giovedì 2 gennaio 2014

LACRIME DI DOLORE, LACRIME DI GIOIA



Le lacrime. Si può piangere di dolore, ma anche di commozione e di gioia. Le lacrime più belle sono quelle che ci riempiono gli occhi quando, illuminati dallo Spirito Santo, “gustiamo e vediamo quanto è buono il Signore” (Sal 34,9).
Quando si è in questo stato di grazia ci si stupisce che il mondo e noi stessi non cadiamo in ginocchio e non piangiamo tutto il tempo di stupore e di commozione.
Lacrime di questo tipo dovevano scendere dagli occhi di Agostino quando scriveva nelle Confessioni: “Quanto ci hai amato, o Padre buono, che non hai risparmiato il tuo unico Figlio, ma lo hai dato per tutti noi. Quanto ci hai amato!”.
Lacrime come queste versò Pascal la notte che ebbe la rivelazione del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe che si rivela per le vie del vangelo e su un foglietto di carta (trovato cucito all’interno della giacca dopo la sua morte) scrisse: “Gioia, gioia, lacrime di gioia!”.
Io penso che anche le lacrime con cui la peccatrice bagnò i piedi di Gesù non erano lacrime solo di pentimento, ma anche di gratitudine e di gioia.
Se in cielo si può piangere, è di questo pianto che è pieno il paradiso. A Istambul, l’antica Costantinopoli, visse intorno all’anno mille san Simeone il Nuovo Teologo, il santo delle lacrime. Egli è l’esempio più fulgido nella storia della spiritualità cristiana delle lacrime di pentimento che si trasformano in lacrime di stupore e di silenzio. “Piangevo – racconta in una sua opera – ed ero in una gioia inesprimibile”.
Parafrasando la beatitudine degli afflitti, egli dice: “Beati coloro che sempre piangono amaramente i loro peccati, perché li afferrerà la luce e trasformerà le lacrime amare in dolci”.
Che Dio ci conceda di gustare, una volta almeno nella vita, queste lacrime di commozione e di gioia.



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