•
Nel quartiere Castello di Pietrelcina, a pochi chilometri da Benevento,
nasce alle cinque del pomeriggio il quarto dei sette figli di Grazio
Forgione (detto “Razio” o “zi’ Razio”) e Giuseppa Di Nunzio,
poveri e semplici contadini che abitano nel cuore del borgo
(un’abitazione dagli ambienti non comunicanti lungo il vico Storto
Valle) e coltivano un pezzo di terra in contrada Piana Romana. Con il
saio francescano a sedici anni prenderà Pio come nome.
26 maggio 1887
Il battesimo di Francesco Forgione
•
Al nuovo arrivato in casa Forgione viene dato il nome di Francesco, per
antica devozione di mamma Peppa al santo di Assisi. Il bambino viene
battezzato all’alba nella chiesa di Sant’Anna da don Nicolantonio
Orlando
27 settembre 1899
Prima comunione e cresima
•
All’età di dodici anni, Francesco riceve la prima comunione e la
cresima dall’arcivescovo di Benevento, Donato Maria dell’Olio. Finora
Francesco non ha frequentato regolarmente la scuola perché ha dovuto
dare una mano ai genitori nel lavoro dei campi. Solo a questa età
comincia a studiare sotto la guida di don Domenico Tizzani che, in due
anni, gli fa completare il programma delle elementari. Poi passa agli
studi ginnasiali.
Martedì 6 gennaio 1903
A 14 anni in noviziato
•
Già a quattordici anni Francesco decide di entrare in convento
affascinato da fra’ Camillo, un questuante che dal convento di Morcone
(Benevento) scende spesso a Pietrelcina, ma la sua prima domanda viene
rifiutata. La seconda volta, invece, viene accettato nel noviziato
dell’ordine dei Frati Minori Cappuccini, a Morcone.
Giovedì 22 gennaio 1903
Francesco prende il nome di fra’ Pio
•
Veste per la prima volta l’abito francescano. D’ora in poi si chiamerà
fra’ Pio. Alla fine dell’anno di prova, fa la professione dei voti
semplici e viene mandato a Sant’Elia a Pianisi (Campobasso) per il
noviziato vero e proprio. In questi anni fra’ Pio è colpito da una
bronchite asmatica che lo accompagnerà fino alla morte. Ma soffre anche
di altri malanni: una calcolosi renale grave, con coliche frequenti; una
specie di gastrite cronica che col tempo si trasformerà in ulcera;
infiammazioni dell’occhio, del naso, dell’orecchio e della gola; rinite e
otite croniche.
Domenica 27 gennaio 1907
I voti solenni di fra’ Pio
Fra’
Pio emette la professione dei voti solenni per “attendere al bene
dell’anima e dedicarmi intieramente al servizio di Dio”. A fine ottobre
si trasferisce a Serracapriola (Foggia) per iniziare lo studio della
sacra teologia sotto la guida di padre Agostino da San Marco in Lamis.
Nel mese di novembre, lo studio della teologia prosegue a Montefusco.
Mercoledì 10 agosto 1910
Fra’ Pio viene ordinato sacerdote
• Francesco Forgione
viene ordinato nel sacello dei canonici nel duomo di Benevento. Non ha
ancora 24 anni (età minima per l’ordinazione), ma il vescovo, Paolo
Schinosi, decide di fare un’eccezione. Quattro giorni dopo, il 14 agosto 1910, celebra la sua prima messa a Pietrelcina.
Sabato 6 novembre 1915
Padre Pio al servizio militare
•
Il giovane prete viene chiamato al distretto militare di Benevento per
la visita di leva. Un mese dopo è assegnato alla Decima compagnia sanità
di Napoli. Svolge il servizio con molte licenze per motivi di salute,
sino a essere definitivamente riformato, tre anni più tardi, a causa di
una «broncoalveolite doppia».
Giovedì 17 febbraio 1916
Padre Pio viene mandato a Foggia
• Il giovane frate resta nel capoluogo del Tavoliere circa sette mesi, dimorando nel convento di Sant’Anna.
Lunedì 4 settembre 1916
Padre Pio a San Giovanni Rotondo
•
Durante l’estate padre Pio ha già trascorso una settimana a San
Giovanni Rotondo, invitato da padre Paolino di Tommaso da Casacalenda.
Il 13 agosto 1916
scongiura il superiore provinciale di mandarlo per un po’ di tempo a
San Giovanni Rotondo, «dove Gesù mi assicura che starò meglio». Quindici
giorni dopo, ottiene il trasferimento in via provvisoria.
