Tracce della nostra fede
Itinerari della Terra Santa
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“Per giungere vicino al Signore attraverso le pagine del Santo Vangelo, raccomando sempre di sforzarvi di entrare nella scena in modo da parteciparvi come un personaggio tra gli altri” (Amici di Dio, 222). Di recente, Benedetto XVI ha ripreso un’espressione usata per indicare la Terra Santa: “il quinto Vangelo”. Perché Gesù è nato in un momento determinato e in un luogo preciso, in una striscia di terra ai confini dell’impero romano. Lì è vissuto il Signore per donare se stesso a tutti gli uomini.
Luogo della nascita di Gesù. Foto: Darko Tepert (Wikimedia Commons).
Questo è il primo di una serie di Itinerari della Terra Santa, pubblicati per far conoscere i luoghi dove visse Gesù, e che potranno risultare utili a chi si appresta a visitare i Luoghi Santi.
Betlemme: culla della stirpe davidica
Gesù nacque in una grotta di Betlemme, dice la Scrittura, “perché non c'era per essi posto nell'albergo” (Lc 2,7). Betlemme, fondata dai cananei verso l’anno 3000 a. C., è menzionata in alcune lettere spedite dal governatore egiziano della Palestina al suo Faraone, intorno all’anno 1350 a. C., dopo la conquista dei Filistei. Nella Sacra Scrittura si fa riferimento a Betlemme – che allora era chiamata Efrata: la fertile – nel libro della Genesi, quando si parla della morte e sepoltura di Rachele, la seconda moglie del patriarca Giacobbe: Rachele morì, e fu sepolta sulla via di Efrata; cioè di Betlemme (Gen 35, 19).
Pala d'altare sopra il luogo della nascita di Gesù. Foto: Leobard Hinfelaar.
E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra (Mi 5, 1-3).
In questo testo si trovano numerosi richiami alle profezie messianiche di Isaia (Cfr. Is 7, 14; 9, 5-6; 11, 1-4) e anche ad altri passi della Scrittura nei quali si annunzia un futuro discendente di Davide (Cfr. 2 Sam 7, 12-16; Sal 89, 4). La tradizione ebraica vide nelle parole di Michea un vaticinio sulla venuta del Messia, come si riscontra anche in parecchi passi del Talmud (Cfr. Pesajim 51, 1 e Nedarim 39, 2). Pure san Giovanni nel suo Vangelo si fa eco dell’opinione dominante dei Giudei contemporanei di Gesù circa la provenienza del Messia: “non dice la Scrittura: dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?” (Gv 7, 42).
Ma è nel Vangelo di san Matteo che viene citata esplicitamente la profezia di Michea, quando Erode riunisce i sacerdoti e gli scribi per chiedere loro dove sarebbe dovuto nascere il Messia: in Betlemme di Giudea – essi gli risposero –, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele. (Mt 2, 5-6) .
Altare dei Re Magi, di fronte alla mangiatoia.
Gesù nasce a Betlemme
Agli inizi del I secolo, Betlemme era un villaggio di circa mille abitanti, composto da un piccolo gruppo di case sparse sul pendio di una collina, protetto da un muro in rovina e in qualche parte franato, costruito circa mille anni prima. I suoi abitanti vivevano di agricoltura e di pastorizia; aveva fertili campi coltivati a grano e orzo nell’ampio pianoro ai piedi della collina: e forse da queste colture deriva il nome di Bet-Lejem, che in ebraico significa “Casa del pane”. Ai campi situati al limite del deserto, invece, venivano condotte al pascolo le greggi di pecore.
Il piccolo villaggio di Betlemme viveva la sua monotona esistenza agricola e paesana fino a quando non accadde un avvenimento che l’avrebbe resa famosa nel mondo intero per sempre. Così lo racconta san Luca:
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta (Lc 2, 1-5) .
Luogo della nascita di Gesù. Foto Antoine Taveneaux (Wikimedia Commons).
