La
persecuzione è sempre più un fatto quotidiano nella vita della Chiesa.
Oggi in Europa viviamo in pace e siamo liberi di praticare la fede,
senza dimenticare che fino alla caduta del Muro di Berlino (solo
vent’anni fa 1989) in metà Europa i cristiani erano perseguitati.
Ma
se allarghiamo lo sguardo ad Asia e Africa, vediamo che i cristiani
subiscono discriminazioni gravi o anche persecuzione in quasi tutti i
paesi islamici e in tutti i paesi comunisti. Con due eccezioni, Libano e
Bangladesh, paesi a maggioranza islamica più tolleranti.
La
persecuzione anti-cristiana si verifica anche in altri paesi, sia pure
in modo saltuario come India, Nepal, Sri Lanka, paesi dell’Asia russa,
persino nelle regioni meridionali delle Filippine, si attaccano i
villaggi, le chiese e le istituzioni cristiane. Siamo informati sulla
persecuzione in Cina, in alcuni stati dell’India e paesi islamici, ma
altre situazioni non le conosciamo nemmeno.
Nell’Africa i cristiani sono perseguitati in Nigeria, Zimbabwe,
Eritrea e per conflitti inter-tribali i credenti in Cristo sono
perseguitati perché si impegnano a cercare la pace e pertanto sono
visti come nemici.
Padre
Armand Gagné Ost, primo direttore del Sit, che ha lavorato durante
tutta la sua vita per i cristiani perseguitati, raccontava un fatto:
aveva incontrato alcuni preti vietnamiti, e uno di loro diceva che fra i
“montagnards” del Vietnam, i martiri della fede si contano a centinaia
durante la campagna lanciata dal governo per “convertire” questi
“orgogliosi tribali cristiani” all’ideologia del partito comunista,
rinunziando alla propria fede religiosa. E raccontava di sacerdoti e
catechisti arrestati e mandati in “campi di rieducazione”, di chiese
chiuse o trasformate in sale di riunione del partito, di insegnamento
dell’ateismo nelle scuole pubbliche in cui la Chiesa cattolica veniva
sempre presentata come serva dell’imperialismo e del colonialismo e
quindi come un nemico da combattere.
Storicamente,
dal 1946, dopo la seconda guerra mondiale, fino al 1989, la radice
principale della persecuzione anti-cristiana è stata l’ideologia
marxista-leninista-maoista. In tutti i Paesi ove il partito si era
impadronito delle istituzioni e anche in quelli con forte tradizione
cattolica come la Polonia, la Lettonia, Cuba e alcune province
dell’ex-Jugoslavia, non era riconosciuta la piena libertà religiosa.
Nel 1989, con la caduta del Muro di Berlino, l’ideologia e i regimi
comunisti si sono afflosciati e sono crollati per debolezza e
inconsistenza ideale propria. Oggi
non si è ancora estinta l’eredità di quella ideologia e dopo il 1990, a
causa della prima “Guerra del Golfo” nel 1991, i protagonisti delle
persecuzioni sono diventati i paesi a maggioranza islamica; e tale
situazione è ancora peggiorata dopo il 2002 con l’inizio della seconda
“Guerra del Golfo” che ha spodestato Saddam Hussein in Iraq e il regime
dei “talebani” in Afghanistan.
Possiamo
dire che nei circa trenta paesi a maggioranza islamica in Asia e Africa
i cristiani soffrono quasi ovunque di pesanti discriminazioni e di
pressioni per convertirsi all’islam con metodi coercitivi e
persecutori. Persino i governi che si dichiarano democratici e
filo-occidentali, come Turchia, Malesia, Indonesia, non riescono infatti
a far rispettare la libertà religiosa delle minoranze. Ad
esempio, la Malesia, molto ricca grazie al petrolio e alle altre
ricchezze naturali, ove i musulmani sono solo il 65% della popolazione,
ma discriminano gli appartenenti ad altre religioni, costringendoli a
fuggire all’estero o a sopportare vere e proprie angherie che rendono
la vita quasi impossibile in loco. Per dare un’idea
eccone alcune: un cattolico per sposare una musulmana, deve prima
convertirsi all’islam; i cristiani non possono pronunziare o scrivere
il nome di Allah; scuole e università, esercito e burocrazia statale,
discriminano i cristiani che, considerati cittadini di seconda
categoria, non possono fare carriera né occupare posti di rilievo o di
responsabilità; il governo favorisce in ogni modo i villaggi islamici e
penalizza gli altri; a Kuala Lumpur è quasi impossibile costruire
chiese anche se i cristiani aumentano di numero le chiese restano sempre
le stesse; le librerie cattoliche non possono esporre in vetrina i
libri cristiani, hanno una saletta all’interno e espongono questi
libri, dove pero è proibita l’entrata ai musulmani; è proibito esporre
all’esterno statue o immagini di santi o della Madonna.
In
Iraq la fuga continua dei cristiani rischia di sancire la scomparsa
definitiva dei cristiani che vent’anni fa erano un milione. Tanto che i
politici iracheni e i diplomatici arrivano a concepire un piano che
creerebbe una sorta di “riserva indiana” nel Nord dell’Iraq, dove
raccogliere i cristiani in pericolo di vita. Anche in Tunisia, paese
che si proclama democratico e liberale, la libertà religiosa non è
rispettata.
In
Arabia Saudita opera una polizia religiosa, la Muttawa, che vigila sul
comportamento islamicamente corretto della popolazione, compiendo raid
nelle case degli immigrati filippini o indiani che si riuniscono per
recitare il rosario o leggere la Bibbia, reati considerati gravissimi
nel territorio “santo” dell’islam e per i quali sono previsti il
carcere, il sequestro di ogni bene e il rimpatrio immediato. Altrove,
la pressione si esercita in modo diverso, impedendo per legge la
conversione ad altre religioni e limitando amministrativamente la
diffusione pubblica e privata del messaggio evangelico.
Se
si abbandona l’islam si può essere messi a morte in Iran, in Sudan, in
Mauritania, mentre in Pakistan si perde la tutela dei propri figli e il
diritto di ereditare patrimoni dai propri parenti musulmani. Bisogna
dire che la grande maggioranza della popolazione di questi paesi non è
affatto fondamentalista, anzi, a sentire le suore e i sacerdoti che
vivono in questi paesi dicono di sentirsi amati e anche protetti dalla
gente comune. Eppure l’intolleranza violenta per chi non crede nel
Corano è in crescita ovunque. Questo è dovuto ad una
strumentalizzazione della religione islamica, da parte dei partiti
politici e delle autorità religiose.
La
profonda religiosità del popolo viene sfruttata dalle caste politiche e
religiose per l’affermazione del proprio potere. Quanto detto dei
cristiani perseguitati e discriminati nei paesi dell’islam, in parte si
verifica anche in India, dove a livello popolare si manifesta sempre
più violento l’estremismo indù con assalti a villaggi cristiani, con
uccisioni di sacerdoti e di fedeli, incendi di chiese e distruzione di
istituzioni cristiane; e ancora la minaccia giuridica delle leggi
anti-conversione, adottate da dieci dei 28 stati dell’Unione Indiana.
Anche nello Sri Lanka e in Birmania, il nazionalismo politico
strumentalizza la religione di maggioranza, cioè il buddhismo, per
promuovere azioni e discriminazioni contro le minoranza cristiana.
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