

Pius PP. XI
Achille Ratti6.II.1922
-
10.II.1939
PIO XI
(1857-1939)
Ambrogio Damiano Achille Ratti, che diverrà Papa col nome di Pio XI, nasce a
Desio (Milano) il 31 maggio 1857, quartogenito di Francesco — direttore della
locale filanda dei Conti di Pusiano — e di Teresa Galli.
Educato negli anni
dell’infanzia dal sacerdote Giuseppe Volontieri, maestro nella scuola elementare
di Desio, e dallo zio don Damiano Ratti, a dieci anni entra nel Seminario
ginnasiale di San Pietro Martire, a Seveso, e poi nel Seminario di Monza e nel
Collegio San Carlo di Milano, dove si prepara per la licenza liceale, conseguita
presso il « Parini ».
Allievo, successivamente, del Seminario teologico di
Milano, nell’ottobre 1879 viene trasferito a Roma presso il Seminario Lombardo.
Due mesi dopo, il 20 dicembre 1879, a ventidue anni e mezzo d’età, viene
ordinato sacerdote in San Giovanni in Laterano.
Il 1882 è l’anno della sua
consacrazione culturale. Il 13 marzo presso la Pontificia Facoltà della Sapienza
consegue la laurea in teologia; il 9 giugno dello stesso anno, presso
l’Università Gregoriana, la laurea in diritto canonico e il 23 giugno, presso la
Pontificia Accademia di San Tommaso, la laurea in filosofia.
Tornato a Milano,
alla fine del 1882 viene chiamato ad insegnare sacra eloquenza e teologia
dogmatica in quello stesso Seminario teologico del quale era stato alunno. Nel
novembre 1888 viene cooptato fra i dottori della famosa Biblioteca Ambrosiana,
della quale diviene prefetto nel 1907 e dove rimane fino al 1912. In questi anni
trascrive e pubblica rarissimi codici e documenti d’archivio; riordina la
Biblioteca della Certosa di Pavia, la Biblioteca e la Pinacoteca Ambrosiana, il
Museo Settala; recupera e restaura i codici e le pergamene del Capitolo del
Duomo di Milano danneggiati da un incendio; si adopera impegnativamente in
diverse iniziative culturali ottenendo fra l’altro il riconoscimento di membro
effettivo della Regia Deputazione di Storia Patria per le antiche province
lombarde e di socio del Regio Istituto Lombardo e Veneto di scienze e lettere.
Nel frattempo egli svolge con zelo la sua attività sacerdotale quale cappellano,
per oltre vent’anni, delle Suore di Nostra Signora del Cenacolo di Milano.
Compatibilmente con il tempo a disposizione, innamorato com’è della montagna, si
dedica all’alpinismo, compiendo ardite imprese addirittura sul Monte Rosa nel
1889 e sul Monte Bianco nel 1890.
Chiamato a Roma nel febbraio 1912 dal
Pontefice Pio X quale vice-prefetto della Biblioteca Vaticana, ne diviene
prefetto il 1° settembre 1914. Nonostante le difficoltà dell’ora, causate dalla
prima guerra mondiale dichiarata dall’Austria-Ungheria contro la Serbia il 28
luglio 1914 e dalla Germania contro la Russia il successivo 1° agosto, il
bibliotecario Achille Ratti (elevato alle dignità di Canonico vaticano e di
Protonotario apostolico soprannumerario) consacra alla Biblioteca Vaticana le
sue eccezionali doti culturali e la sua consolidata competenza professionale
unificando i diversi cataloghi degli stampati, continuando la catalogazione dei
manoscritti, promuovendo l’edizione fototipica della Geografia di Tolomeo e
incrementando il gabinetto del restauro.