Le abitazioni di Betlemme erano umili e, come in altri luoghi della Palestina, i paesani erano soliti utilizzare le grotte naturali o scavate nella roccia come magazzini e stalle. In una di queste grotte nacque Gesù:
Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo (Lc 2, 6-7) .
Il Bambino Dio
La divina Provvidenza aveva disposto che Gesù – il Verbo incarnato, il Re del mondo e il Signore della storia – nascesse circondato dalla più grande povertà. E non poté contare nemmeno sulle poche cose che un’umile famiglia avrebbe preparato per la nascita del figlio primogenito: ebbe solo delle fasce e una mangiatoia.
Resti di mosaici bizantini pavimentali. Foto: Alfred Driessen.
”Allo stesso modo in cui si condiscono con il sale gli alimenti, perchè non siano insipidi, nella nostra vita dobbiamo metterci sempre l’umiltà. Figlie e figli miei – non è mia questa similitudine: è stata utilizzata da autori spirituali da più di quattro secoli – non fate come le galline che, dopo aver deposto appena un uovo solo, assordano chiocciando per tutta la casa. Dovete lavorare, dovete svolgere il lavoro intellettuale o manuale, e sempre apostolico, con grandi intenzioni e grandi desideri – che il Signore trasforma in realtà – di servire Dio e passare inavvertiti” (San Josemaría, Appunti presi da una meditazione, 25-XII-1972).
Betlemme e i primi cristiani
Anche i discepoli di Gesù e i primi cristiani, fin dagli inizi, ebbero ben presente l’importanza di Betlemme. Alla metà del secolo II, san Giustino, nativo della Palestina, scrive che gli abitanti del villaggio trasmettevano di padre in figlio i ricordi sulla grotta, adibita a stalla, nella quale era nato Gesù (Cfr. San Giustino, Dialogo con Trifone, 78, 5).
Nei primi decenni del secolo successivo, Origene attesta che il luogo dove era nato il Signore era ben conosciuto nella zona, anche da chi non era cristiano: ”In intesa con quello scritto nei Vangeli, a Betlemme si mostra la grotta in cui nacque Gesù e dentro la grotta la mangiatoia dove fu deposto, avvolto in fasce. E questo luogo è ben conosciuto anche dalle persone lontane dalla fede; in questa grotta, si dice, è nato quel Gesù amato e adorato dai cristiani” (Origene, Contra Celsum, 1, 51).
Dettaglio di un mosaico del pavimento. Foto: Leobard Hinfelaar.
Sotto l’imperatore Adriano, si edificarono templi pagani su varie località – come il Santo Sepolcro e il Calvario – venerate dai primi cristiani, con il proposito di cancellare le vestigia del passaggio di Cristo sulla terra: “Dai tempi di Adriano fino all’impero di Costantino, per un periodo di 180 anni, là dove avvenne la resurrezione si dava culto a una statua di Giove, e sul monte della croce, per i gentili veniva installata una statua marmorea di Venere. Indubbiamente i persecutori immaginavano che contaminando i sacri luoghi con gli idoli, sarebbe svanita la fede nella passione e resurrezione” (San Girolamo, Lettere, 58, 3).
Qualcosa di simile accadde a Betlemme, poiché il luogo della nascita di Gesù fu trasformato in un bosco sacro in onore di Adone. San Cirillo di Alessandria vide i luoghi dov’era la grotta coperti da alberi (San Cirillo di Gerusalemme, Catechesi, 12, 20: «Fino a pochi anni fa era un luogo pieno di boschi»), e anche san Girolamo fa riferimento al tentativo fallito di paganizzare questo luogo cristiano con parole non prive di ironia: ”La nostra Betlemme, il luogo più venerato del mondo, che fece dire al salmista: Verità germoglierà dalla terra (Sal 84,12), era coperta dall’ombra di un bosco dedicato a Thamuz, cioè Adone, e nella grotta dove si udirono i primi vagiti di Cristo, si pregava l’amante di Venere” (San Girolamo, ibid).