[devotidipadrepio.xoom.it]
Lunedì 5 agosto 1918
Padre Pio e l’assalto del Serafino
•
Padre Pio riceve la grazia della “trasverberazione”, fenomeno
conosciuto anche come “assalto del Serafino”. In una lettera del 21
agosto il frate racconta: «Me ne stavo confessando i nostri ragazzi
quando tutto di un tratto fui riempito di un estremo terrore alla vista
di un personaggio celeste… Teneva in mano una specie di arnese, simile
ad una lunghissima lamina di ferro con una punta bene affilata… Vedere
tutto questo ed osservare detto personaggio scagliare con tutta la
violenza il suddetto arnese nell’anima, fu tutto una cosa sola… Da quel
giorno in qua io sono stato ferito a morte. Sento nel più intimo
dell’anima una ferita…».
Venerdì 20 settembre 1918
Il sangue e le stimmate dopo una messa
•
«Era la mattina del 20, dopo la celebrazione della messa, allorché
venni sorpreso dal riposo, simile a un dolce sonno. Tutti i sensi
interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell’anima si trovarono in
una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu un totale silenzio
intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed
abbandono alla completa privazione del tutto e una posa nella stessa
rovina. Tutto questo avvenne in un baleno. E mentre tutto questo si
andava operando, mi vidi dinanzi un misterioso personaggio, simile a
quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente
che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondava sangue. La sua
vista mi atterrisce: ciò che sentivo in quell’istante in me non saprei
dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse
intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal
petto. La vista del personaggio si ritira e io mi vidi che mani, piedi e
costato erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che
sperimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i
giorni. La ferita del cuore gitta assiduamente del sangue, specie dal
giovedì sera sino al sabato».
• L’accusa. Il farmacista Valentini Vista racconta al vescovo di Foggia, monsignor Salvatore Bella, che sta raccogliendo un dossier per il Vaticano su padre Pio, come è andato l’incontro della cugina, Maria De Vito, lei stessa proprietaria di una farmacia, con il frate: «Quando ella tornò a Foggia mi portò i saluti di padre Pio e mi chiese a nome di lui e in stretto segreto dell’acido fenico puro dicendomi che serviva per padre Pio, e mi presentò una bottiglietta della capacità di un cento grammi, bottiglietta datale da padre Pio stesso, sulla quale era appiccicato un bollino col segno del veleno (cioè il teschietto di morte) e la quale bottiglietta io avrei dovuto riempire di acido fenico puro che, come si sa, è un veleno e brucia e caustica enormemente allorquando lo si adopera integralmente. A tale richiesta io pensai che quell’acido fenico adoperato così puro potesse servire a padre Pio per procurarsi o irritarsi quelle piaghette alle mani». «Agli atti del Sant’Uffizio figurava anche la trascrizione di una seconda lettera autografa del cappuccino a Maria De Vito, il cui poscritto corrispondeva esattamente al tenore della deposizione di quest’ultima: “Avrei bisogno di un 4 grammi di veratrina. Ti sarei molto grato, se me la procurassi costì, e me la mandassi con sollecitudine”». [Luzzatto 2007]
• La difesa. «Non esiste alcuna prova che quei quattro grammi di acido fenico – sostanza con proprietà antisettiche, usato solitamente come disinfettante – siano stati adoperati dal futuro santo per provocarsi le ferite. E dalle migliaia di pagine del processo canonico emerge un’altra verità. Le stimmate di padre Pio furono esaminate attentamente dal professor Festa, che il 28 ottobre 1919 scrisse una dettagliatissima relazione accertando che esse “non sono il prodotto di un traumatismo di origine esterna, e che neppure sono dovute all’applicazione di sostanze chimiche potentemente irritanti”. Anche il dottor Bignami fece un esperimento sulle mani di padre Pio, sigillando le sue piaghe per due settimane, con tanto di firme di controllo. Alla riapertura delle bende, sanguinavano come il primo giorno e non si erano né rimarginate né infettate. La prova dell’inconsistenza dell’accusa sta proprio in questo: se il frate si fosse procurato con l’acido le piaghe, queste si sarebbero chiuse oppure sarebbero andate in suppurazione. Per cinquant’anni, invece, sono rimaste inspiegabilmente aperte e sanguinanti». [Andrea Tornielli, Giorn. 24/10/2007]