Improvvisamente egli è costretto ad
interrompere la sua attività di bibliotecario. Nel maggio 1918 il Papa
Benedetto XV, vedendo in lui la persona adatta, lo manda in Polonia e in
Lituania, dotato
della qualifica di Visitatore apostolico, con il compito di ricostituire
in
quelle nazioni le sconvolte condizioni della Chiesa. Impegnandosi senza
cedimenti — com’è nel suo severo carattere — egli si adopera a
rivitalizzare
quel vasto mondo cattolico, spossato dalla guerra, da quattro anni di
occupazione tedesca nonché da sanguinose lotte regionali. Poiché il
Governo
polacco ripristina relazioni diplomatiche con la Santa Sede, il 3 luglio
1919 il
Visitatore apostolico Achille Ratti viene confermato rappresentante
dell’autorità pontificia con il titolo di Nunzio apostolico, e il
successivo 28
ottobre viene consacrato Arcivescovo nella Cattedrale San Giovanni di
Varsavia,
alla presenza del Presidente della Repubblica Polacca.
Ma nell’agosto 1920 la
Polonia viene invasa dalle truppe bolsceviche. Tutti i diplomatici fuggono, ma
il Nunzio Achille Ratti resta al suo posto dichiarando a padre P. Theissling,
generale dei Domenicani, presente in quei giorni a Varsavia: «Mi rendo
perfettamente conto della gravità della situazione, ma questa mattina,
celebrando la messa, ho offerto la mia vita a Dio. Io sono prete in qualsiasi
circostanza ». Più tardi, ottemperando all’ordine di Benedetto XV, sulla fine
dell’anno lascia la Polonia e rientra in Italia per assumere l’incarico di
Arcivescovo di Milano e per ricevere la nomina a Cardinale, con il titolo
presbiterale di San Martino ai Monti.
L’8 settembre 1921, nel corso della
cerimonia svoltasi nel Duomo per la « presa di possesso » della diocesi di
Milano, il nuovo Arcivescovo, forte delle tante esperienze maturate in diversi
paesi stranieri ed in linea con la sua consolidata convinzione a dover giungere
al superamento della « questione romana », esalta Roma quale capitale del mondo:
« È sovrattutto stando all’estero che si vede e tocca con mano fino a qual punto
il Papa è il più grande decoro d’Italia: per lui tutti i milioni di cattolici
che sono nell’universo mondo si rivolgono all’Italia come a una seconda patria;
per lui Roma è veramente la capitale del mondo; e bisogna chiudere gli occhi
all’evidenza per non vedere — almeno nell’attuale rivolgersi di tutti gli Stati
al Papa — per non vedere, dico, quale prestigio e quali vantaggi potrebbero
dalla sua presenza derivare al nostro paese, quando fosse tenuto il debito conto
del suo essere internazionalmente e sopranazionalmente sovrano, che i cattolici
di tutto il mondo gli riconoscono per divina istituzione ».
Nei pochi mesi
trascorsi nella capitale lombarda, l’8 dicembre 1921 il Cardinale arcivescovo
Achille Ratti ha la soddisfazione di inaugurare — anche quale Legato pontificio
— l’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la fondazione della quale si era
ripetutamente adoperato in passato associandosi a padre Agostino Gemelli sulla
necessità d’istituire in Italia un ateneo nel quale si realizzasse « l’armonia
della fede e della ragione… Soltanto un istituto di alta cultura
scientifica, dove il Dio delle scienze e la scienza di Dio tengano il
posto che loro serbarono Dante e Manzoni, soltanto una tale istituzione
può
procurare alla restaurazione e rinascita cristiana della società i più
utili
elementi di azione e di reazione, di direzione soprattutto ».
A seguito della
morte di Benedetto XV (22 gennaio 1922), il successivo 2 febbraio si riunisce il
Conclave con l’intervento di 53 cardinali. Quattro giorni dopo, al
quattordicesimo scrutinio, Achille Ratti viene eletto Papa con 42 voti (6 più
del quorum richiesto). Egli assume il nome di Pio XI e, con gesto dirompente,
impartisce la tradizionale benedizione «Urbi et orbi » dalla loggia esterna di
San Pietro, che era rimasta chiusa da quando nel 1870 il Regno d’Italia si era
impadronito del Vaticano. I fedeli assiepati nella piazza acclamano gridando
«Viva Pio XI. Viva l’Italia ». Si tratta di un episodio che va registrato fra
quelli che porteranno alla soluzione della « questione romana ».
