GESU' PARLA IN PARABOLE
Le parabole narrate da Gesù
sono un contenuto particolarmente caratteristico dei Vangeli.
Di per sé, il termine parabola indica la curva che un
oggetto descrive quando si sposta nello spazio. In senso figurato,
la parabola è una forma di discorso che vuole affermare
e illustrare una verità, usando un paragone, che non è
di solito un oggetto o una persona, ma un fatto, un avvenimento.
Il motivo per cui si usa la forma della parabola è solitamente
quello di spiegare una verità non tanto con un ragionamento,
ma con un esempio, che illumina la mente e la fantasia di chi
ascolta e gli facilita la comprensione. I ragionamenti sono astratti,
i racconti sono concreti; comprendendo meglio la concretezza
della narrazione, si giunge ad afferrare con maggiore precisione
l’insegnamento.
Gesù
spiega perché usa le parabole
Possiamo pensare che Gesù
abbia talvolta usato la parabola per farsi capire meglio dagli
uditori, ma il vero motivo per cui Gesù usava le parabole
ce lo indica egli stesso. Ne parlano Matteo (13,10-17), Marco
(4,10-12) e Luca (8,9-10). Essi attribuiscono a Gesù questa
spiegazione, data in occasione della prima parabola che egli
narra e che si riferisce al seminatore che getta il seme in diversi
terreni, ricavandone frutti più o meno copiosi. Seguiamo
il testo di Matteo (da notare che tutti e tre i Sinottici pongono
il motivo tra il racconto della parabola e la spiegazione che
ne darà Gesù):
Si avvicinarono a Gesù
i discepoli e gli dissero:
«Perché
parli loro1 per mezzo di parabole?”. Rispose Gesù:
“Perché a voi è dato conoscere i segreti del
Regno dei Cieli, mentre a quelli non è dato. Infatti,
a chi ha sarà dato e avrà in abbondanza; ma a chi
non ha sarà tolto anche quel poco che pure ha. Per questo
parlo loro per mezzo di parabole: essi guardano senza vedere
e ascoltano senza intendere né capire”. Così
si realizza per loro la profezia di Isaia che dice: “Ascolterete
ma senza comprendere; guarderete ma senza vedere. Perché
la mente di questo popolo si è fatta ottusa; si sono turati
gli orecchi e hanno chiuso gli occhi per non dover vedere con
gli occhi, udire con le orecchie, capire con la mente e ritornare
a me (dice il Signore). Io li avrei guariti!”.
Beati invece voi, perché
i vostri occhi vedono e le vostre orecchie intendono! Ve l’assicuro,
molti profeti e molti giusti, pur desiderandolo, non hanno veduto
ciò che voi vedete e non hanno udito ciò che voi
udite».
Accogliere
per comprendere
Gesù è venuto
sulla terra per dirci tutta la verità su Dio e sul Regno
di Dio. In fondo, siamo stati creati proprio per questo! Siamo
stati fatti “a immagine e somiglianza di Dio” (cf Genesi
1,26), proprio per poter comprendere il perché della nostra
esistenza e del nostro stesso destino, e per poter giungere,
così, a partecipare alla stessa vita di Dio, vedendolo
“faccia a faccia”. Ma un dono così grande, diciamo
pure infinito – che spiega tutta la creazione e tutta la
storia – non può essere dato se non a chi dimostra
di volerlo accogliere con cuore sincero e generoso. Ecco perché
Gesù – è ancora Matteo che ce lo riferisce
– si esprime così rivolgendosi al Padre: “Ti
benedico, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché hai nascosto queste cose (i Misteri del Regno dei
Cieli) ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.
Sì, Padre, è così che tu hai voluto nella
tua benevolenza” (Matteo 11,25-26).
Gesù è venuto
nel mondo per rivelarci i Misteri di Dio, ma molti esseri umani
– nel loro orgoglio e nella loro presunzione – hanno
chiuso gli occhi davanti alla verità. Per questo motivo
il Signore non ha potuto accoglierli. Ancora oggi, c’è
tantissima gente che si permette di giudicare Dio e di accettarlo
solo e in quanto essi, povere creature, lo giudicano credibile.
È questo l’immenso dramma della storia. Se la verità
di Dio stenta a diffondersi, non è a motivo della infinita
superiorità dei Misteri, ma per la cocciutaggine dei superbi
che non accettano i paradossi di Dio, cioè quegli insegnamenti
che – per la loro infinita superiorità – noi
non riusciamo a comprendere, se non siamo piccoli e umili.
Di fronte a questa opposizione, che fu già presente in
vari momenti della storia di Israele e che fu combattuta dai
profeti, non ultimo Isaia, di cui Gesù stesso cita le
parole, Gesù ha un solo modo di reagire: si rivolge ai
piccoli e agli umili, e questi lo accolgono.
La pedagogia
delle parabole
Analizziamo la mente e il cuore
di coloro che si fidano solo di se stessi e non accettano la
verità come regola del sapere e dell’agire: essi
cercano solo di emergere e di affermarsi; nel giudicare fatti
e parole si lasciano guidare dalla propria presunzione e si danno
ragione da se stessi. Non accettano di lasciarsi guidare da Dio.
Le parabole – attraverso il racconto di fatti facilmente
riconoscibili – mettono in evidenza la logica della verità,
cioè la logica di Dio sommo Bene e unico Creatore, la
logica che è alla base e nel cuore di tutto il creato,
e dell’agire dell’uomo retto (che accoglie Dio con
tutto il suo essere).
Così, accettando gli
insegnamenti offertici dalle parabole, noi arriviamo a penetrare
nel Cuore di Cristo, a partecipare ai doni di Dio! Le parabole
non sono un sotterfugio per nascondere le verità difficilmente
accettabili! Al momento buono, Gesù parla senza parabole,
con estrema chiarezza e senza timore di crearsi dei nemici (che
lo condurranno fino alla morte di croce). Ma prima occorre preparare
il terreno e suggerire sincere, gioiose e generose disposizioni.
Anche l’affermazione di
Gesù «A chi ha sarà dato e sarà dato
in abbondanza, e a chi non ha sarà tolto anche quel poco
che crede di avere» deve farci riflettere: tutto il vero,
il giusto, il buono, a noi è “dato”, non siamo
noi a conquistarcelo con i nostri mezzi! È così
bello riconoscere il “dono” di Dio... e lodarlo e benedirlo
in eterno!
Con questo animo, riusciremo a entrare non solo nel cuore di
ogni parabola, ma nel cuore stesso di Cristo, che nelle parabole
ci dà una viva immagi-
ne della sua sapienza e del suo amore!
Don Rodolfo Reviglio
1 Gesù distingue
due tipi di uditori: i suoi discepoli (gruppo più ristretto,
cioè gli apostoli e altri che lo seguivano di frequente)
e la folla, nella quale erano presenti e attivi gli scribi e
i farisei.
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