• L’accusa. Il farmacista Valentini Vista racconta al vescovo di Foggia, monsignor Salvatore Bella, che sta raccogliendo un dossier per il Vaticano su padre Pio, come è andato l’incontro della cugina, Maria De Vito, lei stessa proprietaria di una farmacia, con il frate: «Quando ella tornò a Foggia mi portò i saluti di padre Pio e mi chiese a nome di lui e in stretto segreto dell’acido fenico puro dicendomi che serviva per padre Pio, e mi presentò una bottiglietta della capacità di un cento grammi, bottiglietta datale da padre Pio stesso, sulla quale era appiccicato un bollino col segno del veleno (cioè il teschietto di morte) e la quale bottiglietta io avrei dovuto riempire di acido fenico puro che, come si sa, è un veleno e brucia e caustica enormemente allorquando lo si adopera integralmente. A tale richiesta io pensai che quell’acido fenico adoperato così puro potesse servire a padre Pio per procurarsi o irritarsi quelle piaghette alle mani». «Agli atti del Sant’Uffizio figurava anche la trascrizione di una seconda lettera autografa del cappuccino a Maria De Vito, il cui poscritto corrispondeva esattamente al tenore della deposizione di quest’ultima: “Avrei bisogno di un 4 grammi di veratrina. Ti sarei molto grato, se me la procurassi costì, e me la mandassi con sollecitudine”». [Luzzatto 2007]
• La difesa. «Non esiste alcuna prova che quei quattro grammi di acido fenico – sostanza con proprietà antisettiche, usato solitamente come disinfettante – siano stati adoperati dal futuro santo per provocarsi le ferite. E dalle migliaia di pagine del processo canonico emerge un’altra verità. Le stimmate di padre Pio furono esaminate attentamente dal professor Festa, che il 28 ottobre 1919 scrisse una dettagliatissima relazione accertando che esse “non sono il prodotto di un traumatismo di origine esterna, e che neppure sono dovute all’applicazione di sostanze chimiche potentemente irritanti”. Anche il dottor Bignami fece un esperimento sulle mani di padre Pio, sigillando le sue piaghe per due settimane, con tanto di firme di controllo. Alla riapertura delle bende, sanguinavano come il primo giorno e non si erano né rimarginate né infettate. La prova dell’inconsistenza dell’accusa sta proprio in questo: se il frate si fosse procurato con l’acido le piaghe, queste si sarebbero chiuse oppure sarebbero andate in suppurazione. Per cinquant’anni, invece, sono rimaste inspiegabilmente aperte e sanguinanti». [Andrea Tornielli, Giorn. 24/10/2007]
Lunedì 19 maggio 1919
Prima indagine medica sulle stimmate di padre Pio
•
Luigi Romanelli, primario dell’ospedale di Barletta, che già era stato
da padre Pio l’anno prima per chiedere una grazia, scrive una relazione
sulle stimmate al ministro provinciale dell’ordine cappuccino, padre
Pietro da Ischitella: « È da escludersi che la etiologia delle lesioni
di padre Pio sia di origine naturale, ma l’agente produttore debba
ricercarsi senza tema di errare nel soprannaturale». [Luzzatto 2007]
Sabato 26 luglio 1919
Seconda indagine medica sulle stimmate di padre Pio
•
L’ordine dei cappuccini sollecita il parere di Amico Bignami, ordinario
di Patologia medica all’università di Roma. Secondo lui quelle
«stimmate» erano cominciate come prodotti patologici (necrosi
neurotonica multipla della cute) ed erano state completate, forse
inconsciamente per un fenomeno di suggestione, o con un mezzo chimico,
per esempio la tintura di iodio.
Lunedì 19 aprile 1920
«Psicopatico e autolesionista»: la diagnosi di Gemelli
•
Il prete-scienziato Agostino Gemelli, ex socialista diventato
francescano che di lì a un anno fonderà l’Università Cattolica del Sacro
Cuore (7 dicembre 1921),
va a trovare padre Pio a San Giovanni Rotondo e trascorre con lui una
manciata di ore. «Per ammissione di Gemelli stesso, non vi fu affatto
una visita medica: non esame istologico della piaghe di padre Pio, né
esame neurologico del paziente. Si trattò piuttosto di “un
interrogatorio psichiatrico”, cui il francescano sottopose il cappuccino
“senza che egli se ne avvedesse, con innocente artificio”». [Sergio Luzzatto, Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento,
Einaudi] Subito dopo, Gemelli spedisce una lettera al Sant’Uffizio che è
una sorta di perizia ufficiosa su padre Pio: « È un bluff… Padre Pio ha
tutte le caratteristiche somatiche dell’isterico e dello psicopatico…
Quindi, le ferite che ha sul corpo… Fasulle… Frutto di un’azione
patologica morbosa… Un ammalato si procura le lesioni da sé… Si tratta
di piaghe, con carattere distruttivo dei tessuti… tipico della patologia
isterica». Gemelli, psicologo che da tempo studia i fenomeni mistici
con approccio razionalista, definisce il confratello «psicopatico,
autolesionista ed imbroglione». I suoi giudizi peseranno sulle scelte
successive del Vaticano.
