ancelle, si trasferisce a Collevalenza. Nel 1955 costruisce il Santuario e, mentre aumentano i religiosi di entrambe le Congregazioni e si moltiplicano le fondazioni, Madre Speranza porta a compimento la costruzione del grande complesso di Collevalenza.
Vediamo ora un ipotetico itinerario che può essere stato seguito dalla Madre Speranza per una conoscenza dell'Immagine dell'Amore Misericordioso.
Nella prima lettera che la M. Maddalena del Cuore di Gesù scrive al p. Arintero il 3 febbraio 1922, gli comunica che: "Tutti gli scritti (della M. M. Teresa Desandais) girano intorno o si ispirano ad un Cristo, che le accludo, "L'Amore Misericordioso". L'Amore divino che ci rivela la Croce, il divin Cuore e l'Eucarestia (...). La religiosa ha ricevuto ispirazione solo per l'espressione, cioè per il volto. Che é Divino. Un giovane artista, m. St Jean, ha dovuto correggere i difetti anatomici del corpo. Il Signore vuole inoltre che le sue braccia siano perfettamente tese verso l'Umanità e così quasi perpendicolari. L'immagine si va completando poco a poco; quella che le accludo ancora non possiede gli ultimi dettagli. I raggi della luce, o Misericordia, cadono su di un libro dei Vangeli. Il Vangelo dell'Amore"7.
Il P. Arintero riceve notizia del Cristo dell'Amore Misericordioso nel febbraio 1922; quando M. Speranza? Quasi con totale certezza non prima di settembre del 1923, data in cui la rivista la Vita Soprannaturale riprodusse, per la prima volta, l'immagine dipinta dalla religiosa della Visitazione in calce ad uno dei suoi articoli, intitolato "La divina realtà"8.
Nelle due Congregazioni fondate da M. Speranza - e nel Santuario di Collevalenza - i simboli usati per rappresentare sia l'Amore Misericordioso che la Vergine Mediatrice sono, in realtà, gli stessi che usava l'O.A.M... Non possiamo fare qui la storia di entrambe le immagini, ma indicherò come primizia alcuni dati che ci aiuteranno a comprendere la sua ulteriore evoluzione. In questo articolo mi limiterò all'immagine del Cristo.
Possediamo una "Autobiografia di P.M. Sulamitis" la quale rivela quanto segue: "Nel febbraio del 1904, in uno dei momenti del Signore, ebbi la prima visione di ciò che Egli voleva che io facessi: una Immagine del suo Crocifisso, con il suo Cuore, e che aveva l'Offerta nella parte sottostante (...) Ella (usa parlare di se stessa in terza persona) quando vedeva un Crocifisso aveva l'impressione di sentire dentro di sé: "Sono Io vivente che mi offro nell'Ostia... lì sta la maggiore manifestazione del mio Amore. Quando riceveva la Comunione era come avvicinarsi al Calvario e la vista o il pensiero del Sacro Cuore la portava al Calvario e all'Altare"9.
Un Cristo Sacro Cuore
Nel natale del 1912 dipinse la prima immagine con gli attributi caratteristici dell'Amore Misericordioso. Nel gennaio 1913 iniziò il suo grande quadro ad olio per il chiostro del monastero di Dreux: di questo dipinto dice che: "Monsignore lo benedisse nella sua prima visita e lodò l'idea di un Cristo Sacro Cuore. Concesse indulgenze e tutti coloro che avrebbero guardato con venerazione questo quadro e la sua riproduzione e si fecero i primi santini"
10. Fino al 1916 non aggiunse la corona ai piedi di Gesù; aveva infatti dipinto soltanto delle fiamme come di un focolare - in conformità alla visione che aveva avuto.
Dipinse anche espressamente un altro quadro per Juana Lacasa Moreno, la principale collaboratrice del P. Arintero nell'O.A.M., e che costituisce un autentico punto di riferimento per valutare la portata e l'influsso dell'Opera in tutti gli ambienti sociali della geografia spagnola. Il ruolo da lei svolto nell'O.A.M. ancora deve essere studiato, però indiscutibilmente può essere riconosciuto pari, - e forse anche superiore - a quello attribuito al P. Arintero. Non conosciamo la data esatta in cui fu inviato il dipinto a olio, forse verso la fine del 1926; certamente se ne hanno abbondanti notizie già nel 1927 e nel 1928.
Avendo avuto l'opportunità di consultare i documenti privati scritti da Carmen e Pilar Moreno Lacasa, possiamo offrire la seguente informazione circa questo prezioso quadro - oggi in possesso della famiglia di Juana Lacasa. "Era tanto straordinario l'apostolato che realizzava, che la Visitandina le volle fare dono di questo quadro che inviò direttamente dalla Francia a Montalbán. In questa immagine é completata solo la testa, il busto é appena abbozzato. Lo sguardo manifesta soltanto amore, perdono e misericordia... Non esprime sofferenza; sembra che stia pronunciando le parole "Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno"... Con l'arrivo di questo quadro aumentò la propaganda; continuamente venivano a vederlo nella nostra casa di Montalbán e, di conseguenza, ella non si sottrasse a nulla: il Quadro viaggiò per tutta la Spagna con lei, che lo portò nei conventi, nei collegi, nelle parrocchie, ecc.".
In nessun modo ella intendeva costituirsi prima depositaria del simbolismo dell'immagine dell'Amore Misericordioso, sappiamo infatti che alle prime suore della Congregazione regalava medaglie dell'O.A.M. (con su una faccia il Cristo e sull'altra Maria Mediatrice) e tutte conoscevano il quadro di Atocha e quello di Juana Lacasa.
Madre Speranza, ora fondatrice della nuova Congregazione, sente che il buon Gesù vuole essere raffigurato con quei simboli già conosciuti dell’Amore Misericordioso, ordina la nuova scultura, consapevole di essere debitrice di una spiritualità e dei simboli di una Immagine che la precedevano, ma preoccupata che la nuova Immagine esprimesse - più che la sofferenza - grande serenità, fiducia, come se stesse pronunciando le parole: Padre, perdonali ... In seguito ripeterà più volte alle sue figlie queste parole: "Mettiamo speciale interesse nel far comprendere ai nostri fratelli che Gesù è per tutti un Padre pieno di bontà, che ci ama con un amore infinito, che non fa distinzioni. L'uomo più perverso, il più miserabile e anche il più abbandonato è amato con immensa tenerezza da Gesù che è per lui un padre e una tenera madre"15.
Giovanni Paolo II, in occasione del suo pellegrinaggio al santuario dell'Amore Misericordioso, ci ricorda che: "Non è possibile essere araldi della misericordia senza l'assimilazione intensa del senso e del valore delle estreme donazioni di un amore divino infinitamente più potente della morte: il crocifisso e l'Eucarestia"16.


