sabato 22 febbraio 2014
Miracoli a Lourdes
Le guarigioni avvenute a Lourdes tramite l’intercessione della Vergine Maria dal Febbraio 1858 ad oggi sono migliaia, di queste 66 sono state classificate dopo l’esame degli esperti come guarigioni miracolose. Di seguito sono state riportate solamente alcune di queste guarigioni.
Guarigione della frattura della gamba
La guarigione del fiammingo Pieter de Rudder, guarito nell'aprile del 1875, divenne celebre in seguito a uno scontro vivace che padre Agostino Gemelli ebbe con i medici dell'Associazione Sanitaria milanese, atei e anticlericali. Il frate, fondatore dell'Università Cattolica, studioso di medicina, buon parlatore, preparatissimo, difese efficacemente nei vari incontri i Miracoli di Lourdes, e in particolare quello di de Rudder.
Quest’ultimo nacque a Jabbeke presso Ostenda, in Belgio, il 2 luglio 1822. Aveva 44 anni quando la sua gamba sinistra venne fracassata da un tronco di albero che gli fratturò la tibia e il perone nella parte superiore del polpaccio. Allora faceva il giardiniere del marchese Du Bus, il quale lo fece curare per sette anni, ma sempre inutilmente. La parte inferiore della gamba penzolava letteralmente come uno straccio ed era legata alla parte superiore solo dai tessuti molli. Il medico, dr. Boisserie, racconta circa la guarigione improvvisa del malato quanto segue: «II 7 aprile 1875 Pieter intraprese il suo pellegrinaggio al santuario fiammingo della Madonna di Lourdes a Oostakez vicino a Gent. Da otto anni riusciva a camminare a fatica con due grucce. Devoto della Vergine, mentre faceva la sua preghiera, si sentì guarito totalmente. La sera stessa dice il medico Pieter tornò indietro senza stampelle e ballando. Il giorno dopo camminò felicissimo, per varie ore». Il suo medico continua il racconto: «Mi recai subito a vederlo e ammetto che non credevo alla sua guarigione. Ma cosa trovai? Una gamba a cui non mancava niente e, se non avessi mai visitato in passato l'infelice, avrei certamente espresso l'opinione che la sua gamba non era mai stata rotta. Infatti passando le dita sull'angolo della sua tibia non si sentì la benché minima traccia di cabrosità».
Dopo la sua guarigione Pieter de Rudder visse ancora per 29 anni, senza mai soffrire a causa della gamba. Attorno a questo fatto prodigioso si sviluppò una disputa appassionata fra moltissimi medici. La Commissione Diocesana, presieduta da S. Ecc. Mons. Gustave Waffelaert, nel luglio 1908, dichiarava la guarigione di Pieter «un miracolo riconosciuto dalla Chiesa ». Esso fu ritenuto una guarigione così straordinaria da esser posta sull'elenco dei miracoli di Lourdes, pur essendo compiuta fuori di Lourdes.
Ora ci vedo
Marie Birè nata l’8 ottobre 1866, nella Vandea, si sposò e diede alla vita sei figli, ma nel 1904 la colse una grande sventura: la morte di due figlioli. Il dolore la portò a una forte depressione, fino ad avere momenti d'incoscienza.
Il 14 Febbraio la Biré «si scoprì cieca da ambedue gli occhi, paralizzata ad un piede e ad un braccio ed inoltre torturata da terribili dolori di testa, presentava ipertensione endocranica». Il suo medico diagnosticò: «cecità dovuta ad atrofia papillare bilaterale del nervo ottico» determinata da evidente interessamento della circolazione cerebrale. Il sistema visivo perciò era irreparabilmente danneggiato. Il 15 Agosto Marie Birè va a Lourdes, assiste alla Messa e riceve la comunione davanti alla grotta, a un certo momento riacquista la vista ed emette un grido: «Ora ci vedo!». Nell'Ufficio Medico viene visitata da parecchi medici oculisti, che constatano la guarigione e redigono il regolare verbale: «...si trattava di atrofia bianca del nervo ottico con origini cerebrali». Questa forma è considerata da ogni esperto come una delle più gravi e incurabili malattie degli occhi. In una seconda visita, in settembre, la Birè fu esaminata da tre oculisti medici e non furono trovate in Lei lesioni di sorta e la sua guarigione fu riconosciuta totale in quanto la Sua capacità visiva era tornata normale e acuta.