Venerdì 2 giugno 1922
Primi provvedimenti vaticani contro padre Pio
•
Il Sant’Uffizio, accogliendo i rilievi critici avanzati da padre
Agostino Gemelli, ordina ai cappucini di San Giovanni Rotondo che
intorno a padre Pio «si stia in osservazione», evitando ogni
«singolarità e rumore», raccomandando che egli celebri messa in orari
diversi, «a preferenza summo mane ed in privato», «non dia benedizione
al popolo», «per nessun motivo egli mostri le così dette stimmate, ne
parli e le faccia baciare». [devotidipadrepio.xoom.it]
Giovedì 31 maggio 1923
Il Sant’Uffizio condanna padre Pio
•
Al termine di una lunga indagine che ha coinvolto medici, psichiatri e
teologi, il Sant’Uffizio emana un decreto in cui si dichiara il «non constat de supernaturalitate»
(non si rilevano elementi soprannaturali) circa i fatti legati alla
vita di padre Pio ed esorta i fedeli a non andare a San Giovanni
Rotondo. Il decreto viene pubblicato dall’Osservatore Romano, organo di
stampa del Vaticano, il 5 luglio 1923 ed è subito ripreso dai giornali di tutto il mondo. I fedeli continuano ad accorrere da ogni parte.
Sabato 21 luglio 1923
Il Corriere della Sera si occupa di padre Pio
•
«Agitazione in favore d’un preteso santo» è il titolo dell’articoletto
che dà conto di quello che succede a San Giovanni Rotondo dove arrivano
pellegrini non solo dalle terre vicine ma dai luoghi più remoti, e
insieme a loro «persino uomini di scienza, alti prelati, scrittori,
giornalisti». «Per il paese la presenza di padre Pio è una vera
fortuna»: ogni visitatore lascia un’offerta che il cappuccino pensa a
convertire in attività benefiche, «centinaia di migliaia di lire in
opere pubbliche, soccorsi alle classi più umili, sussidi a orfani di
guerra, corredi a giovanette». [Luzzatto 2007]
Mercoledì 8 agosto 1923
Ordine di trasferimento per padre Pio
•
L’autorità ecclesiastica notifica a padre Pio il trasferimento in altra
sede, da stabilirsi con separato provvedimento (che indicherà la sede
di Ancona). Ma di fronte alla sollevazione della gente, disposta anche a
gesti estremi per impedire la rimozione del frate (un sangiovannese gli
piomba alle spalle durante una cerimonia e con una pistola minaccia di
ucciderlo: «Meglio morto fra noi che vivo per altri!»), le gerarchie
recedono e il 17 agosto 1923 sospendono il trasferimento.
Venerdì 28 novembre 1924
D’Annunzio scrive a padre Pio
•
Il Vate scrive a padre Pio per ringraziarlo di avere accettato l’invito
di andarlo a trovare al Vittoriale: «Mio fratello, so da quante favole
mondane, o stupide o perfide, sia offuscato l’ardore verace del mio
spirito. Per ciò che è testimonianza della tua purità e del tuo acume di
Veggente l’aver tu consentito a visitarmi nel mio Eremo, l’aver tu
acconsentito a un colloquio fraterno con colui che non cessa di cercare
coraggiosamente sé medesimo. Caterina la Senese mi ha insegnato a
“gustare” le anime. Già conosco il pregio della tua anima, padre Pio. E
son certo che Francesco ci sorriderà come quando dall’inconsueto innesto
prevedeva il fiore e il frutto inconsueti. Ave. Pax et Bonum. Malum et Pax. Gabriele D’Annunzio. Il Vittoriale, 28 novembre 1924».
Giovedì 3 gennaio 1929
Muore la mamma di padre Pio
•
Nella casa di Maria Pyle, una ricca americana trasferitasi a San
Giovanni Rotondo da cinque anni, padre Pio assiste la mamma morente.
Peppa Di Nunzio muore a 70 anni.
Sabato 23 maggio 1931
La condanna definitiva del Sant’Uffizio
•
Al termine delle lunghe indagini volute dal Vaticano, padre Pio viene
privato di qualunque esercizio del ministero, eccetto la messa che può
celebrare soltanto nella cappella interna del convento, e privatamente.
Ma i sostenitori più fedeli non considerano il divieto di Roma
vincolante.
Giovedì 13 luglio 1933
Il Vaticano allenta la presa su padre Pio
•
Il Sant’Uffizio comunica alla curia generalizia dei cappuccini la fine
dei provvedimenti più restrittivi nei confronti di padre Pio. La Suprema
(come viene chiamato l’organo dell’inquisizione vaticana) spiega il
gesto come una grazia speciale per l’anno santo straordinario, in realtà
la svolta è dovuta a monsignor Andrea Cesarano, il nuovo vescovo di
Manfredonia. Padre Pio può tornare a dir messa davanti ai fedeli, nella
chiesa del convento. [Luzzatto 2007]
Martedì 8 ottobre 1946
Muore il papà di padre Pio
•
All’età di 86 anni, il papà di padre Pio, “zi’ Grazio” si spegne nella
casa dell’americana Maria Pyle, la stessa dove diciassette anni prima,
il 3 gennaio 1929, era morta la mamma Peppa.