La Basílica della Natività: storia
Partendo da questa tradizione unanime e vissuta nel tempo, l’imperatore Costantino ordinò che sulla grotta fosse costruita una grande Basilica, consacrata il 31 maggio 339 d.C. alla presenza di sant’Elena, che aveva appoggiato vivamente questa impresa.
La porta della basilica della Natività è alta solo un metro e mezzo. Foto: Leobard Hinfelaar.
Della primitiva basilica, saccheggiata e distrutta durante una sommossa dei samaritani nel 529, è rimasto ben poco. Ristabilita la pace, Betlemme venne fortificata e l’imperatore Giustiniano vi fece costruire, proprio sullo stesso luogo della prima, una nuova basilica di dimensioni maggiori, che è arrivata ai nostri giorni indenne dalle varie invasioni durante le quali fu distrutta la maggior parte degli edifici sacri di epoca costantiniana o bizantina.
Si racconta che i persiani, nell’anno 614, rasero al suolo quasi tutte le chiese e i monasteri della Palestina, ma rispettarono la basilica di Betlemme, perché nel suo interno trovarono un mosaico dove i re magi erano stati rappresentati vestiti secondo i loro costumi. Ugualmente la chiesa uscì incolume dalla violenta incursione in Terra Santa del califfo egizio El Hakim nell’anno 1009, così come dai violenti combattimenti che seguirono l’arrivo dei Crociati nel 1099.
Dopo varie vicissitudini storiche di cui risulterebbe troppo lungo parlare in questa sede, ai francescani fu concessa, dal 1347 e fino ad ora, la custodia della Grotta e della basilica, anche se devono dividerne i diritti con i greci-ortodossi, i siri e gli armeni.
Le scale che salgono alla grotta. Foto: Alfred Driessen.
Dalla piazza davanti alla basilica, il visitatore ha l’impressione di trovarsi di fronte a una fortezza medioevale: grossi muri e contrafforti, con poche e piccole finestre. Si entra da una porta piccola e bassa che obbliga a passare uno alla volta e, anche così, con difficoltà, perché ci si deve chinare. Nella sua omelia della notte di Natale del 2011, Benedetto XVI si riferì a questa porta di accesso alla basilica, dicendo:
“Chi oggi vuole entrare nella chiesa della Natività di Gesù a Betlemme scopre che il portale, che un tempo era alto cinque metri e mezzo e attraverso il quale gli imperatori e i califfi entravano nell’edificio, è stato in gran parte murato. È rimasta soltanto una bassa apertura di un metro e mezzo. L’intenzione era probabilmente di proteggere meglio la chiesa contro eventuali assalti, ma soprattutto di evitare che si entrasse a cavallo nella casa di Dio. Chi desidera entrare nel luogo della nascita di Gesù, deve chinarsi. Mi sembra che in ciò si manifesti una verità più profonda, dalla quale vogliamo lasciarci toccare in questa Notte santa: se vogliamo trovare il Dio apparso quale bambino, allora dobbiamo scendere dal cavallo della nostra ragione “illuminata”. Dobbiamo deporre le nostre false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio.” (Benedetto XVI, Omelia, 24-XII-2011).
L’interno: la grotta della Natività
La basilica – a croce latina con cinque navate – è lunga 54 metri. Le quattro file di colonne, di color rosato, conferiscono all’interno un aspetto armonioso. In alcuni punti si possono ammirare i mosaici che ricoprivano il pavimento della prima chiesa costantiniana; anche alle pareti si sono conservati frammenti di altri mosaici dei tempi delle crociate.
Grafico adattato da Julián de Velasco.
La mangiatoia, dove Maria pose il Bambino dopo averlo avvolto in fasce, è una piccola cappella annessa. In realtà è una cavità nella roccia, ora ricoperta di marmo e precedentemente d’argento; e di fronte c’è l’altare, chiamato dei Re Magi, con un mosaico raffigurante l’Epifania.
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