Dio ci ama, non solo a parole ma con i fatti!
La Parola che abbiamo ascoltato non solo
afferma che Dio ci ama, ma ce ne dà anche due prove che danno certezza:
l’incarnazione del Figlio di Dio (Vangelo
di Giovanni) e il fatto che Egli ha dato la
Sua vita per noi uomini: il fatto della Croce (Paolo
ai Romani).
David nel salmo 102 ha cantato la misericordia
di Dio, la misericordia che è conseguenza dell’amore. "Egli perdona tutte le
tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua vita…
Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre
colpe". E dal salmista prorompe alto l’invito a "benedire il Signore" (Salmo
102, 3-4, 8, 10, 20-22).
Il Salmo 102 è la giusta risposta dell’uomo
(ispirata da Dio) al Suo Amore Misericordioso.
E nelle tre letture abbiamo ascoltato:
― Dio che rivela il Suo Amore (Isaia);― Cristo che rivela l’amore del Padre (Vangelo di Giovanni);― l’Apostolo che rivela l’Amore di Cristo (Lettera di S. Paolo ai Romani).
Il brano di Isaia è tanto bello e, per me,
particolarmente caro per il motivo che ora esporrò. Quando sei anni e mezzo
fa morì mia madre dovetti affrontare il più grande dolore della mia vita. E
spettò a me scegliere le letture per le celebrazioni funebri ad Orvieto ed a
Todi, che io stesso presiedetti. Mi restò difficile trovare un testo che
esprimesse bene questa mia situazione triste. Finalmente trovai Isaia 49,
14-16. Il lamento di Sion trovava un’eco profonda nel mio cuore: "Il Signore
mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato!". E la risposta di Dio: "Si
dimentica forse una donna del suo bambino?... Anche se queste donne si
dimenticassero, io non ti dimenticherò mai" (Is. 49, 14-15).
L’amore materno – il più grande – è preso da
Dio per manifestare il Suo Amore: c’è l’affermazione che l’Amore di Dio è
più grande, più stabile, più sicuro di quello della mamma. E’ un passo della
Sacra Scrittura al quale, da allora, sono particolarmente affezionato. Esso
oggi ancora a noi tutti dà speranza e conforto.
Dio con la Parola annuncia il Suo Amore per
l’uomo.
Gesù, Figlio di Dio Padre, rivela a Nicodemo ed
a noi un fatto di Amore. Al dottore della Legge, che era rimasto colpito, ma
incredulo, dinanzi all’annuncio della "rinascita", Gesù rivela la prova dell’Amore di Dio. «Dio…
ha tanto amato il mondo (qui il termine ha il senso di "umanità") da dare il
suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la
vita eterna» (Gv. 3, 16). E il termine "dato" che potrebbe riferirsi solo
all’Incarnazione è completato nei versetti precedenti dalla relazione tra il
serpente innalzato da Mosé nel deserto e il Figlio dell’Uomo "innalzato",
cioè crocifisso perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna. Dio
dimostra con i fatti di amare l’uomo: e i fatti sono il Suo Figlio unigenito
incarnato e crocifisso per noi.
L’apostolo Paolo come testimone della
Risurrezione di Gesù, annuncia ai Romani ed a noi l’amore di Gesù per
l’uomo: è Amore anche questo come quello del Padre, non di parole ma di
fatti. «A stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto… ma Dio
dimostra il Suo Amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori,
Cristo è morto per noi» (Rom. 5, 7-8).
Il peccato presente nell’uomo prova l’infinita
grandezza dell’Amore Misericordioso di Dio: la Croce di Cristo è per uomini
peccatori, non per uomini giusti. Dio ama anche chi non lo conosce, ama
anche chi lo conosce ma non lo ama, ama anche chi lo conosce e lo offende.
Il nostro cuore è commosso per queste
riflessioni.
E sentiamo il bisogno di ricambiare: amore con
amor si paga.
Se Dio ama così tanto l’uomo, ogni uomo deve
amarlo sopra ogni cosa; ma ciascuno di noi deve amare anche gli altri. Il
precetto dell’amore del prossimo non è separato né separabile da quello
dell’Amore di Dio, essendone la necessaria conseguenza.
Noi stiamo compiendo una celebrazione
ecumenica, cui partecipano cristiani che si amano, ma non sono in piena
comunione ecclesiale tra loro.
L’invito che ci viene dalla Parola di Dio, nel
momento in cui ci rivela il Suo infinito Amore, è un invito forte, doloroso,
pressante all’unità piena. Senza testardaggine, allontanando ogni superbia,
ma anche senza faciloneria, nell’umiltà e nella verità, rispondiamo
all’Amore di Dio con uno sforzo sincero perché si faccia "un solo gregge e
un solo Pastore" (Gv. 10, 16). Gesù dice quale è la strada: «Ascoltare la
Sua Voce» (ib.) e ci assicura che l’unità si realizzerà sicuramente: «diventeranno
un solo gregge e un solo Pastore» (ib). E noi cosa siamo disposti ad
offrire? Egli ha dato la Sua vita per raggiungere questo traguardo (Gv. 10,
15). Non basterebbe, da parte nostra, un po’ di generica buona volontà!
All’inizio di questa celebrazione i diaconi ci
hanno indicato la strada di un retto ecumenismo cristiano: «Noi dobbiamo più
vivere per noi stessi» (2 Cor. 5, 15). Per darci la forza di seguire questa
difficile strada, Gesù ha dato Se Stesso, morendo in Croce per noi.
Rinneghiamo dunque noi stessi e prendiamo la
Croce di Cristo!
Ci aiuti a ci sostenga Maria Santissima, che
l’Oriente e l’Occidente cristiano invoca come la Theotocos, la Madre di Dio;
essa fu, dopo il Signore, la protagonista dei fatti di Amore che sono
l’Incarnazione e la Croce. Invochiamola con devozione filiale per ascoltare
anche noi il Suo invito a fare ciò che Gesù ci dice. E così sia!
*
Omelia di Grandoni S. E. Mons. Decio
Lucio, vescovo di Orvieto-Todi, nella celebrazione ecumenica,
commentando Is. 49, 14-16; Sal. 102; Rom. 5, 6-11; Gv. 3, 14-17.
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