Venerdì 16 maggio 1947
La prima pietra della “Casa sollievo della sofferenza”
•
Grazie alle offerte dei fedeli che giungono da ogni parte del mondo,
padre Pio può dare il via ai lavori della “Casa sollievo della
sofferenza”, l’ospedale che sognava da tempo. «Nei mesi e negli anni
successivi si sarebbe proceduto a scavare oltre 100.000 metri cubi di
roccia, per edificare dal nulla – tra le sperdute montagne del Gargano,
là dove si era faticato da sempre a far funzionare anche solo un
laboratorio – un’autentica cattedrale della medicina e della chirurgia:
un nosocomio modello lungo 110 metri e profondo 36, alto cinque piani,
ispirato ai criteri sanitari più aggiornati e dotato di attrezzature
d’avanguardia». [Luzzatto 2007]
Mercoledì 4 giugno 1947
Bartali si confessa da padre Pio
• Il Giro d’Italia
arriva nell’alta Puglia. È l’undicesima tappa, Bari-Foggia di 129
chilometri. Sul traguardo arriva primo Mario Ricci, in maglia rosa è Gino Bartali. «La sera di quel 4 giugno, era stato Gino Bartali
che aveva voluto vedere da vicino padre Pio da Pietrelcina. Facendo
infuriare il suo direttore sportivo, il campione aveva preteso di essere
accompagnato da Foggia a San Giovanni Rotondo per incontrare il
cappuccino e confessarsi da lui. […] La fama del cappuccino era
evidentemente ormai tale da far brillare di luce riflessa chi entrava in
contatto con lui, quand’anche si trattasse di un’altra stella: dello
stesso Coppi esiste una fotografia che lo ritrae a San Giovanni Rotondo
accanto a padre Pio». [Sergio Luzzatto, Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento, Einaudi] Il 15 giugno 1947, Coppi vince il Giro davanti a Bartali.
Recordman del confessionale
•
Padre Pio confessa fino a quattordici ore al giorno. In questi anni il
numero di persone, in particolare donne, che si vogliono confessare è
talmente imponente che viene organizzato un sistema di prenotazioni
(qualcuno ha provato a fare due conti: in tutta la vita avrebbe
riconciliato con Dio un milione duecentomila persone).
Giovedì 10 febbraio 1949
Un cronista da padre Pio
•
Le messe presiedute da padre Pio sono un evento di cui spesso si
occupano i cronisti dei principali quotidiani. «Così come quando, a
primavera, il vento carezza i campi di grano curvando il capo alle
spighe verdi, e le spighe ondeggiano quasi a sussurrarsi misteri, le
teste dei fedeli si mossero di colpo in un sussulto; e un mormorio
incredulo corse la navata della piccola chiesa stracolma. Padre Pio, con
quell’andatura stenta che gli faceva trascinare i sandali logori,
s’apprestava all’altare». E poi: «Ora cava da una profonda tasca
misteriosa una scatoletta esagonale della magnesia Sanpellegrino
arrangiata a tabacchiera, e un fazzolettone rosso a puntini bianchi.
Dispiega il fazzoletto su di un tavolo. Manco il tempo d’una tiratina di
tabacco e il fazzolettino straripa di biglietti da mille. Sono offerte
per la Casa sollievo per la sofferenza, l’ospedale che Padre Pio si era
messo in testa di costruire a ridosso del convento». [Igor Man, Sta. 10/2/1949]
Padre Pio grida: «Forza Foggia!» ed è gol
•
Anacleto Lupo, giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, va spesso a
San Giovanni Rotondo per fare servizi su padre Pio. Un giorno nella
stanza del religioso c’è un giovane con in mano una radiolina spenta.
Padre Pio a un tratto gli dice con tono burbero: «E tu che fai con
quell’aggeggio?». Il giovane accende la radiolina. Si sta trasmettendo
la partita Benevento-Foggia, serie C. Padre Pio grida: «Forza Foggia!
Viva Foggia!». Immediatamente lo speaker annuncia un gol del Foggia.
La dieta di padre Pio
•
Il mattino gli basta mezza tazzina di caffè, sorseggiata dopo la messa;
a pranzo si siede a tavola, recita il Rosario e altre preghiere e
finalmente mangia qualche forchettata di pasta, o un po’ di verdura, la
carne mai, talvolta un po’ di merluzzo bollito, per frutta qualche
spicchio di mela; per cena una piccola fetta di torta o poche
cucchiaiate di crème caramel; da bere un bicchiere di birra (in
gioventù, poi mezzo bicchiere di passito di Pantelleria).
