venerdì 10 gennaio 2014

Chi sono io per te ?




Pietro, a nome di tutti, risponde: “Tu sei il Cristo di Dio”, il Messia, l’Unto di Dio.
Gesù ordina di non dirlo a nessuno perché “il Figlio dell’uomo deve patire molto,… essere ucciso, e risuscitare il terzo giorno”. E’ il primo annuncio della passione, un annuncio strettamente legato alla confessione di Pietro. Gesù vuol far capire che non sarà un messia, come loro se lo immaginano o si aspettano (potente, glorioso), ma un messia sofferente. Questo non se lo aspettavano, non lo comprendono, anzi reagiscono.
Ma Gesù sa che dovrà affrontare la sofferenza, il rifiuto, la morte e lo fa nella speranza, perché sa che la via di Dio non finisce nella morte, ma sempre nella vita; il Cristo risorgerà il terzo giorno e porterà a compimento la sua opera di salvezza. Ma i discepoli non potevano capire ancora, per questo li invita a non dire nulla a nessuno: andrebbero a spiegare una cosa che non hanno per niente chiara.
Ma Gesù li vuole aiutare e li invita a sperimentare ciò che annuncia. Quando uno vive certe cose o in un certo modo, capisce più facilmente e soprattutto intuisce una verità che è il progetto di Dio, ma che è insita anche nell’esistenza umana.
Quand’è che uno realizza la sua vita, la costruisce in maniera vera, appagante, e per sempre? La mentalità mondana offre le sue prospettive e le sue logiche individualistiche ed egoistiche, la verità di Dio apre all’amore, al “perdere” la vita, per salvarla veramente e per sempre.
Dice Gesù a tutti: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”.
Rinnegare se stessi, fare della propria vita un dono, perderla per realizzare il cammino della salvezza. I miei istinti, i miei desideri, il mio corpo, la mia impostazione… sono i miei padroni o li so dominare? E non per un mio perfezionismo, ma perché il prossimo si senta amato e aiutato.
Prendere la propria croce: ciascuno è chiamato ad assumere i propri doveri, le sofferenze, le fatiche, fino alla disponibilità a perdere la propria vita, fino al martirio.
La prova di queste affermazioni del vangelo è stata la vita e la missione di Gesù; è stata ed è la vita di tanti santi e di tanti martiri.
Se io sono disposto a morire per Cristo, allora Cristo è la vera vita, è il tutto. Ma questa è una grazia che dà il Signore al momento giusto. Però fa capire la portata della domanda iniziale: Per te chi sono io?
Nella misura in cui cerco di essere fedele al Signore, di non vergognarmi di Lui, di parlare di Lui, di proporlo ad altri; nella misura in cui vivo, gioisco e soffro per lui e con lui; nella misura in cui offro la mia vita come dono ai fratelli, nel tanto bene che posso compiere… riesco a rispondere non con le parole ma in verità: Tu sei per me il Cristo, il Salvatore, il Signore, il tutto della mia vita sulla terra e per l’eternità!

Beati i poveri di spirito...




Gesù Cristo, vedendo la moltitudine che lo seguiva, e scrutando da Dio tutti quei cuori più o meno colmi di amarezze, salì su di un monte per cominciare a portarli in un’atmosfera di maggiore pace e dare loro un primo saggio di quella beatitudine che voleva proclamare. Là regnava la solitudine ed, essendo il luogo molto fertile, vi spirava quell’aura di pace, che, propria delle campagne, opera di Dio, non dovrebbe essere deformata dalla mano dell’uomo.
Si fermò e si pose a sedere, sia per stare più paternamente in mezzo ai suoi figli, sia per invitarli a sedere anch’essi sull’erba.
Volse lo sguardo su quella moltitudine di anime semplici, la paragonò alle folle orgogliose del mondo, vide l’enorme differenza che v’era fra la vita semplice e quella artefatta, vide la bellezza di una vita ancora più semplice, libera da impacci superflui e tesa tutta verso le grandezze della vera vita, ed esclamò: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Egli voleva dire prima di tutto a quei poveri che l’avevano seguito, abbandonando ogni interesse materiale, per ascoltare la parola del regno dei Cieli, che erano beati, e voleva cosi promulgare solennemente la beatitudine che Egli era venuto a portare sulla terra come Redentore.
Il suo regno non doveva essere formato da grandezze politiche, come si aspettavano gli Ebrei, contorcendo il senso delle scritture, non si fondava sulle ricchezze o sulla gloria terrena, ma sulla rinun¬zia ai desideri fugaci della vita e sull’aspirazione dei beni eterni.
I desideri terreni, infatti, sono come bevande gassose: dilatano lo stomaco ma non lo saziano; i desideri celesti invece sono come linfa benefica che si diffonde in tutte le fibre della vita e la fa fiorire.
Povero di spirito è chi è distaccato da tutto, pur possedendo, o chi, non avendo nulla, non desidera altro, e si acquieta nella vita, confidando in Dio solo.
Povero di spirito o nello spirito è chi non ha l’anima infarcita di sapienza umana, ma si apre con semplicità alla luce di Dio.

