Il Papa ai partecipanti alla plenaria del Pontificio consiglio: «Usare il linguaggio della misericordia. Ogni cristiano dialoghi con chi la pensa diversamente, con chi ha un’altra fede, o non ha fede»
«La nuova evangelizzazione non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole». E bisogna «andare verso gli altri», dialogando con tutti. Lo ha detto Papa Francesco questa mattina ricevendo nella sala Clementina i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione guidato dall'arcivescovo Rino Fisichella. Bergoglio ha ringraziato per il servizio svolto e ha parlato del «primato della testimonianza», dell'«urgenza di andare incontro» e della necessità di un progetto pastorale «centrato sull'essenziale».«Nel nostro tempo si verifica spesso un atteggiamento di indifferenza verso la fede», ha detto Francesco e i cristiani, con la loro testimonianza di vita, sono chiamati a suscitare delle domande in chi li incontra: «Perché vivono così? Che cosa li spinge?». «Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la bellezza di Dio».
Tante persone, osserva Francesco si sono allontanate dalla Chiesa: «È sbagliato scaricare le colpe da una parte o dall’altra, anzi, non è il caso di parlare di colpe. Ci sono responsabilità nella storia della Chiesa e dei suoi uomini, ce ne sono in certe ideologie e anche nelle singole persone. Come figli della Chiesa - aggiunge il Papa - dobbiamo continuare il cammino del Concilio Vaticano II, spogliarci di cose inutili e dannose, di false sicurezze mondane che appesantiscono la Chiesa e danneggiano il suo vero volto».
«C’è bisogno di cristiani - ha detto Francesco - che rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura. Sappiamo tutti che la crisi dell’umanità contemporanea non è superficiale ma profonda. Per questo la nuova evangelizzazione, mentre chiama ad avere il coraggio di andare controcorrente, di convertirsi dagli idoli all’unico vero Dio, non può che usare il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole». Ogni battezzato è «un “cristoforo”, portatore di Cristo, come dicevano gli antichi santi Padri. Chi ha incontrato Cristo, come la Samaritana al pozzo, non può tenere per sé questa esperienza... C’è da chiedersi tutti se chi ci incontra percepisce nella nostra vita il calore della fede, vede nel nostro volto la gioia di avere incontrato Cristo!»
Il Papa ha quindi sottolineato che la nuova evangelizzazione è «un movimento rinnovato verso chi ha smarrito la fede e il senso profondo della vita». E come «il Figlio di Dio è “uscito” dalla sua condizione divina ed è venuto incontro a noi», anche «ogni cristiano è chiamato ad andare incontro agli altri, a dialogare con quelli che non la pensano come noi, con quelli che hanno un’altra fede, o che non hanno fede. Incontrare tutti, perché tutti abbiamo in comune l’essere creati a immagine e somiglianza di Dio. Possiamo andare incontro a tutti, senza paura e senza rinunciare alla nostra appartenenza».
«Nessuno - ha detto ancora Francesco - è escluso dalla speranza della vita, dall’amore di Dio. La Chiesa è inviata a risvegliare dappertutto questa speranza, specialmente dove è soffocata da condizioni esistenziali difficili, a volte disumane, dove la speranza non respira, soffoca. C’è bisogno dell’ossigeno del Vangelo, del soffio dello Spirito di Cristo risorto, che la riaccenda nei cuori. La Chiesa è la casa in cui le porte sono sempre aperte non solo perché ognuno possa trovarvi accoglienza e respirare amore e speranza, ma anche perché noi possiamo uscire a portare questo amore e questa speranza».
Infine, il Papa ha spiegato che «non serve disperdersi in tante cose secondarie o superflue», ma che bisogna «concentrarsi sulla realtà fondamentale, che è l’incontro con Cristo, con la sua misericordia, con il suo amore e l’amare i fratelli». Bisogna «percorrere vie nuove, con coraggio, senza fossilizzarci!». Il Papa ha sottolineato quindi «l’importanza della catechesi, come momento dell’evangelizzazione», per superare «la frattura tra Vangelo e cultura e l’analfabetismo dei nostri giorni in materia di fede». «Ho ricordato più volte - ha aggiunto - un fatto che mi ha impressionato nel mio ministero: incontrare bambini che non sapevano neppure farsi il segno della croce!». I catechisti svolgono «un servizio prezioso per la nuova evangelizzazione, ed è importante che i genitori siano i primi catechisti, i primi educatori alla fede nella propria famiglia con la testimonianza e con la parola».
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