Con la terza domenica del tempo
ordinario riprendiamo la lettura continua del Vangelo secondo Matteo.
Matt. 4,12-23 è l'inizio del ministero di Gesù ma ne è, al tempo stesso,
una mirabile sintesi perché ne comprende tutti gli elementi essenziali.
Matteo comincia col darci le indicazioni
storiche e geografiche in cui si colloca il ministero di Gesù ma ci
dice pure che nella concretezza degli eventi che accadono nel tempo e
nello spazio, si "compie" il progetto di Dio. Così ci
rivela la prospettiva nella quale egli interpreta l'evento di Gesù: è il
"compimento" che avviene in modo inatteso della fede e della speranza
di Israele. E' il "compimento" della rivelazione di Dio, il "Dio con
noi": Gesù è il "Dio con noi" perché condivide l'umanità in tutto, sino
alla morte. Proprio perché "compimento" ha la dimensione universale per
la quale Israele è stato scelto: per essere "luce delle genti".
Ma perché il modo è "inatteso", chiede di essere accolto spogliandosi
di tutte le precomprensioni con cui l'uomo attende l'intervento di Dio.
Gesù è il "compimento" perché è la rivelazione di un Dio che per amare
si abbassa sino ad annientarsi.
Ed è questo il motivo per il quale, "quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò in Galilea, lasciò Nazaret e andò ad abitare a Cafarnao":
non è per paura che Gesù inverte il suo cammino verso Gerusalemme, ma
perché la città, i capi religiosi e i capi del popolo, chiusi nelle loro
sicurezze, non accolgono e non testimoniano la luce, ma
strumentalizzano la Legge per farne strumento di potere. Gesù non si
lascia rinchiudere dai centri del potere, ma comincia il suo cammino di
"annientamento" e di amore: "si ritira" in Galilea, "lascia anche Nazaret e si stabilisce a Cafarnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zabulon e di Neftali".
Matteo non dice il motivo per il quale Gesù lascia Nazaret, il suo
paese: più tardi (Matt.13) ci parlerà dell'incredulità trovata nella sua
patria e nella sua casa. Ma in tutto ciò che accade, Matteo vede "il compimento di ciò che era stato detto per mezzo del profeta":
le regioni che erano state umiliate dal re dell'Assiria e che
continuano a non godere di buona fama, diventano il luogo
dell'esperienza della salvezza, coloro che erano considerati non-popolo, accolgono la presenza di Gesù che "si ritrae" per poter stare con loro,
perché coloro che lo cercano lo possano trovare, non dentro gli spazi
chiusi del sacro o del potere, ma nella Galilea, dove gli uomini vivono
la loro vita quotidiana.
"Da quel momento", dalla Galilea, da una regione che Gerusalemme giudicava terra di tenebra, dalla riva del mare, perché possa varcare ogni limite, comincia a risplendere la luce: "Gesù cominciò ad annunciare":
è l'annuncio che da quel momento iniziale continua a risuonare nel
mondo, è l'annuncio che oggi è affidato a noi perché lo gridiamo al
mondo. "Convertitevi, è vicino infatti il regno dei cieli". E'
singolare il fatto che l'annuncio di Gesù è identico a quello del
Battista: eppure sulle labbra di Gesù ha un senso radicalmente nuovo. Se
per il Battista la conversione ha un senso morale, e la vicinanza del
regno è l'annuncio dell'ormai prossimo intervento di Dio giudice per
porre fine alla infedeltà del suo popolo, per Gesù la conversione è
l'invito ad un radicale cambiamento nel modo di vedere Dio, che non
guarda più all'uomo per condannarlo, ma che si abbassa per amarlo.
Convertirsi, per Gesù, significa incontrare ed entrare in relazione
personale con lui, lasciarsi amare da lui, sperimentando con lui che lo
rivela, l'amore di Dio. Convertirsi significa quindi lasciarsi amare da Dio;
significa, con Gesù, liberati dalla paura, entrare nella relazione
filiale con Dio e fraterna con gli altri uomini e di conseguenza
cominciare a vivere una vita nuova. Tutto il Vangelo descriverà "il
regno dei cieli" che con Gesù si è fatto vicino perché ogni uomo possa
farne l'esperienza.