Domenica 9 aprile 1950
Padre Pio ritratto da Orio Vergani
L’inviato
speciale Orio Vergani racconta la figura del frate cappuccino ai
lettori del Corriere in un reportage da San Giovanni Rotondo. Oggi la
prima puntata: “Da trent’anni sanguinano le stimmate di padre Pio”
(domani, 10 aprile 1950,
la seconda: “Da Milano per vedere me? Serviva di più un’Ave Maria”).
Vergani è partito da Milano con l’intenzione di intervistarlo e di
fotografarlo, ma quando è sul posto ci ripensa: «Non si intervista un
uomo che da trentadue anni porta alle mani, ai piedi, al costato, i
segni delle stimmate». Il cronista osserva padre Pio a distanza, per un
giorno intero: mentre confessa le donne al mattino e nel primo
pomeriggio e gli uomini alla sera (è capace di andare avanti per
dieci-dodici ore di fila: «I miei occhi, che pure ne hanno viste tante,
non sapevano saziarsi tanto era misteriosa quella […] semplice immagine
di frate-contadino seduto – e così ogni giorno da trentadue anni – nel
rustico trono del suo confessionale, ad ascoltare, una volta a destra,
una volta a sinistra a seconda del turno delle due lente file delle
penitenti, la storia dei peccati del mondo». La chiesetta in cui il
frate dice messa e confessa è tutta quanta «scritta a matita»: i fedeli
lasciano le loro richieste (c’è il divieto ecclesiastico di portare ex
voto a San Giovanni Rotondo) sui muri sperando che padre Pio le legga.
Vergani allarga poi lo sguardo al paesaggio: «Fuori della chiesetta,
lungo la strada che sale da San Giovanni, nasce la nuova città che, per
una necessità umana uguale in tutti i luoghi di pellegrinaggio, vive
dell’afflusso dei credenti. Non è ancora Lourdes con i suoi cinquecento
alberghi e con i suoi mille negozi di “articoli sacri”: ma già ci sono
le prime “locande di San Francesco”, qualche trattoria, bottegucce e
magazzini di fotografie ed oggetti di devozione, librerie religiose: un
piccolo villaggio dei pellegrini venuto su come venivan su in Africa
Orientale i paesi intorno ai posti di tappa dei camionisti». [Luzzatto
2007]
Sabato 5 maggio 1956
Padre Pio inaugura la “Casa sollievo della sofferenza”
•
Dopo nove anni di lavori, la “Casa sollievo della sofferenza” è pronta.
Padre Pio vede realizzato il suo sogno. E così lo presenta alla folla
accorsa per l’inaugurazione: «Ringrazio i benefattori di ogni parte del
mondo che hanno cooperato. Questa è la creatura che la Provvidenza,
aiutata da voi, ha creato. Ve la presento». Il magazine del New York Times descrive il complesso ospedaliero di San Giovanni Rotondo come uno «tra i più belli e moderni del mondo».
Sabato 25 giugno 1960
Papa Giovanni e l’«immenso inganno» di padre Pio
• Il Papa annota su alcuni foglietti (pubblicati per la prima volta in Sergio Luzzatto, Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento,
Einaudi) le sue impressioni dopo l’incontro con Pietro Parente del
Sant’Uffizio. «Stamane da mgr Parente, informazioni gravissime circa
P.P. e quanto lo concerne a S. Giov. Rotondo. L’informatore aveva la
faccia e il cuore distrutto». «Con la grazia del Signore io mi sento
calmo e quasi indifferente come innanzi ad una dolorosa e vastissima
infatuazione religiosa il cui fenomeno preoccupante si avvia ad una
soluzione provvidenziale. Mi dispiace di P.P. che ha pur un’anima da
salvare, e per cui prego intensamente». «L’accaduto – cioè la scoperta
per mezzo di filmini, si vera sunt quae referentur [se sono vere
le cose riferite], dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine
che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno
alla sua persona – fa pensare ad un vastissimo disastro di anime,
diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo, e qui
in Italia specialmente. Nella calma del mio spirito, io umilmente
persisto a ritenere che il Signore faciat cum tentatione provandum [mette alla prova con la tentazione], e dall’immenso inganno verrà un insegnamento a chiarezza e a salute di molti».
Giovanni XXIII: «Padre Pio si rivela un idolo di stoppa»
• «Al futuro Giovanni XXIII,
padre Pio non era mai piaciuto. All’inizio degli anni 20, quando per
due volte aveva percorso la Puglia come responsabile delle missioni di
Propaganda Fide, aveva preferito girare alla larga da San Giovanni
Rotondo. Ma è soprattutto la fede ascetica, mistica, quasi medievale di
cui il cappuccino è stato il simbolo, per la Chiesa modernista di inizio
secolo come per la Chiesa conciliare a cavallo tra gli anni 50 e 60, a
essere estranea alla sensibilità di Angelo Roncalli.
