

Ioannes PP. XXIII
Angelo Giuseppe Roncalli28.X.1958
-
3.VI.1963
PAPA GIOVANNI XXIII
Giovanni XXIII nacque a Sotto il Monte, in
provincia di Bergamo, il 25 novembre 1881, primo figlio maschio di Marianna
Mazzola e di Giovanni Battista Roncalli. La sera stessa il neonato venne
battezzato dal parroco don Francesco Rebuzzini, ricevendo il nome di Angelo
Giuseppe. Gli fece da padrino l'anziano prozio Zaverio Roncalli, il primo dei
sette zii di papà Battista, uomo molto pio, che, rimasto celibe, si era assunto
il compito di educare religiosamente i numerosi nipoti. Il futuro Giovanni XXIII
conservò un ricordo commosso e riconoscente per le cure e le sollecitudini di
questo vecchio patriarca.
Manifestando fin dalla fanciullezza una seria
inclinazione alla vita ecclesiastica, terminate le elementari, si preparò
all'ingresso nel seminario diocesano ricevendo un supplemento di lezioni di
italiano e latino da alcuni sacerdoti del luogo e frequentando il prestigioso
collegio di Celana. Il 7 novembre 1892 fece il suo ingresso nel seminario di
Bergamo, dove fu ammesso alla terza classe ginnasiale. Dopo un avvio
difficoltoso per l'insufficiente preparazione, non tardò a distinguersi sia
nello studio che nella formazione spirituale, tanto che i superiori lo ammisero
prima del compimento del quattordicesimo anno alla tonsura. Avendo proficuamente
terminato nel luglio del 1900 il secondo anno di teologia, fu inviato il gennaio
successivo a Roma presso il seminario romano dell'Apollinare, dove esistevano
alcune borse di studio a favore dei chierici bergamaschi. Pur con l'intermezzo
di un anno di servizio militare prestato a Bergamo a partire dal 30 novembre
1901, la formazione seminaristica risultò particolarmente fruttuosa.
Il 13 luglio 1904, alla giovanissima età di
ventidue anni e mezzo, conseguì il dottorato in teologia. Con il più
lusinghiero giudizio dei superiori, il 10 agosto 1904, fu ordinato sacerdote
nella chiesa di S. Maria di Monte Santo; celebrò la prima Messa il giorno
seguente nella Basilica di S. Pietro, durante la quale ribadì la sua donazione
totale a Cristo e la sua fedeltà alla Chiesa. Dopo un breve soggiorno nel paese
natale, nell'ottobre iniziò a Roma gli studi di diritto canonico, interrotti
nel febbraio del 1905, quando fu scelto quale segretario dal nuovo Vescovo di
Bergamo Mons. Giacomo Radini Tedeschi. Furono circa dieci anni di intenso
impegno accanto ad un Vescovo autorevole, molto dinamico e ricco di iniziative
che contribuirono a fare della diocesi bergamasca un modello per la Chiesa
italiana.
Oltre al compito di segretario, svolse altri
numerosi incarichi. Dal 1906 ebbe l'impegno dell'insegnamento di numerose
materie in seminario: storia ecclesiastica, patrologia e apologetica; dal
1910 gli fu assegnato anche il corso di teologia fondamentale. Salvo brevi
intervalli, svolse questi incarichi fino al 1914. Lo studio della storia gli
consentì l'elaborazione di alcuni studi di storia locale, tra cui la
pubblicazione degli Atti della Visita Apostolica di s. Carlo a Bergamo (1575),
una fatica durata decenni e portata a termine alla vigilia dell'elezione al
Pontificato. Fu anche direttore del periodico diocesano "La Vita
Diocesana" e dal 1910 assistente dell'Unione Donne Cattoliche. La prematura
scomparsa di Mons. Radini nel 1914 pose fine ad un'esperienza pastorale
eccezionale, che, se pur segnata da qualche sofferenza come l'infondata accusa a
lui rivolta di modernismo, il futuro Giovanni XXIII considerò sempre punto di
riferimento fondamentale per l'assolvimento degli incarichi a cui fu di volta in
volta chiamato. Lo scoppio della guerra nel 1915 lo vide prodigarsi per più di
tre anni come cappellano col grado di sergente nell'assistenza ai feriti
ricoverati negli ospedali militari di Bergamo, giungendo ad atti di autentico
eroismo. Nel luglio del 1918 accettò generosamente di prestare servizio ai
soldati affetti da tubercolosi, sapendo di rischiare la vita per il pericolo di
contagio.
