5.
“Corse
da Eli e gli disse: mi hai chiamato, eccomi!”
(1Sam
3,5.6.8)
Una
voce chiama nel sonno. Sembra voce d’uomo: è una voce che chiama per nome,
una voce che sveglia più volte alla stessa maniera.
Né
il ragazzo chiamato, né l’anziano interpellato sanno riconoscere colui che
chiama.
È
una voce reale, inconfondibile, ma lascia confusi e, in un primo momento,
disorientati.
Samuele
era giovane: “In realtà Samuele fino
allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata
la parola del Signore. Egli continuava
a servire il Signore sotto la guida di Eli”. Il ragazzo si lasciava
guidare, era un giovane obbediente: serviva il suo Dio nella sottomissione. Il
suo superiore non era un ‘santo’, anzi, era stato richiamato da un profeta
di Dio per non aver punito i suoi figli depravati. Samuele non lo giudicava,
continuava a lasciarsi guidare da lui.
In
questo “ambiente” di docilità si fa udire la Voce nella notte. È la voce
di Dio, è lo Spirito di Dio che diventa parola che risveglia, parola che desta
l’attenzione.
Samuele
non lo sa discernere. Egli continua a pensare che quella che ode sia voce
d’uomo, continua a credere che sia un richiamo naturale, e naturalmente gli
obbedisce, senza cedere a critiche o giudizi contro l’uomo che gli potrebbe
apparire come bugiardo. Egli va da lui senza dirgli: perché mi chiami e poi
dici che non sei stato tu? Samuele in questa confusione notturna non pensa
nulla. È chiamato e risponde. È rimandato e ubbidisce.
Samuele
così è pronto per essere strumento di benedizione divina per il suo Popolo, è
pronto a ricevere la Parola e divenire lui stesso la voce che la fa risuonare
agli orecchi degli uomini, è pronto ad esser mosso dal soffio delicato e appena
percettibile dello Spirito di Dio. Samuele, senza sapere e senza volere, diviene
Profeta.
Nella
vicenda giovanile di Samuele troviamo molto aiuto per discernere l’agire dello
Spirito Santo nella nostra storia, nelle nostre esperienze all’interno della
vita della Chiesa.
Lo
Spirito Santo, soffio leggero e delicato, si serve di persone docili, di persone
provate nella disponibilità; lo Spirito di Dio non rifiuta il giovane e
l’inesperto, il ragazzo abituato solo ad ubbidire, la persona che non si
lascia sfuggire un lamento. Anzi, è proprio il piccolo e il povero, l’umile e
il semplice ad essere il preferito dallo Spirito che gli manifesta i segreti del
Padre, come ha detto anche Gesù!
Il
piccolo e il povero nemmeno s’accorgono d’essere adoperati da Dio, non
riuscirebbero a pensarlo da sé, eppure i grandi uomini della storia della
salvezza dell’umanità sono sempre stati trovati tra i semplici e gli umili.
“Se
Dio avesse trovato uno più ignorante di me, avrebbe potuto fare di più”,
hanno detto molti santi!
Lo
Spirito Santo ha bisogno del nulla per manifestarsi e per operare: ha trovato la
persona più umile e libera da se stessa per generare in lei il Figlio di Dio!
Lo
Spirito Santo ha trovato dei rozzi pastori per renderli i primi gioiosi
testimoni del Salvatore Bambino! Ha trovato dei pescatori di un piccolo lago per
affidare loro il messaggio che doveva solcare i mari e gli oceani!
Ha
trovato un persecutore intelligente e caparbio: lo ha reso cieco e lo ha buttato
a terra per poterlo chiamare con una voce d’amore e trasformarlo in apostolo
umile e deciso! Non ha ascoltato la sua preghiera che chiedeva forza e salute,
perché rimanesse umile e non contasse sulla propria bravura, sulla propria
energia ed eloquenza, ma solamente sulla grazia e sulla forza dell’amore
divino!
Ha
trovato molti poveri uomini e umili donne per formare la sua Chiesa, renderla
perseverante nella fede, continuatrice lungo i secoli della sua azione benefica
verso tutti i popoli. Ha trovato molti che, come Samuele, hanno risposto con
umiltà alla sua voce!
Vieni,
Spirito Santo, fa udire ancora la parola di Dio, chiama. Spero d’essere pronto
anch’io!
6.
“Quando
lo spirito sovrumano investiva Saul, Davide prendeva in mano la cetra e suonava:
Saul si calmava e si sentiva meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui.”
