lunedì 13 gennaio 2014

LE PARABOLE DI GESU'

GESU' PARLA IN PARABOLE

Le parabole narrate da Gesù sono un contenuto particolarmente caratteristico dei Vangeli. Di per sé, il termine parabola indica la curva che un oggetto descrive quando si sposta nello spazio. In senso figurato, la parabola è una forma di discorso che vuole affermare e illustrare una verità, usando un paragone, che non è di solito un oggetto o una persona, ma un fatto, un avvenimento.
Il motivo per cui si usa la forma della parabola è solitamente quello di spiegare una verità non tanto con un ragionamento, ma con un esempio, che illumina la mente e la fantasia di chi ascolta e gli facilita la comprensione. I ragionamenti sono astratti, i racconti sono concreti; comprendendo meglio la concretezza della narrazione, si giunge ad afferrare con maggiore precisione l’insegnamento.
Gesù spiega perché usa le parabole
Possiamo pensare che Gesù abbia talvolta usato la parabola per farsi capire meglio dagli uditori, ma il vero motivo per cui Gesù usava le parabole ce lo indica egli stesso. Ne parlano Matteo (13,10-17), Marco (4,10-12) e Luca (8,9-10). Essi attribuiscono a Gesù questa spiegazione, data in occasione della prima parabola che egli narra e che si riferisce al seminatore che getta il seme in diversi terreni, ricavandone frutti più o meno copiosi. Seguiamo il testo di Matteo (da notare che tutti e tre i Sinottici pongono il motivo tra il racconto della parabola e la spiegazione che ne darà Gesù):
Si avvicinarono a Gesù i discepoli e gli dissero:
«Perché parli loro1 per mezzo di parabole?”. Rispose Gesù: “Perché a voi è dato conoscere i segreti del Regno dei Cieli, mentre a quelli non è dato. Infatti, a chi ha sarà dato e avrà in abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quel poco che pure ha. Per questo parlo loro per mezzo di parabole: essi guardano senza vedere e ascoltano senza intendere né capire”. Così si realizza per loro la profezia di Isaia che dice: “Ascolterete ma senza comprendere; guarderete ma senza vedere. Perché la mente di questo popolo si è fatta ottusa; si sono turati gli orecchi e hanno chiuso gli occhi per non dover vedere con gli occhi, udire con le orecchie, capire con la mente e ritornare a me (dice il Signore). Io li avrei guariti!”.
Beati invece voi, perché i vostri occhi vedono e le vostre orecchie intendono! Ve l’assicuro, molti profeti e molti giusti, pur desiderandolo, non hanno veduto ciò che voi vedete e non hanno udito ciò che voi udite».
Accogliere per comprendere
Gesù è venuto sulla terra per dirci tutta la verità su Dio e sul Regno di Dio. In fondo, siamo stati creati proprio per questo! Siamo stati fatti “a immagine e somiglianza di Dio” (cf Genesi 1,26), proprio per poter comprendere il perché della nostra esistenza e del nostro stesso destino, e per poter giungere, così, a partecipare alla stessa vita di Dio, vedendolo “faccia a faccia”. Ma un dono così grande, diciamo pure infinito – che spiega tutta la creazione e tutta la storia – non può essere dato se non a chi dimostra di volerlo accogliere con cuore sincero e generoso. Ecco perché Gesù – è ancora Matteo che ce lo riferisce – si esprime così rivolgendosi al Padre: “Ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose (i Misteri del Regno dei Cieli) ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, è così che tu hai voluto nella tua benevolenza” (Matteo 11,25-26).
Gesù è venuto nel mondo per rivelarci i Misteri di Dio, ma molti esseri umani – nel loro orgoglio e nella loro presunzione – hanno chiuso gli occhi davanti alla verità. Per questo motivo il Signore non ha potuto accoglierli. Ancora oggi, c’è tantissima gente che si permette di giudicare Dio e di accettarlo solo e in quanto essi, povere creature, lo giudicano credibile. È questo l’immenso dramma della storia. Se la verità di Dio stenta a diffondersi, non è a motivo della infinita superiorità dei Misteri, ma per la cocciutaggine dei superbi che non accettano i paradossi di Dio, cioè quegli insegnamenti che – per la loro infinita superiorità – noi non riusciamo a comprendere, se non siamo piccoli e umili.
Di fronte a questa opposizione, che fu già presente in vari momenti della storia di Israele e che fu combattuta dai profeti, non ultimo Isaia, di cui Gesù stesso cita le parole, Gesù ha un solo modo di reagire: si rivolge ai piccoli e agli umili, e questi lo accolgono.

La pedagogia delle parabole
Analizziamo la mente e il cuore di coloro che si fidano solo di se stessi e non accettano la verità come regola del sapere e dell’agire: essi cercano solo di emergere e di affermarsi; nel giudicare fatti e parole si lasciano guidare dalla propria presunzione e si danno ragione da se stessi. Non accettano di lasciarsi guidare da Dio.
Le parabole – attraverso il racconto di fatti facilmente riconoscibili – mettono in evidenza la logica della verità, cioè la logica di Dio sommo Bene e unico Creatore, la logica che è alla base e nel cuore di tutto il creato, e dell’agire dell’uomo retto (che accoglie Dio con tutto il suo essere).

Così, accettando gli insegnamenti offertici dalle parabole, noi arriviamo a penetrare nel Cuore di Cristo, a partecipare ai doni di Dio! Le parabole non sono un sotterfugio per nascondere le verità difficilmente accettabili! Al momento buono, Gesù parla senza parabole, con estrema chiarezza e senza timore di crearsi dei nemici (che lo condurranno fino alla morte di croce). Ma prima occorre preparare il terreno e suggerire sincere, gioiose e generose disposizioni.
Anche l’affermazione di Gesù «A chi ha sarà dato e sarà dato in abbondanza, e a chi non ha sarà tolto anche quel poco che crede di avere» deve farci riflettere: tutto il vero, il giusto, il buono, a noi è “dato”, non siamo noi a conquistarcelo con i nostri mezzi! È così bello riconoscere il “dono” di Dio... e lodarlo e benedirlo in eterno!
Con questo animo, riusciremo a entrare non solo nel cuore di ogni parabola, ma nel cuore stesso di Cristo, che nelle parabole ci dà una viva immagi-
ne della sua sapienza e del suo amore!
                                                                                   
Don Rodolfo Reviglio
1 Gesù distingue due tipi di uditori: i suoi discepoli (gruppo più ristretto, cioè gli apostoli e altri che lo seguivano di frequente) e la folla, nella quale erano presenti e attivi gli scribi e i farisei.

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