

Benedictus PP. XV
Giacomo della Chiesa3.IX.1914
-
22.I.1922
BENEDETTO XV
(1914-1922)
Giacomo Della Chiesa, che diverrà Papa col nome di Benedetto XV,
nasce a
Genova il 21 novembre 1854, terzo di quattro figli, dal marchese
Giuseppe (appartenente
ad una famiglia patrizia le cui origini vengono fatte risalire
ai tempi
di Sant’Ambrogio) e dalla marchesa Giovanna Migliorati.
Studente esterno presso il Seminario della sua città, a quindici
anni esprime
il desiderio di avviarsi al sacerdozio, ma il padre glielo
vieta: «Ne riparleremo
quando avrai ultimato gli studi laici ». È così che il 2 agosto
1875 il giovane Giacomo
si laurea in giurisprudenza e, con il consenso paterno, entra
nel Collegio Capranicense di Roma, da dove esce sacerdote il 21 dicembre
1878. Ammesso
all’Accademia pontificia dei Nobili ecclesiastici, dove vengono
preparati al servizio
diplomatico della Santa Sede i giovani appartenenti a famiglie
patrizie, nel
1883 parte per Madrid con le funzioni di segretario del Nunzio
Mariano Rampolla
del Tindaro, con il quale rientra nel 1887 allorché l’insigne
legato viene
creato Cardinale e nominato Segretario di Stato di Leone XIII.
Minutante e sostituto
alla Segreteria di Stato, prima con il Rampolla e
successivamente con Rafael
Merry del Val, il sacerdote Della Chiesa adempie i proprî
compiti con assoluto
impegno, dedicandosi anche all’insegnamento della diplomatica
presso
l’Accademia pontificia dei Nobili ecclesiastici, dove era stato
alunno.
Consacrato Vescovo da Pio X nella Cappella Sistina il 22
dicembre 1907,
monsignor Della Chiesa viene destinato a guidare la diocesi di
Bologna, dove
giunge inaspettatamente la sera del 18 febbraio 1908. Con il
fervore che gli è
proprio — da più parti è stato definito « l’uomo del dovere » — l’Arcivescovo succeduto
al Cardinale Domenico Svampa si dedica al ministero pastorale
con una
cura indefessa e con una sensibilità eccezionale, tanto che il
25 maggio 1914 viene
elevato alla porpora. Ma meno di tre mesi dopo, il 20 agosto, a
seguito di un
attacco di broncopolmonite, muore Pio X.
Sono giornate drammatiche. Il mondo è sconvolto. Il 28 luglio
l’Austria-
Ungheria ha dichiarato guerra alla Serbia e, per parte propria,
la Germania ha
dichiarato guerra l’1 agosto alla Russia e il 3 agosto alla
Francia. Il 4 agosto le
truppe tedesche, per attaccare la Francia, invadono il Belgio
neutrale e nello stesso
giorno la Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania. Quasi
tutta l’Europa,
praticamente, è impegnata in operazioni belliche.
Nell’angoscioso frangente che vede tanti popoli militarmente
contrapposti,
chi può salire sul trono di Pietro se non un uomo che conosca
appieno i problemi
dei Governi e delle Società in lotta, un uomo che per diversi
lustri aveva operato
con il Rampolla e il Merry del Val? È così che dal Conclave
riunitosi il 31
agosto viene eletto Papa — fatto assolutamente straordinario —
un porporato
nominato Cardinale da soli tre mesi: Giacomo Della Chiesa che —
nel ricordo
di Prospero Lambertini, che lo aveva preceduto quale Arcivescovo
di Bologna e
Pontefice della Chiesa — assume il nome di Benedetto XV. Poiché
l’ora è tragica,
il nuovo Papa non vuole che la solenne consacrazione pontificale
avvenga
nella mirabile grandezza della Basilica Vaticana, ma nella
Cappella Sistina. Troppi
lutti, troppe lacrime straziano l’umanità, come egli stesso
sottolinea nell’Esortazione
Ubi primum che l’8 settembre indirizza « a
tutti i cattolici del mondo »:
« Allorché da
questa vetta Apostolica abbiamo rivolto lo sguardo a tutto il gregge del
Signore affidato alle Nostre cure, immediatamente l’immane
spettacolo di questa
guerra Ci ha riempito l’animo di orrore e di amarezza,
constatando che tanta parte
dell’Europa, devastata dal ferro e dal fuoco, rosseggia del
sangue dei cristiani… Preghiamo
e scongiuriamo vivamente coloro che reggono le sorti dei popoli
a deporre tutti
i loro dissidi nell’interesse della società umana ».