(1Sam 16,23)
Che
cosa succedeva al re? Egli stesso non sapeva spiegarselo, non riusciva a darsene
ragione. Il fatto è che non riusciva a dominarsi. Una forza più potente delle
sue energie, una forza che vinceva su tutte le sue più buone intenzioni entrava
in lui. Ed egli si sentiva burattino, ma non di quelli che divertono. Tutti si
dovevano allontanare da lui. L’esperienza strana e avvilente del re Saul la
comprendono molti oggi. Anzi, piuttosto che comprenderla la conoscono, perché
la vivono o la subiscono da parte di qualche familiare.
Che
cosa fare in simili frangenti? L’impotenza assoluta scoraggia e intristisce.
La rassegnazione non può dar pace, perché gli effetti di un simile
comportamento allargano a macchia d’olio le sofferenze. Il regno di Saul è
costernato: non solo i suoi ministri e i suoi familiari, che non sanno quando
possono fidarsi di avvicinarlo..., ma tutto il popolo rimane come paralizzato.
La
famiglia di quel mio amico, che con me è tanto gentile e servizievole, è
impietrita: in casa, proprio lui, così dolce quand’è al bar o per strada o
in canonica, si scatena: uno spirito sovrumano lo investe.
Che
cosa fare? Si può fare qualcosa?
Da
che cosa dipende un simile repentino cambiamento? Chi è quello ‘spirito
sovrumano’ che sceglie un uomo invece di un altro come sua abitazione
temporanea? Chi l’ha chiamato? C’è stato qualche incantatore o mago che ha
fatto con lui un patto affinché mandi un dipendente di Satana? Qualche
spiritista gli ha imposto le mani fingendo di guarirlo da qualche malattia, e in
compenso della salute gli ha preso una parte dell’anima? Qualche invidioso o
qualche malefico ha inviato la sua maledizione o l’ha concretizzata in qualche
oggetto strano e misterioso deposto in casa? O lui stesso, peccando gravemente
contro Dio, s’è consegnato al Maligno per compiere qualche azione peccaminosa
segreta?
Da
qualunque parte venga, quello spirito estraneo alla vita normale e benedetta
dell’uomo deve andarsene. Da solo non se ne va.
C’è
un giovane, già amico di Dio. Egli sa suonare la cetra dolcemente. Quella
dolcezza, segno dell’amore di Dio e dell’unione con lui, dono dello Spirito
Santo, quella dolcezza trasformata in suoni tranquilli placano l’uomo
tormentato. Lo spirito sovrumano se ne va.
Davide
aveva fatto conto della forza di Dio. Egli si era affidato all’assistenza
dell’Altissimo invece che alle armi di fronte al forte Golia. In lui era
presente e operante lo Spirito di Dio, lo Spirito che fa stare l’uomo in
comunione e confidenza col Padre. Davide era un ragazzo quando aveva dato la sua
fiducia al Dio del suo popolo. Sono i piccoli, e coloro che si fanno piccoli,
capaci di vivere sotto l’influsso dello Spirito Santo, Spirito che ci porta ad
amare Dio come il bambino ama il papà!
Questo
stesso Spirito, dolce e soave, tenero e onnipotente, irresistibile e forte, si
comunica all’ambiente e alle persone che frequentano il ragazzo umile e
obbediente. Le note della cetra di Davide diventano il veicolo che lo Spirito
Santo adopera per mettere in fuga gli spiriti dissennati e violenti che vogliono
fare di Saul un violento: proprio come succede quando in occasioni particolari
facciamo cantare i bambini. Gli spiriti gravi e seri, corrucciati e avari degli
adulti cedono il posto alla tenerezza e alla gioia dello Spirito Santo!
Vieni,
Spirito Santo, tu che riposi negli umili e nei piccoli che amano Gesù. La loro
presenza è dono che fa strada a Te per venire, per toccare il cuore, per
cambiare l’atmosfera delle nostre case!
7.
“Dopo
il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero.” (1Re 19, 12)
Elia,
profeta di Dio per il suo popolo, aveva dovuto fuggire. Fuggì dagli uomini
potenti che lo cercavano per ucciderlo, ma ormai voleva fuggire dalla vita
stessa. Per questo s’inoltrò nel deserto, desideroso di incontrarvi la morte:
vedeva ormai inutile la propria vita. Ma in quella disperazione Dio stesso gli
venne incontro facendogli trovare pane e acqua. Era un segno chiaro: la morte
non era volontà divina, egli doveva vivere ancora e ancora camminare.
Dopo
quaranta giorni eccolo sul monte su cui Dio s’era manifestato a Mosè. Il
Signore si manifesterà ancora, anche al suo profeta? Ora non c’è il popolo
in attesa alle falde del monte, non c’è nessuno che desideri la Parola del
Dio vivo: Dio stesso, lui sì desidera farsi ancora sentire al suo popolo
infedele!