Questo, della
riconciliazione fra la Santa Sede e l’Italia, costituisce uno degl’impegni
programmatici più convinti del nuovo Papa, che sceglie la pace quale motto del
suo pontificato: « Pax Christi in regno Christi ». Pace fra gli uomini, pace fra
tutte le realtà. Fin dal 1905, come mi riferì mons. Giovanni Galbiati in un
lungo incontro nella Biblioteca Ambrosiana e come pubblicai nel quotidiano « il
Resto del Carlino » di Bologna del 20 gennaio 1959, Achille Ratti aveva
ripetutamente auspicato con lui la Conciliazione: « Se al Papa si garantisse in
sicurezza di proprietà il Vaticano, e non solo in uso come prevede la legge
delle Guarentigie, qualunque Pontefice addiverrebbe alla Conciliazione con lo
Stato italiano ». Ed effettivamente, fra i tanti meriti che vanno riconosciuti a
Pio XI, quello di aver assicurato la pace religiosa agl’italiani rappresenta un
titolo privilegiato.
Già nella prima Enciclica, la
Ubi arcano del 23 dicembre
1922, egli richiama il problema: « L’Italia nulla ha o avrà da temere dalla
Santa Sede: il Papa, chiunque egli sia, ripeterà sempre: Ho pensieri di pace,
non di afflizione; pensieri di pace vera, e perciò stesso non disgiunta da
giustizia, sicché possa dirsi: La giustizia e la pace si sono baciate. A Dio
spetta addurre quest’ora e farla suonare; agli uomini savi e di buona volontà
non lasciarla suonare invano; essa sarà tra le ore più solenni e feconde per la
restaurazione del Regno di Cristo e per la pacificazione d’Italia e del mondo ».
E l’ora suonerà quando l’11 febbraio 1929 verrà sottoscritto il Trattato con il
quale la Santa Sede « riconosce il Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa
Savoia con Roma capitale dello Stato italiano » e a sua volta « l’Italia
riconosce lo Stato della Città del Vaticano sotto la sovranità del Sommo
Pontefice »
Pio XI, a buon diritto, esprime ripetutamente e in più sedi la propria
soddisfazione per il risultato raggiunto, che si accompagna sul piano
diplomatico agli altri undici Concordati con altrettanti Stati e ai cinque
Accordi internazionali da lui conclusi su particolari questioni.
Assai numerosi sono i
titoli di merito che il Papa Ratti può vantare per l’attività svolta in diversi
settori nel corso dei diciassette anni, 1922-1939, in cui ha governato la
Chiesa.
Sul piano strettamente religioso e dottrinario è doveroso ricordare —
oltre la celebrazione di alcuni grandi Santi, quali San Francesco di Sales, San
Tommaso d’Aquino, San Giosafat, San Francesco d’Assisi e Sant’Agostino — le
quattro Encicliche definite « magnifiche colonne » dal Vescovo Angelo Giuseppe Roncalli, che diverrà Papa con il nome di Giovanni XXIII.
Nella
Divini illius
Magistri del 31 dicembre 1929 Pio XI rivendica alla Chiesa e alla famiglia il
diritto primario di educare i giovani: diritto inviolabile ed anteriore a quello
dello Stato. L’educazione voluta dalla Chiesa ha come fine proprio e immediato
di cooperare con la grazia divina per formare il vero e perfetto cristiano. «Non
si deve mai perdere di vista che il soggetto dell’educazione cristiana è l’uomo
tutto quanto, spirito congiunto al corpo in unità di natura, in tutte le sue
facoltà, naturali e soprannaturali, quale ce lo fanno conoscere e la retta
ragione e la Rivelazione: cioè l’uomo decaduto dallo stato originario, ma
redento da Cristo e reintegrato nella condizione soprannaturale di figlio
adottivo di Dio, benché non nei privilegi preternaturali dell’immortalità del
corpo e dell’integrità o equilibrio delle sue inclinazioni ».
