lunedì 13 gennaio 2014

La Santa Sindone





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Dagli studi di
Mons. Giulio Ricci,
sindologo internazionale
Questo lenzuolo funerario (m. 4,36 x 1,1) di lino, tessuto a spina di pesce, è il più eloquente “corpus delicti” di cui gli studiosi si sono serviti per ricostruire il fatto delittuoso che racchiude: la morte di croce. E’ quella di un uomo, sottoposto prima della condanna a morte, ad una singolare flagellazione, ad un tipica coronazione di spine (mai registrata dagli storici per altri cruciari), segnato all’emitorace destro da una ferita di lancia e avvolto nudo nel lenzuolo senza essere stato prima lavato e unto con gli oli resinosi. L’impronta sfumata ci fa intuire che quel cadavere non conobbe la corruzione che inevitabilmente avrebbe compromesso anche la integrità del lenzuolo.

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Dipinto di Mons. Giulio Ricci
Contro le tesi del corpo del Signore, rubato dai discepoli, oltre la testimonianza del Vangeli, sta anche l’esame morfologico delle impronte del sangue, che, come mostra la Sindone, hanno la caratteristica del sangue vivo e potmortale, coagulato l’uno e rappreso l’altro, perfettamente decalcati secondo il processo di fibrinolisi, verificatosi in un periodo di tempo ben preciso: circa 36 ore di contatto.

Le ore che, secondo la Fede cattolica, Cristo passò nel sepolcro prima della risurrezione.                                                                 

Essa avvolse il sacro corpo, ricco di sangue vivo e postmortale; sangue già coagulato, il primo, e sangue in parte già disseccato, il secondo.

Ebbene, per, le leggi biochimiche della coagulazione del sangue, e della fibrinolisi, possiamo oggi domandarci se la morfologia di quel sangue, visibile sulla s. Sindone, rispecchi le note leggi della coagulazione, e se le 36 ore circa di contatto del lenzuolo con il cadavere, siano state sufficienti per far verificare, in quelle circostanze ambientali, il fenomeno di fibrinolisi, così come è dato osservare sulla Sindone.

Si tratta, infatti, di una documentazione che non poteva venire in mente ad un ipotetico falsario, essendo il fenomeno di coagulazione e conseguente decalco su  stoffa, irrepetibile con il pennello, rispettando, come nel caso, la morfologia del sangue coagulato o rappreso.
Ecco come si presentano le impronte di sangue vivo e coagulato sulla Sindone, nelle foto autentiche:
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Rivoli di sangue coagulato
nel carpo della mano sinistra

La fibrina ha formato ai margini della macchia di sangue un argine più spesso, mentre all'interno della  medesima il plasma si presenta più sbiadito, secondo la sua natura.

Per il sangue postmortale, documentato dalla Sindone soprattutto nella ferita del costato e il deflusso del medesimo nella zona delle reni, e, in parte, in quello della pianta dei piedi, ci troviamo di fronte ad un sangue essiccato, che rispetta la morfologia del sangue di cadavere, raggrumatosi in precedenza e che, al contrario del sangue vivo coagulato, mostra i grumi circondati dal liquido sieroso.

E' a questo punto che la Santa Sindone può essere chiamata a testimoniare del fenomeno di fibrinolisi.

Questo, infatti, quando si verifica, segue precise leggi, ritmate con il tempo di contatto, tanto che se non passa quel numero X di ore, il decalco sul lenzuolo non avviene, o avviene in forma rudimentale, mentre se si oltrepassa quel numero di ore, i rivoli di sangue decalcato impiastricciano il lenzuolo per eccessivo ammorbidimento della fibrina. Questo processo è documentato (2).

Ora bisogna dire che il lenzuolo, a contatto con il corpo nudo e ferito dell'Uomo della Sindone, testimonia che il processo di fibrinolisi subì un arresto, se le impronte sono, a giudizio degli esperti, tipiche impronte di sangue vivo coagulato o sangue postmortale disseccato, perfettamente decalcate e delineate nella loro morfologia specifica.
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Rivoli di sangue nella parte centro - destra
della fronte. Nella presente foto, così come in quella
precedente, il sangue mostra chiaramente,
a giudizio dei medici, le caratteristiche di
sangue coagulato e decalcato per fibronolisi.
(2) I primi esperimenti risalgono al Mignon Recenti scoperte intorno alla liquefazione dei grumi di sangue sotto condizioni particolari, possono far luce su questo problema. Il Dott. Black scrive: «Il fenomeno di fibrinolisi in soggetti sottoposti a selvaggi stress, è ora ben documentato. I grumi formati sulla pelle ante - mortem possono facilmente andar soggetti alla fibrinolisi dopo morte, sia per motivo dell'azione del tessuto fibrinolitico o a motivo di una azione batterica. I grumi ammorbiditi dalla fibrinolisi possono essere assorbiti dal lino, ed esperimenti possono essere portati avanti per determinare la loro morfologia (Dott. D. Willis in « Did He die on the Cross? » -

Se questo processo non subì le conseguenze estreme vi dovette essere una causa adeguata. Le ipotesi sono due:

-  che il corpo sia stato rubato dopo averlo denudato di nuovo;

- che il corpo, dopo quel numero X di ore, si sia distaccato per virtù propria, lasciando alla scienza biologica del secolo XX il privilegio di rivelare il segreto che sembra nascosto in quel santo lenzuolo : il segreto potrebbe essere intimamente collegato con il più grande fatto misterioso della storia umana : ovvero la Risurrezione di Cristo.


La prima ipotesi, quella del furto, fu imbastita a suon di monete, dai Sinedriti, e non ha trovato alcun seguito presso i primi testimoni autentici di Cristo risorto e nella prima tradizione apostolica e subapostolica, mentre i lini, trovati benn piegati e separati all'alba della domenica dai primi ispettori ufficiali, Pietro e Giovanni, dovrebbero farci supporre un furto del corpo nuovamente denudato!... cosa inconcepibile per la mentalità giudaica corrente, che riteneva « impuro legalmente » chi avesse posseduto o anche solo toccato un lenzuolo appartenuto ad un cadavere (3), ed in contrasto con la legge di Roma che puniva di morte i violatori dei sepolcri (4).
Nel caso ipotizzato l'esame biochimico della fibrinolisi dovrebbe confermare fermare che i ladri avrebbero strappato via dal s. corpo la Sindone dopo un numero X di ore di contatto con la medesima.
(3) « Qui tetigerit immundum super mortuo, immundus usque ad vesperum » (Lev. 22,4-6).
(4) In questo caso i violatori di quel sepolcro sarebbero stati gli « amici » di Gesù, per confessione dei Sinedriti. Non si pensa, però, che gli amici di Gesù al momento in cui i fatti si stavano svolgendo non avevano ancora alcuna idea sulla risurrezione. Fu solo dopo le numerose apparizioni di Gesù (2 nel Cenacolo a porte chiuse, sul lago etc.) che essi si confermarono nella fede, e fecero di questo fatto storico, da essi controllato, il nucleo centrale della predicazione e della fondazione della Chiesa. Dalle apparizioni al Cenacolo, a porte chiuse, compresero in qualche modo anche la natura stessa del corpo glorioso.
Il furto, nel caso, sarebbe stata una impresa troppo rischiosa e sproporzionata allo scopo prefisso, quello, cioè, di far credere ad una- risurrezione, alla quale essi stessi ancora non credevano.
Nessuno dei discepoli di Cristo fu ritenuto, se non a parole, « violatore » di quel sepolcro, ben custodito dalle guardie del tempio, che non avrebbero esitato ad incatenare e a deferire al Sinedrio i coraggiosi (!) violatori, se si fossero avvicinati per scardinare la pesante pietra, bloccata da spranghe di ferro, sigillata alla rupe stessa dove era scavata la grotta.
Di quale coraggio abbiano dato saggio tutti gli Apostoli, prima e dopo la passione del Maestro, ne abbiamo valida testimonianza nel Vangelo (Gv. 20,19 - Mt. 26,56 - Mc. 14,50).
D’altra parte senza dei soldati al sepolcro dal sabato sera (notte) alla domenica mattina è documentata dagli Evangelisti, quindi, il furto, se ci fu, dovette avvenire prima che fosse sigillata la pietra, cioè al sabato sera, al tramonto. Ma ciò è inconcepibile, avendo poi dovuto controllare la presenza del cadavere prima di apporre i sigilli.