La conclusione dei medici è stata questa: «II recupero improvviso della vista da parte di Marie Birè è del tutto inspiegabile dal punto di vista clinico». Dopo lo svolgimento del processo canonico il vescovo di Luçon, S. Ecc. Mons. Clovis Joseph Catteau, dichiarò con suo decretò del 30 luglio 1910 la guarigione di Birè come miracolosa.
O muoio o torno a casa guarita
Marie Thérès Canin, era nata nel 1910 presso Marsiglia; suo padre e sua madre erano morti di tubercolosi e due sorelle erano ricoverate in Casa di cura per lo stesso morbo. All'età di 24 anni si manifestarono in Marie i sintomi della tubercolosi ossea. Nel novembre 1936 una radiografia rivelò la presenza del morbo di Pott. La malattia fu trattata con raggi ultravioletti. A partire dal giugno 1944 i dolori all'addome divennero così forti che Marie dovette porsi a letto. Nel gennaio successivo subì due operazioni, con trapianto osseo al rachide ed all’articolazione sacro iliaca, ma con scarso esito, perché nel gennaio 47 i dolori all'addome ripresero violenti. Sullo stato di salute di Marie il suo medico scrisse: «L'infezione tubercolare si sviluppa nella zona peritoneale. Pur non essendovi paralisi, Marie non ha più la forza di muovere gli arti inferiori, nei quali si trovano edemi dolorosi...; i piedi si deformano in moncherini».
Marie con un barlume di speranza si unisce al pellegrinaggio diocesano di Marsiglia del 6 ottobre 1947 per Lourdes e dice a tutti: «O muoio o torno a casa guarita». Il giovedì 9 ottobre mattina è portata alle piscine: nel pomeriggio prende parte, distesa in barella, alla processione eucaristica. Quello che accadde viene descritto dal dottor Olivieri, per molti anni presidente dell'Ufficio Medico di Lourdes: «Al ritorno dalla processione sentì di colpo la forza di alzarsi. Si sedette sul suo lettuccio, si mise le pantofole che da nove mesi non poteva portare. Si alzò, si vestì, e camminò senza difficoltà. Le ritornò un robusto appetito e cenò nell'ospedale di Notre Dame». Al ritorno si presentò al suo medico, il quale «constatò la totale scomparsa di tutte le manifestazioni delle malattie». La cartella clinica fu mandata alla Commissione Medica di Parigi, la quale riconobbe che «nessuna spiegazione naturale o scientifica era possibile trovare nella guarigione improvvisa di Marie Thérès Canin».
L'arcivescovo di Marsiglia con decreto del 6 giugno 1952 dichiarava solennemente il carattere miracoloso di questa guarigione, che «deve essere ascritta ad un intervento speciale della Santissima Vergine Maria, l'Immacolata Madre di Dio».
Un carico di malattie
Maddalena Carini, nacque nel marzo 1917 in provincia di Pavia; la sua vita è stata un vero Calvario. Suo padre e due zie morirono di tubercolosi, sua madre di angina pectoris.
Sin da adolescente si manifestarono in lei le prime malattie: pleurite, faringite e infiammazione tubercolare alla colonna vertebrale. La diagnosi fu spondilite alla quarta e quinta vertebra dorsale che la obbligarono a lunghi ricoveri in sanatori, fino all’età di 20 anni. Le diagnosi erano catastrofiche.
Maddalena nell’agosto 1948 va in pellegrinaggio a Lourdes e durante la festa dell'Assunta era in preghiera davanti alla Grotta, quando improvvisamente provò un senso di calore e un formicolio al petto, con forti palpitazioni e subito dopo provò una sensazione di benessere. Il gonfiore alla pancia era scomparso, come i dolori alla spina dorsale.