Il dramma della guerra — né poteva essere diversamente — è la
costante angoscia
che assilla Benedetto XV durante l’intiero conflitto. Fin dalla
prima Enciclica
—
Ad beatissimi
Apostolorum dell’1° novembre
1914 — quale « Padre di
tutti gli uomini » egli denuncia che « ogni giorno la terra ridonda di nuovo
sangue e
si ricopre di morti e feriti ». E scongiura Prìncipi e Governanti a
considerare lo
straziante spettacolo presentato dall’Europa: « il più tetro, forse, e il più luttuoso
nella storia dei tempi ».
Purtroppo, la sua reiterata invocazione alla pace, recuperata
dal Vangelo di
Luca — « Pace
in terra agli uomini di buona volontà » — resta inascoltata. Quali i
motivi? Egli stesso ne identifica i principali: la mancanza di
mutuo amore fra gli
uomini, il disprezzo dell’autorità, l’ingiustizia dei rapporti
fra le varie classi sociali,
il bene materiale divenuto unico obiettivo dell’attività
dell’uomo.
La difficile situazione della Santa Sede, « prigioniera » in Roma dopo il 20
settembre 1870, si aggrava quando il 24 maggio 1915 l’Italia,
che si è mantenuta
neutrale per quasi un anno, entra in guerra: gli Stati nemici
dell’Italia ritirano
i propri rappresentanti diplomatici accreditati presso il
Vaticano e li trasferiscono
in Svizzera. L’indomani, 25 maggio, scrivendo al Cardinale
Serafino Vannutelli,
Decano del Sacro Collegio, Benedetto XV esprime la propria
amarezza per
il fatto che la sua invocazione alla pace è finora caduta nel
vuoto: « La guerra
continua ad insanguinare l’Europa, e neppur si rifugge in terra
ed in mare da mezzi
di offesa contrari alle leggi dell’umanità ed al diritto
internazionale. E quasi ciò non
bastasse, il terribile incendio si è esteso anche alla Nostra
diletta Italia, facendo purtroppo
temere anche per essa quella sequela di lagrime e disastri che
suole accompagnare
ogni guerra ».
Il successivo 28 luglio, ricorrendo il primo anniversario dello
scoppio della
guerra, egli indirizza a tutti i popoli belligeranti ed ai loro
reggitori un’accorata
esortazione perché si ponga termine all’« orrenda carneficina che ormai da un
anno
disonora l’Europa».
E nell’Allocuzione natalizia dello stesso 1915, diretta al
Sacro Collegio Cardinalizio, condanna per l’ennesima volta
l’anticristiano regresso
della civiltà umana, che ha ridotto il mondo ad « ospedale ed ossario ».
Il Pontefice, armato del massimo potere spirituale, è tuttavia
impotente di fronte al conflitto che continua. Ma egli non desiste, e mentre si
adopera a favore delle persone e delle regioni più colpite, inviando e
stimolando soccorsi ai
bimbi affamati, ai feriti e ai prigionieri, il 24 dicembre 1916,
parlando al Sacro
Collegio Cardinalizio, invoca ancora una volta « quella pace giusta e durevole che
deve mettere fine agli orrori della presente guerra ». Invano: la tragedia continua
sui campi della morte, ma anche Benedetto XV non cede e il 1°
agosto 1917
invia ai capi dei popoli belligeranti quell’Esortazione, Dès le début,
nella quale
indica soluzioni particolari, idonee a far cessare l’« inutile strage ». L’espressione
del Vicario del Principe della pace, evidentemente male
interpretata, suscita più
proteste che consensi. Mentre i pangermanisti la ritengono uno
strumento diretto
a strappare la vittoria dalle mani degl’Imperi centrali ormai
lanciatissimi,
in Italia e in Francia c’è chi la giudica addirittura al
servizio della Germania e
dei suoi alleati, tanto che Georges Clemenceau definisce
Benedetto XV il « Pape
boche » (il « Papa tedesco »). Sono le amarezze di chi guarda il
mondo con occhio
paterno!