Adesso Matteo continua a mostrarci che
cosa significhi l'invito di Gesù alla conversione, che oggi è rivolto a
noi perché comprendiamo che la vita cristiana, nella sua essenza, è
tutta un cammino di conversione, un percorso quotidiano di sequela, e lo
fa presentandoci la chiamata dei primi quattro discepoli,
quattro pescatori del lago di Tiberiade: Simone (Pietro) e suo fratello
Andrea, Giacomo e suo fratello Giovanni. Il testo si presenta come un
dittico quasi perfetto, formato di tre elementi: l'incontro di due
fratelli pescatori; la chiamata; il cammino delle persone chiamate. E'
Gesù il soggetto che dà inizio all'incontro: è lui che passando, vede
due persone precise (con il loro nome); le vede nella concretezza della
loro quotidianità, con la loro vita impostata, con il lavoro che risolve
il loro problema; le chiama: "Venite dietro a me: vi farò pescatori di uomini".
Gesù parla, entra in relazione con loro e propone loro di entrare in
relazione con lui: l'essenziale della proposta di Gesù consiste
precisamente in questa relazione personale. Anche per questo, il Vangelo
mostrerà tutta la preoccupazione di Gesù di far capire, educare i suoi
discepoli ad entrare, approfondire, rimanere in relazione con lui. Qui
Gesù dice che andare dietro lui significa spostare l'asse portante
dell'esistenza dalle preoccupazioni immediate per la propria vita, alla
passione per tutti gli uomini, per tutto ciò che è umano. E Matteo ci
descrive la risposta dei primi chiamati: "Ed essi, subito, lasciarono le reti (la barca e il loro padre) e lo seguirono". La loro vita è completamente ristrutturata:
non più attorno alle loro cose (l'avere) e ai loro affetti (l'essere),
ma con lui, nella libertà da tutto ciò che li tratteneva, per essere con
una persona che li proietta in un orizzonte nuovo e sconfinato.
L'incontro con Gesù avviene "mentre camminava lungo il mare di Galilea":
ritorna in Matteo il simbolismo del mare. Tutto parte da Cafarnao:
sulla riva del mare, la via del mare, e Gesù cammina sulla riva del
mare. Matteo ormai vede l'esperienza affascinante della libertà che Gesù
propone, diffondersi sulle acque e oltre le acque del mare: il mare è
il simbolo dello spazio e degli ostacoli che i discepoli dovranno
affrontare per portare il messaggio a tutte le nazioni. Conosceranno le
tempeste e la barca dei discepoli troverà pericoli mortali ma i
pescatori di Galilea "seguono Gesù" il pescatore per eccellenza: è lui
che vuole raccogliere gli uomini, essi agiscono perché sono e rimangono
con lui.
Gli ultimi versetti descrivono Gesù che
cammina, annuncia il vangelo, opera nella Galilea: i tempi dei verbi
usati da Matteo, all'imperfetto, ci invitano a vedere, in trasparenza,
in Gesù che cammina nella Galilea, la Chiesa che cammina nel mondo oggi,
"insegnando e annunciando il vangelo del regno", mostrando che oggi, nella nostra storia complessa Dio è vicino, con il suo amore, leggendo i segni della sua presenza; "guarendo ogni sorta di malattia e infermità nel popolo"
rendendo visibile il volto di un Dio non che condanna, che impone dei
pesi, ma che com-patisce, infonde serenità, nuova speranza e gioia.
Omelia di mons. Gianfranco Poma
La chiamata di Dio rivolta a ciascuno
Il Vangelo comincia con una citazione
presa dal profeta Isaia che abbiamo ascoltato anche nella prima lettura.
Come abbiamo sentito ci sono dei nomi a noi poco conosciuti: Zabulon,
Neftali, Galilea delle genti. a noi sconosciuti, ma importanti da
conoscere. Zabulon e Neftali sono due dei dodici figli di Giacobbe, uno
dei patriarchi del popolo di Israele. Questi dodici figli, stabilitisi
in Egitto crescendo di numero, fecero paura al popolo Egiziano e così il
faraone li rese schiavi. Dio intervenne e li liberò dalla schiavitù per
mezzo del suo servo Mosè e donò loro la terra che aveva promessa ad
Abramo. Questa terra fu divisa come in tante regioni, e ogni
"figlio-tribù" andò ad abitare nella parte a lui assegnata. Le "regioni"
presero il nome del capostipite della tribù. In questo caso noi abbiamo
Zabulon e Neftali che abitavano una parte della Palestina vicina al
mare. Questo luogo era di passaggio e tanti stranieri si fermarono ad
abitare lì. "Galilea delle genti" è una espressione per dire territori
dei gentili, cioè degli stranieri. In più questa terra molto fertile,
veniva dominata da altri popoli potenti.