E in un altro documento: "fece fare una custodia speciale per poterlo trasportare con facilità e fu così che questo Quadro, come un pellegrino, raggiunse famiglie, conventi, chiese, locali, ecc.".
Si conservano nell'archivio del P. Arintero un paio di documenti (non datati) scritti da Juana Lacasa nei quali c'é una lunga lista di nomi di prelati – spagnoli e stranieri - personalità ecclesiastiche, superiori maggiori di congregazioni religiose, ecc. che conobbero il Quadro11. Nella relazione sulle comunità religiose che l'hanno visto leggiamo: "il convento delle Madri di Vicálvaro, dove si trovava allora Madre Speranza, amica della Marchesa di Zahara". Pertanto il documento in questione può essere datato dopo il 1928-1930.
Le due lettere del P. Arintero a Juana fanno menzione di quanto abbiamo detto: "Mi rallegro che la chiamino nelle Comunità; è lì dove può produrre maggior frutto che poi si espanda" e "approvo che stabilisca determinati giorni per ricevere, afinché le rimanga tempo per i suoi doveri e per... tradurre, correggere e divulgare"12.
La Madre conobbe questo quadro, del quale furono fatte un gran numero di fotografie di vari tipi e grandezze, come pure varie riproduzioni in semplici santini. Nella cartolina che scrisse a Juana Lacasa il 3 luglio 1928, la Marchesa di Zahara le dice: "Cara amica, scusami se così tardi mando a prendere il quadro dell'Amore Misericordioso, ma questo pomeriggio non mi é stato possibile. Mando i 20 duri che mi pare di aver sentito che costa la fotografia, ma mi deve dire cosa le devo per il quadro, cioè per la cornice"13. Sulla parte superiore di questa cartolina Juana Lacasa scrive: "Regalo della Marchesa de Zahara a M. Speranza perché lo ponga nella cappella" (a quel tempo la Madre già si trovava destinata in via Toledo, 143).
Un'altra immagine dell'Amore Misericordioso che conobbe e venerò la Madre é quella della Basilica di Atocha, inaugurata solennemente al pubblico nella festa di Cristo Re, 26 settembre 1927. Opera anche questa eseguita dalla M. M. Teresa Desandais, questa volta per incarico dei Padri Domenicani.
Forse a qualcuno farà meraviglia il seguente testo scritto nel dicembre 1930 da Madre Speranza: "Nella cappella di Gómez Herrero Gesù mi fece conoscere come voleva che facessi l'immagine del suo Amore Misericordioso, i simboli che doveva portare e immediatamente andai a commisionarla allo scultore Cullot Valera, mio parente, e questo interpretò bene l'idea e mi chiese per farla 15.000 ptas. "14
 


Che vedano Te!