Ed
ecco anzitutto i segni paurosi, quelli che gli uomini attribuiscono a Dio: gli
uomini sanno d’essere disobbedienti e attendono castighi, attendono punizioni.
Nella bufera che spazza via tutto, nel terremoto che seppellisce ogni bellezza,
nel fuoco che in un lampo fa sparire ogni cosa, essi vedono la presenza di Dio,
di quel Dio che essi immaginano irritato, adirato, offeso.
Anche
Elia attende di vedere il volto di Dio e di udire la sua voce dentro questi
avvenimenti che squassano tutto e terrorizzano ogni creatura, ma Dio, il vero
Dio, quel Dio che gli ha procurato pane ed acqua e che lo vuole incontrare, non
è presente negli eventi che spaventano. Quel Dio che ora vuole rivelarsi ad
Elia non è un Dio che fa paura. Ciò che spaventa l’uomo viene dal nemico di
Dio, da colui che vorrebbe rendere Dio odioso al popolo e gode che il cuore
dell’uomo s’allontani dal suo Creatore.
Ecco
“il mormorio di un vento leggero”,
oppure, traducendo letteralmente, “il
fruscio di un silenzio leggero”. Il silenzio che permette di udire il
fruscio di una brezza ristoratrice, questo è l’ambiente in cui Dio, il Dio
vero, l’unico Padre che da la vita, si rende presente al suo servo! Egli non
vuole spaventare, non vuole che l’uomo fugga davanti a lui.
Il
vero Dio, l’amico degli uomini che si fa presente a loro perché li vuol
salvare dal nemico, si nasconde e si rivela nel silenzio di un vento leggero!
Elia
rimane conquistato da questo silenzio e dal suo fruscio: in esso può percepire
la voce di Dio che lo chiama ancora e lo manda ad esercitare il suo ministero
profetico.
In
ogni epoca, come anche oggi, gli uomini sono amati da Dio, ma, come Elia, così
anche gli uomini del nostro tempo attribuiscono a Dio i sentimenti dell’ira e
della vendetta, che sono alieni dal suo cuore, mentre sono tipici del nemico.
Anche per noi deve avvenire il cambiamento che solo il silenzio di un fruscio
leggero può operare. È lo Spirito Santo che, quale vento leggero e
vivificante, ci riporta alla realtà, ci fa aprire gli occhi perché vediamo il
Volto buono e paterno dell’unico Dio. È lo Spirito Santo che ci apre gli
orecchi perché udiamo la sua voce che ci chiama a donarci al Padre e ci manda
ad esercitare doni e carismi a vantaggio del suo popolo e di tutti gli uomini.
È
lo Spirito Santo che ci fa perdere e deporre ogni sentimento di violenza che il
nostro cuore accumula e che poi vorrebbe attribuire a Dio, per giustificare la
propria inquietudine e cattiveria.
È
lo Spirito Santo che ci fa camminare nel deserto per lunghi giorni, perché solo
in una profonda distanza dall’agitarsi degli uomini, sempre un po’ idolatri,
è possibile incontrare la pace di Dio e divenirne portatori.
Lo
Spirito Santo ci fa udire i fruscii più leggeri del silenzio di Dio, silenzio
sempre carico della sua Parola d’Amore!
Nel
silenzio, che i deserti percorsi dall’uomo ci fanno percepire, siamo attesi
per ricevere i segreti più belli di Dio. Nel deserto della malattia, in quello
della solitudine, in quello del disprezzo, in quello dell’insuccesso, a volte
anche in quello del peccato, là ci attende Dio per manifestarci Gesù in croce
come il suo abbraccio più tenero. Là lo Spirito Santo tiene i nostri occhi e
il nostro cuore aperto, finché occhi e cuore si riempiono dell’amore più
grande: Gesù!
Vieni,
Spirito Santo, vieni. Il tuo soffio leggero mi renda attento alla voce
silenziosa che mi ama e mi chiama.
Spirito
Santo, dolce ospite dell’anima!
8.
“Eliseo
prese un paio di buoi e li uccise; con gli attrezzi per arare ne fece cuocere la
carne e la diede alla gente, perché mangiasse.” (1Re 19, 21)
Eliseo
ha un grosso lavoro, un’impresa non indifferente. “Arava con dodici paia di buoi davanti a sé”: un agricoltore
ricco con grandi possibilità. Elia, il profeta, gli passa accanto mentre egli
stesso sta arando col dodicesimo paio. L’uomo che lavora la terra conosce
molti segreti, è a contatto diretto con la creazione di Dio e con le leggi di
vita che vi sono nascoste e vi operano: perché non potrebbe essere lui ad
ascoltare la voce divina per trasmetterla al suo popolo?