Il suo medico, dottor Bonizzi, visitandola poteva scrivere: «Ci troviamo di fronte ad una "restitutio in integrum" totale e assoluta». Il 13 Aprile Maddalena si recò all'Ufficio Medico di Lourdes. Dalle visite l’Ufficio Medico riconobbe il carattere inspiegabile di questa guarigione che sottomise al giudizio del Comitato Medico Nazionale. Quest’ultimo decise nello stesso modo dell’Ufficio Medico, di fronte alla relazione del Dott. Lanos. Il parere fu emesso il 4 marzo 1951. La pratica trasmessa all’Arcivescovado di Milano.
L'arcivescovo di Milano, Montini, con decreto del 2 giugno 1960, dichiarava a sua volta che la guarigione di Maddalena Carini era un «miracolo di Dio».
Colpito da due tumori
Nato nel marzo 1913 a Casale Monferraro, padre di cinque figli, Evasio Ganosa fu colpito alla fine del’49 da un linfogranuloma, (Morbo di Hodgkim) ossia un processo maligno che aggredisce i gangli linfatici. All'ospedale di Casale furono fatte al malato 22 trasfusioni di sangue e si tentò di trattare con radio i due tumori maligni che si trovavano nell'ascella sinistra, tuttavia il 5 Maggio 1950 secondo la diagnosi del suo medico, dottor Capra, Evasio Ganosa aveva ormai davanti a sé pochi mesi di vita.
Evasio, affida le sue speranze di vita alla Madonna e colmo di fede va in treno con i malati a Lourdes. Il 2 giugno 1950 Evasio portato in carrozzella alle piscine è immerso nell'acqua. Al primo bagno sente come un grande calore che sembra percorrergli l'intero corpo. Gli pare che una corrente calda lo attraversi per intero. Senza l'aiuto di nessuno, ma tra la meraviglia di tutti, usce da solo dalla piscina e torna da solo all'ospedale.
Qui Il dottor Visetti può subito dichiarare, come teste oculare, che in Evasio era «scomparsa la febbre e la astenia, e così il gonfiore delle linfoghiandole». In un pellegrinaggio del 54 Evasio si presenta all'Ufficio Medico di Lourdes, che conferma la dichiarazione del dottor Visetti. Nel febbraio 1955 il Comitato Internazionale di Parigi conferma i pareri già dati sulla guarigione improvvisa del Ganosa e dichiara l'opportunità di «sottoporre questo caso alle autorità ecclesiastiche».
Questo attestato viene firmato da 25 medici. Il vescovo di Casale Monferrato, S. Ecc. Mons. Agrisani, sentito il voto favorevole della Commissione Diocesana, dichiarava con suo decreto del maggio 1955 che «la guarigione di Evasio Ganosa è miracolosa».
Sclerosi multipla ed emiplegia
Fratel Leo Schwager, nato nel 1924 nella Svizzera tedesca, è un esempio tipico di guarigione eucaristica di Lourdes. Nella sua infanzia e adolescenza Leo ha avuto numerosi incidenti traumatici, tuttavia a ventun anni entrò in una comunità di Benedettini perché voleva dedicarsi al mondo missionario. Ben presto si rivelarono i sintomi della sclerosi multipla e nel dicembre 1950 i superiori lo ammisero ugualmente ai voti, come professo provvisorio.
Lo stato di salute di fra Leo nel 1951 peggiorò, alla sclerosi si aggiunse l'afasia e l’emiplegia o paralisi di metà corpo. Nell’aprile del 1952 si recò a Lourdes con il pellegrinaggio di Friburgo. Il 30 aprile, nel pomeriggio, alla processione eucaristica, egli si accorse che ogni disturbo era scomparso. È lo stesso fra Leo che racconta: «I pellegrini cantavano Parce Domine». Io dicevo al Signore: «Sia fatta la tua Volontà». Il celebrante disegnò su di me una grande croce. A questo punto una specie di fulmine attraversò il mio corpo dalla testa ai piedi, come fosse una scossa elettrica. Era la fine? No, m'inginocchiai davanti alla carrozzella, ben diritto con le mani giunte. Come ciò avvenne, non lo so. Ma di colpo seppi di essere guarito. Non sentivo più nessun dolore e nelle mie membra, che pochi secondi prima erano paralizzate e flaccide, c'era di nuovo la forza. Recitai il Magnificat e, finita la processione, mi alzai senza alcun aiuto e sostegno. La folla mi circondò e venuto il medico del nostro pellegrinaggio andai con lui perfettamente sano e senza dolori, camminando fino all'asilo».