Del tutto inaspettato giunse nel dicembre del
1920 l'invito del Papa a presiedere l'opera di Propagazione della Fede in
Italia, quando a Bergamo aveva da poco avviato l'esperienza della Casa degli
studenti, un'istituzione a metà tra il pensionato e il collegio, e
contemporaneamente fungeva da direttore spirituale in seminario. Dopo forti
titubanze, finì con l'accettare, iniziando con molta cautela un incarico che si
presentava molto delicato per i rapporti con le organizzazioni missionarie già
esistenti. Compì un lungo viaggio all'estero per la realizzazione del progetto
della Santa Sede mirante a portare a Roma le varie istituzioni di sostegno alle
missioni e visitò diverse diocesi italiane per la raccolta di fondi e
l'illustrazione delle finalità dell'opera da lui presieduta.
Nel 1925 con la nomina a Visitatore Apostolico in
Bulgaria iniziò il periodo diplomatico a servizio della Santa Sede, che si
prolungò fino al 1952. Dopo l'ordinazione episcopale avvenuta a Roma il 19
marzo 1925, partì per la Bulgaria con il compito soprattutto di provvedere ai
gravi bisogni della piccola e disastrata comunità cattolica. L'incarico
inizialmente a termine si trasformò in una permanenza decennale, durante la
quale Roncalli pose le basi per la fondazione di una Delegazione Apostolica, di
cui lui stesso venne nominato primo rappresentante nel 1931. Non senza difficoltà
riuscì a riorganizzare la Chiesa cattolica, ad instaurare relazioni amichevoli
con il Governo e la Casa Reale bulgara, nonostante l'incidente del matrimonio
ortodosso di re Boris con la principessa Giovanna di Savoia, e ad avviare i
primi contatti ecumenici con la Chiesa Ortodossa bulgara. Il 27 novembre 1934 fu
nominato Delegato Apostolico in Turchia ed in Grecia, paesi anche questi senza
relazioni diplomatiche con il Vaticano. A differenza della Grecia, dove l'azione
di Roncalli non ottenne risultati di rilievo, le relazioni con il governo turco
invece migliorano progressivamente per la comprensione e la disponibilità
mostrate dal Delegato nell'accettare le misure ispirate dalla politica di
laicizzazione perseguite da quel governo. Con tatto e abilità organizzò alcuni
incontri ufficiali con il Patriarca di Costantinopoli, i primi dopo secoli di
separazione con la Chiesa Cattolica.
Durante la Seconda Guerra Mondiale conservò un
prudenziale atteggiamento di neutralità, che gli permise di svolgere
un'efficace azione di assistenza a favore degli Ebrei, salvati a migliaia dallo
sterminio, e a favore della popolazione greca, stremata dalla fame.
Inaspettatamente, per decisione personale di Pio
XII, fu promosso alla prestigiosa Nunziatura di Parigi, dove giunse con grande
sollecitudine il 30 dicembre 1944. Lo attendeva una situazione particolarmente
intricata. Il governo provvisorio chiedeva la destituzione di ben trenta
Vescovi, accusati di collaborazionismo con il governo di Vichy. La calma e
l'abilità del nuovo Nunzio riuscirono a limitare a solo tre il numero dei
Vescovi destituiti. Le sue doti umane lo imposero alla stima dell'ambiente
diplomatico e politico parigino, dove instaurò rapporti di cordiale amicizia
con alcuni massimi esponenti del governo francese. La sua attività diplomatica
assunse una esplicita connotazione pastorale attraverso visite a molte diocesi
della Francia, Algeria compresa.