D'altra parte le poche ore trascorse dall'apposizione dei sigilli (sabato notte) e il fatto della risurrezione (alba della Domenica, poche ore dopo) esclude una negligenza dei soldati nella custodia del S. Sepolcro e la conseguente storia dei ladri.

Questa fu inventata dagli interessati Sinedriti dopo la fuga dei soldati, spaventati dagli avvenimenti; a meno di concludere che l'operazione del furto sia avvenuta dentro il sepolcro con la pietra ancora sigillata all'ingresso del medesimo e sotto gli occhi delle guardie del Tempio...!

Se poi si voglia pensare ad una grave negligenza dei Sinedriti (anche questa inconcepibile), che non avrebbero controllato la presenza del cadavere di Gesù all'atto di apporre i sigilli alla pietra, già rotolata il venerdì sera da Giuseppe d' Arimatea, padrone del sepolcro, si dovrebbe concludere che il furto avvenne (se avvenne!) durante il riposo sabatico ( ! ) o, al massimo, allo scadere del medesimo, cioè al tramonto del sabato, quando i Sinedriti, convocati d'urgenza, trattavano con Pilato la questione delle guardie da mettere al sepolcro.

Bisognerebbe allora ridurre di molte ore (se il furto fu di sabato), o di almeno 8 o 9 ore (se invece il furto avvenne allo scadere del riposo sabatico) il periodo di contatto del lenzuolo con il s. corpo (sempre supponendo che i ladri abbiano perduto tempo prezioso a denudare il corpo e ripiegare con cura i lini, con il pericolo di essere scoperti e tremendamente puniti, come argomentano Eusebio e i primi Padri). In questo caso l'esame della fibrinolisi potrebbe accertare questa riduzione di ore preziose del contatto con la Sindone.

Rimarrebbe un'altra ipotesi: quella del corpo trafugato con tutta la Sindone; in questo caso o le parti della Sindone a contatto con le ferite, per le inevitabili manovre, si sarebbero staccate dalle medesime, e quindi interrotto il processo di fibrinolisi - e siamo all'ipotesi di prima - o, nel caso contrario (rimanendo ancora il lenzuolo a contatto con il sangue), aumenterebbero di un numero notevole le ore di contatto e la morfologia delle impronte avrebbe inesorabilmente subito le conseguenze estreme dell'impiastricciamento del sangue a contatto con il lenzuolo, ciò che è escluso dalla Sindone di Torino.

Né vale, in questo caso, rifugiarsi nell'ipotesi della teologia ebraica, recentemente invocata, in occasione della scoperta dei resti di Giovanni di Ezechiele, che cioè Gesù, come Mosè, sarebbe stato sepolto in un luogo nascosto e ignoto a tutti, e il Suo corpo non si sarebbe mai potuto ritrovare...
Un modo poco elegante, in verità, per continuare la polemica del corpo di Gesù trafugato dai discepoli (e quindi da essi sepolto di nascosto) che, nel caso, non ammetterebbe scampo alcuno per l'autenticità della Sindone, avendo questa dovuto seguire la sorte di quel cadavere.


Ma contro questa ipotesi è la testimonianza di Giovanni a dirci che i lini sepolcrali furono trovati ben piegati e distinti dal Sudario (anch'esso ben piegato) sulla mensa sepolcrale, all'alba della domenica di risurrezione; ciò esclude ogni altra sindone, legata ad altre ipotesi, come frutto combinato di troppe contraddizioni e assurdi, smentiti dagli Evangelisti e dalla tradizione patristica.

Ma, nonostante tutto, la Sindone è lì, con la sua inconfondibile impronta di negativo fotografico, con le caratteristiche morfologiche di impronte sanguigne, che solo la moderna scienza biochimica ha scoperto, caratteristiche dichiarate irrepetibili con il pennello anche dal più, smaliziato medico di oggi; impronte dalla colorazione carminio - malva sbiadita, che solo recenti esperimenti hanno dimostrato possibile per la presenza di aloe e mirra nella stoffa, mentre comunemente il sangue imbevuto da una stoffa perde, col tempo, completamente la sua colorazione per acquistare quella di seppia sbiadita; è lì, la Sindone con le sue impronte, perfezionate da alcuni reagenti chimici (come l'aloina), che complessivamente fanno affiorare da quel lenzuolo funerario l'immagine commovente di un condannato alla morte di croce, eseguita con chiodi, preceduta da una tipica flagellazione, da una singolarissima coronazione di spine, colpito, per l'accertamento di morte, da una lanciata nell' emitorace destro - invece del comune crurifragio - e rimasto con il capo chino anche nel sepolcro, come fu solo del Gesù dei Vangeli.

L'impronta del volto, poi, è veramente singolare: la sua bellezza rinascimentale, rivelata per la prima volta dalla lastra fotografica, sviluppata nel 1898, non era certo concepibile per essere eseguita negativamente col pennello da un presunto pittore, in epoca anteriore alla scoperta fotografica.

Tutto questo ha valore di una testimonianza, scritta a caratteri di sangue, su quel lenzuolo funerario che avvolse per circa 36 ore il corpo dell'Uomo della Sindone; testimonianza legata indirettamente, ma validamente, all'unico miracolo, il più strepitoso, operato da Gesù in proprio favore e in adempimento alla Sua solenne affermazione:

«Per questo il Padre mi ama, perché io do la mia vita per nuovamente riprenderla; nessuno me la toglie: ma io la depongo da me stesso, e sono padrone di deporla; e sono padrone di riprenderla: questo è il comandamento che io ho ricevuto dal Padre” (Gv.10,17-18).

 

Le azioni umane

Sintesi della Morale Cattolica
 
La morale si occupa delle azioni umane. Le vere azioni umane sono quelle che scaturiscono dalla libera volontà dell’uomo.
Ma l’uomo è davvero libero? Certamente si, inequivocabilmente: posso volere una mela o una pera, o anche non volere nulla. I vari condizionamenti (famiglia, scuola, abitudini) nella maggioranza dei casi non tolgono la libertà, ma la possono solo limitare. È necessario dunque affermare che la libertà di base rimane, e tutti abbiamo l’esperienza, nonostante i condizionamenti, che possiamo agire di nostro arbitrio.
Concesso quindi che la vera azione umana è quella libera, la morale non guarda se la nostra azione è importante o meno, se è efficace o meno, se è applaudita o meno. Ciò che conta per la morale è se l’azione che stiamo facendo è buona o cattiva. Dire quindi che le azioni sono morali o immorali equivale a dire che le azioni sono buone o cattive.
Tutte le parabole di Gesù, in particolare quella del buon samaritano (Lc 10, 30 ss.), indicano quali sono le azioni buone che vanno fatte, e quali le cattive che vanno evitate.
 