Il giorno dopo fratel Leo fu interrogato dall'Ufficio Medico e negli anni successivi fu sottoposto a altri esami. Il 15 aprile 1959 il Comitato di Parigi dichiarava, dopo una relazione del Prof. Thébaut, che «Le condizioni nelle quali la guarigione avvenne restano del tutto inspiegabili per la medicina».
Il vescovo di Friburgo, Francois Charrière, con suo Decreto del 18 dicembre 1960, da leggersi in tutte le chiese, dichiarava: «La guarigione di fratel Leo Schwager O.S.B. … è un miracolo».
Tubercolosi ossea
Elisa Aloi nasce a Patti nel novembre del 1931 da genitori condannati a morte prematura: il padre per TBC e la madre per difetto cardiaco.
Elisa aveva quasi 17 anni quando la tubercolosi sviluppò i suoi focolai al ginocchio destro, al femore destro, alla 12ma vertebra e altrove, oltre a provocale anemia e numerose fìstole purulente.
Il certificato del suo medico, nel maggio del’58, confermava il drammatico stato di salute della giovane. «Gli arti, dice il professor Di Cesare, sono completamente paralizzati. I movimenti di piegamento dei piedi, delle ginocchia e dei femori sono impossibili. Lo stato di salute generale è molto cattivo. Durante il suo ricovero ospedaliero nessuna prescrizione ottenne un risultato».
Dal 4 al 13 giugno 1959 Elisa partecipa al pellegrinaggio a Lourdes I1 medico, che accompagna i pellegrini malati, in merito a Elisa scrive: «Durante il viaggio ed i primi due giorni di soggiorno all'asilo, gli ascessi si sono aperti in superficie ed hanno secreto un liquido verdastro e maleodorante. Su richiesta della malata questi ascessi sono stati trattati con acqua di Lourdes, che le è stata anche iniettata sotto la pelle. Il terzo giorno dalle fistole non usciva più nessun liquido. La malata cominciò a sentirsi meglio e poiché riusciva a muovere le dita dei piedi, voleva togliersi il gesso, ma io lo vietai. Preferii lasciare questa decisione al medico, da cui era stata curata a Messina».
Il medico curante la rivide al suo ritorno e la controllò, fornendo poi questa dichiarazione: «La signorina Elisa è ritornata da Lourdes perfettamente guarita e si sente così bene che non è quasi possibile credere che si tratti della stessa persona, che era riconosciuta qui in condizioni disperate. Io confermo che Elisa Aloi è perfettamente guarita».
II caso di Elisa Aloi fu esaminato dal Comitato di Parigi e la guarigione fu dichiarata «medicamente inspiegabile». Il vescovo di Messina, Francesco Fascia, dopo sentito il voto favorevole della Commissione Diocesana, in data 26 maggio 1965 dichiarava con Decreto: «La guarigione di Elisa Aloi, avvenuta il 5 giugno 1965, è miracolosa».
Tumore maligno
Delizia Cirolli, vé nata il 17 Novembre 1964 a Paternò presso Catania. Nel Marzo del 1976 ha delle difficoltà nella deambulazione a causa di una tumefazione dolorosa del ginocchio destro. Fu all'inizio curato dai genitori come cosa di poca importanza, ma nel maggio del 1976, visto che il dolore non passava la bambina viene ricoverata nella clinica ortopedica dell'Università di Catania e alla luce di varie radiografie si giunge a una diagnosi chiara, confermata dagli esami istologici: Delizia è affetta da tumore osseo maligno, un sarcoma alla parte superiore della tibia. I medici si trovano davanti alla decisione se amputare subito la gamba o tentare di rallentare la diffusione della metastasi. Le possibilità di guarigione completa sono in ogni caso inesistenti.