L'effervescenza e l'ansia apostolica della Chiesa
francese, testimoniata dall'avvio dell'esperienza dei preti operai, trovarono in
Roncalli un osservatore attento e prudente, che riteneva necessario un congruo
periodo di tempo prima di una decisione definitiva.
Coerentemente al suo stile di obbedienza, accettò
prontamente la proposta di trasferimento alla sede di Venezia ove giunse il 5
marzo 1953, fresco della nomina cardinalizia decisa nell'ultimo Concistoro di
Pio XII. Il suo episcopato si caratterizzò per lo scrupoloso impegno con cui
adempì i principali doveri del Vescovo, la visita pastorale e la celebrazione
del Sinodo diocesano. La rievocazione della storia religiosa di Venezia gli
suggerì iniziative pastorali nuove, come il progetto di riavvicinare i fedeli
alla Sacra Scrittura, rifacendosi alla figura del proto-patriarca s. Lorenzo
Giustiniani, solennemente commemorato nel corso del 1956.
L'elezione, il 28 ottobre 1958, del
settantasettenne Cardinale Roncalli a Successore di Pio XII induceva molti a
pensare ad un Pontificato di transizione. Ma fin dall'inizio Giovanni XXIII
rivelò uno stile che rifletteva la sua personalità umana e sacerdotale
maturata attraverso una significativa serie di esperienze. Oltre a ripristinare
il regolare funzionamento degli organismi curiali, si preoccupò di conferire
un'impronta pastorale al suo ministero, sottolineandone la natura episcopale in
quanto Vescovo di Roma. Convinto che il diretto interessamento della diocesi
costituiva una parte essenziale del Ministero Pontificio, moltiplicò i contatti
con i fedeli tramite le visite alle parrocchie, agli ospedali e alle carceri.
Attraverso la convocazione del Sinodo diocesano volle assicurare il regolare
funzionamento delle istituzioni diocesane mediante il rafforzamento del
Vicariato e la normalizzazione della vita parrocchiale.
Il più grande contributo giovanneo è
rappresentato senza dubbio dal Concilio Vaticano II, il cui annuncio fu dato
nella basilica di s. Paolo il 25 aprile 1959. Si trattava di una decisione
personale, presa dal Papa dopo consultazioni private con alcuni intimi e col
Segretario di Stato, Cardinale Tardini. Le finalità assegnate all'Assise
Conciliare, elaborate in maniera compiuta nel discorso di apertura dell'11
ottobre 1962, erano originali: non si trattava di definire nuove verità,
ma di riesporre la dottrina tradizionale in modo più adatto alla sensibilità
moderna. Nella prospettiva di un aggiornamento riguardante tutta la vita della
Chiesa, Giovanni XXIII invitava a privilegiare la misericordia e il dialogo con
il mondo piuttosto che la condanna e la contrapposizione in una rinnovata
consapevolezza della missione ecclesiale che abbracciava tutti gli uomini. In
quest'apertura universale non potevano essere escluse le varie confessioni
cristiane, invitate anch'esse a partecipare al Concilio per dare inizio ad un
cammino di avvicinamento. Nel corso della prima fase si poté costatare che
Giovanni XXIII voleva un Concilio veramente deliberante, di cui rispettò le
decisioni dopo che tutte le voci ebbero modo di esprimersi e di confrontarsi.
Nella primavera del 1963 fu insignito del Premio
"Balzan" per la pace a testimonianza del suo impegno a favore della
pace con la pubblicazione delle Encicliche Mater et Magistra (1961) e Pacem
in terris (1963) e del suo decisivo intervento in occasione della grave
crisi di Cuba nell'autunno del 1962. Il prestigio e l'ammirazione universali si
poterono misurare pienamente in occasione delle ultime settimane della sua vita,
quando tutto il mondo si trovò trepidante attorno al capezzale del Papa morente
ed accolse con profondo dolore la notizia della sua scomparsa la sera del 3
giugno 1963.
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