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Che vedano Te!
…In me, o Gesù, tutti coloro che mi avvicini. Se vedessero solo la mia persona, potrebbero ammirarne la cultura, non so, la fermezza di carattere, la versatilità dell’ingegno; ma lascerebbero tutto come è, senza ricavarne nulla per un loro vero vantaggio spirituale. Tanti altri hanno incontrato sul loro sentiero, più quotati di me, e non ne hanno fatto caso, perché l’ammirazione è mista a distacco, forse anche ad invidia. Comunque è sterile.


Solo se vedranno Te in me, ne avranno luce che investe l’interno, fiamma che riscalda l’anima, speranza che dà senso alla vita. Perché sarà luce tua, fiamma derivata da te, speranza che si fonda sulle tue promesse.

Quale diritto ho io alla ammirazione altrui, quando le tue creature devono ammirare le meraviglie che hai disseminato per il creato e che non basta una vita per scoprirne una minima parte?

Che vantaggio ne avrei io, dalla valutazione altrui, quando è sempre e necessariamente superficiale, più spesso interessata?

Non mi sono assunto il compito di portare i tuoi figli a scoprire sempre più a fondo “la stupenda tua gloria, nell’ammirabile tua luce, che illumina ogni uomo?”.


Non mi basta che questa tua luce risplenda dalla mia persona? O, forse, è perché proprio questa luce non emana da me?...

Fa, o Maestro mio, che si annulli nei tuoi fulgori ogni mia tenebra più intima; che sia paga solo di riesprimere qualcosa della tua perfezione sovrana la mia tendenza al bello, all’armonico, al sublime, a conforto e conferma di fede per quanti ti cercano in me.

Che vedano Te,
Signore!


Non mi lasciare nell’illusione di una ricerca diversa. Non deludere, per colpa mia, le attese di quanti camminano con me, come se avessero te a fianco, pellegrini soavemente insoddisfatti di quanto incontrano per via, solo perché ansiosi di raggiungerli nell’eternità.

Papa Francesco

Papa Francesco
Frasi e citazioni

Non si possono costruire ponti tra gli uomini dimenticando Dio. Ma vale anche il contrario: non si possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri.
 
La Chiesa non ha natura politica, ma spirituale. È il santo popolo di Dio. Con le sue virtù e i suoi peccati. E al centro non c'è il papa. Cristo è il centro.
 
Che un nonno, una nonna, che forse non può più parlare, che è paralizzato, e il nipote o il figlio arriva e gli prende la mano, e in silenzio la accarezza, niente di più. Questa è la cura della vita.
 
Se andiamo in fondo alla strada della vita ci possono accadere cose brutte, ma non importa. Ne vale la pena.
 
Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce.
 
Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza!
 
Custodiamo con amore ciò che Dio ci ha donato!
 
Non siate mai uomini e donne tristi: un cristiano non può mai esserlo!
 
La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall’aver incontrato una Persona: Gesù.
 
Non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù.
 
La croce di Cristo abbracciata con amore mai porta alla tristezza, ma alla gioia, alla gioia di essere salvati e di fare un pochettino quello che ha fatto Lui.
 
Con Cristo il cuore non invecchia mai!
 
La fede si professa con la bocca e con il cuore, con la parola e con l’amore.
 
A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono.
 
Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva.
 
Dobbiamo tenere viva nel mondo la sete dell’assoluto, non permettendo che prevalga una visione della persona umana ad una sola dimensione, secondo cui l’uomo si riduce a ciò che produce e a ciò che consuma: è questa una delle insidie più pericolose per il nostro tempo.
 
La Chiesa, pur essendo certamente anche un’istituzione umana, storica, con tutto quello che comporta, non ha una natura politica, ma essenzialmente spirituale: è il Popolo di Dio, il Santo Popolo di Dio, che cammina verso l’incontro con Gesù Cristo.
 
Cristo è il centro. Cristo è il riferimento fondamentale, il cuore della Chiesa. Senza di Lui, Pietro e la Chiesa non esisterebbero né avrebbero ragion d’essere.
 
Apriamo la porta allo Spirito, facciamoci guidare da Lui, lasciamo che l’azione continua di Dio ci renda uomini e donne nuovi, animati dall’amore di Dio, che lo Spirito Santo ci dona!
 