Che, sempre il 25 giugno, annota ancora: “Motivo di tranquillità
spirituale per me, e grazia e privilegio inestimabile è il sentirmi
personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha
intaccato centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in
proporzioni inverosimili”. E, dopo aver ordinato una nuova visita
apostolica a San Giovanni Rotondo, ad appunto quasi quarant’anni da
quella compiuta nel 1921, il Papa conclude che “purtroppo laggiù il P.P.
si rivela un idolo di stoppa”». [Aldo Cazzullo, Cds 25/10/2007]
Lunedì 23 settembre 1968
Padre Pio muore
• La sera precedente viene colto da malore. Durante la notte, alle ore 2.30, muore. Tre giorni prima, il 20 settembre 1968,
esattamente cinquant’anni dopo che erano apparse sul suo corpo, le
stimmate scompaiono durante la celebrazione eucaristica. Al suo
funerale, il 26 settembre 1968, partecipano centomila persone.
Padre Pio in odore di santità
• «La Rai ha più volte trasmesso un documentario su padre Pio realizzato da Giovanni Minoli.
Assistervi fu per me un’esperienza sconvolgente. Si raccoglievano
testimonianze dei confratelli sull’ultima sua notte, sul profumo
intensissimo emanante dalla salma; le piaghe sulle mani e sui piedi, che
incominciarono dal mattino a chiudersi e poi non lasciarono traccia,
posero fine al processo su di un cadavere. Più di tutto turba uno
spezzone girato da un cineamatore durante l’ultima Messa celebrata dal
Santo, a circa venti ore dalla morte. Ricoperto dai paramenti,
sull’altare a muro e recitando in latino, egli è sorretto sotto le
ascelle da due confratelli: non ha nemmeno le forze per tenersi
all’impiedi: ma deve celebrare. Hai l’impressione, grazie anche al
“sonoro” della ripresa, che un’agonia fortissima già lo attragga per
dargli finalmente pace e ch’egli concentri, minuto dopo minuto, le
residue forze per respingerla. Lotta per rievocare dall’oblio ogni
parola liturgica: e ciascuna lentissimamente scandisce. Tra l’una e
l’altra, pause spaventosamente lunghe, documento del desiderio di
arrendersi e dello sforzo della volontà. Come negare che per lui la
celebrazione della Messa fosse ogni volta la reale ripetizione del
Calvario?». [Paolo Isotta, Cds 15/6/2002]
Sabato 20 febbraio 1971
Paolo VI riabilita padre Pio
• Ad appena tre anni dalla sua morte, Paolo VI,
parlando ai superiori dell’ordine cappuccino, dice di padre Pio:
«Guardate che fama ha avuto, che clientela mondiale ha adunato intorno a
sé! Ma perché? Forse perché era un filosofo? Perché era un sapiente?
Perché aveva mezzi a disposizione? Perché diceva la messa umilmente,
confessava dal mattino alla sera, ed era, difficile a dire,
rappresentante stampato delle stimmate di nostro Signore. Era un uomo di
preghiera e di sofferenza». [www.vatican.va]
Lunedì 29 novembre 1982
Via libera alla causa di beatificazione di padre Pio
•
I primi passi del processo di beatificazione erano cominciati un anno
dopo la morte del frate, nel 1969, ma avevano incontrato molti ostacoli.
Erano stati ascoltati decine di testimoni e raccolti 104 volumi di
disposizioni e documenti, e nel 1979 tutto il materiale era stato
inviato a Roma, al vaglio degli esperti di papa Wojtyla.
Lunedì 23 febbraio 1987
Muore Cleonice Morcaldi, figlia spirituale di padre Pio
•
Figlia di povera gente, Cleonice aveva conosciuto padre Pio negli anni
Venti. Nel corso degli anni Cleonice e altre figlie spirituali, come
Tina Bellone e Olga Ieci, hanno formato una cerchia attorno al frate che
insospettisce le autorità vaticane e diventerà uno dei capi d’accusa
nei suoi confronti. Alcuni brani del carteggio tra padre Pio a Cleonice:
«Mi sei tanto cara, figlia mia! Sei Tutta mia! Vivo per Gesù e per te».
«Tu che sei Gesù visibile, mi ami pure?». «In presenza mi liquefò, in
assenza mi brucio». «Mia sempre più cara figliola Gesù sia sempre tutto
il tuo conforto… e ti renda sempre più degna dei suoi divini amplessi;
le tue lettere nonché la tua fedeltà, mi sono di grande sollievo nella
prova a cui siamo assoggettati». Talvolta il religioso comunica con
Cleonice lasciandole bigliettini in luoghi appartati: «Piccina, il babbo
arde dal desiderio di vederti. Senti cosa ho pensato: se riuscissi, ad
esempio, ad ottenere ancora la chiave e venire su inosservata, sii pur
certa che nessuno se ne accorgerà… ti benedico con sempre crescente
affetto». Cleonice: «Tu e Gesù siete due gigli». Padre Pio: «E tu una
rosa profumata. Sei sangue del nostro sangue. Ma perché mi sei così
cara?». Cleonice: «Non ti allontanare dall’anima mia, mi sento sola».