Qualche gioia, tuttavia, il Pontefice Della Chiesa ha potuto
assaporare anche
in quel periodo, quando con la Bolla Providentissima Mater del 27 maggio 1917
promulga il nuovo
Codice di diritto canonico,
già auspicato dal Concilio Vaticano
e voluto da Pio X, e quando — particolarmente attento ai
problemi delle
Chiese orientali — con il Motu proprio Dei providenti del 1° maggio 1917 istituisce
la Sacra Congregazione per la Chiesa Orientale, e con il Motu
proprio
Orientis catholici del 15 ottobre 1917 fonda a Roma
l’Istituto pontificio per gli
studi orientali, con annessa una Biblioteca largamente dotata di
opere specifiche.
Altre gioie che appagano il suo spirito religioso gli derivano
dalle omelie che
egli stesso — Vescovo tra i suoi preti — dedica annualmente ai
parroci e ai sacerdoti
che predicheranno in Roma in occasione della Quaresima.
Richiamandosi
al messaggio che Gesù rivolse agli Apostoli — « Andate, predicate il Vangelo
ad ogni creatura » — il Vescovo Benedetto raccomanda ai
suoi collaboratori di
mirare non tanto a correggere l’intelletto, quanto « a riformare il cuore. Anzi, la
stessa correzione degli errori della mente deve essere ordinata
al miglioramento della
vita pratica degli uditori ». In ciò ispirandosi a San Paolo il
quale, dopo aver parlato
ai fedeli di Corinto, diceva che la sua predicazione non si
basava soltanto su
discorsi di umana sapienza.
La fine della guerra, invocata incessantemente dal Pontefice e
desiderata ormai
non solo dai popoli ma anche da alcuni capi di Stato e di
Governo, giunge
finalmente nell’autunno del 1918. Benedetto XV, che tanto si è
adoperato per
mitigare i danni dell’immane flagello, continua ad impegnarsi a
favore dei più
colpiti, e con l’Enciclica Paterno iam diu del 24 novembre 1919 invita quanti
hanno a cuore l’umanità ad offrire denaro, alimenti e vestiario,
soprattutto per
aiutare l’infanzia, la categoria più esposta.
Ovviamente l’attenzione del Papa è dedicata anche ai lavori
della Conferenza
internazionale della pace — inaugurata a Parigi il 18 gennaio
1919 e destinata
a concludersi con il trattato del 28 giugno 1919 — per il felice
esito della
quale, con l’Enciclica Quod iam diu dell’1° dicembre 1918, aveva invitato a
pregare i cattolici di tutto il mondo, auspicando che i delegati
adottassero decisioni
fondate sui princìpi cristiani della giustizia.
Consapevole dei compiti affidatigli al servizio delle anime di
tutto il mondo,
con l’Enciclica
Maximum illud del 30
novembre 1919 Benedetto XV dedica la
propria particolare attenzione all’eccelso lavoro svolto dai
missionari che, a rischio
talvolta della propria vita, sono chiamati a predicare il
Vangelo ad ogni
creatura. Esorta i banditori della parola divina a svolgere il
loro arduo apostolato
con tutto lo slancio che la carità cristiana consiglia,
impegnandosi a preparare
un clero indigeno in grado di amministrarsi autonomamente.
Devoto alle grandi Figure che hanno onorato la Chiesa, in
occasione di particolari
celebrazioni illustra con analitici documenti la vita e la
dedizione
agl’ideali religiosi di personaggi che meritano di essere
additati alla pietà di tutti:
Margherita Maria Alacoque (Allocuzione Non va lungi del 6 gennaio 1918; Bolla
Ecclesiae consuetudo del 13 maggio 1920); San Bonifacio
(Enciclica In hac tanta
del 14 maggio 1919); Giovanna d’Arco (Bolla Divina disponente del 16 maggio
1920); San Girolamo (Enciclica Spiritus Paraclitus del 15 settembre 1920);
Efrem il Siro (Enciclica Principi Apostolorum del 5 ottobre 1920); San Francesco
d’Assisi (Enciclica Sacra propediem del 6 gennaio 1921); Dante Alighieri
(Enciclica
In praeclara del 30 aprile 1921); Domenico di Guzman (Enciclica Fausto
appetente del
29 giugno 1921).
