martedì 31 dicembre 2013

VIVERE NELL’IMITAZIONE DI CRISTO

di Ferdinand Krenzer
Matteo, in 4,19 riferisce come Gesù raccolse i suoi discepoli e disse loro: «Seguitemi!». Essi abbandonarono subito le loro reti e si misero a seguirlo.
La vita cristiana non consiste nell’osservanza di un codice morale, ma nel legame a una Persona, cioè a Cristo. Dio stesso, che ci si manifesta in Cristo, diventa misura del nostro agire. Nell’unione di Grazia e di Amore tra Dio e l’uomo, che si protrae per tutta la vita, sta l’essenza della vita cristiana. In una parola, essere cristiano significa vivere con Dio e da Dio.
Pertanto Dio esige che ci facciamo simili a Lui, cioè che diventiamo « alter Christus »: « Rivestitevi di Cristo » (Gal. 3,27); che giungiamo alla «piena maturità di Cristo» (Ef. 4,13), che ci rendiamo «conformi all’immagine del Figlio di Dio» (Rom. 8,29), secondo le espressioni di S. Paolo. Come Gesù vive e ama, anche noi dobbiamo vivere e amare; come lui perdona, anche il cristiano deve perdonare (Pater noster); come Lui vive in perfetto accordo con la volontà di Dio, anche noi dobbiamo vivere. L’interiore conformazione con Cristo costituisce pertanto il contenuto della vita cristiana.
L’essenziale di questo processo di conformazione è avvenuto mediante la Grazia di Dio nel Battesimo. Con esso però il cristiano non è santificato e salvato automaticamente per sempre. Da lui piuttosto si richiede che sviluppi la forza di vita della fede e della carità che gli è stata donata e che stimoli le sue forze, come «i corridori nello stadio» (1 Cor. 9,24). Egli deve «portare frutti di opere buone» (Col. 1,10).
Libero e capace di prendere delle decisioni, egli ha la possibilità di rispondere all’amore di Dio con un consapevole amore. Ma egli può anche rifiutarsi e allora il suo battesimo non gli serve più a nulla. È questo l’inizio di possibili colpe e del suo fallimento come cristiano, poiché lasciare senza risposta l’amore divino significa ingratitudine e presunzione. Dal momento che l’uomo è creatura di Dio, la sua risposta d’amore non è rimessa al suo beneplacito, ma costituisce un dovere. Là però dove regna il vero amore, ivi esso determina e trasforma la vita di coloro che amano e le loro azioni sono regolate sulla volontà di Dio. Essi allora non si chiedono più: « Devo fare o no questo o quest’altro »? Ma si domanderanno piuttosto: « Che cosa posso fare o tralasciare per amore di colui che amo »?
Così il cristiano fedele e ripieno di amore risponde alla parola della rivelazione e chiede: «Signore parla, il tuo servo ti ascolta» (1 Sam. 3,9); poiché egli ha compreso che la «legge di Cristo» è tutta un messaggio d’amore, e che il «suo giogo è soave e il suo peso è leggero » (Mt. 11,30).
L’uomo nuovo è ciò che Dio vuole
Riassumendo, dobbiamo dire: il nuovo uomo che Cristo ha voluto creare è colui il quale non chiede ciò che egli, uomo, vuole, ma ciò che Dio vuole. Quest’uomo vede tutto nella luce di Dio, si apre alla rivelazione e v’indirizza tutta la sua vita con amore; si consiglia sempre con Dio nella preghiera per rinnovare in ogni momento l’accordo della sua volontà con quella di Dio. Non la lista dei comandamenti, ma Iddio stesso diventa la misura del suo giudizio: « Siate perfetti, come perfetto è il Padre vostro che sta nei cieli », si legge in Mt. 11,30.
Imitazione di Cristo, vita secondo la volontà di Dio nella grazia, nella fede, altro non sono se non espressioni diverse per rappresentare sotto un altro aspetto l’unica e medesima realtà cristiana, che ha come scopo la conformazione dell’uomo a Dio.
Ora, ognuno di noi può però obiettare che la realtà è ben diversa, che i cristiani non sono cosi. Nessun uomo può portare a compimento quest’opera. E in realtà se esistessero tali cristiani, tutto sarebbe a posto. Ma proprio questo riconoscimento è necessario per la comprensione della vita cristiana. Con esso infatti il cristiano apprende che nessuna imitazione esteriore può renderci simili a Cristo, ma che Iddio stesso si deve rendere simile a noi, affinché noi gli possiamo piacere. Dal punto di vista umano l’imitazione di Cristo può consistere solo nella fedele corrispondenza del cristiano ai doni di grazia che sono insiti in lui per il battesimo. Solo colui che è rinato nel battesimo, rinforzato nuovamente dai sacramenti e guarito dal peccato attraverso il sacramento della penitenza, riesce in definitiva a sentire la chiamata a imitare Cristo e a seguirlo.
Il cristiano è colui che concepisce sé come amore
Ma persino con questo aiuto divino egli verrà sempre meno. Il Concilio di Trento ha proclamato che «tutta la vita del cristiano deve essere una penitenza continua». L’ideale di imitare Gesù nella propria vita è, per l’uomo che vive su questa terra, una meta assolutamente irraggiungibile; tuttavia egli deve sempre essere in cammino su questa via. Perciò le alte istanze della vita cristiana stanno davanti ai suoi occhi come comandi che lo stimolano verso la vetta. Mai egli deve esser tranquillo nel sentirsi tanto lontano da quanto Dio vuole da lui. Di qui la «continua penitenza».
Per questo motivo, ad esempio, il Sacerdote inizia la Santa Messa con il «Confiteor», cioè con la confessione dei peccati. Questo spirito di penitenza non significa affatto paura od ansia, perché il cristiano sa di essere sicuro dell’amore del Padre celeste. Nei travagli di questa vita egli sa che su di lui veglia la mano provvidenziale di Dio. Per il mondo futuro invece egli spera tutto da lui, perché «noi non abbiamo ricevuto uno spirito di schiavitù, per cadere di nuovo nel timore, ma abbiamo ricevuto lo spirito di adozione in virtù del quale lo chiamiamo Abba, Padre» (Rom. 8,15).
È di S. Agostino l’espressione «Ama e fa ciò che vuoi». L’uomo che ama Dio farà ciò che è giusto e supererà il peccato e, come nel caso dei vasi comunicanti, quando l’amore sale, anche tutte le altre virtù aumenteranno di livello. Così il cristiano, in ultima analisi, ha una sola legge, quella dell’amore. Può in realtà esistere una regola di vita più libera e che rende più liberi?

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