Quando un popolo con la forza, occupa il territorio di un altro popolo è come se in quella terra il sole non brillasse più.
In quella situazione di oppressione, di "notte", c'è la profezia del profeta Isaia, profezia di speranza, che annuncia la grande luce che arriverà su questa terra. Luce che porterà pace, fratellanza, benessere. La grande luce è Gesù! Ricordiamo che anche san Giovanni nella prima pagina del suo Vangelo ci parla di Gesù come luce che viene a illuminare ogni uomo, luce che le tenebre non possono vincere. Gesù è luce, e chi lo accoglie, diventa luce come lui. "Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino" sono le prime parole che pronuncia. Convertirsi vuol dire cambiare, lasciare ciò che è sbagliato e incominciare a vivere e a cercare sempre il bene.
Quando un popolo con la forza, occupa il territorio di un altro popolo è come se in quella terra il sole non brillasse più.
In quella situazione di oppressione, di "notte", c'è la profezia del profeta Isaia, profezia di speranza, che annuncia la grande luce che arriverà su questa terra. Luce che porterà pace, fratellanza, benessere. La grande luce è Gesù! Ricordiamo che anche san Giovanni nella prima pagina del suo Vangelo ci parla di Gesù come luce che viene a illuminare ogni uomo, luce che le tenebre non possono vincere. Gesù è luce, e chi lo accoglie, diventa luce come lui. "Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino" sono le prime parole che pronuncia. Convertirsi vuol dire cambiare, lasciare ciò che è sbagliato e incominciare a vivere e a cercare sempre il bene.
Chi ascolta la Parola del Signore,
ascolta una bella notizia: "il regno dei cieli è vicino", cioè Dio sta
vicino a te, cammina con te, ti apre la strada! Se tu vuoi puoi
somigliargli e allontanare le tenebre insieme a lui. In concreto cosa
bisogna fare?
Bisogna fare come questi quattro
giovani: Gesù passa vicino a loro. Stanno lavorando, ma il lavoro non
impedisce di ascoltare la sua parola: "Seguitemi!" Ed essi, dice il
vangelo, subito, lasciarono tutto e lo seguirono.
Potremmo dire: ma come hanno potuto lasciare un lavoro sicuro, tutti i beni per Gesù? Solo chi ascolta con il cuore può cogliere nelle parole di Gesù un bel progetto di vita e di speranza non solo per se stesso ma per tutti gli uomini.
Oggi Gesù è qui e chiama anche noi a seguirlo, nelle varie situazioni che ci presenta.
Potremmo avere la tentazione di presentare tutti i nostri motivi, le
nostre scuse, di rimandare più avanti, in altra occasione... E' oggi
invece che siamo chiamati a dare una risposta perché lui ci chiama.
Proviamo a fidarci del suo amore per noi, del suo progetto di bellezza su di ciascuno di noi.
Il suo progetto ci porta sulle strade del mondo e ci rende capaci di
essere fratelli e amici di tutti, ci aiuta ad essere costruttori di
pace, di giustizia, di perdono, di solidarietà. Ci aiuta ad essere
capaci di verità e a riconoscere i nostri errori. Ci sostiene nel nostro
impegno a servizio di quanti hanno bisogno. Ci apre il cuore alla
preghiera, al dialogo con Dio, all'impegno a dare alla nostra vita un
alto significato, sempre, a qualunque età, in qualunque situazione.
Omelia di don Roberto Rossi
Si converte l'uomo che scopre di essere amato da Dio
La parola inaugurale di Gesù, premessa a
tutto il Vangelo è: convertitevi. E subito il «perché» della
conversione: perché il regno si è fatto vicino. Ovvero: Dio si è fatto
vicino, vicinissimo a te, ti avvolge, è dentro di te. Allora
«convértiti» significa: gìrati verso la luce, perché la luce è già qui. La conversione non è la causa ma l'effetto della tua «notte toccata dall'allegria della luce» (Maria Zambrano).
Immaginavo la conversione come un fare
penitenza del passato, come una condizione imposta da Dio per il
perdono, pensavo di trovare Dio come risultato e ricompensa
all'impegno. Ma che buona notizia sarebbe un Dio che dà secondo le
prestazioni? Gesù viene a rivelarci che il movimento è esattamente
l'inverso: è Lui che mi incontra, che mi raggiunge, mi abita.