Benedetto XV, amareggiato per i rancori che dividono i popoli
anche dopo
la fine della guerra, si chiede come mai tante ostilità possano
sopravvivere quando
l’insegnamento di Cristo — e l’Enciclica Pacem, Dei munus del 23 maggio
1920 lo dice esplicitamente — afferma con chiarezza, da sempre,
che tutti gli
uomini della terra debbono considerarsi fratelli.
Purtroppo, anche se le armi internazionali per lo più tacciono,
gli odi di partito
e di classe si esprimono con drammatica violenza in Russia, in
Germania, in
Ungheria, in Irlanda e in altri paesi. La sventurata Polonia
rischia di essere travolta
dagli eserciti bolscevichi; l’Austria « si dibatte tra gli orrori della
miseria e
della disperazione » scrive il Pontefice il 24 gennaio
1921, implorando l’intervento
dei Governi che si ispirano ai princìpi di umanità e di
giustizia; il popolo russo,
colpito dalla fame e dalle epidemie, sta vivendo una delle più
spaventose catastrofi
della storia, al punto che — come annota Benedetto XV in
un’Epistola
del 5 agosto 1921 — « dal bacino del Volga molti milioni di
uomini invocano, dinanzi
alla morte più terribile, il soccorso dell’umanità ».
Anche in Italia, dove sopravvivono fra lo Stato e la Santa Sede
i contrasti nati
a seguito degli scontri di Porta Pia del 1870, i gruppi politici
sono in conflitto.
Allo scopo di attenuarli — con encomiabile anticipazione sul
Concordato Lateranense
che verrà firmato l’11 febbraio 1929 — il Pontefice, parlando
nel marzo
1919 alle Giunte Diocesane d’Italia, annulla di fatto il « non expedit » che, a seguito
del decreto 10 settembre 1874 della Sacra Penitenzieria, vietava ai cattolici di
partecipare alle elezioni e alla vita politica in genere. Prende corpo, di
conseguenza, la speranza che i cattolici possano organizzarsi ufficialmente,
tanto che il sacerdote siciliano Luigi Sturzo, appellandosi nel 1919 « ai liberi ed ai forti »,
può dar vita al Partito Popolare Italiano, e padre Agostino
Gemelli può fondare
a Milano l’Università Cattolica del Sacro Cuore, confortato dal
Papa con l’Epistola
Cum semper Romani del 9 febbraio 1921.
Ma la situazione rissosa, turbolenta e insanguinata che domina
l’Italia impedisce
a tutti i Partiti, compreso quello fondato da don Sturzo, di
svolgere la loro
attività liberamente e democraticamente. Benedetto XV ne è
talmente afflitto e
preoccupato che il 25 luglio 1921, con proprio chirografo,
invita gli Italiani a
recitare la preghiera O Dio di bontà,
da lui composta, con la quale invoca il Signore
e la Madonna a favorire la riconciliazione nazionale e la
concordia nel
paese « in cui
più ha sorriso la pietà cristiana, e che è stato la culla di ogni
gentilezza ».
A tutti i fedeli, per ogni volta che reciteranno tale invocazione, verrà
concessa l’indulgenza di 300 giorni.
Solo una fede autentica ed illimitata può guidare l’azione del
Papa Della
Chiesa, chiamato ad operare in uno dei periodi più difficili e
drammatici della
storia umana. Ebbe pochissime soddisfazioni. Prima di morire
constata con legittimo
compiacimento che gli Stati accreditati presso la Santa Sede —
quattordici
al momento della sua elezione — sono saliti a ventisette. Ed
apprende altresì
che l’11 dicembre 1921 è stata inaugurata in una pubblica piazza
di Costantinopoli
una statua a lui dedicata, ai piedi della quale è scritto:
« Al grande Pontefice
dell'ora tragica mondiale
Benedetto XV
Benefattore dei popoli
senza distinzione
di nazionalità e di religione
in segno di riconoscenza
l’Oriente
1914-1919 ».
dell'ora tragica mondiale
Benedetto XV
Benefattore dei popoli
senza distinzione
di nazionalità e di religione
in segno di riconoscenza
l’Oriente
1914-1919 ».
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