I genitori decidono di evitare ogni operazione alla figliola nonostante l’aspettativa data alla fanciulla di ancora circa un anno di vita. Nell’estate del 1976, grazie alla generosità dei suoi amici e parenti Delizia partecipò ad un pellegrinaggio a Lourdes, dal quale ritornò stanchissima e senza alcun sollievo. Ma la fanciulla caparbiamente continua a pregare, mentre sua madre sta già cucendo il lenzuolo funebre: era in lei morta ogni speranza.
Nel Natale del’76, quando le condizioni di Delizia sono oramai disperate e la sua vita si sta spegnendo, la guarigione arriva improvvisa. La fanciulla può muovere la gamba; può camminare e di lì a poco può riprendere la scuola. è guarita! I medici, e più tardi l'Ufficio Medico di Lourdes, diranno: «La guarigione di Delizia Cirolli... è un fenomeno assolutamente straordinario..., in contrasto con ogni previsione medica. Essa rimane inspiegabile».
Il Comitato Internazionale di Parigi nel settembre dell'82 dava la stessa risposta: «La guarigione da una formazione maligna alla tibia contraddice in senso stretto ogni previsione medica e resta perciò inspiegabile».
L'arcivescovo di Catania, monsignor Luigi Bommarito, con suo Decreto del 28 giugno 1989 confermava solennemente il carattere miracoloso della guarigione di Delizia Cirolli esortando i fedeli della sua Diocesi a rendere grazie per questo dono di Dio alla sua Chiesa e precisando che esso era stato ottenuto per l’intercessione della Vergine Maria in risposta alla richiesta del cuore dagli uomini.
Sarcoma guarito
Vittorio Micheli è nato in provincia di Trento il 6 febbraio del 1940. Mentre prestava servizio militare negli Alpini, fu ricoverato all’Ospedale militare di Verona per diagnosi e cura di una malattia misteriosa all’anca sinistra. Le radiografie confermano la decomposizione della struttura ossea, che aveva colpito la metà inferiore dell'ala iliaca e parte del femore. Fu diagnosticato un sarcoma dell’anca che si sviluppò con impressionante velocità anche nella metà sinistra del bacino la quale, dopo un breve tempo, risultava «quasi completamente distrutta».
Vittorio stimolato dalla fede e dalla speranza, decise di partecipare al pellegrinaggio militare a Lourdes dal 24 maggio al 6 giugno 1963. Il certificato medico redatto in quell'occasione diceva: «Non c'è più nessun elemento scheletrico nelle parti inferiori del bacino, ma solo una massa riforme di consistenza pastosa. Il malato è impossibilitato a fare qualsiasi movimento con la gamba sinistra».
Vittorio fu immerso nelle piscine con il suo gesso e dopo un bagno provò un senso di fame e si senti guarito. Furono subito interrotte le medicine antidolorifiche e ogni altro medicamento. Al ritorno fu di nuovo ricoverato all'ospedale per controlli. Le varie radiografie dimostrarono il processo di ricostituzione delle parti ossee distrutte.
Il medico militare, dottor Cindolo, dopo il pellegrinaggio scrisse quanto segue: «Io dichiaro in scienza e coscienza: ho accolto nel mio reparto l'alpino Vittorio Micheli, colpito da sarcoma all'osso sinistro del bacino e l'ho curato nel periodo tra il 1962 e il 1964 senza alcun trattamento antimicotico... Nel giugno 1963 Vittorio lasciò le grucce, poi il bastone e infine cominciò a camminare senza alcun sostegno».
Sia l'Ufficio Medico di Lourdes, come il Comitato Internazionale di Parigi esaminarono il caso Micheli e riconobbero all'unanimità che «il tumore era un sarcoma da cui improvvisamente senza alcun trattamento il Micheli guarì. è inutile cercare una spiegazione medica per questa guarigione, non ce n'è alcuna».
L'arcivescovo di Trento, mons. Alessandro Gottardi, avuta l’approvazione dalla Commissione Diocesana dichiarava il 26 maggio 1976: «La guarigione di Vittorio Micheli... è un miracolo straordinario di Dio, operato per l'intercessione della Beata Vergine Maria».
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