Gli scavi
archeologici condotti in tempi recenti in prossimità del muro
occidentale del tempio erodiano a Gerusalemme hanno fornito
risultanti sorprendenti e forieri di ulteriori sviluppi.
A distanza di
alcuni anni dall'ultima campagna
di interventi eseguita sotto l’attuale piano calpestato della
città vecchia sono stati portati a termine esami stratigrafici
comparati sui vari livelli occupazionali e il loro esito è stato
clamoroso: si è riusciti ad appurare che l’antica pavimentazione
(il cosiddetto «litostrato») conservata all’interno del
convento delle suore di Sion, erroneamente attribuita
integralmente al periodo dell’imperatore Adriano (132 d.
C.), risale in realtà per ampie parti all’epoca della vita
terrena di Gesù. Tale convinzione è ricavata appunto dalla
comparazione del livello della pavimentazione con quelli di
camminamenti e strutture varie attigui al Tempio,
databili con sicurezza al periodo erodiano; ed è supportata
dalla certezza che Adriano nel ricostruire Gerusalemme con il
nome di «Aelia Capitolina» seguì una prassi in uso nei
grandi lavori edilizi e urbani nel corso del primo Impero:
recuperare e riattivare strutture preesistenti, migliorandone e
conservandone le parti ancora integre.
Tale modo di procedere è ben testimoniato ad esempio nell’ampio
programma di rifacimento messo in atto più di un secolo prima da
Augusto nell’Egitto appena diventato provincia imperiale:
gli architetti romani sfruttarono per lo più la rete viaria ed
edilizia tolemaica, rafforzandola ma mutandola in minima parte.
Nel caso del litostrato gerosolimitano l’esattezza della
datazione è confortata da tracce di una distruzione storicamente
attribuibile a un evento preciso e collocabile nel tempo: sono i
segni, appena percettibili ma inequivocabili all’occhio allenato
dell’archeologo, dello smantellamento del vicino Tempio ad opera
del futuro imperatore Tito, attorno al 70 d. C., quindi ben
prima del rifacimento adrianeo.
La
pavimentazione conservata all’interno del convento delle suore
in antico si trovava comunque all’esterno della Fortezza Antonia,
la gigantesca struttura turrita da dove i romani controllavano
l’interno del Tempio giudaico e dove Cristo comparve davanti a
Ponzio Pilato.
Il
lastricato si trova non distante da una sorta di piscina,
descritta anche nei Vangeli, un’importante riserva idrica per
tutta la città, costruita in epoca asmonea (II-I secolo a.C.) e
recentemente riportata alla luce dagli scavi sotterranei.
Ulteriori elementi archeologici completano il quadro e
confermano la collocazione temporale del litostrato conservato:
su alcune pietre sono visibili i segni dei militari (uno
scorpione, simbolo della X Legione Fretense,
attiva proprio sotto Ponzio Pilato ) e dei loro giochi, tra cui
il «gioco del re»; in esso il condannato era dileggiato come re
e incoronato di spine, esattamente il ludibrio, a cui fu
sottoposto Gesù. Gli accertamenti degli studiosi vorrebbero
proseguire, ma cozzano contro difficoltà reali: la parte
inferiore della Fortezza Antonia con forse parte del suolo
originale risulta oggi sotto un’importante scuola musulmana, che
di fatto ne impedisce l’ispezione sistematica; un ostacolo non
da poco, con evidenti implicazioni politiche.
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