Gratuitamente. Prima che io faccia qualcosa, prima che io sia buono, Lui
mi è venuto vicino. Allora io cambio vita, cambio luce, cambio il modo
di intendere le cose. Scrive padre Vannucci: «la verità è che noi siamo immersi in un mare d'amore e non ce ne rendiamo conto».
Quando finalmente me ne rendo conto, comincia la conversione. Cade il
velo dagli occhi, come a Paolo a Damasco. Abbandono le barche come i
quattro pescatori, lascio le piccole reti per qualcosa di ben più
grande.
Gesù passando vide... Due coppie di fratelli, due barche, un lavoro?
No, vede molto di più: in Simone vede
Kefa', Pietro, la roccia su cui fondare la sua chiesa; in Giovanni
intuisce il discepolo dalla più folgorante definizione di Dio: Dio è
amore; Giacomo sarà «figlio del tuono», uno che ha dentro la vibrazione e
la potenza del tuono. Lo sguardo di Gesù è uno sguardo creatore, una profezia. Mi guarda, e vede in me un tesoro sepolto,
nel mio inverno vede grano che matura, una generosità che non sapevo
di avere, strade nel sole. Nel suo sguardo vedo per me la luce di
orizzonti più grandi.
Venite dietro a me: vi farò pescatori
di uomini. Raccoglieremo uomini per la vita. Li porteremo dalla vita
sepolta alla vita nel sole. Risponderemo alla loro fame di libertà,
amore, felicità.
I quattro pescatori lo seguono subito,
senza sapere dove li condurrà, senza neppure domandarselo: hanno dentro
ormai le strade del mondo e il cuore di Dio.
Gesù camminava per la Galilea e annunciava la buona novella, camminava e guariva la vita.
La bella notizia è che Dio cammina con te,
senza condizioni, per guarire ogni male, per curare le ferite che la
vita ti ha inferto, e i tuoi sbagli d'amore. Dio è con te e guarisce.
Dio è con te, con amore: la sola cosa che guarisce la vita.
Questo è il Vangelo di Gesù: Dio con voi, con amore.
Omelia di padre Ermes Ronchi
Non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire. 1Cor 1,10
Paolo scrive ai cristiani di Corinto
dove egli stesso aveva fondato la chiesa: una chiesa vivace, ma dove
presto serpeggiò la divisione. C'era chi si era fatto discepolo di
Apollo, un giudeo-alessandrino della scuola di Filone; c'erano dei
giudei-cristiani provenienti dalla Palestina che volevano far
riferimento solo a Pietro; altri si vantavano di essere di Paolo:
Perfino era sorto un partito di Cristo! Ma Paolo reagisce con forza:
"Cristo è stato forse diviso? Paolo è stato crocifisso per voi?"
Nell'invito a bandire ogni divisione pervenendo a una "perfetta unione di pensiero e di sentire" è la consapevolezza profonda che aprirsi al Regno di Dio e alla sua giustizia vuol dire scoprire una relazionalità positiva.
Essa è fatta di rapporti che ci uniscono gli uni agli altri e che,
proprio dentro questo tessuto unitivo, esprimono anche agli altri che il
Regno di Dio è lì: Lui stesso è presente dove i fratelli si amano. Non è
antichissimo il canto "Ubi caritas et amor Deus ibi est"?
In questo ottavario di preghiera per l'unità dei cristiani, quanto è propizio questo invito che Paolo rivolge anche a noi oggi!
Oggi, nella mia pausa contemplativa,
cercherò in me ciò che crea divisioni o tendenze rigide all'uniformità
più che all'unità. Chiederò al Fuoco dello Spirito Santo di fondere in
me ciò oppone e divide.
Signore, manda il fuoco del tuo Santo
Spirito dentro il mio cuore, purifica, distruggi tutto quello che non è
pace in me e con gli altri.
La voce del cardinale Walter Kasper
Noi siamo abituati a parlare della
conversione degli altri. Ma la conversione deve iniziare in noi stessi.
Non dobbiamo osservare la pagliuzza nell'occhio del fratello mentre non
ci accorgiamo della trave che abbiamo nel nostro occhio (cfr Mt 7, 3).
L'ecumenismo ci incoraggia ad esercitare autocritica. Non gli altri
devono convertirsi, noi tutti dobbiamo convertirci a Cristo.
Omelia a cura dell'Eremo San Biagio
Nessun commento:
Posta un commento