Povero di spirito è chi volontariamente abbandona ogni suo avere per abbracciarsi, senza ostacoli, al Sommo Bene,
chi sopporta con sapienza la perdita dei beni,
chi tollera in pace la sopraffazione ingiusta, e spregia i beni che gli vengono rapiti,
chi rinunzia alle sue agiatezze per consolare i poveri, e diventa come acquedotto della carità, sempre pieno e sempre vuoto di acque.
Povero di spirito è soprattutto chi confida in Dio solo, e riguarda come nullità le cose presenti, fissando gli occhi sempre alla dolce paternità del Signore,
chi si crede nullità e non confida nelle proprie forze, ma fa appello alla bontà ed alla misericordia di Dio.
Beati sono ancora i poveri di beni materiali, che mutano la loro povertà in ricchezze spirituali, uniformandosi alla divina Volontà e confidando nel Signore. La fiducia toglie l’angustia che cagiona la po¬vertà materiale, poiché Dio interviene sempre per soccorrere chi gli si abbandona, e rende non solo sopportabile ma beata la condizione di chi non ha niente. Questi, infatti, non è angariato dalle tasse, non teme i ladri, non ha preoccupazioni amministrative, non è circuito da quei troppo facili ammiratori che sperano carpirgli le ricchezze, è povero di affetti terreni e ricco di amore celeste, è operaio della vigna del Signore che vive alla giornata, ed è anche capace in certi momenti di godere più che i medesimi ricchi dei piccoli beni della vita. Il mettersi un indumento nuovo, il mettere un paio di scarpe che calzano meglio, il fare un pranzetto in una festa, sono piccole ma sincere gioie della vita pellegrina, ignote ai ricchi, soffocati e annoiati dalla loro stessa abbondanza, purché siano condite con lo spirito, col ringraziamento e la gratitudine al Signore.
Possiamo affermare con sicurezza che nessuno, per quanto istrui¬to, onorato e ricco, può godere un’ora sola della gioia di S. Francesco d’Assisi, quando, egli deposti i suoi abiti, si vesti di sacco, espo¬nendosi allo scherno dei suoi contemporanei. Francesco allora posse¬dette il regno dei Cieli, perché possedette l’intima amicizia di Dio, la ricchezza spirituale della grazia, e la sovrabbondante gioia della pace dell’anima.
Chi si distacca da tutto, e molto più chi abbraccia la povertà volontaria, entra nel vestibolo dell’eterna vita, poiché non tende che ai beni eterni, anticipa il distacco da tutto prima che la morte ve lo costringa, si trova libero e leggero nelle mani di Dio, per essere tutto ricolmato di grazie e benedizioni. Forse chi viaggia non stima una grande ventura portare solo un piccolo bagaglio o non portarne addirittura? La povertà volontaria o di spirito è precisamente l’alleggerimento del bagaglio della vita, è la libertà del volo dato allo spirito, è il possesso del regno dei Cieli promesso a chi abbandona tutto per amore di Dio. Il mondo appesantisce terribilmente la vita, e rende la morte un tormento spaventoso. È penosissimo dover guar¬dare la fossa angusta quando sembrarono angusti i castelli, doversi spogliare di tutto senza portare con sé neppure uno spicciolo!
Beati i poveri di spirito anche per questo: essi guardano sere¬namente al passo supremo, non debbono distaccarsi da nulla, sono già spogli ed aspirano al volo supremo nelle braccia di Dio.
 

Sac. Dolindo Ruotolo, La Sacra Scrittura, Vangelo secondo Matteo
 

La frase del giorno 10 Gennaio

Trascorrere qualche minuto 
 in preghiera prima di
 iniziare la giornata per 


ricevere la benedizione e
la guida di Dio, può farti
risparmiare tanto tempo.

La parola del giorno 10/01/2014

♥ Antifona d'ingresso____________
In principio prima del tempo
il Verbo era Dio;
ed egli si degnò di nascere
Salvatore del mondo. (cf. Gv 1,1)



† Lettura____________________ 1Gv 4,19-5,4
Chi ama Dio, ami anche il suo fratello.

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, noi amiamo Dio perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello.
Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.
In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.

Parola di Dio


† Il Vangelo del giorno (Daily Gospel)_________________
Lc 4,14-22
Oggi si è adempiuta questa Scrittura.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.

Parola del Signore


† Salmo______________________
Sal 71
Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.
O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

Li riscatti dalla violenza e dal sopruso,
sia prezioso ai suoi occhi il loro sangue.
Si preghi sempre per lui,
sia benedetto ogni giorno.

Il suo nome duri in eterno,
davanti al sole germogli il suo nome.
In lui siano benedette tutte le stirpi della terra
e tutte le genti lo dicano beato.
 

Commento: Gesù non è venuto ad abolire ma a compiere. L’immensa attesa d’Israele trova il suo compimento in Gesù, il Messia. La liberazione annunciata, le guarigioni promesse, il lieto messaggio diffuso tra i poveri raggiungono la loro realizzazione suprema nel dono dello Spirito Santo consostanziale al Padre e al Figlio.
Con Gesù, Dio ha assunto un nuovo volto e nuove maniere di fare.
Egli non cessa di manifestarsi. Oggi, in ogni liturgia, Gesù stesso apre il libro e parla a ognuno di noi. Il regno di Dio è sempre presente. È qui, quando noi siamo tentati di cercare altrove, sia in un passato idealizzato e trascorso, sia in un ipotetico futuro.
“Gli occhi di tutti stavano fissi sopra di lui”.
Come riceviamo la parola di Dio? Come una storia, una morale, o come un compimento in Gesù di Nazaret?