martedì 14 gennaio 2014

Ho scoperto la verità

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Solo Cristo mi ha dato speranza
Nel mondo pagano c’era assenza assoluta di speranza, come affermava Paolo apostolo, date le idee confuse che avevano su Dio e il suo interessamento in favore degli uomini.
Anche il grande Aristotele sembra aver detto: Dio, l'Atto puro, è tanto grande che non può abbassarsi fino a darsi pensiero di un essere così piccolo come è l'uomo...

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D'altronde non è che nel rapporto fra Dio e l'uomo, raggiunto nella religione di Mosè e dei profeti,  le cose fossero andate molto più in là.
Se non si riesce a leggere il Vecchio Testamento nella luce dei Risorto, i limiti posti alla speranza per l'uomo si riducono ai beni che intercorrono fra nascita e morte. Punto e basta.
Ogni speranza si ridurrebbe ad avere salute, un buon numero di figli, e poi pecore, buoni, capre, fichi, sicomori, terre da coltivare e soprattutto nemici da controbattere.
Come vedete, si trattava di speranza a dimensione immanentistica: cioè fra vita e morte.

Quando però compare Gesù all'orizzonte dell'umanità, la prospettiva cambia e cambia radicalmente dalla base.

Il suo solo rivelarsi come Figlio di Dio evidenzia che il Padre ama l'umanità: ha offerto ad essa il suo bene supremo, oltre cui non ha altro da donare.
L'aver chiamato Evangelo il suo messaggio, cioè "dolce notizia" aveva senso di rivelazione di un destino ricco di speranza, su cui fondare una vita serena, sotto lo sguardo di Dio, assistita passo passo dalla sua premura sovrana e, nel contempo, paterno- materna.
L'aver proclamato la chiamata per tutta l'umanità alla vita eterna, cioè ad una vita non più condizionata al tempo, non più tormentata da malattie, disgrazie, sventure: - e neanche una semplice vita eterna, alla quale, in ogni caso, aveva già diritto, per la sua anima immortale, ma quella stessa che gode il Figlio di Dio, nel seno del Padre suo, è qualcosa che dà un rilievo nuovo, esaltante al destino supremo dell'uomo.
La vera speranza, quella di cui l'uomo non può fare a meno per vivere e morire dignitosamente, ci è stata rivelata da Gesù Cristo.
Solo da lui. Nessun altro poteva garantire l'uomo, oltre le soglie della realtà corporea, perché solo lui è alla destra del Padre, lui solo può rivelare il mistero dell'amore incessantemente creativo del Padre verso di noi.

Con questo arriviamo ad intuire che la speranza cristiana non è soltanto una virtù teologale, come abbiamo imparato dal catechismo dei piccoli, ma addirittura, una persona: Cristo stesso.

La scoperta ha dell'esaltante e ci permette d'intuire che più siamo uniti a lui e più si rafforza in noi la beata speranza, di essere, un giorno, con lui nella casa del Padre, a godere della felicità stessa di Dio e riabbracciare, in quella luce sfavillante di vita, tutti i nostri cari.
Ha ragione, pertanto, la Chiesa di cantare nell'antico Prefazio delle messe pro defunctis: "In lui rifulge per noi la speranza della beata risurrezione".
E di questo non finiremo mai di ringraziarlo, per tutta l"eternità.

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