4. Di quali azioni si occupa la morale?
La morale si occupa delle azioni umane, cioè di quelle azioni che l’uomo compie con coscienza e deliberazione, e che quindi impegnano la sua libertà e la sua responsabilità.
5. Che cos’è la libertà?
La libertà è il potere, radicato nella ragione e nella volontà, di agire o di non agire, oppure di fare una cosa piuttosto che un’altra. Essa mette la persona in grado di poter comandare a se stessa.
6. Vi sono dei fattori che possono intaccare la libertà e la responsabilità dell’uomo?
La libertà e la responsabilità dell’uomo possono essere sminuite o annullate dall’ignoranza, dalla violenza, dal timore e dai vari condizionamenti psichici o sociali.
7. L’ignoranza attenua sempre la responsabilità di una colpa?
L’ignoranza attenua o addirittura toglie la responsabilità di una colpa nella misura in cui è essa stessa incolpevole.
8. Anche le passioni diminuiscono la responsabilità?
Le passioni, cioè quelle emozioni o moti della sensibilità che spingono ad agire o a reagire in modo istintivo, diminuiscono la responsabilità solo quando sono subite involontariamente. Quando invece sono alimentate volontariamente, di solito accrescono la responsabilità.
9. Qual è l’influsso delle abitudini sulla responsabilità?
Come le passioni, così anche le abitudini possono diminuire o aumentare la responsabilità a seconda che sono subite involontariamente, oppure coltivate volontariamente.
10. In base a che cosa possiamo dire che un’azione umana è buona o cattiva?
La bontà o meno di un’azione umana dipende da tre fattori: dall’oggetto, dalle circostanze e dal fine.
11. Che cos’è l’oggetto?
L’oggetto, o contenuto, è il bene, vero o presunto, su cui si porta direttamente l’azione.
12. Che cosa sono le circostanze?
Sono le varie situazioni che si aggiungono all’oggetto, o contenuto, modificandone in certa misura il valore morale.
13. Che cos’è il fine?
Il fine, detto anche intenzione, è ciò a cui tende l’uomo nel compiere una data azione.
14. In che modo questi tre fattori fanno si che un’azione umana sia buona o cattiva?
Perché una data azione sia moralmente buona devono essere buoni tutti e tre fattori.
Perché sia invece più o meno cattiva basta che sia più meno cattivo uno solo di essi.
15. Non è dunque vero che ciò che conta è solo l’intenzione?
Un’intenzione buona non può mai rendere buono ciò che è in se stesso cattivo. Il fine non giustifica i mezzi.
16. Ci sono dunque delle azioni che non è mai lecito compiere, nemmeno con le migliori intenzioni?
Nel caso in cui l’oggetto o contenuto dell’azione sia intrinsecamente cattivo non è mai lecito, neppure con le migliori intenzioni: per esempio non è mai lecito, in nessun caso, uccidere un innocente.
17. Che cos’è la coscienza?
La coscienza è il giudizio della ragione mediante il quale la persona valuta se l’azione che sta per compiere, o che ha già compiuta, è buona o cattiva.
18. Come si può qualificare la coscienza?
La coscienza può essere vera (retta) o falsa (erronea).
19. Che cosa significa questa distinzione?
La coscienza è vera o falsa a seconda che il suo giudizio concorda o meno con la verità obbiettiva della legge morale.
20. È sempre peccato andare contro la coscienza?
Si, è sempre peccato. E il peccato è grave se l’oggetto o contenuto dell’azione è giudicato grave.
21. Se si segue la propria coscienza (e quindi si è in buona fede), ma si compiono di fatto azioni oggettivamente cattive, si commette peccato?
Si commette peccato quando si è colpevoli della propria ignoranza e della conseguente incapacità di dare una corretta valutazione delle proprie azioni. E ciò di frequente, perché non tutti si preoccupano di istruirsi e di educare la loro coscienza.
22. Come si educa la propria coscienza?
Seguendo e approfondendo l’insegnamento della Chiesa, che è la nostra Madre nella Fede ed è stata incaricata da Nostro Signore Gesù Cristo di istruire i battezzati nella verità.
23. Che cosa deve fare chi si trova nel dubbio di coscienza?
Chi si trova nel dubbio di coscienza, prima di agire deve chiarire il dubbio. Non è mai lecito compiere un’azione se si dubita che essa sia un peccato.
 

LE PARABOLE DI GESU'

GESU' PARLA IN PARABOLE

Le parabole narrate da Gesù sono un contenuto particolarmente caratteristico dei Vangeli. Di per sé, il termine parabola indica la curva che un oggetto descrive quando si sposta nello spazio. In senso figurato, la parabola è una forma di discorso che vuole affermare e illustrare una verità, usando un paragone, che non è di solito un oggetto o una persona, ma un fatto, un avvenimento.
Il motivo per cui si usa la forma della parabola è solitamente quello di spiegare una verità non tanto con un ragionamento, ma con un esempio, che illumina la mente e la fantasia di chi ascolta e gli facilita la comprensione. I ragionamenti sono astratti, i racconti sono concreti; comprendendo meglio la concretezza della narrazione, si giunge ad afferrare con maggiore precisione l’insegnamento.
Gesù spiega perché usa le parabole
Possiamo pensare che Gesù abbia talvolta usato la parabola per farsi capire meglio dagli uditori, ma il vero motivo per cui Gesù usava le parabole ce lo indica egli stesso. Ne parlano Matteo (13,10-17), Marco (4,10-12) e Luca (8,9-10). Essi attribuiscono a Gesù questa spiegazione, data in occasione della prima parabola che egli narra e che si riferisce al seminatore che getta il seme in diversi terreni, ricavandone frutti più o meno copiosi. Seguiamo il testo di Matteo (da notare che tutti e tre i Sinottici pongono il motivo tra il racconto della parabola e la spiegazione che ne darà Gesù):
Si avvicinarono a Gesù i discepoli e gli dissero:
«Perché parli loro1 per mezzo di parabole?”. Rispose Gesù: “Perché a voi è dato conoscere i segreti del Regno dei Cieli, mentre a quelli non è dato. Infatti, a chi ha sarà dato e avrà in abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quel poco che pure ha. Per questo parlo loro per mezzo di parabole: essi guardano senza vedere e ascoltano senza intendere né capire”. Così si realizza per loro la profezia di Isaia che dice: “Ascolterete ma senza comprendere; guarderete ma senza vedere. Perché la mente di questo popolo si è fatta ottusa; si sono turati gli orecchi e hanno chiuso gli occhi per non dover vedere con gli occhi, udire con le orecchie, capire con la mente e ritornare a me (dice il Signore). Io li avrei guariti!”.
Beati invece voi, perché i vostri occhi vedono e le vostre orecchie intendono! Ve l’assicuro, molti profeti e molti giusti, pur desiderandolo, non hanno veduto ciò che voi vedete e non hanno udito ciò che voi udite».
Accogliere per comprendere
Gesù è venuto sulla terra per dirci tutta la verità su Dio e sul Regno di Dio. In fondo, siamo stati creati proprio per questo! Siamo stati fatti “a immagine e somiglianza di Dio” (cf Genesi 1,26), proprio per poter comprendere il perché della nostra esistenza e del nostro stesso destino, e per poter giungere, così, a partecipare alla stessa vita di Dio, vedendolo “faccia a faccia”. Ma un dono così grande, diciamo pure infinito – che spiega tutta la creazione e tutta la storia – non può essere dato se non a chi dimostra di volerlo accogliere con cuore sincero e generoso. Ecco perché Gesù – è ancora Matteo che ce lo riferisce – si esprime così rivolgendosi al Padre: “Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose (i Misteri del Regno dei Cieli) ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, è così che tu hai voluto nella tua benevolenza” (Matteo 11,25-26).
Gesù è venuto nel mondo per rivelarci i Misteri di Dio, ma molti esseri umani – nel loro orgoglio e nella loro presunzione – hanno chiuso gli occhi davanti alla verità. Per questo motivo il Signore non ha potuto accoglierli. Ancora oggi, c’è tantissima gente che si permette di giudicare Dio e di accettarlo solo e in quanto essi, povere creature, lo giudicano credibile. È questo l’immenso dramma della storia. Se la verità di Dio stenta a diffondersi, non è a motivo della infinita superiorità dei Misteri, ma per la cocciutaggine dei superbi che non accettano i paradossi di Dio, cioè quegli insegnamenti che – per la loro infinita superiorità – noi non riusciamo a comprendere, se non siamo piccoli e umili.
Di fronte a questa opposizione, che fu già presente in vari momenti della storia di Israele e che fu combattuta dai profeti, non ultimo Isaia, di cui Gesù stesso cita le parole, Gesù ha un solo modo di reagire: si rivolge ai piccoli e agli umili, e questi lo accolgono.

La pedagogia delle parabole
Analizziamo la mente e il cuore di coloro che si fidano solo di se stessi e non accettano la verità come regola del sapere e dell’agire: essi cercano solo di emergere e di affermarsi; nel giudicare fatti e parole si lasciano guidare dalla propria presunzione e si danno ragione da se stessi. Non accettano di lasciarsi guidare da Dio.
Le parabole – attraverso il racconto di fatti facilmente riconoscibili – mettono in evidenza la logica della verità, cioè la logica di Dio sommo Bene e unico Creatore, la logica che è alla base e nel cuore di tutto il creato, e dell’agire dell’uomo retto (che accoglie Dio con tutto il suo essere).