Non ci sono difficoltà, tribolazioni, incomprensioni che ci devono far paura se rimaniamo uniti a Dio come i tralci sono uniti alla vite.
 
Dio dona forza alla nostra debolezza, ricchezza alla nostra povertà, conversione e perdono al nostro peccato.
 
La novità di Dio non assomiglia alle novità mondane, che sono tutte provvisorie, passano e se ne ricerca sempre di più. La novità che Dio dona alla nostra vita è definitiva, e non solo nel futuro, quando saremo con Lui, ma anche oggi
 
Le nostre certezze possono diventare un muro, un carcere che imprigiona lo Spirito Santo.
 
Colui che isola la sua coscienza dal cammino del popolo di Dio non conosce l'allegria dello Spirito Santo che sostiene la speranza.
 
I sacramenti sono gesti del Signore. Non sono prestazioni o territori di conquista di preti o vescovi.
 
Se la Chiesa segue il suo Signore, esce da sé stessa, con coraggio e misericordia: non rimane chiusa nella propria autoreferenzialità.
 
La verità cristiana è attraente e persuasiva perché risponde al bisogno profondo dell’esistenza umana, annunciando in maniera convincente che Cristo è l'unico Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.
 
Quando si parla di una madre incinta, parliamo di due vite: entrambe devono essere preservate e rispettate perché la vita è un valore assoluto.
 
Se c'è un prete pedofilo è perché porta in sé la perversione prima di essere ordinato. E sopprimere il celibato non curerebbe tale perversione. O la si ha o non la si ha.

Come mi preferisci?

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Come mi preferisci?

Mi è parso di aver dato, fin qui, un taglio troppo razionale al mio rapporto con te, Signore. Forse avrei fatto meglio a dare più spazio all’emotività, come dimensione normale del mio essere umano, che non è solo materia pensante. Però ho sempre temuto questa scelta, per il pericolo di esagerare, a vantaggio di un entusiasmo smodato, di una estrosità, del tutto inconsistente.



Ora mi chiedo se una impostazione troppo celebrale della mia spiritualità non mi abbia esposto a rischi altrettanto pesanti, compreso un astrattismo arido, del tutto assente dal tuo modo di armonizzare in Te, calore umano e lucide intuizioni.

Se ti avessi seguito con maggiore docilità, ne avrei dedotto una vita di preghiera, più che di azione, di contemplazione che di preghiera, più di fede che di teologia. A questo punto,cosa fare, per riflettere meglio la tua immagine, dolce ossessione che mi segue ogni giorno, per le dissonanze con essa, che ancora non riesco ad attenuare?



Forse, o Gesù, la mia mente, indebolendosi, potrebbe trascinarmi insensibilmente a rinunciare all’indagine amorosa sul tuo mistero, sconfessando me stesso e quanto di buono hai fatto in me.


Se, invece mi convincessi che mi vuoi più sciolto e spontaneo, nel rapporto con te e con le anime, potrei gratificarmi più facilmente e con minor spesa.
Ma, in ogni caso, tu saresti sempre contento di me?

Come un fanciullo (Lc.18,17)

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Come un fanciullo (Lc. 18,17)

Un altro mio errore è stato quello di credere che i tuoi apostoli avessero sgridato i bambini che ti saltavano sulle ginocchia, perché eri stanco e le loro madri non mostravano un minimo di discrezione . Invece, no. Essi vedevano in quel gesto un atto disdicevole alla tua dignità di Rabbi. I loro maestri di un tempo, i dottori della Legge affermavano:  Al fanciullo nessuna considerazione, perché ancora non è un uomo che ha ricevuto il dono supremo della vita: la Legge.

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Tu, Gesù, t'indignasti, come davanti ad una stoltezza da non tollerarsi, tu che tolleravi anche l'intollerabile... In quegli innocenti non soltanto rivedevi te stesso fanciullo fra le braccia di tua Madre, ma vi riscontravi le uniche vestigia del capolavoro del Padre tuo, ancora non corrotte dalla malizia umana. Nella loro adesione totale a te, superiore alla loro capacità di capire chi veramente eri e quanto li amavi, vedevi l'essenza del tuo messaggio di fiducia filiale, totale, amorosa di noi nel Padre.
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Chiedo anche per me che questa adesione non sia condizionata dalla mia scarsa intelligenza del tuo mistero. Chiedo che l'esperienza dell'età avanzata non mi autorizzi a pensar male di tutti, a diffidare dei fratelli e anche del Padre tuo e mio.
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Chiedo di non temere, anzi di desiderare il tuo incontro, appena uscito dalla scena terrena. Chiedo, infine, la capacità di non confondere mai semplicità e stoltezza; perché tu amavi la prima, non la seconda.