È
un popolo che dovrà essere arato in profondità, un popolo che deve ricevere
ancora il seme della parola per lasciarla portar frutto.
Elia
sceglie Eliseo senza nemmeno interpellarlo. Gli lascia il tempo di baciare il
padre e la madre e di far festa, una grande festa!
Guardiamo
quest’uomo durante il banchetto offerto alla gente, i suoi operai, i vicini, i
parenti. Egli non è più il contadino preoccupato della semina e del raccolto:
uccide due buoi, spezza gli attrezzi e li usa per cuocere la carne. La festa è
più importante del lavoro, la festa è più utile del lavoro, la festa è un
amore più grande del reddito.
Eliseo
comincia ad essere profeta con l’organizzare una festa. Questa è l’origine
e lo scopo di ogni profezia. Dio infatti, il Dio che Eliseo si appresta a
servire, è un Dio che vuole gli uomini felici, li vuole in comunione, li vuole
nella gioia. Eliseo comincia ad essere profeta - senza saperlo - quando raduna i
suoi servi e i suoi parenti a mangiare a sazietà! Gli assomiglia Matteo, il
pubblicano che, visto e chiamato da Gesù, ha lasciato il proprio lavoro e
seguito il nuovo Maestro. Anch’egli ha dato un banchetto. Anch’egli ha
organizzato una festa: vi ha invitato anche Gesù, e Gesù non si è rifiutato
di partecipare alla gioia del suo nuovo discepolo, anzi, ha dato speranza e
verità alla gioia dei peccatori, che gli son divenuti amici.
Nell’uno
e nell’altro caso il lavoro è sacrificato alla festa, al banchetto! È la
profezia dell’Antica e della Nuova Alleanza: Dio chiama gli uomini a
rallegrarsi. Li chiama e li attende peccatori e smemorati, li risveglia alla
gioia: così il Padre del figlio prodigo vuol partecipare la sua gioia anzitutto
al figlio stesso, e quindi a tutti gli altri, offrendo una festa!
Eliseo
e Matteo col loro banchetto sono profeti dell’amore del Padre. Lo Spirito di
Dio li ha conquistati, li ha spinti a organizzare la festa! La gioia d’essere
divenuto, da padrone di molta terra, servo di Dio, - per Eliseo -, e la gioia di
essere passato dal servizio del denaro al servizio degli uomini, - per Matteo -,
è profezia, è parola di Dio all’uomo distratto e chiuso nel lavoro e nel
denaro privi di vita.
Il
banchetto di Eliseo e quello di Matteo sono organizzati dallo Spirito Santo: è
lui che porta nel mondo la gioia di Dio, è lui che vuole far sparire le smorfie
di tristezza dalle immagini divine che sono i volti degli uomini! È lui, lo
Spirito di Dio, che fa diventare vino l’acqua delle nozze di Cana: gli sposi,
per quanto si amino, come potranno amarsi al punto da darsi gioia l’un
l’altro, se non per opera dello Spirito Santo?
È
lo Spirito di Dio che fa diventare gioia dei genitori il sorriso dei bimbi!
È
lo Spirito di Dio che dà ai figli quella grazia e quella pace che tornano ad
onore dei loro genitori!
È
lo Spirito di Dio che dà al lavoro dell’uomo un significato così grande e
bello di benedizione e di comunione, tanto che la fatica venga offerta come un
atto d’amore!
Ed
è lo stesso Spirito che tiene il cuore dell’uomo staccato dalle cose,
staccato dal suo lavoro e dal suo guadagno, perché rimanga pieno di quella
gioia che continua a venire dall’Alto!
È
lo Spirito di Dio che mette negli occhi degli uomini la luce perché vedano i
fiori e odano gli uccelli come segno della sapienza e della bontà del loro
Creatore!
È
lo Spirito di Dio che mi fa vedere Gesù come l’amico che mi fa sedere
continuamente al banchetto della sua gioia, della gioia della sua Risurrezione
dai morti, del suo Rendimento di grazie al Padre: l’Eucarestia!
Vieni,
Spirito Santo: tu trasformi la mia vita in una festa, la festa dell’amore di
Dio per gli uomini. Spirito Santo, tu dai all’uomo la gioia di cambiare, di
passare dal mondo al Padre, dal lavoro al servizio, dal guadagno alla sequela di
Gesù! Vieni, Spirito Santo!
9.