Così, accettando gli insegnamenti offertici dalle parabole, noi arriviamo a penetrare nel Cuore di Cristo, a partecipare ai doni di Dio! Le parabole non sono un sotterfugio per nascondere le verità difficilmente accettabili! Al momento buono, Gesù parla senza parabole, con estrema chiarezza e senza timore di crearsi dei nemici (che lo condurranno fino alla morte di croce). Ma prima occorre preparare il terreno e suggerire sincere, gioiose e generose disposizioni.
Anche l’affermazione di Gesù «A chi ha sarà dato e sarà dato in abbondanza, e a chi non ha sarà tolto anche quel poco che crede di avere» deve farci riflettere: tutto il vero, il giusto, il buono, a noi è “dato”, non siamo noi a conquistarcelo con i nostri mezzi! È così bello riconoscere il “dono” di Dio... e lodarlo e benedirlo in eterno!
Con questo animo, riusciremo a entrare non solo nel cuore di ogni parabola, ma nel cuore stesso di Cristo, che nelle parabole ci dà una viva immagi-
ne della sua sapienza e del suo amore!
                                                                                   
Don Rodolfo Reviglio
1 Gesù distingue due tipi di uditori: i suoi discepoli (gruppo più ristretto, cioè gli apostoli e altri che lo seguivano di frequente) e la folla, nella quale erano presenti e attivi gli scribi e i farisei.

Giovanni Paolo II

Biografia

Giovanni Paolo II è stato il 264° Papa (263° Successore di Pietro).

Karol Józef Wojtyła, eletto Papa il 16 ottobre 1978, nacque a Wadowice, città a 50 km da Cracovia, il 18 maggio 1920.
Era il secondo dei due figli di Karol Wojtyła e di Emilia Kaczorowska, che morì nel 1929. Suo fratello maggiore Edmund, medico, morì nel 1932 e suo padre, sottufficiale dell’esercito, nel 1941.
A nove anni ricevette la Prima Comunione e a diciotto anni il sacramento della Cresima. Terminati gli studi nella scuola superiore Marcin Wadowita di Wadowice, nel 1938 si iscrisse all’Università Jagellónica di Cracovia.
Quando le forze di occupazione naziste chiusero l’Università nel 1939, il giovane Karol lavorò (1940-1944) in una cava ed, in seguito, nella fabbrica chimica Solvay per potersi guadagnare da vivere ed evitare la deportazione in Germania.
A partire dal 1942, sentendosi chiamato al sacerdozio, frequentò i corsi di formazione del seminario maggiore clandestino di Cracovia, diretto dall’Arcivescovo di Cracovia, il Cardinale Adam Stefan Sapieha. Nel contempo, fu uno dei promotori del "Teatro Rapsodico", anch’esso clandestino.
Dopo la guerra, continuò i suoi studi nel seminario maggiore di Cracovia, nuovamente aperto, e nella Facoltà di Teologia dell’Università Jagellónica, fino alla sua ordinazione sacerdotale a Cracovia il 1 novembre 1946. Successivamente, fu inviato dal Cardinale Sapieha a Roma, dove conseguì il dottorato in teologia (1948), con una tesi sul tema della fede nelle opere di San Giovanni della Croce. In quel periodo, durante le sue vacanze, esercitò il ministero pastorale tra gli emigranti polacchi in Francia, Belgio e Olanda.
Nel 1948 ritornò in Polonia e fu coadiutore dapprima nella parrocchia di Niegowić, vicino a Cracovia, e poi in quella di San Floriano, in città. Fu cappellano degli universitari fino al 1951, quando riprese i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1953 presentò all’Università cattolica di Lublino una tesi sulla possibilità di fondare un’etica cristiana a partire dal sistema etico di Max Scheler. Più tardi, divenne professore di Teologia Morale ed Etica nel seminario maggiore di Cracovia e nella Facoltà di Teologia di Lublino.
Il 4 luglio 1958, il Papa Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Ombi e Ausiliare di Cracovia. Ricevette l’ordinazione episcopale il 28 settembre 1958 nella cattedrale del Wawel (Cracovia), dalle mani dell’Arcivescovo Eugeniusz Baziak.
Il 13 gennaio 1964 fu nominato Arcivescovo di Cracovia da Paolo VI che lo creò Cardinale il 26 giugno 1967.
Partecipò al Concilio Vaticano II (1962-65) con un contributo importante nell’elaborazione della costituzione Gaudium et spes. Il Cardinale Wojtyła prese parte anche alle 5 assemblee del Sinodo dei Vescovi anteriori al suo Pontificato.
Viene eletto Papa il 16 ottobre 1978 e il 22 ottobre segue l'inizio solenne del Suo ministero di Pastore Universaledella Chiesa.
Dall’inizio del suo Pontificato, Papa Giovanni Paolo II ha compiuto 146 visite pastorali in Italia e, come Vescovo di Roma, ha visitato 317 delle attuali 332 parrocchie romane. I viaggi apostolici nel mondo - espressione della costante sollecitudine pastorale del Successore di Pietro per tutte le Chiese - sono stati 104.
Tra i suoi documenti principali si annoverano 14 Encicliche, 15 Esorta-zioni apostoliche, 11 Costituzioni apostoliche e 45 Lettere apostoliche. A Papa Giovanni Paolo II si ascrivono anche 5 libri: "Varcare la soglia della speranza" (ottobre 1994); "Dono e mistero: nel cinquantesimo anniversario del mio sacerdozio" (novembre 1996); "Trittico romano", meditazioni in forma di poesia (marzo 2003); "Alzatevi, andiamo!" (maggio 2004) e "Memoria e Identità" (febbraio 2005).
Papa Giovanni Paolo II ha celebrato 147 cerimonie di beatificazione - nelle quali ha proclamato 1338 beati - e 51 canonizzazioni, per un totale di 482 santi. Ha tenuto 9 concistori, in cui ha creato 231 (+ 1 in pectore) Cardinali. Ha presieduto anche 6 riunioni plenarie del Collegio Cardinalizio.
Dal 1978 ha convocato 15 assemblee del Sinodo dei Vescovi: 6 generali ordinarie (1980, 1983, 1987, 1990; 1994 e 2001), 1 assemblea generale straordinaria (1985) e 8 assemblee speciali (1980, 1991, 1994, 1995, 1997, 1998 [2] e 1999).
Nessun Papa ha incontrato tante persone come Giovanni Paolo II: alle Udienze Generali del mercoledì (oltre 1160) hanno partecipato più di 17 milioni e 600mila pellegrini, senza contare tutte le altre udienze speciali e le cerimonie religiose (più di 8 milioni di pellegrini solo nel corso del Grande Giubileo dell’anno 2000), nonché i milioni di fedeli incontrati nel corso delle visite pastorali in Italia e nel mondo; numerose anche le personalità governative ricevute in udienza: basti ricordare le 38 visite ufficiali e le altre 738 udienze o incontri con Capi di Stato, come pure le 246 udienze e incontri con Primi Ministri.
Muore a Roma, nel suo alloggio nella Città del Vaticano, alle ore 21.37 di sabato 2 aprile 2005. I solenni funerali in Piazza San Pietro e la sepoltura nelle Grotte Vaticane seguono l'8 aprile.