Nella
Casti connubii del 31 dicembre 1930, richiamandosi all’Enciclica
Arcanum Divinae del
10 febbraio 1880 di Leone XIII, Pio XI condanna il neopaganesimo che, sostenendo
una formale emancipazione della donna, insidia in realtà la famiglia saldata da
Dio nell’unità matrimoniale. «Quanto grande sia la dignità del casto
connubio,
si può principalmente riconoscere da ciò che Nostro Signore Gesù Cristo,
Figlio
dell’Eterno Padre, quando assunse la natura dell’uomo decaduto, in
quella amorosissima economia con la quale compì la totale riparazione
del nostro genere
umano, non solo volle comprendere in maniera particolare anche questo
principio
e fondamento della società domestica e quindi del consorzio umano, ma
richiamandolo inoltre alla primitiva purità della istituzione divina, lo
elevò a
vero e grande sacramento della Nuova Legge, affidandone perciò tutta la
disciplina e la cura alla Chiesa sua Sposa ».
Nella
Quadragesimo anno del 15
maggio 1931, Papa Ratti celebra, spiega ed integra l’Enciclica
Rerum novarum di
Leone XIII pubblicata il 15 maggio 1891, illustrando analiticamente nel rapporto
imprese-lavoratori quel vasto complesso d’insegnamenti che caratterizza il «
cattolicesimo sociale ». « Essendo dunque l’ordinamento economico moderno
fondato particolarmente sul capitale e sul lavoro, devono essere conosciuti e
praticati i precetti della retta ragione, ossia della filosofia sociale
cristiana, concernenti i due elementi menzionati e le loro relazioni. Così, per
evitare l’estremo dell’individualismo da una parte, come del socialismo
dall’altra, si dovrà soprattutto avere riguardo del pari alla doppia natura,
individuale e sociale propria, tanto del capitale o della proprietà, quanto del
lavoro ».
Nell’Enciclica
Ad Catholici sacerdotii del 20 dicembre 1935, Pio XI
esalta la sublimità del sacerdozio cattolico e la sua provvidenziale missione
nel mondo. « Il sacerdote è, per vocazione e mandato
divino, il precipuo apostolo e l’indefesso promotore dell’educazione cristiana
della gioventù; il sacerdote in nome di Dio benedice il matrimonio cristiano e
ne difende la santità ed indissolubilità contro gli attentati e le deviazioni
suggerite dalla cupidigia e dalla sensualità; il sacerdote porta il più valido
contributo alla soluzione o almeno alla mitigazione dei conflitti sociali,
predicando la fratellanza cristiana, a tutti ricordando i mutui doveri della
giustizia e della carità evangelica, pacificando gli animi inaspriti dal disagio
morale ed economico, additando ai ricchi e ai poveri gli unici beni a cui tutti
possono e devono aspirare ».
Ricordando l’attività religiosa di Papa Ratti, è
doveroso registrare che nel corso del suo lungo pontificato ha canonizzato
Giovanni Fisher (1469-1535) e Tommaso Moro (1478-1535), vittime dello scisma di
Enrico VIII; Giovanni Bosco (1815-1888), fondatore dei Salesiani e Teresa del
Bambino Gesù (1873- 1897), modello di semplicità e di carità. Inoltre, ha
dichiarato dottori della Chiesa Alberto Magno (1193-1280), Pietro Canisio
(1521-1597), Giovanni della Croce (1542-1591) e Roberto Bellarmino (1542-1621).
Ma non deve assolutamente essere ignorata la coraggiosa azione anche politica
che Pio XI ha svolto in difesa dei valori cristiani.
