Solo Cristo mi ha dato speranza
Nel
mondo pagano c’era assenza assoluta di speranza, come affermava Paolo
apostolo, date le idee confuse che avevano su Dio e il suo
interessamento in favore degli uomini.
Anche
il grande Aristotele sembra aver detto: Dio, l'Atto puro, è tanto
grande che non può abbassarsi fino a darsi pensiero di un essere così
piccolo come è l'uomo...
D'altronde
non è che nel rapporto fra Dio e l'uomo, raggiunto nella religione di
Mosè e dei profeti, le cose fossero andate molto più in là.
Se
non si riesce a leggere il Vecchio Testamento nella luce dei Risorto, i
limiti posti alla speranza per l'uomo si riducono ai beni che
intercorrono fra nascita e morte. Punto e basta.
Ogni
speranza si ridurrebbe ad avere salute, un buon numero di figli, e poi
pecore, buoni, capre, fichi, sicomori, terre da coltivare e soprattutto
nemici da controbattere.
Come vedete, si trattava di speranza a dimensione immanentistica: cioè fra vita e morte.
Quando però compare Gesù all'orizzonte dell'umanità, la prospettiva cambia e cambia radicalmente dalla base.
Il suo solo rivelarsi come Figlio di Dio evidenzia che il Padre ama l'umanità: ha offerto ad essa il suo bene supremo, oltre cui non ha altro da donare.
L'aver
chiamato Evangelo il suo messaggio, cioè "dolce notizia" aveva senso di
rivelazione di un destino ricco di speranza, su cui fondare una vita
serena, sotto lo sguardo di Dio, assistita passo passo dalla sua premura
sovrana e, nel contempo, paterno- materna.
L'aver
proclamato la chiamata per tutta l'umanità alla vita eterna, cioè ad
una vita non più condizionata al tempo, non più tormentata da malattie,
disgrazie, sventure: - e neanche una semplice vita eterna, alla quale,
in ogni caso, aveva già diritto, per la sua anima immortale, ma quella
stessa che gode il Figlio di Dio, nel seno del Padre suo, è qualcosa che
dà un rilievo nuovo, esaltante al destino supremo dell'uomo.
La
vera speranza, quella di cui l'uomo non può fare a meno per vivere e
morire dignitosamente, ci è stata rivelata da Gesù Cristo.
Solo da lui. Nessun altro poteva garantire l'uomo, oltre le soglie
della realtà corporea, perché solo lui è alla destra del Padre, lui solo
può rivelare il mistero dell'amore incessantemente creativo del Padre
verso di noi.
Con questo arriviamo ad intuire che la speranza cristiana non è soltanto una virtù teologale, come abbiamo imparato dal catechismo dei piccoli, ma addirittura, una persona: Cristo stesso.
La scoperta ha dell'esaltante e ci permette d'intuire che più siamo uniti a lui e più si rafforza in noi la beata speranza, di essere, un giorno, con lui nella casa del Padre, a godere della felicità stessa di Dio e riabbracciare, in quella luce sfavillante di vita, tutti i nostri cari.
Ha
ragione, pertanto, la Chiesa di cantare nell'antico Prefazio delle
messe pro defunctis: "In lui rifulge per noi la speranza della beata
risurrezione".
E di questo non finiremo mai di ringraziarlo, per tutta l"eternità.
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