Segreto di Fatima e Attentato di Giovanni Paolo II 

Di seguito, alcuni estratti del volume “Una vita con Karol”, la straordinaria testimonianza del Cardinale Stanislaw Dziwisz, l’uomo che per vari decenni è stato l’ombra di Wojtyła.
Pubblicato dalla Rizzoli e dalla Libreria Editrice Vaticana, il volume di memorie dell’attuale Arcivescovo di Cracovia è una lunga conversazione col giornalista Gian Franco Svidercoschi.
I passaggi sono estratti dal capitolo 19 (“Quei due colpi di pistola”), dal capitolo 20 (“Ma chi ha armato la mano?”) e dal capitolo 26 (“E cadde il Muro”).
* * *
Ecco come don Stanislao racconta la “scoperta” di una relazione tra l'attentato del 13 maggio 1981 e il terzo segreto di Fatima
Per la verità, a Fatima Giovanni Paolo II non aveva mai pensato nei giorni immediatamente successivi all'attentato. Solo più tardi, dopo essersi ripreso e aver riacquistato un po' le forze, aveva cominciato a riflettere su quella a dir poco singolare coincidenza. Sempre il 13 maggio! Un 13 maggio, nel 1917, il giorno della prima delle apparizioni della Vergine a Fatima, e un 13 maggio il giorno in cui avevano tentato di ucciderlo.
Alla fine, il Papa si decise. Domandò di poter vedere il terzo «segreto», che era conservato nell' Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede. E il18 luglio, se non vado errato, l'allora prefetto della Congregazione, il cardinale Franjo Seper, consegnò due buste - l'una con il testo originale di suor Lucia in portoghese, l'altra con la traduzione in italiano - a monsignor Eduardo Martinez Somalo, Sostituto della Segreteria di Stato, il quale le portò al Gemelli. Erano i giorni del secondo ricovero in ospedale. Fu lì che il Santo Padre lesse il «segreto», e, una volta letto, non ebbe più dubbi. In quella «visione» aveva riconosciuto il proprio destino; si convinse che la vita gli era stata salvata, anzi, gli era stata nuovamente donata grazie all'intervento della Madonna, alla sua protezione.
Sì, è vero, il «vescovo vestito di bianco» era stato ucciso, come riferito da suor Lucia; mentre Giovanni Paolo II era scampato a una morte quasi certa. E allora? Non poteva invece voler dire proprio questo? Che i percorsi della storia, dell' esistenza umana, non sono per forza prestabiliti? E dunque, che esiste una Provvidenza, una «mano materna», capace anche di far «sbagliare» chi ha puntato la sua pistola con la sicurezza di uccidere?
«Dna mano ha sparato e un'altra ha guidato la pallottola» diceva il Santo Padre. E oggi quella pallottola, resa per sempre «innocua», è incastonata nella corona della statua della Madonna di Fatima.
[Pagg. 121-122]

Chi ha armato la mano di Alì Agca
Alì Agca era un killer perfetto. Mandato da chi giudicava che il Papa fosse pericoloso, scomodo. Da chi aveva paura di lui, di Giovanni Paolo II. Da chi si era immediatamente spaventato, tanto spaventato, all'annuncio che era stato eletto un Papa polacco. E dunque? Come non pensare al mondo comunista? Come non arrivare, risalendo su su a chi aveva deciso l'attentato, come non arrivare, almeno in linea di ipotesi, al Kgb? Bisogna tenere presenti tutti gli elementi di quello scenario. L'elezione di un Papa inviso al Cremlino; il suo primo ritorno in Patria; l'esplosione di Solidarnosc. Oltretutto, in quel momento, la Chiesa polacca stava perdendo il suo grande primate, il cardinale Wyszynski, ormai in fin di vita. Ecco: non porta tutto verso quella direzione? Le vie, anche se diverse, non conducono verso il Kgb?
( ... ) Infatti non si credeva alla «pista bulgara», né a tante altre ricostruzioni messe in giro. Come quella relativa alla scomparsa di Emanuela Orlandi, in cui la stampa, con l'aiuto di qualche mitomane, voleva per forza accreditare l'ipotesi di una connessione con l'attentato, con il Vaticano, con il Papa. Ma non c'era nessun collegamento oggettivo, diretto o indiretto. Di vero c'era solo l'angoscia del Santo Padre per la sorte di quella povera ragazza, e la sua cristiana solidarietà per la famiglia così in pena.
[Pagg. 125-126]

La caduta del Muro di Berlino nel 1989 e le rivelazioni di Fatima
Giovanni Paolo II non se lo aspettava. Sì, certo, riteneva che quel «sistema», in quanto socialmente ingiusto ed economicamente inefficiente, fosse destinato, prima o poi, a crollare. Ma l'Unione Sovietica restava pur sempre una potenza geopolitica, militare, nucleare. E perciò, non considerandosi un profeta, come diceva scherzando, il Santo Padre non si attendeva che la caduta del comunismo avvenisse tanto presto. E, soprattutto, che il movimento di liberazione potesse essere così rapido e incruento.
( ... ) Il Santo Padre la considerava una delle più grandi rivoluzioni della storia. Anzi, leggendola in una dimensione di fede, la accolse come un intervento divino. Come una grazia. Per lui, la caduta del comunismo e la liberazione delle nazioni dal giogo del totalitarismo marxista erano indubbiamente legate alle rivelazioni di Fatima, all'affidamento del mondo e in particolare della Russia alla Madonna, come Lei stessa aveva chiesto alla Chiesa e al Papa. «Se accetteranno le mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo ... » c'era scritto nelle prime due parti del «segreto».
E così, il 25 marzo 1984, in piazza San Pietro, davanti alla statua della Madonna portata appositamente da Fatima, e in unione spirituale con tutti i vescovi del mondo, Giovanni Paolo II aveva compiuto l'atto di consacrazione a Maria. Senza nominare espressamente la Russia, ma alludendo chiaramente alle nazioni che «hanno particolarmente bisogno». Era stato così realizzato il desiderio della Madonna. E, proprio allora, erano cominciati i primi episodi di sgretolamento del mondo comunista.

Riflessioni

[...] La santità è il dono di Dio, ma è anche il compito dell’uomo. Quel quotidiano superare se stessi e i propri limiti, quella sorprendente domanda «Lo dici a me? », colta sulla bocca di Matteo, che ci fa arrossire. Una domanda che ci fa sentire rivestiti della fiducia di Dio, che ci spaventa e che però ci mette anche le ali... Ecco la fatica di essere uomo e l’affascinante sfida di vivere da santo!
[...] Nella vita pratica la fatica di perseverare nel bene e di ritrovare la forza quotidiana in Colui che ci rinnova la sua fiducia, si esprime nella realizzazione delle virtù. Ogni ritratto di santità è un mosaico delle virtù, è un mescolarsi di fede, di speranza e di carità, un pieno di prudenza, di giustizia, di fortezza, di temperanza, un gareggiare tra povertà, castità, obbedienza ed umiltà.

 

PREGARE BENE





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PREGARE BENE

Tre maniere di recitare bene una preghiera

Anche a questo proposito scegliamo la ripartizione in tre punti, seguendo S. Tommaso d'Aquino:


Badare alla retta  pronunzia delle formule.

Seguire con la mente le parole che si pronunziano.

Tenersi alla presenza di Dio nella maniera che ci resta più facile in quel momento.



Per prima cosa, dunque, l'impegno di pronunziare correttamente le parole di cui ci si serve, adattandoci al ritmo che seguono i vicini a noi, evitando accelerazioni improvvise e lungaggini noiose nelle finali.  Prudenza consiglia di non alzare il volume della voce, allo scopo di percepire meglio la recita degli altri, e così scandire insieme sillabe e parole. Fare diversamente crea sconcerto e disordine, che distraggono i presenti.

Seconda cosa consiste nel seguire con la mente le parole di cui si serve la preghiera.
È risaputo che la nostra attenzione, durante la preghiera, non regge più di qualche minuto e che oggi è assai più difficile che in altre epoche mantenere ferma la mente su di un punto o un altro di riflessione.

D'altronde, se uno provasse a ripetere una preghiera nella quale si è distratto, finirebbe di distrarci anche prima... E sufficiente riprendere dal punto dove ci si è accorti di esserci divagati.

In proposito, si tenga presente che la preghiera personale, o comunitaria è resa valida dall'intenzione, non dall'attenzione.



 La prima deriva dalla volontà ed è questa che conta nell'attività umana. La seconda procede dalla mente: va raccomandata, ma non determina, o compromette la validità di un atto, nel nostro caso, della preghiera.
Per cui, parlare di distrazioni volontarie o involontarie, è un discorso poco esatto. Distrazione, ripetiamolo, richiama la mente, non la volontà. Se preghi, è segno che vuoi pregare. Quindi c'è volontà di pregare, anche se la mente si è distratta.
In ogni caso, è assai utile farsi carico di ridurre le divagazioni della giornata, specialmente nell'avvicinarsi del tempo stabilito per la preghiera


Non è immaginabile che si possano bloccare pensieri assillanti e tensioni particolar¬mente intense, davanti alla porta della chiesa o al momento di fermarsi in casa, per dedicarsi al colloquio con Dio.