Già nel 1926, quando nel
Messico i cattolici vengono barbaramente perseguitati, egli insorge il 18
novembre con l’Enciclica
Iniquis afflictisque condannando i sopraffattori: «
Se
nei primi secoli della Chiesa e in altri tempi successivi si trattarono i
cristiani in modo più atroce, non accadde forse mai e in nessun luogo che,
conculcando e violando i diritti di Dio e della Chiesa, un ristretto numero di
uomini, senza alcun riguardo alle glorie avite, senza sentimento di pietà verso
i propri concittadini, soffocasse in ogni modo la libertà della maggioranza con
arti così meditate, aggiungendovi una parvenza di legislazione per mascherare
l’arbitrio ». Analoghe condanne delle ripetute persecuzioni messicane vengono
energicamente espresse dal Pontefice con le Encicliche
Acerba animi del 29
settembre 1932 e Fermissimam constantiam del 28 marzo 1937: « Si è cercato di
colpire un punto vitale della Chiesa: l’esistenza del clero e della gerarchia
cattolica, nel tentativo di eliminarle gradatamente dalla Repubblica ». « Di
fronte alle frequenti accuse fatte alla Chiesa di essere indifferente ai
problemi sociali, o inetta a risolverli, non si rinunci a proclamare che
soltanto la dottrina e l’opera della Chiesa, assistita com’è dal divino suo
Fondatore, possono portare rimedio ai gravissimi mali che travagliano l’umanità
».
Difficile, senza dubbio, è l’intervento che Pio XI è costretto a compiere il
29 giugno 1931 con l’Enciclica
Non abbiamo
bisogno nei confronti del Governo
italiano che, sotto la spinta di estremisti fascisti, ha sciolto le Associazioni
giovanili ed universitarie dell’Azione Cattolica. Nonostante il Pontefice goda
ancora della luce derivatagli dai recenti Patti Lateranensi dell’11 febbraio
1929 (luce, peraltro, contestata fin da allora da minoranze laiciste ad
oltranza), tuttavia non usa mezzi termini per denunciare « durezze e violenze,
fino alle percosse ed al sangue, e irriverenze di stampa, di parola e di fatti,
contro le cose e le persone, non esclusa la Nostra, che precedettero,
accompagnarono e susseguirono l’esecuzione dell’improvvisa
poliziesca misura, che bene spesso ignoranza o malevolo zelo estendeva alle
associazioni ed enti neanche colpiti dai superiori ordini, fino agli oratori dei
piccoli ed alle pie congregazioni di Figlie di Maria ». La protesta ottiene un
parziale accoglimento da parte del Governo fascista, che con un accordo del 2
settembre 1931 riconosce nuovamente l’Azione Cattolica Italiana, ma in forma
diocesana, senza una direzione centrale.
I drammatici avvenimenti verificatisi
nella cattolica Spagna dopo gli esiti elettorali del 12 aprile 1931 che vedono
la vittoria dei socialisti e dei repubblicani e, due giorni dopo, la caduta
della monarchia, richiamano l’attenzione preoccupata della Santa Sede. Nel
gennaio 1932 i Gesuiti vengono espulsi dal paese, e nel settembre dello stesso
anno vengono confiscati tutti i loro beni. Dopo qualche mese, questo
provvedimento viene esteso alle proprietà di tutti gli ordini religiosi. Chiese
e conventi sono devastati. L’educazione dei giovani viene secolarizzata. Con
l’Enciclica
Dilectissima Nobis del 3 giugno 1933 Pio XI protesta energicamente.
«Ora non possiamo non levare nuovamente la voce contro la legge, testé
approvata, intorno alle confessioni e congregazioni religiose, costituendo essa
una nuova e più grave offesa non solo alla religione e alla Chiesa, ma anche a
quegli asseriti princìpi di libertà civile sui quali dichiara basarsi il nuovo
Regime Spagnolo ». …«Da quanto abbiamo esposto, appare evidente… che la lotta
mossa alla Chiesa nella Spagna, più che a incomprensione della fede cattolica e
delle sue benefiche istituzioni, si debba imputare all’odio che contro il
Signore e il suo Cristo nutrono sètte sovvertitrici di ogni ordine religioso e
sociale, come purtroppo vediamo avvenire nel Messico e nella Russia ».