Padre Pio: «Assieme a Gesù sto in te dalla cima dei capelli fino alla
punta dei piedi». [Orazio La Rocca, Rep. 13/3/1999]
Giovedì 30 aprile 1998
Il miracolo di padre Pio
•
La consulta medica, organo della congregazione delle Cause dei santi,
riconosce la «straordinarietà e inspiegabilità scientifica» della
guarigione di Consiglia De Martino. Salernitana, madre di tre figli e
devota di padre Pio, a Consiglia è stato diagnosticato, il 1 novembre 1995,
un versamento linfatico dovuto alla rottura traumatica del dotto
toracico. La signora De Martino chiede l’aiuto di padre Pio,
sollecitando fra’ Modestino di San Giovanni Rotondo a pregare per lei
presso la tomba del frate. Alcuni esami, effettuati il 3 ed il 6
novembre, constatano la completa guarigione senza che la signora De
Martino venga sottoposta ad alcuna terapia.
Domenica 2 maggio 1999
Beatificazione di padre Pio
• «Al cospetto di oltre un milione di fedeli giunti da ogni parte, Giovanni Paolo II
officia la cerimonia di beatificazione di padre Pio. Egli stesso,
ormai, uomo della Sofferenza, malatissimo vicario di Cristo, papa Wojtyla
eleva agli altari il frate presso il quale si era recato in
pellegrinaggio, da studente di teologia, nella primavera del 1948, sulla
cui tomba si era raccolto in preghiera, nel ’74, da cardinale
arcivescovo di Cracovia, e per il centenario della cui nascita era
ritornato a San Giovanni Rotondo nel 1987, da successore di Pietro, come
a suggellare una devozione indefettibile». [Luzzatto 2007]
Domenica 16 giugno 2002
Canonizzazione di padre Pio
• Il cammino verso la santità di Francesco Forgione si conclude alle 10.25 quando Giovanni Paolo II, con voce quasi inudibile, pronuncia la formula: «Beatum Pium a Pietrelcina Sanctum esse decernimus et definimus» (dichiariamo e definiamo santo il beato Pio da Pietrelcina).
Gadget di padre Pio
•
Prezzi di alcuni gadget ispirati in vendita sulle bancarelle: la statua
con saio dorato costa 7,80 euro (quella col saio marrone 9 euro), la
borsa del pellegrino 7 euro, il mini altarino in legno 8 euro, il
cappellino 5,40 euro, il bicchiere da liquore 4,65 euro, il portafogli 4
euro, il cucchiaino 4 euro,il magnete autoadesivo 3,30 euro,
l’angioletto proteggi bimbi 3 euro, il ventaglio 2,50 euro, l’accendino 2
euro. Per celebrare la canonizzazione di padre Pio, alcune gelaterie
romane hanno inventato il “gelato del Santo”. Ingredienti: vin santo,
uvetta moscata, pasta e granella di mandorle. Per la beatificazione, il 2 maggio 1999, era stato inventato il gusto “manna del cielo”, all’estratto dell’albero di frassino.
Padre Pio, «quel fragilissimo arbustello sannita»
•
«Secondo natura e fisiologia, quel fragilissimo arbustello sannita non
avrebbe dovuto raggiungere nemmeno l’adolescenza, bacato com’era dalla
malattia. Trascorse ogni giorno della vita in uno stato febbrile che
non gli avrebbe concesso di giungere al successivo, tanto lo consumava;
eppure si sottoponeva quotidianamente a fatiche, nella preghiera,
nella veglia, nella Confessione, che avrebbero ucciso un Carnera. A
prescindere dalle stimmate, sulle quali forse fin troppo ci si è
soffermati. Concentrato di patologie inguaribili, ch’è troppo comodo
classificare di natura neuropatica, quest’uomo giunse alla vecchiezza
attraversando ogni giorno un inconcepibile oceano di sofferenza fisica;
al quale s’accompagna la sofferenza spirituale per la propria
indegnità, tipica dei Santi». [Paolo Isotta, Cds 15/6/2002]
Giovedì 29 aprile 2004
Padre Pio, l’uomo del secolo
• «Padre Pio è l’evento più importante dal 1900 a oggi» (Giulio Andreotti intervistato da Antonello Capurso).
Lunedì 19 aprile 2010
Il corpo di padre Pio traslato nella nuova basilica
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