IL TUO VOLTO

 
 
Di te ha detto
il mio cuore:

"Cercate il suo volto";
il tuo volto, Signore,
io cerco.
Non nascondermi
il tuo volto,
non respingere con ira
il tuo servo.

(Salmo 27,8-9)

"Il mio Signore sei tu"




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"Il mio Signore sei tu"
(Sal 16/15)



È da sempre che l'uomo si interroga su Dio. Ma la do¬manda e la risposta acquistano tutta la loro valenza e una ineludibile attualità solo quando toccano "la carne e il sangue" cioè quando diventano "esperienza" e diretta¬mente ti toccano il cuore. Chi è Dio per te? Il Salmo 16/15 racconta proprio questa esperienza.

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 Forse un sacerdote del tempio Gerusalemme o un le¬vita del culto; oppure un convertito o un cercatore di Dio giunge a chiedersi: Ma oltre gli idoli che ho onorato e mi hanno deluso; oltre gli dei stranieri che ho invoca¬to; oltre i luoghi sacri che ho visitato c'è qualcuno capa¬ce di far gioire il mio cuore, di dare esultanza alla mia anima, riposo al mio corpo e, soprattutto, di affrancarmi dalla morte e dischiudere i sentieri immortali della vita? Ha scritto Sóren Kierkegaard, il grande pensatore danese:
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«Quando stanco di tutti i mutamenti umani, temporali e terrestri, stanco della propria incostanza, tu giungi ad augurarti di trovare un luogo in cui riposare la tua testa stanza, i tuoi pensieri stanchi, il tuo cuore stan¬co, un luogo in cui riposarti e distenderti: oh, è nell'im-mutabilità di Dio che si trova il riposo! Se tu ti lasci edu¬care dalla sua immutabilità in modo da rinunziare all'in¬consistenza, al capriccio e alla tua stessa volontà, allora riposerai per sempre con maggior confidenza e con mag¬gior felicità nell'immutabilità di Dio».

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È proprio questa l'esperienza cantata dal Salmo ed è da questo drammatico carcere che emerge la gioiosa scoperta che diventa confessione di fede: "il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene". E non è solo un'afferma¬zione.  È una fede, è una esperienza, è una ragione di vi¬ta. "11 Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita ...Io pongo sempre davanti a me il Signo¬re, sta alla mia destra, non posso vacillare". Così la scoperta, l'incontro si trasformano in purissi¬ma esperienza mistica: l'amicizia con Dio, la vicinanza con lui, la felicità del credere e la comunione indistrutti¬bile che vince perfino la morte.
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La spettro terribile della "fossa", che vorrebbe affer¬rare l'uomo, è annientato dalla presenza di Dio che mai abbandonerà l'uomo alla corruzione: "anche se vado per una valle oscura - canta un altro salmo (23/22) - non te¬mo alcun danno, perché tu sei con me".
Ed è Dio che guida sul cammino della vita: è Dio che svela il suo volto; è Dio che, con la sua destra, ripara, custodisce e conduce alla risurrezione. S. Pietro e S. Paolo hanno letto questo salmo e vi hanno colto la propria vicenda del Signore Gesù che passa dalla morte alla vita (cfr. At 2, 22-36; At 13, 14¬43). La risurrezione di Cristo è la prova grande e insupe¬rabile che Dio è Dio e che è il nostro, il mio Dio!
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Anche S. Teresa di Gesù, nel suo cammino di perfe¬zione, ne ha fatto l'esperienza e ha scritto: «Nulla manca a chi possiede Dio: Dio solo gli basta». Ma questo si ve¬rifica quando per noi Dio è Dio e non un idolo! ~
LORENZO CHIARINELLI
Vescovo di Viterbo


Gocce di vita

“Se voi amate solo
quelli che vi amano,
che merito ne avete?
Voi invece amate
i vostri nemici,
fate del bene…
La vostra ricompensa
sarà grande”.
(Lc. 6,32)

Credo in un solo Dio

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"Egli è uno solo" 
Sarebbe stato sufficiente proclamare: "Crediamo che Dio esiste". Punto e basta. Invece, quando fu formulata, nel sec. IV°, era ancora presente il politeismo pagano, cioè la credenza che ci fossero molti dei, sia in rapporto alla diversità dei popoli, che ai gesti e alle esigenze religiose dei vari individui.
Costantino aveva appoggiato energicamente il Cristianesimo, a debellare tante aberrazioni religiose dell'Impero romano; la Chiesa era giunta ancora più in là dei confini dell'impero, proclamando dappertutto che il culto degli dei era una insensatezza, perché Dio è uno solo. Ma resistevano le campagne. Resistevano ancora più accanitamente molti intellettuali, mortificati dall'atteggiamento intransigente del potere imperiale, che quasi imponeva  il Cristianesimo.
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Allora i Padri del Concilio, anzi dei due Concili ecumenici, fra i primi e più importanti della Chiesa, dichiararono esplicitamente che noi professiamo la fede "in un solo Dio", come del resto credevano anche gli ebrei. Uno solo e non molti, perché anche i popoli pagani più elevati in civiltà, a cominciare dagli egiziani, sumeri, accadi, persiani, fino ai greci, agli etruschi e ai romani, sembra che, tutto sommato, ammettessero un dio supremo in cima al loro "pantheon".

Fra gli egiziani, c'era una coppia, Osiride e Iside, che erano fratello e sorella, sposo e sposa. Tra i Fenici si era su quella linea. Nel pantheon romano Giove era il dio degli dei, come nell' Etruria Veltumnu. Cicerone, a titolo personale, irrideva alla credenza popolare in tanti dei, per quanto era convinto, con i grandi filosofi greci, che il vero dio non potesse essere che uno solo.
Si narra che, al momento di essere trucidato, abbia gridato: "Causa causarum, miserere mei!"  “O Causa delle cause (Dio),  abbi pietà di me!”.
Ma si trattava di casi isolati e, comunque, infarciti di tanta confusione superstiziosa.

Tempo fa, un pensatore indiano affermava che dire "Dio è uno solo", potrebbe dare l'impressione d'immettere la divinità nella tavola pitagorica, dove uno esclude due, tre, ecc. Mentre in Dio non ci sono esclusioni, essendo Lui il tutto. Difatti anche la Chiesa afferma più volte che noi crediamo nell’unico vero Dio.
Ecco: forse "Unico" esprimerebbe con maggiore esattezza ciò che la fede cristiana ci rivela di Lui. Comunque, sui modi di esprimerci, in campo di fede, è sempre bene attenersi alle formule omologate dalla Chiesa, dopo tanti sforzi,  per chiarire, precisare ciò che Dio ci ha rivelato di se stesso, attraverso il Figlio suo, Gesù Cristo. Il Cristianesimo, dunque, è una delle religioni "monoteiste", anzi la più estesa.
Gesù, nato, vissuto e morto per la nostra salvezza eterna.
Riassumendo tutto il discorso, affermiamo con la fede della Chiesa, che noi crediamo in un solo Dio, nel senso che Lui è unico, l'essere perfettissimo, al di fuori del quale non c'è nulla, anche perché non esiste un "al di fuori" di Lui. Vedremo che è il Creatore di tutte le cose, il Redentore dell'umanità, mediante il suo Figlio.
PADRE BERNARDINO BORDO

Il fiume e il deserto




Un fiume, durante la sua tranquilla corsa verso il mare,
giunse a un deserto e si fermò

Davanti ora aveva solo rocce disseminate di anfratti e caverne nascoste,
dune di sabbia che si perdevano nell'orizzonte
Il fiume fu attanagliato dalla paura

"E' la mia fine
Non riuscirò ad attraversare questo deserto
La sabbia assorbirà la mia acqua e io sparirò
Non arriverò mai al mare
Ho fallito tutto", si disperò