“È
come olio profumato sul capo...”! (Salmo 133, 2)
“L’olio
che scende sul capo, che scende sulla barba, sulla barba di Aronne”
è l’olio della consacrazione sacerdotale. Aronne è consacrato sacerdote,
riservato cioè a Dio, dall’olio versato sul suo capo. L’unzione santa dà
nuovo significato alla sua vita: egli sarà tramite tra il popolo e Dio!
Il
Salmo 133 ci fa ammirare e desiderare la vita fraterna come una consacrazione
sacerdotale.
“Ecco
quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme! È come olio
che scende...”.
La vita fraterna è una specie di consacrazione, è olio che scende sul capo con
abbondanza tale da fluire fin sulla barba e sul collo delle vesti del
capostipite della famiglia sacerdotale del popolo di Dio!
Che
i fratelli vivano insieme “è buono e
soave”: è volontà e dono di Dio, è grazia che si riceve ed è azione
che si offre, è obbedienza che rende giusti, graditi al Padre.
Il
vivere insieme come fratelli è opera
dello Spirito di Dio, lo Spirito che fa superare le tendenze incallite
dell’uomo all’egoismo, a farsi servire, a pretendere, a farsi centro delle
attenzioni altrui.
Vivere
insieme come fratelli
non è possibile se non per opera dello Spirito Santo.
Nel
mondo dove regna mammona, il dio-denaro, dove regnano i desideri di comodità e
del piacere sessuale, dove regnano l’ambizione e la ricerca della vanità e
della popolarità, là non è possibile vivere
insieme come fratelli, né lo è dove regna l’amore per la propria
famiglia e per l’unità del parentado: qui si riesce a vivere insieme come
schiavi gli uni degli altri, ma non come fratelli!
È
opera dello Spirito Santo il vivere
insieme come fratelli! Lo Spirito Santo ci unisce a Gesù, sempre più
strettamente.
Chi
dona a Gesù la propria vita nella grazia dello Spirito Santo si trova ad essere
capace di vivere come fratello. È una grazia, è opera divina, è miracolo! È
miracolo che dà sostegno alla fede, che rende possibile il credere in Dio Padre
a coloro che non lo conoscono ancora. Gesù rivolge al Padre questa preghiera: “siano
in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv
17,21). È opera divina l’unità degli uomini come fratelli. Lo Spirito Santo
compie quest’opera.
Coloro
che sono uniti nel Nome di Gesù come
fratelli mostrano al mondo la bellezza del disegno di Dio per l’uomo. La
loro vita parla di Dio pur nel silenzio, la loro vita mette i nostri occhi a
contatto con Dio, mette il nostro cuore in sintonia con lui.
La
loro vita è un sacerdozio, una mediazione vera, grande, santa, più efficace
dei riti sacerdotali del tempio. Infatti, dove
due o tre sono riuniti nel nome di Gesù, là Gesù stesso è presente, come
egli ha detto! E la presenza di Gesù è salvezza, è benedizione, è vita, è
garanzia di eternità! La presenza di Gesù è già cielo aperto, è presenza di
Dio, è il mondo futuro sulla terra!
La
vita dei fratelli che stanno insieme è perciò “benedizione”: è dono di grazia, è luogo di salvezza, è incontro
concreto con l’amore del Padre!
La
vita di coloro che vivono insieme come fratelli è “vita”: è già caparra della vita eterna, anticipo della luce e
dell’armonia che sarà data ai santi fedeli di Dio nell’assemblea celeste.
Lo
Spirito Santo entra profondamente nella vita dell’uomo fino a trasformarla,
fino a renderla manifestazione del Dio uno e trino, ma per far questo la mette a
fianco della vita di altri uomini, perché la comunione - segreto della vita
trinitaria di Dio - diventi visibile! Lo Spirito Santo ci rende fratelli!
Per
questo la Chiesa invoca sempre - ogni giorno - lo Spirito Santo: lo invoca sul
popolo di Dio, perché nutrendosi del Corpo e del Sangue del Signore diventi un
cuor solo ed un’anima sola! È la consacrazione degli uomini, che nella
fraternità vivono la loro consacrazione sacerdotale. Lo Spirito Santo trasforma
per noi il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Cristo perché noi - nutriti di
lui - possiamo vivere come fratelli ed
essere vita e benedizione per il
mondo!
Grazie,
Spirito Santo! Grazie che svuoti il nostro cuore dell’egoismo, grazie che
intervieni per renderci membra del corpo di Cristo e capaci perciò di fraternità!
Grazie,
Spirito Santo, che così formi la Chiesa, vita e benedizione per il mondo!
Nihil
obstat: cens. Eccl. Mons. Iginio Rogger, Trento, 5/4/1998
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