Gli anni
di pontificato di Papa Ratti sono stati attraversati intensamente da due
violente ideologie politiche abbracciate e sostenute da potenti Stati: il
nazionalsocialismo dalla Germania di Hitler e il comunismo dall’Unione Sovietica
di Stalin. Nel 1937, quando risultano superati tutti i limiti della
sopportazione diplomatica, Pio XI interviene con due energiche Encicliche: il 14
marzo con la
Mit brennender Sorge (Con viva ansia) contro il Reich nazista e il
19 marzo con la
Divini Redemptoris contro il comunismo ateo dominante in Russia.
Condannando senza riserve il neopaganesimo tedesco, il Papa afferma che « non Ci
stancheremo neanche nell’avvenire di rinfacciare francamente alle autorità
responsabili l’illegalità delle misure violente prese finora, e il dovere di
permettere la libera manifestazione della volontà ». Analogamente, il Pontefice
si esprime con risoluta sentenza contro il materialismo ateo: «Dove il comunismo
ha potuto affermarsi e dominare, — e qui Noi pensiamo con singolare affetto
paterno ai popoli della Russia e del Messico — ivi si è sforzato con ogni mezzo
di distruggere (e lo proclama apertamente) fin dalle sue basi la civiltà e la
religione cristiana, spegnendone nel cuore degli uomini, specie della gioventù,
ogni ricordo. Vescovi e sacerdoti sono stati banditi, condannati ai lavori
forzati, fucilati e messi a morte in maniera inumana; semplici laici, per aver
difeso la religione, sono stati sospettati, vessati, perseguitati e trascinati
nelle prigioni e davanti ai tribunali ».
Sacerdote nel più ampio significato
della parola, Pio XI si è preoccupato di accrescere
l’attività missionaria, consacrando in San Pietro sei Vescovi cinesi il 28
ottobre 1926 (si veda in proposito l’omelia
Iam finis) e successivamente altri
Vescovi indigeni; si è impegnato affinché fossero conosciuti e tenuti nel debito
conto i problemi delle Chiese orientali; si è dedicato con zelo e convinzione
alla formazione ed alla santificazione del clero; ha dato un forte impulso agli
studi umanistici ed alla valorizzazione dell’arte sacra; ha promosso tre
Giubilei accolti con larghissima partecipazione dalla cattolicità.
Un
riconoscimento particolare viene riservato al Papa Ratti dal mondo della
comunicazione sociale. Il 12 febbraio 1931, nel nono anniversario della sua
incoronazione, presentato da Guglielmo Marconi egli inaugura la potente stazione
della Radio Vaticana, inviando a tutti, in lingua latina, il messaggio
Qui
arcano Dei. Lo storico documento è indirizzato specificatamente da Pio XI,
Pontefice della Chiesa universale, « a tutto il creato, a Dio, ai cattolici,
alla gerarchia, ai religiosi, ai missionari, a tutti i fedeli, agli infedeli e
dissidenti, ai governanti, ai sudditi, ai ricchi, ai poveri, agli operai e ai
datori di lavoro, agli afflitti e perseguitati ». Del modernissimo servizio
radiofonico il Pontefice si servirà altre volte anche negli anni successivi,
inviando messaggi ad uditori lontani, riconoscente a Guglielmo Marconi che l’11
febbraio 1933 gli metterà a disposizione anche la Stazione radio ad onde
ultracorte, dal Pontefice definita « primato di scientifica utilità ».
Ammalatosi gravemente nel gennaio 1939, il Papa Achille Ratti si è spento il
successivo 10 febbraio, alla vigilia di compiere il diciassettesimo anno di
pontificato. Le sue spoglie riposano nelle Grotte Vaticane, accanto alle tombe
di Benedetto XV e Pio X.
La voce che prima di morire egli stesse redigendo un
documento contro la discriminazione razziale ed il regime fascista non ha
trovato conferma. Il testo dell’ultimo incompleto discorso di Pio XI, rimasto a
lungo inedito, è stato reso noto dal Papa Giovanni XXIII il 6 febbraio 1959.
Esso verrà pubblicato alla fine del prossimo volume dedicato al Papa Ratti.
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