Lentamente, le sue acque cominciarono a intorpidirsi
Il fiume stava diventando una palude e stava morendo

Ma il vento aveva ascoltato i suoi lamenti e decise di salvargli la vita

"Lasciati scaldare dal sole, salirai in cielo sotto forma di vapor acqueo
Al resto penserò io", gli suggerì

Il fiume ebbe ancor più paura
"Io sono fatto per scorrere fra due rive di terra, liquido, pacifico e maestoso
Non sono fatto per volare per aria"

Il vento rispose:
"Non aver paura
Quando salirai nel cielo sotto forma di vapor acqueo, diventerai una nuvola
Io ti trasporterà di là del deserto
e tu potrai cadere di nuovo sulla terra sotto forma di pioggia,
e ritornerai fiume e arriverai al mare"

Ma il fiume aveva troppa paura e fu divorato dal deserto


Molti esseri umani hanno dimenticato che c'è un modo solo
per superare gli improvvisi deserti dei sentimenti
e le aridità feroci che sbarrano talvolta il tranquillo fluire dell'esistenza

E' la vita spirituale

E' lasciarsi trasformare dal Sole che é Dio e trasportare dal Vento dello Spirito
Ma é un rischio che pochi accettano di correre

Perchè come dice Gesù,
"il vento soffia dove vuole: uno lo sente,
ma non può dire da dove viene né dove va" ...

Pace Spirituale in un Mondo instabile

in tempi così incerti, come puoi trovare la pace interiore anzichè che essere sopraffatto dalle preoccupazioni e dall’ansia?

Nonostante quello che accade nel mondo e nelle nostre vite private, esiste un luogo in cui trovare stabilità? Siamo in grado di guardare al futuro con speranza, nonostante le circostanze della vita e del mondo? Al giorno d’oggi molti studenti identificano Dio come un valore costante nelle loro vite. Il mondo che ci circonda è in continuo cambiamento, Dio è immutabile. Egli é costante, affidabile. Egli afferma, “C’è forse un dio all’infuori di me o una roccia che io non conosca?” perché “Io sono il Signore, non cambio.”{1) Dio è sempre lì, possiamo contarci. Egli è “lo stesso ieri, oggi e sempre.”{2) Possiamo conoscere Dio, e attraverso Lui otterremo la pace spirituale, ponendo i nostri cuori su una base solida e sicura.

È possibile una pace interiore?

Heather, una laureata di Stanford, ci dà la sua testimonianza: “Avere un’amicizia vera con Dio è una realtà quotidiana straordinaria e bella. È “un’amicizia cosmica”, che non venderei per niente al mondo. Mi sento conosciuta e amata a tal punto che spero solo di riuscire a comunicarlo in maniera sufficiente.”
Steve Sawyer, uno studente emofiliaco, cercava la pace dello spirito, quando scoprì di aver contratto il virus dell’HIV con una trasfusione di sangue infetto. All’inizio Steve era disperato. Accusava Dio. Poi lo ha conosciuto. Risultato: negli ultimi pochi anni della sua vita, Steve ha visitato un numero infinito di college (con grande sofferenza), con l’unico intento di proclamare agli studenti come conoscere Dio e trovare quella pace spirituale di cui lui stesso aveva fatto esperienza. Dio ha detto, “Vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.” “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo.”{3}
Come Steve, altri studenti hanno imparato che non importa quello che accade in questa vita, perché non è “la fine del mondo”: questo mondo non è la fine di tutto.

Il Dio delle trincee

Ammettiamolo, molte persone aspettano tempi veramente duri prima di incontrare Dio. Un cappellano militare della Seconda Guerra Mondiale, spiegava che “Non esistevano atei nelle trincee.” Quando la vita è rosea, nessuno sente il bisogno di avvicinarsi a Dio. Invece ciò accade più spesso quando la vita diventa confusionaria, quando realizziamo di “essere in trincea”.
Caryn, una studentessa della Virginia, spiega così il suo cammino verso Dio: “Pensavo di essere cristiana perché andavo in chiesa la domenica, ma non avevo idea di chi fosse Dio. Il mio ultimo anno al liceo non era diverso dai primi tre. Passavo la maggior parte del tempo a bere, molto, o a trovare un modo per farmi amare da qualcuno. Stavo morendo dentro, e non avevo piùil controllo della mia vita. Proprio nel momento in cui volevo porre fine alla mia vita, appena uscita dal liceo, compresi che dovevo trovare una speranza. Allora ho chiesto a Dio di entrare nella mia vita. Mi ha mostrato amore, sicurezza, perdono, aiuto, conforto, accoglienza ed uno scopo nella vita. Egli é la mia forza, e se non fosse per Lui oggi non sarei qui.”
Chi sa cosa accadrà nel prossimo futuro? Molti studenti si sentono in trincea. La vita può essere una battaglia. La nostra pace spirituale può essere scossa violentemente. In quei momenti, quando ci si sente di vivere in un inferno, si cerca di raggiungere Dio. Va bene, perché Dio, costantemente, è lì e vuole essere coinvolto nelle nostre vite. Dice infatti: “Io, io sono il Signore, fuori di me non v’è salvatore.” “Volgetevi a me e sarete salvi, perché io sono Dio; non ce n’è altri.”{4}
Si, possiamo pensare a Dio come ad una stampella che ci sorregge, ma può avere anche questa funzione ed è l’unico ad esserne legittimato.

Le trincee invisibili

Qualcuno, tuttavia, si rivolge a Dio anche quando le cose sembrano andare bene. Ce lo dice John, uno studente texano: “All’ultimo anno di liceo, avevo ottenuto ogni cosa che, secondo le persone a me care, mi avrebbe riempito la vita – ero responsabile delle attività nel campus, il piùdesiderato nelle feste, avevo il massimo dei voti e tutte le ragazze che volevo. Riuscivo a realizzare ogni mio desiderio. Tuttavia ero sempre insoddisfatto. Qualcosa continuava a mancarmi e non sapevo dove cercare. Naturalmente nessuno dei miei amici sapeva come mi sentivo davvero.”
Anche quando le cose sembrano andare bene, a volte la vita presenta qualche “trincea” – invisibile esteriormente, ma che si sente nel cuore. Becky, una studentessa dell’Illinois, descrive questa sensazione così: “Quante volte hai pensato che la tua vita sarebbe stata felice e completa con quel vestito, con quel ragazzo o con quel viaggio? E quante volte hai fatto tutte queste cose, sentendoti piùvuota di prima un minuto dopo?”
Non abbiamo bisogno di fallimenti o tragedie per cadere in trincea. Molto spesso la mancanza di pace è la semplice conseguenza di una vita senza Dio. Becky afferma di aver iniziato a conoscere Dio, “Da quel momento ho avuto molti momenti duri e molti dolori nella mia vita, ma ogni mia azione ha una prospettiva diversa, sapendo di avere al mio fianco un Dio amorevole ed eterno. Sento che non esiste niente che non possa fare con Dio al mio fianco. – e finalmente ho trovato quel senso di completezza che cercavo da sempre.”
Se Dio entra nelle nostre vite, possiamo trovare facilmente la pace. E se lo conosciamo e leggiamo le sue parole nella Bibbia, possiamo ottenere la pace interiore. Siamo in grado di osservare la vita da un punto di vista vantaggioso, protetti dalla sua fedeltà e dalla sua abilità nel prendersi cura di noi. Insomma non importa cosa porterà il futuro, la nostra speranza in Dio è costante. Egli sta aspettando di manifestarsi nella nostra vita se ci rivolgiamo a Lui e lo cerchiamo.

La vera pace interiore – costruire sulla Roccia

Stai costruendo qualcosa nella tua vita? Che tu ci creda o no, tutti lo fanno. Ognuno di noi ha un’idea, una passione piùgrande delle altre, in cui ripone le proprie speranze, la propria fiducia. Forse crediamo semplicemente in noi stessi – “So che posso avere successo nella vita se mi impegno duramente”- o uno stile di vita – “Sarebbe stupendo fare un sacco di soldi”- o ancora un tempo futuro – “Nel futuro cambieranno molte cose.”
Dio ha un punto di vista differente. Ritiene che riporre le proprie speranze in noi stessi, negli altri o in tutto ciò che offre il mondo, consiste nel costruire su fragili fondamenta. Vuole invece che crediamo in Lui. Dice, “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande”{5}
È ragionevole far entrare Dio nelle nostre vite quando arrivano dei momenti critici. Ma lo scopo di Dio è riempire la nostra esistenza indipendentemente dalle circostanze. Vuole avere un’influenza positiva su ogni suo aspetto. Quando facciamo affidamento su Lui e sulle due parole, costruiamo la nostra casa sulla Roccia.

La massima pace spirituale

Qualcuno pensa di sentirsi sicuro avendo un padre milionario, o sapendo di poter ottenere ottimi voti scolastici. Avere un’amicizia con Dio è una sicurezza ancora piùgrande.

Dio è potente. Diversamente da noi, Dio sa cosa accadrà domani, la prossima settimana, il prossimo anno o ancora tra dieci anni. Egli afferma, “Io sono Dio, e nulla è uguale a me. Io annuncio la fine, fin dal principio.”{6) Lui sa cosa accadrà nel futuro. Ma, cosa più importante, sa cosa accadrà nella vostra vita, e sarà con voi, in quei momenti, se deciderete di renderlo partecipe. Egli afferma che può essere “Nostro rifugio e forza, un aiuto sempre vicino nelle angosce.”{7) Ma dobbiamo compiere uno sforzo sincero per cercarlo. Dice, “Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il cuore.”{8}
Ciò non significa che chi conosce Dio non affronta momenti difficili. Al contrario. Se nel futuro la nostra nazione sarà bersaglio di attacchi terroristici, anche i credenti non saranno esclusi da tali minacce. Ma la presenza di Dio darà loro pace e sicurezza. Un seguace di Gesù Cristo la mette in questo modo: “Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi.”{9) La realtà stessa ci avverte che ci confronteremo con molti problemi. Tuttavia, l’amicizia con Dio ci farà reagire con una prospettiva differente, e con una forza superiore alla nostra. Nessun problema può essere insormontabile per Dio, egli è piùgrande di tutte le disgrazie che ci colpiscono, e non ci lascia soli in balia degli eventi.

Dio ci ama. Il grande potere che Dio può mostrarci è sempre legato al suo profondo amore. Il futuro potrebbe portare una pace mondiale mai vista prima, oppure sarà potrebbero esserci ancora più odio, violenza, divorzi, etc. In entrambi i casi, nessuno ci può amare come Dio. Egli si prende cura di noi come nessun altro. La sua Parola ci dice, “Buono è il Signore, un asilo sicuro nel giorno dell’angoscia. Conosce quelli che confidano in lui.”{10) “gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché Egli ha cura di voi.”{11) E, “Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere. Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero. Appaga il desiderio di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva.”{12}
GesùCristo disse ai discepoli queste parole confortanti: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete piùdi molti passeri!”{13) Se ti rivolgi a Dio, Egli si prenderà cura di te come nessun altro, in un modo unico e speciale.

La pace dello spirito attraverso Dio

Non sappiamo cosa porterà il prossimo futuro. Se arriveranno momenti difficili, Lui sarà accanto a noi. Se invece saranno tempi sereni, avremo bisogno di Dio per soddisfare quella pace interiore che dà un significato concreto alle nostre vite.
Quando ogni cosa è stata detta o fatta, cosa importa più di tutto? Non essere separati da Dio. Conosciamo Dio? Ci conosce? Lo abbiamo cacciato dalle nostre vite? O lo abbiamo accolto nel nostro cuore? Attraverso la sua amicizia, vedremo la vita secondo un’altra prospettiva e con speranza. Possiamo trovare la pace spirituale in ogni circostanza.
Perché Dio deve essere al centro delle nostre vite? Perché non esiste una pace o una speranza concreta, reale, senza di Lui. Noi non siamo Dio, non siamo Lui. Dio non dipende da noi, al contrario noi DOBBIAMO noi dipendere da Lui. Ci ha creati per avere bisogno di Lui. Sarebbe inutile provare a vivere senza accoglierlo in noi.
Dio vuole farsi trovare. Vuole avere un’amicizia con noi, ed essere coinvolto nelle nostre vite. Ma c’è un problema: lo abbiamo rifiutato tutti. Ce lo dice la Bibbia: “Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada.”{14) Tutti noi abbiamo provato a vivere senza Dio. Questo è ciò che la Bibbia chiama “peccato”.
Heather, già citata prima, afferma riguardo al peccato: “Quando sono entrata a Stanford, non ero cristiana. Il mondo giaceva ai miei piedi, pronto ad essere rivoluzionato. Frequentavo comizi politici, tenevo dibattiti sul razzismo o sulla giustizia sociale, e mi dedicavo interamente al centro dei servizi sociali. Credevo davvero che con la forza che avevo dentro di me avreipotuto davvero cambiare il mondo. Mi occupavo dei bambini poveri nelle scuole elementari; andavo nei campi dei senzatetto; raccoglievo avanzi di cibo per sfamare gli affamati. Eppure, più mi sforzavo di cambiare il mondo, più mi sentivo frustrata. Mi confrontavo con la burocrazia, con l’apatia, e… con il peccato. Cominciavo a pensare che la natura umana avesse bisogno di una revisione totale.”

Pace vera = pace con Dio

L’evoluzione e lo sviluppo tecnologico non influiscono effettivamente sui grandi progetti della vita. Perché? Per il fatto che, essendo esseri umani, il nostro problema principale è il distacco da Dio. Non è una questione fisica, ma spirituale. Dio ne è consapevole, e ha già fornito la sua soluzione per questo nostro distacco. Ci ha tracciato la via per arrivare a Lui… attraverso Gesù Cristo.
La Bibbia dice, “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.”{15) Gesù Cristo è stato crocifisso (secondo un’antica forma di esecuzione capitale) per i nostri peccati, al posto nostro. È morto, è stato sepolto ed è resuscitato. Proprio grazie alla sua morte possiamo oggi avere un’amicizia con Dio – “a quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio.”{16}
Ciò é estremamente semplice: Dio vuole avere con noi un’amicizia perfetta – e l’ha resa possibile grazie al sacrificio di Gesù. Sta a noi ora cercare Dio e chiedergli di entrare nelle nostre vite. Molte persone lo fanno attraverso la preghiera. Pregare significa parlare con Dio sinceramente. Puoi raggiungere Dio dicendogli con il cuore queste parole: “Dio, voglio conoscerti. Non ti ho accolto finora nella mia vita, ma voglio cambiare, usando la possibilità che hai dato a tutti noi con il sacrificio di Gesù. Solo così posso essere perdonato ed essere nel giusto con te. Voglio che entri nella mia vita da oggi e per sempre.”
Hai chiesto sinceramente a Dio di entrare nella tua vita? Lo sapete con certezza soltanto tu e Lui. Se è vero, hai molto da aspettarti! Dio ha promesso che la sua presenza nella tua vita sarà la tua più grande soddisfazione.{17) Ha promesso di costruire la sua casa in te,{18) e di darti la vita eterna.{19}
Melissa, una studentessa del New England, dice riguardo a Dio: “I miei hanno divorziato quando ero molto piccola, e non sapevo cosa stesse accadendo: ero solo sicura che mio padre non sarebbe più tornato a casa. Un giorno sono andata a far visita a mia nonna, e le ho detto che non capivo il motivo per cui mio padre mi aveva ferito così e poi era sparito. Allora mi ha abbracciato e mi ha detto che esiste qualcuno che non mi lascerà mai, e questo qualcuno è Gesù. Poi mi abbiamo letto insieme Ebrei 13:5 e Salmi 67:5, in cui è scritto, – Non ti lascerò e non ti abbandonerò – e – Egli sarà padre per gli orfani – mi emozionava molto sapere che Dio voleva essere mio padre.”
Non importa cosa accade intorno a te, avrai la pace nel cuore sapendo che Dio può esserti accanto. Non importa cosa succederà nel tuo futuro: Dio sarà il tuo punto fermo.
Per approfondire la tua conoscenza di Dio, e del suo amore per te, leggi il Vangelo di Giovanni nella Bibbia.